Prologo.
“La nebbia si dirada, le grida si fanno
più forti e il colore rosso si
unisce al nero. È buio, ma il fuoco illumina la zona quanto
basta. C’è odore di
sofferenza, di dolore, di peccato. C’è odore di
morte. E in mezzo, tra tutta la
folla, c’è una piccola luce. Una luce che vedo
solo io. È la speranza.”
Capitolo uno.
Una luce forte mi ferisce le
palpebre, rendendo tutto bianco
accecante. Ci metto qualche minuto a trovare gli arti e muovo le dita:
bene,
dovrei essere viva. Sento il petto alzarsi e abbassarsi piano ed in
sottofondo
il lieve battito del mio cuore. Dove sono gli occhi? Scopro di averli
serrati:
la luce è talmente forte da penetrare attraverso le
palpebre. C'è anche un
lieve dolore in basso, forse nei pressi del fianco destro, ma non so
dirlo con
precisione. Con uno sforzo notevole apro gli occhi, che subito
lacrimano per la
forte luce e mi portano un fastidioso mal di testa. Dove sono? Anzi,
soprattutto, chi sono? Non mi ricordo nulla. Viva lo sono...credo.
Appoggio le
mani e, facendo forza, tiro su la schiena e mi metto seduta.
È tutto bianco:
pavimento bianco, corridoio bianco e muri bianchi. Nessun mobile,
nessuna
porta, niente di niente. Figo, sto sognando il Paradiso! Un po'
inquietante,
però. Abbasso lo sguardo su di me: "Che cazzo
è?", penso, sorpresa
dal colore del mio corpo. Sono avvolta in una specie di tunica bianca
opaca
lunga fino al ginocchio; sotto, il mio corpo riflette il pavimento:
sono quasi
trasparente. Lo sapevo di essere allergica ai funghi, ma mia mamma- che
in
questo momento non ricordo chi è- ieri sera ha voluto farli
lo stesso ed ora mi
trovo a sognare queste cose assurde. Sento un lieve sospiro dietro di
me e
sobbalzo, girandomi di scatto. Accanto all'unica porta della stanza,
che non
avevo visto perché è alle mie spalle, sta
appoggiato un ragazzo. Ha la pelle
della stessa consistenza della mia, un paio di pantaloni bianchi e una
maglietta a maniche corte bianca; il volto ha un'espressione annoiata,
gli
occhi azzurrissimi e i capelli biondi chiari, quasi bianchi. Tutto
questo
bianco è preoccupante.
"Io gliel'avevo detto.", borbotta
alzando gli
occhi al cielo. Come fa a farlo? A me bruciano gli occhi. Fa un mezzo
sorriso e
mi guarda:
"Ti ci abitui alla luce dopo tanti
anni."
Oddio, è Edward Cullen!
Stavolta alza un sopracciglio:
"Chi?", mi chiede.
Ok, fa paura.
"Puoi smetterla di scavarmi nel
cervello, per
favore?", sbotto e mi alzo, avvicinandomi a lui barcollando.
Lui sospira ancora: "Preferivo
rimanessi seduta, non so
se reggerai la spiegazione.", si avvicina anche lui e mi tocca una
spalla.
Sento il tocco, quindi la pelle trasparente non ostacola il tatto.
Buono a
sapersi. Il ragazzo trattiene un sorriso, poi mi fissa a lungo negli
occhi,
serio.
"Ti ricordi chi sei?", chiede.
Ci penso su un attimo, ma niente sale
alla memoria.
"Mi ricordo solo che sono allergica
ai funghi.",
mi arrendo.
Lui mi guarda con una smorfia strana,
mezza compassionevole,
mezza divertita. Non so, forse mi prende in giro. Perché
questo sogno non
finisce? La sua testa improvvisamente scatta verso di me, e sposta la
mano
dalla mia spalla.
“Sogno?”, e nel
dirlo la sua voce sfiora il falsetto. Questo
tipo mi sembra un po’ disturbato mentalmente, la mia testa
è brava a creare
questi dettagli irreali! Potrei andare ad un corso per registi di film
mentali.
“Ascolta- interrompe il mio
flusso di pensieri- è meglio che
ti siedi di nuovo. Bisogna spiegarti alcune cose e, purtroppo, tocca a
me
farlo.”, conclude sbuffando. Già mi odia, che
bello.
Faccio come dice e mi risiedo sul
pavimento, mentre lui mi
segue e si mette a gambe incrociate seduto di fronte a me. Mi fissa a
lungo,
forse incerto su che parole usare, mentre io fisso i suoi occhi azzurri
chiari
con alcune pagliuzze dorate. Il blu mi ricorda qualcosa…ma
cosa?
“Ti ricorda il mare,
suppongo. Amavi andarci quando eri…no,
non posso iniziare così.”, si blocca. Eh? Non ho
capito. Non potrebbe essere un
po’ più chiaro? Sospira per la terza volta.
“Mi chiamo Shamuel, sono
stato mandato per un motivo che non
starò a spiegare e sono disposto ad ogni tuo tipo di
domanda, dopo che avrò
raccontato. Il tuo nome è Gabrielle, vivevi nel Maryland e
avevi diciotto anni.
Genitori protettivi, fratello scapestrato e sorella esemplare. Nessun
fidanzato, due amiche e un amico. Comunque, tra qualche settimana tutti
i ricordi
dovrebbero tornare.”, si zittisce un attimo.
Perché sta parlando al
passato? Perché dovrei restare qui
qualche settimana se è solo uno stupido sogno?
Perché questo tipo mi sta
dicendo queste cose? Perché mi stanno venendo in mente
brutti pensieri?
“E ora la parte
difficile.”, mormora tra se’. Chiude gli
occhi e si passa una mano sulla fronte, cercando di spianarla. Io,
intanto,
tremo. Ho paura di cosa sta per dire, ho paura di quello che sto
pensando possa
essere.
“Gabrielle…-riapre
gli occhi- tu sei…sei nel Purgatorio.”
Silenzio.
“Mi prendi per il
culo?”, sbotto. Non può essere. Non posso
essere…No. Punto. Non esiste Dio, non esiste tutto
quest’assurdo posto bianco.
Al diavolo i funghi e mia madre.
“Io gliel’avevo
proprio detto.”, sussurra, guardandomi male.
Detto a chi? Che cosa?
Come al solito, lui risponde ai miei
pensieri: “Al Signore.
Gliel’avevo detto di spedirti all’inferno, ma lui
dice che chi si converte in
punto di morte ha diritto ad un’altra
possibilità.”
Sono stata così terribile
in vita da meritare l’inferno? E
poi, che cavolo, non esiste il ‘Signore’.
“Vedi?- dice- Stai peccando
del peggiore dei peccati. Non
credi nemmeno nella sua esistenza e men che meno ti ricordi di esserti
convertita. Io ho provato a dirglielo, ma niente! Non mi ascolta
mai.”, stringe
la mascella. Dev’essere proprio uno che conta poco qua dentro.
“Sì, grazie per
avermelo ricordato.”, mi dice sarcastico.
Ops.
Non riesco neanche a essere
dispiaciuta per me o per la mia
famiglia: non ricordo niente! Tra qualche settimana probabilmente
striscerò dal
dolore, meglio prepararsi psicologicamente. Chissà quanto stanno soffrendo le persone che amavo: non lo so, non so nemmeno chi siano. Che poi,
è vera tutta
sta storia o questo Simon mi sta prendendo in giro?
“Shamuel.”, mi
corregge. Si beh, lui. Comunque, se riesce a
carpire i miei pensieri e se continuo a non
svegliarmi…qualcosa sotto c’è.
Potrei provare a pensare al mio numero preferito.
“Ventisei. Smettila,
Gabrielle.”, mi dice trattenendo un
sorriso. Sono nel Purgatorio. Sono…
“Morta. Sì, sei
morta.”