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Autore: OneShotMaker    31/08/2014    3 recensioni
Salve :) Questa è la mia nuova storia ed è incentrata su Nicky Byrne dei Westlife ( una band irlandese, per chi non lo sapesse). Ma, oltre a lui ed altri personaggi frutto della mia fantasia, sono presenti anche due membri dei One Direction, Liam Payne e Zayn Malik! Se seguite entrambe le band ben venga, ma se ve ne piace solo una o nessuna non preoccupatevi: in alcun modo i personaggi si ritrovano nel loro contesto abituale, e cioè quello musicale, perciò sarà semolice - per chi vorrà - leggerl anche solo per piacere o curiosità. Buona lettura!! :) xx
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Luglio 2012
Ciao, chiunque tu sia,
il mio nome è Bridget e ho 33 anni e da quindici sono sposata con Zayn Malik. Ho una figlia, Vanessa. Ha dodici anni, ma ne dimostra qualcuno di più, con tutto quel trucco che si ostina a mettersi.
Faccio il lavoro che ho sempre sognato di fare, la parrucchiera. Da un anno ho aperto un mio salone, che è come il reame. Lì mi sento importante con tutta quella gente che si affida alle mie cure. Alle volte è un po’ stancante, perché i clienti sembrano più avere voglia di chiacchierare ed espormi i loro problemi che di farsi sistemare i capelli. Ma, in un certo senso meglio così: perlomeno non penso ai miei.
La mia è una vita felice, in apparenza. Ho tutto, in effetti: una figlia adorabile, una professione appagante e un marito… Bhè, e un marito bello. Molto bello. Ma maledettamente violento. E’ ovvio che qualcuno si chiederà perché lo abbia sposato allora, e reso padre, per giunta. Vi risponderò subito dicendovi due cose, così, in confidenza: dell’istituzione del matrimonio non è che mi sia mai importato molto, per me è solo un’idiozia, una banale formalità. E la seconda, è che mai avrei concepito un figlio con quel manesco, che a quanto pare non usava il cervello tanto quanto le sue mani. Per mia fortuna, si intende. Due calcoli infatti sarebbero bastati a chiunque per capire che Vanessa è mia, solo mia.
Mia, e di Nicky, il grande amore della mia vita.
 
***
Tutto ebbe inizio nel 1997, quando avevo 18 anni. Ero una ragazzina tutto fare, diligente e sveglia, come diceva sempre mia madre. E pronta per un marito, secondo la mentalità di mio padre. Fu per questo che, nonostante i miei rifiuti categorici, mi fece conoscere Zayn, rampollo di una delle famiglie più ricche della regione. Io l’avevo inquadrato da subito. Da subito le sue maniere rozze non mi erano piaciute e oltretutto c’era qualcosa nei suoi occhi neri come la pece che non mi rassicurava. E non solo: i suoi silenzi, le labbra sempre rigidamente serrate, la fronte corrugata, l’espressione burbera.. Nulla in lui mi ispirava fiducia, nemmeno la sua ombra.
Non mi fraintendete, era un gran bel ragazzo. Moro, alto, sicuro di sé. Ma questo non basta, non potrà mai bastare per innamorarsi di qualcuno, non se non ti degna della minima considerazione, se il respiro non te lo toglie per quanto ti rende felice, ma per quanto ti soffoca. E se il cuore non te lo fa battere per amore, ma per la paura che torni per l’ennesima volta ubriaco a casa. Era troppo. Troppo da sopportare, da subire, da mandare giù. E avrei dovuto ribellarmi subito, invece di cercare sempre una spiegazione o una scusa ai suoi comportamenti. Invece scelsi la strada del silenzio, e passo dopo passo mi annullai, come persona e come donna. Mi sentivo scomparire, ogni giorno di più, come se stessi percorrendo un deserto in punta di piedi. Un filo di vento avrebbe potuto spazzarmi via, tanto ero debole. Fu in questo stato - persa e svuotata - che Nicky mi trovò. Sembrò come se, ad un certo punto, le mie richieste si fossero impresse nelle mie impronte silenziose e lui non fece altro che seguirle. E una volta arrivato, mi tese la mano e mi aprì il suo cuore, come nessuno aveva mai fatto.
 
Quando conobbi Nicky, ero già sposata con Zayn da tre anni. Fu tutto così casuale e surreale che pensai di averlo sognato in una delle tante notti in cui tra le lacrime pregavo che le cose cambiassero e che uno spiraglio di luce e di speranza si intravedesse finalmente dalle imposte socchiuse della camera da letto, nella quale giorno dopo giorno sentivo crescere in me un senso d’oppressione.  Puzzava di alcool, fumo e dolore.
Ed io non ce la facevo più.
Dovevo uscire da lì, almeno per un’ora e respirare aria nuova. Erano le cinque di mattina, ma non me ne importava un accidenti: alla fine era meglio che non ci fosse anima viva per strada. Afferrai le prime cose che trovai nell’armadio e percorsi velocemente l’ingresso, senza neanche preoccuparmi di non fare rumore. Tanto, dopo tutto il vino ingurgitato la sera prima, Zayn dormiva profondamente come un bambino dopo una poppata. A non renderlo innocente come un lattante era quel ghigno soddisfatto che gli era rimasto sulle labbra per aver compiuto quelli che lui chiamava ‘ i doveri di un marito’. Proprio mentre passavo  davanti allo specchio, notai un nuovo livido, sullo zigomo destro. Cercai di coprirlo con del fondotinta, ma era ancora troppo fresco e solo sfiorarlo mi fece contrarre il viso in una smorfia di dolore.
A quel punto uscii, e subito fui colta dal freddo vento decembrino e da una coltre di nebbia. Mi strinsi nel cappotto più che potevo e cominciai a camminare, senza sapere esattamente dove stessi andando. Mi fermai poco più avanti della mia abitazione, in corrispondenza del parco statale, il cui manto erboso a quell’ora appariva smorto e abbandonato. Mi sedetti su una panchina e rimasi lì, circondata dalla calma, per almeno mezz’ora dopo la quale la nebbia sembrò diradarsi  e il vento ingentilirsi, fino a diventare una fresca brezza che accarezzava il mio viso, asciugando le lacrime che distrattamente avevo versato. Forse per il nervosismo, il senso di solitudine, o la tristezza. O non c’era un perché.
Probabilmente era l’unica cosa che sapevo fare al momento.
All’improvviso vidi una figura passeggiare dal lato opposto del parco e proseguire nella mia stessa direzione. Subito desiderai di non essere lì e andarmene, perché non ero pronta per confrontarmi con qualcuno, né ne avevo voglia. Feci per alzarmi, ma le mie gambe erano stranamente deboli, tremanti e così ricaddi con un tonfo sulla panchina. E oramai quel ragazzo biondo - ora lo vedevo meglio - era troppo vicino e riprovare a muoversi a quel punto sarebbe risultato come scappare da lui, o qualcosa del genere. Così, rimasi dov’ero.
- Posso? - mi chiese cortese indicando il posto vuoto accanto a me.
- Certo - risposi in un sussurro. Passò qualche minuto credo, che io trascorsi a fissare impassibile il vuoto nel tentativo di non incrociare neanche per sbaglio il suo sguardo invadente, che avvertivo su di me come un pizzico insistente. Così, contrariamente ad ogni mia previsione, fui io ad attaccare bottone, decisa a manifestargli il mio fastidio.
- Che hai da guardare? - chiesi io irritata. Lui, invece che scusarsi e voltarsi dall’altra parte, prese a scrutarmi con più insistenza e questo non fece che rendermi più nervosa di quanto già non lo fossi.
- Se ti dà fastidio io.. - proruppe dopo un po’.
- Si, molto - lo interruppi io seccata.
- Mi dispiace. Non era mia intenzione - e quando lo disse, mi parve sincero ed io mi sentii subito in colpa per essere stata così sgarbata. Così mi schiarii la voce e tentai di recuperare la conversazione, cercando di utilizzare un tono amichevole nonostante fossi ancora un po’ infastidita.
- Come ti chiami? -. Neanche stavolta rispose subito. Sembrava come se cercasse continuamente le parole giuste prima di parlare, in eterna lotta con se stesso. Ad un certo punto ebbi la sensazione che fosse passato così tanto tempo che pensai si fosse dimenticato di ribattere, che non mi avesse proprio sentita o che fosse addirittura risentito per il modo in cui mi ero rivolta prima. Invece, proprio quando mi ero decisa a lasciar perdere e a smettere di aspettare una risposta che non sarebbe arrivata, parlò. E con naturalezza, come se il tempo si fosse congelato solo per me.
- Mi chiamo Nicholas, ma chiamami Nicky, lo preferisco - annuii, facendo anche io finta di niente.
- Cosa ti porta da queste parti Nicky? -
Di nuovo silenzio.
Sembrava lo facesse apposta. Era impossibile discutere con uno così, che prima ti fissa, e l’attimo dopo fa come se non ci fossi. Certo, ero abituata ad essere ignorata: era dal giorno del mio matrimonio che sentivo come se il mondo mi avesse dimenticata in un angolo, come una vecchia bambola di pezza. Ma non per questo mi faceva piacere e soprattutto se a prendersi certe libertà  era un perfetto sconosciuto. Mi pentii di aver intavolato quella stupida conversazione. Come se non bastasse, dopo un po’, esordì lui con una domanda, scomoda e del tutto poco coerente con quella che gli avevo rivolto io secoli fa, ormai:
- Vedo che sei sposata. Dov’è tuo marito? Non deve essere molto premuroso se ti lascia uscire con questo freddo. - Rimasi senza parole, ma nella testa ne avevo tante, che cercavano di unirsi a formare un pensiero di senso compiuto, ma non mi venne nulla di convincente da dire.
Così, fui io stavolta a lasciar cadere la domanda, e non gliene feci neanche una di rimando. Mi sembrava un giochetto stupido e puerile.
- Scusa, forse sono stato troppo invadente. Non volevo innervosirti, cercavo solo..-
- Di impicciarti, ecco cosa cercavi di fare e sai cosa ti dico? Che ad infastidirmi più di tutto è la liberta che ti prendi di ignorarmi e di non rispondere alle mie domande e poi, come se nulla fosse successo ti aspetti che sia io a dare retta alle tue! Sono stufa, stufa di trovare sempre uomini che non abbiano un minimo di riguardo per me. Ma chi pensate di essere? Vi credete tanto forti da poter dominare il mondo solo perché portate i pantaloni? Siete degli esseri spregevoli, ecco cosa siete. Tutti uguali, dal primo all’ultimo!! -
All’improvviso mi fermai, in preda ai brividi e con gli occhi spalancati, incredula per le parole che mi erano uscite di bocca, pensieri covati in anni di infelicità e che ora non ero riuscita a controllare. Mi sentii malissimo per essermela presa con lui, di nuovo. Capii solo quando riuscii a calmarmi che aveva provato semplicemente ad essere gentile. Ma non era una buona giornata per me, non lo era mai.
E la sua sfortuna era stata incontrarmi.
Presa dallo sconforto, piansi fino all’ultima lacrima e Nicky, invece di scomporsi o agitarsi, fece quello che aveva fatto praticamente da quando si era seduto: restò a guardarmi, aspettando che riuscissi a tornare da sola in me e che magari la smettessi di ripetergli ‘mi dispiace’ ininterrottamente.
Chissà come gli sarò sembrata patetica.
Tutto ad un tratto prese ad accarezzarmi la spalla, non senza titubare prima di posare piano la sua mano di me, quasi temesse un mio rifiuto. Ma non smise di guardarmi, neanche quando distrattamente incrociai il suo sguardo e lasciai trapelare un lieve imbarazzo. Durò un attimo, ma bastò ad imprimermi i suoi occhi nella testa: piccoli, chiari, seducenti e comprensivi. Ma una cosa, tra le tante che trovai, mi piacque particolarmente. Il calore, che mi esplose nelle membra come un falò che divampa nella foresta senza sosta. Al solo pensarci avvampai, quasi dimenticando in che stagione eravamo. Quando rinsavii, mi sembrò tutto così assurdo che pensai di trovarmi in un sogno, come vi anticipai.
Pian piano, riuscii a regolarizzare il battito e a smettere di piangere.
- Perdonami, non so cosa mi sia preso. E’ solo che.. - Fui obbligata a fermarmi, perché Nicky nel frattempo aveva poggiato delicatamente una mano sul mio volto.
Sullo zigomo destro, precisamente.
Provai a trattenermi, ma non ci riuscii. Così capì che li avevo male.
- Non dirmi che hai sbattuto. Altrimenti siamo in due ad essere sbadati - disse abbozzando un sorriso, forse per strapparne uno anche a me. Ricambiai, per non deluderlo.
- Sai perché ti fissavo prima? Perché lo avevo visto fin dall’inizio. Mia madre ne ha uno simile. - La voce sembrò spezzarsi quando finì la frase. Io provai a non dare peso alle sue parole, perché sapevo dove volesse andare a parare.
- Anche lei dice sempre la stessa cosa. Sai, che ha sbattuto. Una volta il comodino, poi l’asse di ferro appoggiata allo stipite della porta, poi... E poi le scale. Disse che era scivolata e che era atterrata di fianco. Poi un giorno, vidi mio padre picchiarla. Le tirò degli schiaffi così forti che mi venne automaticamente da toccarmi la guancia per nascondere il rossore, come se li avesse tirati a me. Però non fui sorpreso quando lo vidi. L’avevo capito che quelle di mia madre erano tutte scuse.-
Lo fissai come se mi avesse accusata di un crimine, mentre sentivo il sangue nelle vene gelarsi. Non volevo che capisse, ma ormai, dopo quello che mi aveva raccontato, ci era vicino. E non avevo giustificazioni di riserva, dato che le aveva già sentite tutte. Perciò lo lasciai trarre le sue conclusioni, poco mi importava quanto potessero essere giuste. Ero stanca di fingere.
- Tu non hai sbattuto vero? -
- E che importa? -
Alle mie parole annuì lentamente. - Certo, capisco. - Restammo in silenzio per un po’, poi cominciai ad avvertire di nuovo il freddo e capii a malincuore che era ora di tornarmene nell’inferno della mia casa.
- Io devo andare. Mi ha fatto piacere conoscerti, Nicky. -
Lui non rispose.  Mi guardò, come al solito, ma io capii che quella volta mi aveva ascoltata. Glielo lessi nello sguardo, insieme ad una dolcezza infinita. Nonostante questo però, avrei voluto dicesse qualcosa. Un ‘ciao’, un ‘arrivederci’.
O un ‘addio’. Al solo pensiero rabbrividii. Non mi piacque affatto l’idea di non rivederlo più.
Quasi come se mi avesse letto nel pensiero, parlò:
- Io.. Vengo sempre qui il mattino presto. La pace che si respira mi aiuta a scacciare i problemi dalla mente. Sai, mia madre, e tutto il resto. -
- Oh mi.. Mi fa piacere - risi io imbarazzata, e anche un po’ confusa perché non capivo con quale intento me lo stesse dicendo.
Nicky si torturò le mani e la sua espressione si fece improvvisamente agitata e impacciata.
- Tornerai qui? -
- Uhm.. Bhè, non lo so, può darsi. Perché me lo chiedi? -
- Perché, ecco.. Mi piacerebbe conoscerti meglio. In amicizia, ovviamente. Però se non vuoi me ne faccio una ragione, ci mancherebbe, figurati.. Non ci rimarrò male, o forse sì, un pochino magari.. Ti sembro uno stupido vero? Devo sembrarlo sicuramente perché quando sono nervoso comincio a parlare e non riesco più a fermarmi e.. -
- Nicky. Ok, va bene - risi io. - Se proprio ci tieni tornerò. Lo farò, promesso. Hai la mia parola. - Glielo dissi con tono calmo, come se stessi cercando di tranquillizzare un bambino al quale nessuno ha voluto regalare una caramella. O piuttosto, un adolescente in piena crisi esistenziale.
Alle mie parole i suoi occhi si illuminarono, come se avessi detto la cosa più bella e gratificante del mondo.
- Bene allora.. Ti aspetterò. -
- Ok, ci vediamo. Ciao. Oh e.. Il mio nome è Bridget, se te lo fossi chiesto. -
- Certo, certo io.. Stavo per chiedertelo. - Rise, e la sua è una di quelle risate contagiose. E tenere, come un bacio.
Feci per andarmene, poi mi fermai.
- Nicky? -
- Si? -
- Grazie. -
- E per cosa? -
- Per tutto. Per esserti sfogato, per avermi consolata. Non sei affatto come gli altri. Sei.. Sei un bravo ragazzo, davvero. - ‘Nulla a che vedere con mio marito’, stavo per aggiungere. Ma mi fermai in tempo.
- Bene, ora devo proprio andare. Sono passate due ore e non vorrei che nel frattempo Zayn si svegliasse e non mi trovasse dentro casa. Non gli farebbe affatto piacere. - dissi, cercando di contenere la mia irritazione.
- Zayn? -
- Zayn, Zayn Malik, è il nome di mio marito. Scusa, forse non era così scontato. -
- Nessun problema, avrei potuto arrivarci da solo in effetti. - Ci fu una pausa, dopo la quale decisi di salutarlo una volta per tutte. Così alzai un braccio in segno di saluto.
- Riguardati! - mi disse lui quando gli ero già di spalle, in tono quasi supplichevole. Non so perché, ma la sua costante aria triste, invece che farmi compassione o intenerirmi, in un certo senso mi divertiva. C’era qualcosa di tremendamente buffo nella sua espressione che, nonostante il rammarico di doverci separare dopo quel breve incontro, mi mise di buonumore.
A quel punto, mi voltai e gli rivolsi un cenno con il capo, per poi incamminarmi verso casa, per la prima volta in tre anni, con il sorriso sulle labbra.
 
***
Da quel giorno in poi, io e Nicky continuammo a vederci. Passammo da semplici confidenti a complici amanti, incapaci di stare lontani l’uno dall’altra.
Per un po’ ci incontrammo alla solita panchina, allo stesso orario, così da non destare sospetti in Zayn, almeno inizialmente.
Poi ci fu impossibile continuare così. La voglia di baciarci e di amarci prese il sopravvento. Poco distante da casa sua c’era un capanno, che diventò il nostro nuovo rifugio d’amore. Fu lì che concepimmo Vanessa.
Era abbandonato da tempo, e anche un po’ sporco. In fretta e furia, nel giro di due giorni, lo sistemammo, fino a farlo quasi tornare come nuovo.
A nessuno sarebbe piaciuto, con tutto quel fieno sparso e la piccola finestra di ebano che affacciava su un sentiero vecchio e sterrato. Ma nessuno dei due se ne curava: a noi piaceva così, lontano dagli occhi indiscreti della gente e da quelli di Zayn, soprattutto. Ma lui si era reso conto che io ero sempre più sfuggente, sempre più presa dalle mie uscite mattutine. Così avvertii Nicky del pericolo che correvamo, ma lui non si tirò mai indietro. Mi ripeteva di non preoccuparmi, che il nostro amore ci avrebbe salvato. Ma io sapevo che non sarebbe stato così. Zayn era un essere sospettoso per natura e più tardi scoprì tutto. Mi spiò, naturalmente.
E per il bene di entrambi, fui io a mettere un punto.
Nicky provò a farmi cambiare idea, mi pregò più e più volte di continuare a credere in noi, nel sentimento che ci legava. Ma la brutalità delle parole di Zayn in un torrido pomeriggio di luglio mi riportarono immediatamente alla realtà.
Non lo avevo mai temuto come quel giorno. Fu con il sangue negli occhi che mi disse:
- O la fai finita tu, o lo faccio io. Ti giuro che lo ammazzo. - E non era solo una minaccia, no.
Le parole di Zayn erano una spietata promessa. Fu così che supplicai Nicky di non cercarmi più, né di aspettarmi al capanno.
- Non puoi farmi questo Bridget. Ti prego, ascoltami… -
- No, ascoltami tu Nicky. Non c’è altro modo. Io non posso farti questo. Io.. Non avrei mai dovuto esporti ad un tale pericolo. E’ stato tutto uno splendido sogno, un bellissimo errore, che però non possiamo più continuare a ripetere.. Perché ci faremmo solo del male e distruggeremmo con le nostre stesse mani il nostro futuro. E tu meriti molto più di quello che io sono riuscita ad offrirti. Perciò se mi hai mai amata davvero, allora lasciami andare. Ti imploro, ti scongiuro Nicky. Non cercarmi più. -
L’ultima mattina che passammo insieme pianse come un bambino. Io lo lasciai fare, col dolore che mi attanagliava l’anima. Ogni sua lacrima era come una scheggia di vetro che mi lacerava la carne e la consapevolezza di essere stata io a ridurlo così, nutrendolo di sogni, baci e carezze che non avrei dovuto ricambiare non fece che farmi sentire peggio nell’istante in cui gli dissi l’ultimo ‘ti amo’ della mia vita. Due settimane dopo il nostro addio, scoprii di essere incinta, e non c’era dubbio su chi fosse il padre. E prima che venissero a Zayn, mi concessi a lui un paio di volte per creare una copertura. Lo feci anche se il suo tocco mi disgustava profondamente, anche se non sopportavo quel solletichio che mi provocava la sua barba a contatto con il mio viso, anche se ogni suo bacio sapeva di fumo e il mio corpo non aveva alcuna intenzione di intrecciarsi al suo. Ma la mia anima non era lì, era altrove, imprigionata in quel capanno, stretta tra le braccia di Nicky. Così, in quei momenti di triste intimità, mi bastava chiudere gli occhi e perdermi in quelle emozioni tanto lontane, tanto vicine che lui mi faceva provare. E non riaprirli finché quell’incubo non sarebbe finito e tutto sarebbe tornato alla normalità. Io violata e infelice, avvolta tra le coperte, e lui incurante e voltato di schiena. Due perfetti estranei, che da tempo condividevano ormai solo quel letto e tanta amarezza per quelle loro esistenze che scorrevano quiete e separate come fiumi stanchi e prossimi a prosciugarsi.
 
Luglio 2012
Contrariamente ad ogni mia previsione, Zayn finì con l’abboccare all’amo e a non sospettare che Vanessa potesse non essere sua figlia. Ogni tanto quando ci penso, mi lascio prendere dai sensi di colpa, chiedendomi se sia stato giusto non dirle la verità. Ma poi ho paura di come potrebbe prenderla e continuo a tacere. Me la immagino quasi mentre, guidata dall’impulsività dei suoi dodici anni, fugge tremante e in lacrime, per poi sbattersi la porta alle spalle. E chissà se avrei più notizie.
Ma ciò che più temo è la reazione di Zayn. Cercherebbe Nicky in capo al mondo e Dio solo sa cosa gli farebbe se se lo trovasse di fronte. No, no non voglio neanche pensarci. Devo smetterla di rimuginare. La storia di ognuno di noi non si scrive con i ‘se’ o i ‘ma’ o le fantasie su quello che potrebbe accadere. Perciò devo prendere una decisione, per quanto dolorosa sia: dimenticare Nicky e quello che c’è stato.
Per quanto mi riguarda, da questo momento in poi lui non è mai esistito.
E io non l’ho mai amato.
 
Agosto 2014
Mi presento.
Sono Nicky Byrne e ho 35 anni. Non c’è molto altro da dire su di me, se non che tutto ciò di cui mi importa in questa vita è l’amore. E’ strano detto da me, in un certo senso. O forse è più che normale. Vedete, è che sono cresciuto in una famiglia nella quale a nessuno importava molto di amare. A partire dai miei nonni - i genitori di mio padre - austeri e cinici fino al midollo, fino ad arrivare ai miei genitori. A mio padre, per meglio dire. Anni fa lo sorpresi a picchiare la mamma sul pianerottolo di casa, e da quel giorno capii che se volevo salvarmi da quelle generazioni prive di affetto e calore dovevo andarmene da lì e cercare io stesso ciò di cui avevo bisogno.
Ricordo che i primi tempi in cui andai ad abitare da solo non fu affatto facile, perché mi ero convinto che essere stato allevato in quel clima mi avrebbe portato senz’altro a diventare come tutti loro e che se uno soffre ha poche probabilità di assaporare la felicità, come se essa potesse fiutare tanta freddezza e rifugiarsi in quelle case dall’aria buona, quelle in cui anche l’odore della pioggia ti fa sorridere, perché pensi a quanto sarebbe bello stringere la terra bagnata tra le mani e lasciare che lo gocce inamidino gli indumenti fino a farli aderire al corpo come una seconda pelle. E poi tremi. Prima per il freddo, poi per la frenesia dell’arcobaleno dopo la tempesta. Da quelle case si vede sempre, risplende chiaro come una stella del mattino  e alle volte ti sembra così vicino che allungando la mano ti illudi di poterlo riuscire a toccare un giorno. Per me è questa la felicità, è così che l’ho sempre immaginata. Ma tutto questo non ha senso se non lo si può condividere con qualcuno, perché è solo facendolo che tutto assume un altro incanto, un’altra potenza. Ignota, inspiegabile, incontrollabile. Così, i colori sfavillanti di quell’arcobaleno esplodono in fuochi d’artificio, la felicità in puro, inarrestabile amore. Come quello che si prova una sola volta nella vita, e per una persona in assoluto. E per me è stata Bridget, colei che mi ha donato di nuovo la gioia di vivere e grazie alla quale ho potuto ammirare finalmente quell’arcobaleno e capito che nessuno di noi è condannato alla tristezza o a commettere gli errori che altri, prima di lui, hanno commesso. Noi possiamo scegliere chi diventare, a cosa appartenere o per chi lottare. E io ho deciso di farlo per lei, con tutte le mie forze. Mi serviva solo un pretesto per cominciare la mia battaglia, e a darmelo senza neanche volerlo fu mia madre - ciò che mi era rimasto di quella che un tempo osavo definire ‘famiglia’- , in una delle sue tante visite improvvise che sembravano essere tutte uguali da un po’ di tempo a questa parte. Finché arrivò un giorno, quel giorno, che cambiò tutto. E mi ridiede la speranza che avevo perso in anni di solitudine, in cui stavo quasi per darla vinta al destino.
 
Giugno 2014
Ricordo tutto di quella mattinata, persino la data. 15 giugno 2014. Erano le 10:30 circa. Il campanello suonò due volte, segno infallibile che anche quella volta mia madre era venuta a trovarmi. La accolsi con un sorriso ed un abbraccio un po’ goffo, a causa della tazza che tenevo in mano e nella quale stavo per mettere del latte.
- Oh, disturbo immagino. Stavi per fare colazione.. -
- Ma no mamma, non preoccuparti, avevo appena cominciato! Anzi, unisciti se vuoi. C’è del latte appena scaldato, del caffè e pane tostato. E la marmellata. Poca, ma c’è. Lo sai che ne vado matto - conclusi sorridendole.
- Non mi faccio pregare allora! Non tocco nulla da ieri sera, ho una fame! - Senza neanche guardarmi si avventò subito sul tostapane e ne estrasse due fette.
- Da ieri sera? Come mai, sei a dieta? - scherzai io.
- Per carità, no! E’ che.. Ecco, tuo padre è tornato tardi e lo aspettavo per cenare insieme. Ma non ha voluto mangiare nulla e così ho finito per restare a stomaco vuoto anche io. - Neanche in quell’occasione mi guardò, ma so che non lo fece perché era consapevole che non mi faceva piacere parlare di lui dopo quel giorno. E a farmi ancora più rabbia era il suo tono sottomesso, come se mio padre meritasse davvero di essere aspettato per la cena. Ma non glielo dissi, sapevo che era inutile discutere.
Non avrebbe capito, né in quel momento né mai.
- Bene, in tal caso puoi servirti anche della torta in frigo. Cheesecake ai lamponi - annunciai esultante mentre la estraevo con delicatezza. Un lampone però, durante il tragitto dal frigo al tavolo, cadde comunque a terra, nonostante le mie premure. Lo raccolsi e lo addentai, certo che sarebbe stata l’unica cosa che avrei assaggiato di quella torta una volta che fosse capitata tra le mani di mia madre. E’ il suo dolce preferito, era per lei che lo avevo preparato. Era il minimo che potessi fare per lei.
Nonostante abbia un cuore debole ed un cervello più testardo di un mulo, le voglio lo stesso un’infinità di bene. Le ero grato, ecco. Per non avermi abbandonato quando il resto della famiglia lo aveva fatto. E il luccichio nei suoi occhi alla vista di quella prelibatezza bastò a ricompensarmi del tempo impiegato a prepararla.
- Che delizia, grazie! Se continuerai a viziarmi così va a finire che mi trasferisco da te! - rise lei.
- Lo sai che non sarebbe un problema. Qui sei la benvenuta - le risposi in tono serio, o è più preciso dire che glielo ripetei per l’ennesima volta e con lo stesso risultato: faceva finta di non sentirmi. Fatica sprecata, ve lo avevo detto. Scossi la testa in segno di disapprovazione, poi finalmente mi dedicai alla mia di colazione e afferrai il bricco del latte insieme al barattolo dello zucchero.
- Allora, novità? -
- Bhè, se con novità ti riferisci alla scuola sì. In effetti passavo proprio per questo.. - Si interruppe un attimo per finire la fetta di torta, poi riprese con lo stesso tono concitato:
- Quest’anno mi trasferisco alla Mead High School! -
- Cosa? E perché? Era da anni che dirigevi e insegnavi alla Broswer!! -
- Vedi, avevano urgente bisogno di un nuovo preside, possibilmente della zona. Quello attuale ha dato le dimissioni qualche mese fa e per giunta insegnava la mia stessa materia. Così, dato che il mio nome è in vetta alla graduatoria e sapendo per di più che potevo coprire entrambi i buchi, mi hanno offerto il posto. - Riflettei sulle sue parole. In effetti era un’ottima occasione. La Mead High School è la più prestigiosa scuola privata del territorio e dopo quasi quindici anni trascorsi alla Broswer - nota per gli episodi di bullismo e vandalismo e che per questo non le aveva dato altro che seccature - era giunto decisamente il momento di cambiare e di cogliere questa grande opportunità offertale.
- Wow mamma è.. E’ grandioso! E di un po’, cosa pensi di fare? Voglio dire, ci andrai vero? Sarebbe un salto di qualità pazzesco per la tua carriera! - Mia madre mi guardò sbalordita mentre con il coltello si tagliava un’altra fetta stratosferica:
- Stai scherzando? Certo che ci andrò!! E’ ovvio, già ho dato la mia conferma! - disse lei, ridendo di gusto. - E a proposito.. Circa due settimane fa mi hanno consegnato le liste degli iscritti. C’è da diventare matti! Guarda tu stesso. - E così dicendo, estrasse da una valigetta in pelle - che solo in quel momento notai - una cartellina trasparente e stracolma di fogli. Li estrassi, cominciando a guardarli di sfuggita e a rigirarli tra le mani.
- Diamine, quanti figli di papà! - sbottai incredulo di fronte a quegli elenchi interminabili. Mia madre mi guardò divertita, ma era troppo impegnata con il cibo per rispondere.
Così, mi dedicai per curiosità ad una lettura più attenta dei nomi: Adler Alyssa Maria, Dawson Mark, Hale Lindsay, Hambers Chloe, Kates James Stephen, Lace Devonne Katie, Malik Vanessa, Manson Anastacia Barbara…
Un momento.
Malik Vanessa? Dopo tanto tempo quel cognome aveva ancora il potere di farmi sussultare. Il cognome di Zayn, il marito di Bridget. Che ci fosse qualche suo parente da queste parti, magari una sorella trasferitasi da poco? No, impossibile. Quel nome poteva significare soltanto una cosa, che mi costò fatica e dolore constatare: Bridget mi aveva dimenticato per sempre e aveva avuto una figlia con quella bestia di Zayn. Ma anche questa, che doveva essere l’ipotesi più logica, suonava del tutto assurda: Bridget non lo avrebbe mai fatto. Mi diceva sempre che non lo amava, che una cosa del genere non sarebbe mai accaduta. E mi ripeteva che era con me che voleva stare, che ero io l’unico uomo con il quale avrebbe concepito un figlio. E poi quel nome, Vanessa. Era in cima ai suoi favoriti da sempre, mentre io insistevo con Yvonne, il nome di mia madre. Ma a lei suonava troppo serio e non lo considerò mai, ignorando i miei dolci rimproveri.
“Vanessa, Vanessa! Se un giorno avremo una bambina la chiamerò così. Faticherò io per metterla al mondo quando sarà, perciò tu non hai voce in capitolo!”, mi diceva ogni volta che tornavamo su quell’argomento. Sorrisi ricordando quei momenti fatati e mi chiesi se avesse ripetuto la stessa cosa anche a Zayn per evitare che si intromettesse in una decisione già presa. Poi mi bloccai, con il cuore in gola.
Avevo valutato tutte le ipotesi tranne una. E se..
- Tesoro, mi stai ascoltando? -
- No mamma, scusa. Pensavo ad altro - risposi, ancora stralunato per l’idea, o meglio, l’intuizione folle che mi aveva attraversato la mente per pochi istanti e che sembrava non volersene più andare. Era come un tarlo che mi corrodeva il cervello.
- Tipo? -
- Tipo.. Tipo quanti anni hanno i ragazzi ai quali insegnerai? - Il tono con il quale lo chiesi non mi apparteneva. Era tremante, teso, come se a parlare fosse stato un altro al posto mio. Qualcuno, molto, ma molto agitato. Ma mia madre non ci fece caso. Grazie a Dio era ancora a metà torta. Però rise, questo sì.
Al massimo avrà pensato che la mia domanda fosse un po’ strana.
- Dagli undici ai sedici anni, come in tutte le scuole superiori dell’Irlanda! -
- Grazie. - sussurrai, con la testa già rivolta altrove. Ripresi in mano i fogli, alla ricerca disperata di qualcosa che confermasse i miei sospetti. Nome, cognome, recapito telefonico.. Ecco. Ma certo! La data di nascita, questo è ciò che mi serve. Dunque, Vanessa Malik.. 16/02/2000. Esattamente l’anno in cui ci siamo conosciuti.
E adesso avrebbe quattordici anni. L’età torna, l’anno torna, tutto torna.
Vanessa potrebbe essere benissimo mia figlia. Nostra figlia.
“Non è possibile. Bridget te lo avrebbe detto, Bridget non può averti nascosto una cosa simile per tutto questo tempo. E se lo ha fatto ci sarà una spiegazione. Calmati. Respira e calmati.” Seguii la vocina dentro di me e cominciai ad inspirare ed espirare ritmicamente. Stavo sudando freddo, le tempie mi pulsavano, la testa mi girava come una giostra. Se mia madre non si fosse intromessa nei miei pensieri, o peggio se lei non fosse stata con me quel giorno, credo sarei svenuto. A farmi rinsavire fu la sensazione improvvisa del suo sguardo preoccupato e allarmato su di me, fu da quello che ripresi coscienza del posto in cui mi trovavo e della sua presenza, che avevo quasi dimenticato tanto ero sconvolto.
- Nicky, tutto bene? Figlio mio cos’hai? Sei pallido come un cencio! - Stava per alzarsi ed avvicinarsi, credo per scuotermi o qualcosa del genere, ma io balzai in piedi di scatto prima che riuscisse a fare anche un solo passo. Non so dove trovai la forza per reggermi in piedi, ma preferivo andarmene, anche se barcollando, piuttosto che rimanere lì a fissare inebetito quei maledetti fogli. Riuscii a blaterare qualcosa a mia madre, forse per rassicurarla che era tutto a posto, poi senza neanche curarmi se avesse capito o no, mi chiusi la porta del soggiorno alle spalle e arrancai fino alla camera da letto. Mi sedetti sul letto, poi non so perché mi alzai come una furia e cominciai a tirare calci e pugni alle pareti, fregandomene del fatto che mia madre era nella stanza accanto e che sicuramente avrebbe sentito tutto quel frastuono. Se lo fece, deve aver ignorato i rumori. O forse se ne andò subito dopo che mi fui ritirato nella mia stanza. Chissà, non avrei mai potuto saperlo. Ciò che ricordo è che ad un certo punto sprofondai esausto sul letto e mi abbandonai al sonno, per svegliarmi qualche ora dopo più stanco e affranto di prima, con il volto bagnato di lacrime.
 
***
Il giorno dopo mi sentivo ancora frastornato, ma più calmo. E con le idee più chiare. Non avevo riposato granché dopo ieri, piuttosto mi ero dedicato a riflettere su quale fosse la cosa giusta da fare. Chiamarla? No, non avrei saputo che diavolo dirle. Chiedere a mia madre di raccogliere qualche informazione in più su Vanessa? Bocciata anche quell’idea, meglio non coinvolgerla. Doveva essere già abbastanza preoccupata per avermi visto in quello stato, figurarsi se volevo darle un reale motivo per stare in ansia. E poi non sarebbe servito a nulla. L’unica cosa che ritenevo fosse la più utile - anche se rischiosa - era andarla a trovare. Insomma, riapparire nella sua vita e vedere che cosa ne era stato davvero della sua. Una volta lì, non avrei saputo ugualmente cosa dire né fare, però. E poi.. Oh Cielo, e se fosse stato tutto vero e ad aprirmi fosse stata Vanessa? Credo sarei impallidito e avrei perso l’uso della parola, boccheggiando come mio solito. Ma il problema è un altro. Zayn Malik.
Il volto di Bridget o quello della mia ipotetica figlia sarebbero stati l’ultima cosa che avrei visto se lui fosse stato nei paraggi. E avrei messo in pericolo me - e di questo non è che mi importava poi così tanto - , Vanessa e Bridget. Ma non vedevo altra scelta. E poi avevo anche voglia di rivederla, ero stufo di carezzarla nei sogni e di continuare ad immaginare la sua voce, i suoi occhi, le sue gote perfette, le sue labbra morbide che avevo baciato così tante volte e altrettante lo avrei fatto.. Non mi importava più dei rischi a quel punto, avevo solo il desiderio di mettere un bel punto a tutta quella faccenda. E se Vanessa era davvero mia figlia, non intendevo perdermi neanche un altro istante della sua vita. Il pensiero che Zayn potesse trattare anche lei bruscamente mi fece venire quasi voglia di correre in quel preciso momento da lei. Ma sarebbe stata una sciocchezza, avrei rovinato tutto e ottenuto null’altro che essere cacciato a pedate. Non che tra una settimana o un mese le cose potessero cambiare, ma almeno avrei voluto più tempo per pianificare il mio ritorno. Lo squillo del telefono interruppe improvvisamente i miei pensieri.
- Si? -
- Nicky, sono la mamma. Chiamavo per sapere come ti senti oggi. Ieri mi sembravi piuttosto sconvolto, mi hai chiesto di andarmene e io naturalmente ti ho lasciato solo perché non potevo fare molto per te, se non esserti d’intralcio.. -
- Davvero ti ho chiesto di andartene? Oh mamma io.. Scusa, neanche lo ricordo. Non avrei dovuto farlo, non era con te che ce l’avevo. Era.. Ero solo un po’ giù, così, capita. Mi dispiace. Ti adoro, lo sai, non poteva essere colpa tua. - le risposi io, sollevato in parte perché perlomeno non avrei dovuto giustificare anche i calci e i pugni. Quelli si che li ricordo. - Comunque va tutto bene sì, meglio di ieri sicuramente! -
- Sono contenta di sentirtelo dire, mi hai fatto proprio preoccupare ragazzo mio, lo sai? -
- Prometto che non accadrà più, ora è tutto risolto, stai tranquilla. Ti voglio bene. -
- Anche io tesoro. Per qualunque cosa io.. -
- Lo so, lo so. Ma non ce ne sarà bisogno, davvero. Però grazie, ne terrò conto! -
- Bene. Allora torno alle mie faccende domestiche? -
- Ok. -
- Ok. A presto Nick. -
- Ciao. Ah e.. Mamma, invece di preoccuparti sempre per me, abbi più cura di te. -
- Certo, al solito! - Una delle sue tante altre bugie, la peggiore forse. Fingere, fingere di stare sempre bene, di essere una spalla sicura sulla quale piangere. Ah, le mamme.
- Speriamo. Ti lascio allora, un bacio. - Lei in tutta risposta, avvicinò le labbra al ricevitore e me ne mandò uno, schioccando le labbra così forte che quasi me lo sentii impresso sulla guancia. Sorrisi, poi attaccai, felice di averla sentita. Quella breve telefonata mi aveva risollevato l’animo, nonostante non ci fossimo detti nulla di che. E’ proprio vero: la mamma è sempre la mamma, e se la mia non fosse esistita avrebbero dovuto proprio inventarla. Non so cosa ne sarebbe di me senza le sue ansie, le sue premure e la sua pretesa di proteggermi. Certo, alcune volte non la sopporto e vorrei solo scrollarmela di dosso, come si farebbe con un insetto fastidioso. Il più delle volte però, penso che non c’è nulla che sia più bello e confortante del suo profumo e dei suoi abbracci. Chissà come la prenderebbe se sapesse di avere una nipote che vive a pochi isolati da lei. La cosa di cui sono sicuro è che da nonna sarebbe la stessa storia: chiacchierona, apprensiva, un po’ appiccicosa, ma insostituibile.
 
***
Agosto 2014
Sono passati due mesi da quei giorni così tormentati, durante i quali ho riflettuto, meditato e valutato ogni possibilità ed eventualità. Ed ora, la mia decisione è più solida che mai. Stavolta lascerò che siano i miei sentimenti a guidarmi, e non quelli di Bridget, che tanti anni or sono mi allontanarono da lei e dal suo mondo. E il mio cuore mi porta lì, in quei luoghi dove tutto cominciò. E dove era destino che tutto finisse. O cominciasse, esattamente da dove si era interrotto, come un vecchio nastro inceppato.
A noi Bridget, che il confronto abbia inizio.
 
                                                             
Bridget quel giorno si alzò presto, incapace di prendere sonno. Aveva come il sentore che qualcosa di strano stesse per accadere, ma non riusciva a capire cosa fosse. Le sensazioni non l’avevano mai ingannata fino a quel momento, era per questo che continuava a rigirarsi nel letto. Ma c’era sempre una prima volta nella vita. E in più, lo stress delle ultime settimane - tra lavoro e famiglia - non le aveva di certo facilitato le cose. Pensava troppo, era questo il suo problema, tanto da vedere fantasmi dappertutto o annusare pericoli quando non ce n’era motivo. Come ora, probabilmente. In fondo, che poteva mai succedere in una cittadina minuscola come la sua? C’erano quattro anime, tutti sapevano tutto. O quasi. Bridget era forse l’unica a covare ancora un segreto, o meglio, ad essere riuscita a non destare alcun sospetto sul fatto che ne avesse uno. E quel malessere che fiutava nell’aria - quella specie di polverina che le vorticava intorno e si posava su di lei - era proprio con quel segreto che aveva a che fare. Era giunta l’ora di fare i conti con le sue scelte ed i suoi sentimenti. Nessuna via di scampo, nessuna scusa, nessuna scorciatoia. Non sarebbe più potuta scappare, perché ad imprigionarla sarebbero state proprio le sue bugie.
E lei era già in gabbia, solo che non poteva saperlo. Così, ignara della giornata che l’aspettava, andò a farsi una doccia, sperando che il getto caldo dell’acqua alleviasse quella tensione, che la rendeva inquieta e le irrigidiva le ossa.
Quando si fu vestita, si sentì un po’ più rilassata. Ma quella sensazione sarebbe durata poco, perché fece giusto in tempo a sentire il suono del campanello. Chi poteva mai essere a quell’ora? Mentre percorreva con esagerata lentezza il corridoio che portava all’ingresso, rimuginò sulle varie possibilità: Zayn che tornava dal bar prima del solito? O Vanessa, che aveva perso per l’ennesima volta l’autobus e tornava come al solito per pregarla di rimanere a casa? Non riuscì a decidersi, perciò aprì, pronta ad accoglierli, chiunque dei due fosse stato.
Ma quando lo fece, non vide né Zayn, né tantomeno sua figlia. Bensì, si trovò davanti un volto che credeva di aver dimenticato, e invece era vivo nella sua memoria più che mai. E altrettanto familiare, come le farfalle nello stomaco che gli provocava.
- Nicky cosa.. Ma.. Che ci fai qui? - disse Bridget boccheggiando. La sua visita la colse così alla sprovvista da confonderle i pensieri e farle sbarrare gli occhi. Era felice di rivederlo, ma anche agitata, come non lo era mai stata. Non riusciva a smettere di guardare di continuo oltre le sue spalle, col terrore che Zayn si potesse materializzare all’improvviso, pronto a coglierli di sorpresa. Bridget ignorava che in realtà Zayn era già lì, nascosto dietro una delle siepi insieme a sua figlia. E che era davvero tornato in anticipo alla ricerca delle chiavi della macchina, delle quali scoprì solo dopo di avere una copia nella tasca posteriore dei jeans stinti. Così come sua figlia aveva perso l’autobus ed era tornata pigramente sui suoi passi. Anche se era più giusto dire che non ci era voluta salire. E a pochi passi di distanza li aveva scorti a chiacchierare. Non sapeva se fosse importante, né chi fosse quell’uomo. Perciò, si acquattò dietro la siepe per scoprirlo. Suo padre l’aveva raggiunta poco dopo, e dalla sua espressione si sarebbe detto che almeno lui sapesse con chi la madre si stesse intrattenendo. Da dove si trovavano non riuscivano a cogliere molto. Diciamo quel tanto che bastava per capire quello che si sarebbero detti.
Intanto, Bridget e Nicky dall’altra parte se ne restavano imbambolati come statue. Fu Nicky dopo un po’ ad interrompere il silenzio.
- Ciao Bridget. -
- Ciao. - Era ancora così bello dopo tutti quegli anni. Le era mancato il suo viso dolce, quegli occhi azzurro cupo, le labbra sottili, lo sguardo magnetico.. Lui, lui le era mancato. E tutto quello che riusciva a farle provare anche solo sfiorandola. Ma i tempi erano cambiati, lei era cambiata. Ora non era più solo una donna sposata, ma anche una madre. E lui, il padre di sua figlia. E tempo fa aveva giurato solennemente a se stessa che quel segreto sarebbe morto con lei, per il bene suo, di Nicky e di Vanessa. A pensarci bene, era più la sua comparsa a doverla preoccupare. E se davvero fosse tornata indietro e l’avesse vista chiacchierare e per non disturbare fosse rimasta in disparte ad ascoltare in qualche angoletto da dove difficilmente l’avrebbe notata? Ma no, che assurdità, che andava a pensare! Questa era solo la sua mente terrorizzata, che le faceva elaborare situazioni assurde, inverosimili. E da completa paranoica.
- Bridget io ho bisogno di parlarti. -
- E ciò che hai da dirmi è così importante da farti tornare qui dopo tutto questo tempo? -
- Bhè io.. Suppongo di si - disse Nicky guardandola dritto negli occhi, ma con fare un po’ incerto.
- Supponi? Che.. Che cosa significa che lo supponi? - Bridget era confusa.
- Voglio dire che sono venuto a chiederti una cosa, che tu saprai sicuramente meglio di me. -
- Ah sì? E cosa te lo fa.. Supporre? Sentiamo. - sbottò Bridget, che cominciava già a stancarsi di starlo a sentire. Non aveva voglia di rispondere a nessuna domanda, stupida o intelligente che fosse. L’unica cosa che desiderava adesso è che lui se ne andasse, per non tornare più. Lui, e quel batticuore che le sfiancava il petto. Era così difficile da capire?
- Vedi io.. Io non lo so! Sono qui per sapere la verità, una volta per tutte. E non me ne andrò di qui finché non avrò capito come stanno davvero le cose! - riuscì a dirle Nicky.
- Ma di quale verità parli? Cosa diamine sei venuto a fare da me? - Bridget alzava sempre più il tono della voce, sia perché era infastidita da tutto quel mistero, sia perché cominciava ad avere paura. Cosa voleva sapere Nicky di così importante da ripresentarsi senza preavviso dopo anni di silenzio? E se avesse saputo.. No, era assolutamente improbabile. Nessuno lo sapeva oltre lei, perciò non doveva preoccuparsi. Il suo segreto era al sicuro.
- Ok, proverò a spiegarmi. - Ingurgitò rumorosamente la saliva, amara come bile, e continuò a parlare: - Mia madre è la nuova direttrice della Mead High School, nonché insegnante di matematica. Non so se hai saputo che quello attuale, Mr Benson, si è licenziato. Comunque, non importa. - Fece una pausa per riorganizzare le idee e le parole che gli affollavano la mente. - Mesi fa, ha ricevuto l’elenco degli alunni. Me lo diede e io lo scorsi velocemente con lo sguardo, per curiosità. Ed è da quando l’ho fatto che non riesco a darmi pace. Un nome continua a martellarmi nella testa e io non riesco a farlo smettere: Vanessa Malik. E dato il cognome ho pensato, pura coincidenza o figlia di Bridget Levinson e Zayn Malik? Cosa mi dici in proposito? -
Ecco chi era la nuova preside super simpatica di cui parlava sempre sua figlia. Yvonne. Quel nome le era parso subito così familiare. E lo era. Era sua madre. Oh Signore. Non poteva essere, no! Esisteva cosa più assurda di questa? E’ possibile che più si cerchi di nascondere qualcosa e più salta fuori, quando meno te lo aspetti? Ma Bridget si illuse che, nonostante tutto, poteva ancora recuperare. Certo che poteva. E lo avrebbe fatto dicendogli quello che tutti sapevano, ciò in cui anche lei col tempo aveva finito per credere: che è così, Vanessa era figlia di lei e Zayn. Niente di più, niente di meno. E se voleva che la cosa si fermasse lì, doveva cacciare fuori gli artigli. C’era un limite a tutto, anche alla verità. E lei quel limite lo aveva delineato già da tempo. E non intendeva farlo varcare a nessuno, tantomeno - anzi, soprattutto - alla persona che le era di fronte. Così, annuì vigorosamente, con fare sicuro, prima di rispondere. - Sì, è mia figlia. Mia e di Zayn. Cosa credevi, che non avessi diritto a rifarmi una famiglia? -
- Non se al tuo fianco c’è un uomo del genere! La persona che conoscevo non avrebbe mai condannato la propria figlia all’infelicità! -
- E chi ti dice che lei non sia serena invece? Eh? -
- Bridget!! Ma ti stai ascoltando? Le persone non cambiano dall’oggi al domani, specialmente i tipi come lui. O vuoi farmi credere che per Zayn è stato così? -
- Sì, esatto!! - gli urlò Bridget. - Zayn è buono con sua figlia. Certo, non è un padre esemplare, questo no. Ma le vuole bene e questo mi basta! - Ed era la verità, Bridget non stava mentendo. Ma era ovvio che Nicky lo pensasse. C’erano molte cose che non sapeva, e i lievi cambiamenti in positivo di suo marito erano tra queste.
- E a lei? Te lo sei mai chiesto se per lei questo è sufficiente? -
- Ma insomma Nicky!! Certo che l’ho fatto, voglio solo il meglio per lei. Però le è toccato questo destino in sorte e né io né lei possiamo farci un bel niente! -
- Oh tu sì che potresti, eccome! - Nicky era fuori di sé, sembrava un vulcano pronto ad esplodere.
- Davvero? E tu chi diavolo credi di essere per dirlo? -
- Suo padre, dannazione!! - gridò Nicky scuotendole con forza le spalle.
Ecco, lo aveva detto. Ce l’aveva fatta a sputare quelle parole, che gli erano costate uno sforzo immane, notti insonni e tutta l’aria che aveva nei polmoni. Ed ora ansimava, come dopo una corsa. Ed era sconvolto, ma non tanto quanto lo era Bridget. Il suo viso appariva terrorizzato e tremendamente accecato dall’ira allo stesso tempo. Verso se stessa, verso Nicky, persino verso Vanessa, la causa di tutto. E quello che appariva all’esterno, non era niente in confronto a quello che provava dentro: paura, rimorso, rancore, disperazione e impotenza. Come se le avessero amputato tutti e quattro gli arti e Nicky fosse l’unico a poterla aiutare a muoversi.
Ma non si sarebbe lasciata annientare così. Avrebbe lottato fino alla fine, si sarebbe attaccata a tutto. Avrebbe detto qualcosa, non sapeva bene cosa avrebbe inventato, ma un’idea le doveva pur venire, accidenti! Un ultimo sforzo, per respingere quel senso di oppressione che altrimenti l’avrebbe soffocata.
- Sei un folle. Tu non hai prove. Stai farneticando. - disse Bridget con tono inespressivo ed un’espressione vitrea. Nicky allora prese un bel respiro e si preparò a rivelare la parte mancante della storia. Ormai non aveva più nulla da perdere, semmai da guadagnare. Il passo più grande lo aveva fatto e doveva continuare fino alla fine. E parola dopo parola, il peso che aveva sul cuore si alleggerì.
- Su quei fogli, oltre ai nominativi, c’erano un sacco di altre informazioni. Indirizzo, numero di telefono, sezioni.. e date di nascita. E’ con quella che ho capito che c’era qualcosa che non tornava. Perché in quello stesso, maledetto anno - quel lontano 2000 - noi ci eravamo appena conosciuti. E per far sì che Zayn possa essere suo padre, tu avresti dovuto essere già incinta quando mi incontrasti. E sai bene che non è così, perché abbiamo continuato a frequentarci per mesi e io prima o poi me ne sarei accorto, diamine! La nostra vita, le nostre giornate.. Erano tutte concentrate in quel capanno. Te lo ricordi quel capanno? Fu lì che mi lasciasti, in un piovoso giorno di aprile. Tu devi aver scoperto di essere rimasta incinta poco dopo e per paura che Zayn lo venisse a sapere hai preferito spacciarlo per un figlio suo. E così di me ti saresti liberata per sempre. O almeno credevi. Ricordati che la verità viene sempre a galla, Bridget. Puoi ignorarla, odiarla, desiderare che sia diversa o che nessuno possa mai conoscerla, come nel tuo caso. Ma non puoi cancellarla. Le cose torneranno sempre al loro posto, hanno un corso naturale e tu non puoi invertirlo. E’ come quando nevica: tutto si ricopre di quel manto candido. La neve cade, cade finché non arriverà quel timido raggio di sole che scioglierà tutto e riporterà il paesaggio a quello che è sempre stato. Strade, case, auto, via vai di persone. La solita realtà. Quella che tu ci hai negato, Bridget. Io mi chiedo.. Mi chiedo come tu possa esserti svegliata ogni santa mattina e abbia avuto il coraggio di guardarti allo specchio, anche solo per un secondo, sapendo cosa ti portavi dentro. Come hai potuto Bridget, come? Mi hai impedito di essere padre, di veder crescere mia figlia, di sostenerla, di.. -
- Vanessa non è tua figlia!! Mi hai sentito? Tu non sei nessuno per lei, né lo sarai più per me! Mai, mai più! Vattene! - gli urlò disperatamente tra le lacrime Bridget, per poi spingerlo con tutta la forza che aveva in corpo per allontanarlo da sé, facendolo finire pericolosamente sul ciglio della strada. Poi, dopo aver fatto qualche passo verso di lui, lasciò finalmente che tutto quel dolore uscisse dal suo cuore distrutto.
- L’unica cosa che ho sempre voluto nella vita era proteggervi! Zayn non poteva sapere, non doveva! E dirlo a te significava condannarti ad una morte sicura! Così mi sono trovata di fronte ad un bivio: o una vita normale e per quanto possibile idilliaca con mio marito e Vanessa o un’esistenza travagliata con te e lei e la vendetta di Zayn sempre dietro l’angolo. E tra la felicità di mia figlia e te ho scelto Vanessa e da madre quale sono lo farei ancora e ancora!! Avrò sbagliato, può darsi. Ma non me ne pento, anche se fosse. Tu, piuttosto. Sei contento, adesso che lo sai? Sei soddisfatto di questa tua impresa? E cosa pensi che otterrai ora? Andrai a dirlo a Zayn? O a Vanessa forse? Nessuno ti crederà, nessuno!! E prima che tu riesca a fare qualunque cosa Zayn ti manderà sotto terra!! -
- Meglio morire per aver lottato per ciò a cui tieni che vivere senza!! - urlò Nicky di rimando. Poi Bridget non capì più cosa stesse succedendo.
Sentì il rombo di un motore, le sue grida e poi quelle di Nicky e la voce di sua figlia - Vanessa? Ma cosa ci faceva lì? - urlare ‘Mamma!’. Qualcuno che la sospinse all’indietro e Nicky che cadde riverso a terra. E poi il vetro.
Il vetro della macchina che si frantuma in mille pezzi, come le sue bugie.
E la testa di Zayn afflosciata sul volante.
 
Poco tempo prima
- Vanessa?!? E tu che ci fai lì, non dovresti essere a scuola? - chiese Zayn con un tono tra lo stupito e l’arrabbiato. Passava di là per altre questioni, e quasi sobbalzò quando la vide dietro le siepi, nascosta come un ladro.
- Vanessa? Ma che.. -
- Pà, shhh. Non sento niente così! -
- E che sta succedendo di tanto interessante da quelle parti da rapirti così tanto? - la canzonò Zayn. Per lei era tutto degno di attenzione, anche una foglia che volava. Come prevedibile, non ricevette nessuna risposta. Così, seppur a malavoglia, si chinò anche lui a spiare. E quello che vide non gli piacque. Non gli piacque per niente.
- Non so chi sia quell’uomo, ma sembra che la mamma non lo veda da molto. Sarà una sua vecchia fiamma! - spettegolò Vanessa tutta eccitata.
- Lo è, infatti - gli disse Zayn a denti stretti.
- Cosa? Tu.. Tu lo conosci? E chi è, come si chiama, da dove.. -
- Vanessa. Taci. -
- Scusa. - sussurrò lei in tono offeso. Poi convenne che aveva ragione e chiuse il becco. E da quel momento in poi, nessuno dei due si perse più una parola. E in effetti dopo un po’ era difficile non sentirli, perché si urlavano contro come dannati.
- Accidenti, ma lo ha spinto! - esclamò spaventata Vanessa. Le cose tra quei due stavano precipitando, e ben presto anche loro rimasero piuttosto sconvolti da quello che sentirono. Sembrava di essere in un film. E invece era tutto così incredibilmente reale. Parlavano proprio di lei e.. Quell’uomo affermava per giunta di essere suo padre! Era scioccata, entrambi lo erano.
- P- Papà ma.. Ma che sta dicendo? Io non.. Non è vero che.. - Ma suo padre non stava ascoltando le sue farneticazioni. Si disse che era ora di farla finita. Ora basta.
Quel maledetto doveva pagare. E indirettamente anche lei.
- Troia, è solo una troia! Io li ammazzo, li ammazzo! Bruceranno all’inferno, tutti e due! - inveì Zayn, che in un attimo era già balzato in piedi, diretto verso la macchina.
- Cosa vuoi fare? Papà fermati, ti prego!! - lo supplicò Vanessa, che nonostante la situazione disperata si ricordò di tenere basso il tono di voce per non farsi sentire. A quelle parole Zayn si bloccò di scatto, e le rivolse uno sguardo straziante, irato, infuocato.
- Papà? Ma non l’hai capito che io non sono tuo padre? Non hai sentito, eh? Vai da quel viscido, anzi, salutalo. Perché questa è stata la prima e ultima volta che lo hai visto in vita tua! -
Vanessa impallidì. - No, no tu non.. Tu non sei un assassino, non ne saresti capace, tu.. -
- Un uomo tradito, umiliato, ferito, ecco cosa sono! Tu non capisci, non hai idea di quanto veleno io abbia dentro! - Zayn era completamente fuori di sé.
- Si, invece! Ed è proprio perché lo immagino che voglio che tu rifletta!! A cosa servirebbe, se non a generare altro dolore? Vuoi rovinare tutto proprio ora che stavate imparando ad amarvi? Senza contare che, nello stato in cui sei, saresti tu a rimetterci! Rischi di morire, santo cielo! -
- Ma io sono già morto! Morto dentro, malato d’amore. E a questo non c’è cura. -
- Ti sbagli. Il tempo.. -
- Stronzate!! Un’illusione, un’attesa senza fine, questo è il tempo. Non la soluzione ai miei problemi. Questo è quanto. Io me ne vado. - Vanessa scoppiò a piangere e cadde in ginocchio giungendo le mani, nell’ultimo, disperato tentativo di fermarlo.
- Non andare. -
Zayn si sentì malissimo. Lo addolorava vederla così, ma non poteva tornare indietro. Aveva già perso l’occasione di farlo fuori tempo fa, e nulla, neanche le sue lacrime, l’avrebbero trattenuto. Amava Vanessa. Ma non tanto quanto odiava Nicky.
- Mi dispiace. - disse in un sussurro. - Mi dispiace tanto. - E se ne andò.
Vanessa  capì che non era più il caso di insistere. Lui aveva preso la sua decisione, lei la sua. Perciò lasciò che se ne andasse, e quando fu abbastanza lontano, balzò fuori dal suo nascondiglio. Le intenzioni di suo.. Bhè di Zayn erano alquanto chiare, e lei non poteva permettere che accadesse una strage. Non se poteva evitarlo.
Subito si diresse verso sua madre, giusto in tempo per spingerla all’indietro e per notare con orrore la macchina di Zayn che sbandava impazzita e quell’uomo - suo padre - , a terra, che si contorceva come un verme sull’asfalto.
 
Appena salito sull’auto, Zayn rifletté sulle parole di sua figlia. Era davvero così rischioso quello che stava per fare? Doveva davvero ripensarci? Si disse che si, forse era una pazzia: era troppo provato da quello che aveva sentito, troppo inorridito da quelle parole, che gli danzavano freneticamente nella testa. Ma era pur vero che non poteva lasciarselo scappare, non di nuovo. E se c’era qualcosa di più importante della sua stessa vita, quella era proprio l’onore, che nessuno doveva permettersi di calpestare. Così mise in moto, alla massima velocità, e quando se lo trovò davanti spinse con forza il piede sull’acceleratore. Ma le cose non andarono come previsto: all’ultimo, quel bastardo riuscì a buttarsi di lato, così al massimo poteva avergli fatto qualche graffio o rotto qualche osso. A farsi male, e di brutto, fu lui, che ad un certo punto non ci capì più niente e andò a sbattere addosso ad una quercia. Ebbe appena il tempo - quel dannato, che gli stava scivolando dalle mani - di pensare a Vanessa, quella ragazza così tenera e intelligente che avrebbe meritato più ascolto e poi a lui, a quella vita che si muoveva dentro Bridget e che Zayn aveva accarezzato tante volte ed osservato estasiato ed orgoglioso da quelle immagini in trasparenza, prima di sentire la testa pesante come un macigno ed accasciarsi lentamente sul volante.
 
***
Una volta arrivate in ospedale, madre e figlia si accomodarono in sala d’attesa con lo stomaco ingarbugliato dall’ansia, sempre più impazienti di avere notizie su Nicky  e Zayn.
Finalmente, dopo circa un quarto d’ora, videro un dottore giovane e dall’aria gentile dirigersi verso di loro. Le saluto entrambe con una stretta di mano e si presentò.
- Perdonate l’attesa, ma sono stato trattenuto da alcune infermiere. Io sono il dottor Payne, ma potete chiamarmi semplicemente Liam - terminò con un sorriso. - Siete qui per Nicky Byrne e Zayn Malik, giusto? - chiese, scrutando un blocco di fogli che aveva tra le mani.
- Sì, esatto. Come stanno? -
- Dunque, ho una notizia buona ed una cattiva. Da quale volete che cominci? -
- Non importa, faccia.. Fai come credi, Liam - rispose frettolosamente Bridget.
- Bene. Allora partiamo con la cattiva, così potrò rincuorarvi dopo con quella bella. Che ne dite? - propose lui con fare incoraggiante. Entrambe annuirono, un po’ irritate dall’eccessiva cordialità e flemma di quel dottore, che a quel punto si schiarì la voce e con tono grave, si preparò a dare la terribile notizia.
- Vedete, questo non è stato un incidente da poco purtroppo. E a pagarne le conseguenze peggiori è stato l’uomo che era al volante, il signor Malik.. A quanto abbiamo potuto riscontrare, il paziente ha sbattuto violentemente la testa al finestrino e questo gli ha provocato una grave emorragia cerebrale, che ci è stato impossibile fermare con così poco tempo a disposizione. L’impatto è stato fatale e per il signor Malik non c’è stato nulla da fare. Mi spiace moltissimo. - Fece una pausa, per dare tempo alle due donne di assorbire la notizia. - So che dal punto di vista affettivo è un duro colpo, ma da quello clinico, dal mio modesto parere,  è stato meglio così se mi permettete. Zayn infatti non ha subito solo danni permanenti al cervello a seguito dell’ictus fulminante che ha seguito l’emorragia, ma anche alla colonna vertebrale, per cui probabilmente se si fosse salvato avrebbe vissuto come una specie di vegetale, costretto su una sedia a rotelle e incapace di intendere e volere. Vi assicuro che sarebbe stato molto più doloroso sopportare tutto questo che affrontare la sua perdita. - A quel punto, si aspettava una qualche reazione, e invece continuavano tutte e due a rimanere mute ed immobili come mummie. Era come se quelle parole le avessero congelate e stordite, a tal punto da non riuscire a reagire. Ma Liam, in sette anni di esperienza al Northern Central Hospital, aveva imparato a leggere lo stato d’animo dei cari con un solo sguardo. E i loro occhi esprimevano frustrazione, debolezza e tanta, tanta tristezza. E con la speranza di risollevarle un po’, proseguì con cautela, come a temere di infastidirle con la sua voce dopo quegli istanti di gelido silenzio. - C’è pero ancora una bella notizia da ascoltare - cominciò incerto Liam - che, come avrete avuto modo di immaginare, riguarda il signor Byrne. - A quel nome, una delle due trasalì, come se si fosse rianimata di colpo. - Non vi nego che se l’è vista brutta anche lui. Ma per fortuna, eccetto qualche frattura ed un generale indebolimento fisico, non ha riportato grosse lesioni. Certo, al momento ha forti dolori alle ossa, ma nulla che non si possa risolvere con un po’ di riguardo e tanto riposo. - Ora sì, che le vedeva sollevate, e se ne rallegrò, sorridendo ad entrambe.
- Possiamo fargli visita? - chiese Bridget, con un tono che tradiva tutta l’emozione e a voglia che aveva di rivederlo dopo tutto quel disastro.
- Ovviamente! Ma non dimenticate quello che vi ho appena detto - si affrettò ad aggiungere. Bridget lo liquidò con un breve sguardo che doveva essere di approvazione o rassicurazione, ma in realtà era solo colmo di agitazione e smania di raggiungere Nicky. Infine trascinò per il braccio la figlia e si avviò velocemente verso la stanza che il dottore indicò loro.
- Nicky!! Grazie al cielo stai bene.. Come ti senti? - chiese Bridget, correndo a stringergli la mano e a sedersi al suo fianco.
- Un po’ indolenzito, ma tutto sommato non mi posso lamentare. - rispose Nicky con fatica. Quando lo sentì parlare con quel tono basso e strascicato, Bridget capì immediatamente cosa intendeva il dottore quando le disse che era debole. Lo era, eccome. Aveva lo sguardo stanco e faceva persino fatica a tenere gli occhi aperti, come se non dormisse da giorni. Ma preferiva questo, all’idea di non vederglieli più riaprire.
- Tu? E.. E Vanessa? Come sta Vanessa? -
- Bene, grazie. - intervenne lei timidamente, sporgendosi un po’ verso affinché la notasse. Appena incrociò quegli occhi grandi e vispi, Nicky si sentì subito meglio e Bridget quasi si commosse quando, pian piano, le sue labbra si schiusero in un luminoso sorriso, rivolto unicamente a sua figlia, come se non avesse aspettato altro da quella mattina che vedere che volto avesse  e sentirne il suono della voce. Quando però il suo sguardo si posò di nuovo su Bridget, la sua espressione cambiò facendosi più seria.
- E Zayn? -
Come poteva domandare di lui dopo che gli aveva quasi tolto la vita?, si domandò Bridget. Ma lo tenne per sé, non voleva creare discussioni inutili. E poi in qualche modo doveva pur informarlo di ciò che era successo.
- Bhè, ecco Zayn.. Zayn è.. -
- Zayn è morto. - proferì con decisione Vanessa, venendo in aiuto a sua madre. Nicky aprì e chiuse la bocca incapace di emetter alcun suono. Semplicemente perché non sapeva cosa dire, cosa fare. Cosa provare. Era più giusto rattristarsi o rimanere indifferente? Come si sarebbe comportato Zayn al suo posto? Ma, per come, erano andate le cose, non doveva poi rimuginarci tanto su. Sapeva già la risposta.
- Non preoccuparti. Comprendo la tua reazione, anche noi siamo ancora piuttosto scioccate. Però, date le circostanze, sarà meglio che tu non ci pensi troppo su. In fondo se sei qui è solo a causa sua - disse di nuovo Vanessa in tono mesto, che in quel momento cercava solo di farlo sentire meno a disagio e sollevarlo da un peso che non toccava a lui portare.
- Condivido pienamente, a lui penseremo dopo io e Vanessa. Tu pensa solo a guarire presto. - disse Bridget in tono calmo, spacciandosi per quella che aveva maggior controllo della situazione, e invece era la più agitata dei tre. E non solo per tutta quella devastante situazione, ma anche perché Bridget sapeva di doverlo informare di una cosa. E se questa brutta vicenda le aveva insegnato qualcosa, era che le bugie non avrebbero mai portato nulla di buono. Si chiedeva solo se era quello il momento adatto per parlarne.
- Senti Nicky.. - cominciò titubante Vanessa - Io.. Volevo che sapessi che ti sono grata per aver affrontato la mamma , davvero. E questo dimostra senz’altro quanto tu possa tenere a me, nonostante sai di me da così poco. Però.. Ho bisogno di tempo. Cioè, non me la sento di chiamarti ancora papà, ecco. Spero non ti dispiaccia. - Bridget era alquanto stupita dalla maturità e dalla sicurezza con la quale Vanessa stava gestendo la cosa. Era fiera di lei e comprendeva le sue paure.
- Capisco perfettamente, e puoi stare certa che nessuno ti metterà alcun tipo di pressione, io per primo. Sappi solo che io ci sono per te, e quando avrai voglia e ti sentirai pronta non dovrai fare altro che dirmelo. Sarò più che felice di accoglierti tra le mie braccia. - Vanessa parve arrossire lievemente a quelle parole così affettuose, cosa inusuale per una come lei, che ponderava le emozioni in maniera del tutto insolita per una ragazzina della sua età.
- Ok, allora siamo d’accordo. Ora però c’è un’altra cosa che devi sapere. Vero mamma? - Bridget quasi saltò. Si era talmente estraniata da quella conversazione che quelle parole le risultarono come una doccia fredda. Fu lei ad arrossire stavolta, e sperò che Nicky non se ne accorgesse.
- Di cosa parli Vanessa? E poi non ricordi che il dottore.. -
- Avanti mamma, non farla così lunga! - sbuffò sua figlia.
- Che mi state nascondendo? - domandò Nicky con fare sospettoso.
- Qualcosa che se non ti dirà presto finirai col notare da solo, perché comincerà a gonfiarsi come un pallone! - ridacchiò Vanessa, guardando di sottecchi prima la madre, poi il suo ventre. Nicky sbarrò gli occhi sorpreso a quell’informazione.
- Sei.. Sei incinta? - Bridget incenerì con lo sguardo Vanessa, poi non le rimase altro che annuire.
- Non sarò mica di nuovo io il padre vero? - scherzò Nicky, tentando di sdrammatizzare visto che Bridget appariva visibilmente imbarazzata.
- No, certo che no scemo! - rise Bridget
- Cosa avete da ridere voi due? Vi diverte che questo bambino non potrà mai conoscere il suo vero padre per caso? - intervenne Vanessa guardandoli in cagnesco e cogliendoli entrambi alla sprovvista. Bridget non intendeva assolutamente prendersi del gioco di quel bambino, o di Zayn, né tantomeno poteva prevedere che sua figlia la prendesse così sul serio.
- No tesoro no! Stavamo solo.. -
- E io che pensavo stavolta sarebbe stato tutto diverso.. - la interruppe Vanessa, ora più triste che adirata. - Speravo che almeno il mio fratellino potesse crescere con il suo vero padre, e invece.. -
- Aspetta aspetta.. Fratellino? Sapete già che sarà un maschio? - proruppe Nicky sconcertato.
- E certo: la mamma è al terzo mese di gravidanza! A guardarla non si direbbe, ma è proprio così.. Figo vero? - rispose lei, che di colpo sembrava aver ritrovato il buonumore. Sembrava avesse già dimenticato quel momento di malinconia che l’aveva colta poco prima. E Bridget ne fu sollevata, anche se non riuscì a togliersi del tutto quelle parole di rimprovero dalla testa.
- Bene. E’ meglio che io vi lasci da soli, avrete molte cose da dirvi - esordì Vanessa, scattando in piedi.
- Grazie. - le disse Nicky guardandola teneramente. Vanessa gli sorrise brevemente, poi si diresse verso l’uscita. Proprio quando era ormai sulla soglia si fermò.
- Uhm, Nicky.. Ehm, quando verrai a stare da noi e tu e mia madre avrete voglia di.. Bhè avrete voglia di fare le vostre cose cercate di non fare tanto chiasso. I vicini sono già alquanto rumorosi. E niente smancerie in mia presenza, sono allergica a queste cose! - disse piuttosto seria. Nicky e Bridget scoppiarono a ridere, scambiandosi uno sguardo d’intesa. Oh e.. Benvenuto. Papà. - aggiunse titubante. Non che avesse cambiato idea sul fatto di avere bisogno di tempo, ma le sembrava carino come saluto. E soprattutto voleva sapere che affetto le avrebbe fatto dirlo per la prima volta alla persona che l’aveva davvero concepita. E il risultato fu che si sentì strana, e un po’ in colpa pensando a Zayn, la quale immagine una volta fuori, le si parò davanti,  a ricordarle che non sarebbe stato affatto facile dirgli addio. Ma doveva farlo, non aveva scelta. E fu con quell’intento che si fece condurre all’obitorio, chiedendo cortesemente all’infermiera che l’aveva accompagnata di informare sua madre e di dirle di raggiungerla appena fosse terminata la visita a Nicky.
Nel frattempo i due conversavano animatamente, ignari del grande passo che Vanessa aveva deciso di compiere.
- Bel caratterino eh? -
- Già, da chi avrà preso? -
- Non fartelo dire - lo ammonì Bridget in tono di accusa. Nicky finse dapprima di indifferenza, come se non sapesse di cosa stesse parlando, poi simulò una faccia offesa, colpito nel segno, ma in fondo in fondo fiero che fosse così simile a lui. E Bridget lo sapeva, perciò ignorò il suo broncio e prese a sistemargli il cuscino dietro la testa, che minacciava di cadere da un momento all’altro. Quando finì, assunse improvvisamente un’aria seria e pensierosa.
- Nicky io.. Volevo chiederti scusa per come ti ho trattato. E per averti mentito per tutti questi anni. Se non lo avessi fatto, tu ora non.. -
- Bridget no, per favore.. Non è colpa tua. La responsabilità è mia, solo mia! Ho scelto io di tornare, e me ne assumerò tutte le conseguenze. -
- Si ma.. -
- Signora Levinson, sarò costretto a zittirla con un bacio se non chiuderà quella boccaccia! -
- Allora prego. - lo provocò Bridget avvicinando le sue labbra a quelle di Nicky.
- Bhè, se le cose stanno così allora.. -  e la baciò con passione, assaporando dentro di sé la sensazione di benessere che il contatto con quelle labbra calde gli provocava. Una volta staccatosi, si trovò a fissare le mani di Bridget, che senza accorgere aveva stretto alle sue.
- Qualcosa non va? - domandò allarmata lei.
- No, no. Stavo solo.. Notavo solo che non hai più la fede. -
- Ah bhè io.. Non la porto più da un bel po’. Quando la tolsi ero già alla seconda gravidanza. Zayn si arrabbiò molto quando se ne accorse sai? Ma poi, proprio in quel momento ebbi una fitta e lui per la preoccupazione se ne dimenticò completamente per portarmi subito all’ospedale. Teneva molto a questo bambino. - gli rivelò Bridget, accarezzandosi il ventre. - Non vedeva l’ora di avere un bel maschietto e quando il dottore gli annunciò che quella era la volta buona, non stava più nella pelle. Guardava  riguardava gli esami, le ecografie. Dovevi vederlo: era più emozionato di un bambino a Natale! - disse con nostalgia.
- Ad essere sincero, mi riesce proprio difficile immaginarlo nelle vesti di un padre amorevole.. Ma forse avevo torto, le persone possono davvero cambiare. - osservò pensoso Nicky. - In ogni caso, sono contento che lo amasse davvero tanto. E quando nascerà, lo ripeteremo giorno e notte a questo marmocchio. - e così dicendo poggiò anche lui delicatamente una mano sul ventre di lei.
- Senza dubbio, perché è così che voglio ricordarlo. Non che io possa mai rimuovere tutto il male che mi ha fatto ma.. Per lui sono disposta a metterla da parte. -
- Sono d’accordo, è la cosa giusta da fare - approvò Nicky, rivolgendole uno sguardo carico di affetto.
- A proposito.. Mentre venivo qui, ho incrociato tua madre. Come le vanno le cose? -
- Intendi se ancora vive sotto lo stesso tetto di mio padre? -
- Si, insomma se.. Se la tratta ancora come prima o magari è cambiato qualcosa, non so.. -
- Magari lo fosse. - sospirò Nicky.
- Nicky e se.. -
- Niente se, né ma. Le cose stanno così e non posso farci nulla. Ci ho provato a farla ragionare, credimi. Ma è più testarda di un toro e quando mi darà ascolto vedremo gli asini volare. - sbuffò, roteando gli occhi.
- No, ascoltami! Nicky e se.. Se le chiedessi di vivere con noi? Pensi accetterebbe? - chiese speranzosa Bridget.
- Neanche sotto tortura bella mia, non farti illusioni! Non sono riuscito mai a convincerla neppure a venire a stare da me, nonostante glielo abbia chiesto più e più volte. Cosa vuoi che sia cambiato ora? -
- Tutto Nicky!! Insomma.. Adesso ha anche una nipote, più uno in arrivo.. E una vera famiglia sulla quale contare. Oltretutto a casa mia c’è spazio a sufficienza per tutti e cinque! -
- Se la metti su questo piano, sappi che la popoleremo di figli e l’unico posto che le rimarrebbe sarebbe il bagno! - sghignazzò Nicky.
- Dai buffone smettila! - lo rimproverò sorridendo Bridget. - Dico sul serio, e poi.. Non lo faccio solo per lei, ma anche per te. So quanto ci tieni a vederla felice. Lascia che almeno io ci provi. - insistette lei. Nicky ci pensò un po’ su, poi decise di dargliela vinta. Non riusciva a dirle di no. - E va bene, come vuoi! Quando mi sarò ripreso gliene parleremo, contenta? - Bridget esultò soddisfatta e gli gettò le braccia al collo.
- Ahi, ahi Bridget.. Piano! - si lamentò Nicky debolmente.
- Scusa, mi ero scordata di quanto fossi acciaccato! -
- Ecco, e ora lasciami riposare, che altrimenti da qui non uscirò intero! -
- Hai ragione, me ne vado subito. Ma mi raccomando, di qualunque cosa tu avessi bisogno io.. -
- Si, si, lo so! Sparisci! - Bridget rise, gli diede un bacio sulla fronte e si alzò. - Riguardati. - gli sussurrò dolcemente, ricordando quando fu lui, tempo prima, a dirglielo con quegli occhi belli e imploranti.
- Certo, tranquilla. -
- A domani. - Afferrò le chiavi della macchina che Vanessa aveva inavvertitamente lasciato sul piccolo comò bianco ottico accanto al letto, per poi avviarsi verso la porta. Nell’istante in cui poggiò la mano sulla maniglia, Nicky la chiamò.
- Bridget! -
- Si? -
- Manda un abbraccio fortissimo alla mia piccolina. - Bridget annuì, guardandolo con tenerezza, prima di lasciarsi la stanza alle spalle e gettarsi nel trambusto ospedaliero, nel quale cercò invano sua figlia. Ma dove si era cacciata? Ad un certo punto qualcuno le toccò un braccio, e pensando fosse lei si voltò di scatto. E invece, trovò un’infermiera sulla sessantina che, quasi a leggerle nel pensiero, le spiegò che sua figlia la aspettava nel seminterrato. Ecco perché se l’era svignata così presto prima.
Bridget la ringraziò e seguì col cuore in gola le istruzioni fornitele dalla donna. Quando entrò, cercò subito Vanessa con lo sguardo, e la trovò seduta accanto a Zayn, con il volto distrutto dalle lacrime. Le corse incontro, stringendola più forte che poteva. E fu così, l’una nelle braccia dell’altra, che lo guardarono per l’ultima volta. Lasciò che i suoi occhi si posassero sui suoi lineamenti morbidi, i suoi capelli corvini sempre impeccabili, e le palpebre chiuse, che gli conferivano un’aria angelica e rilassata. E, per la prima volta nella sua vita, si sorprese a provare per lui null’altro che una profonda tenerezza, così forte da scioglierle il cuore. Era incredibile, eppure non riusciva a odiarlo o a maledirlo nonostante ciò che le avesse fatto passare. Era come se, improvvisamente, riuscisse a vederlo per quello che era realmente: non più un uomo violento e arrabbiato con il mondo intero, ma un uomo solo e fragile, che ogni giorno lottava contro se stesso e la sua incapacità di amare. Un uomo che respingeva tutti, ma dentro di sé aveva un disperato bisogno di essere capito e voluto bene. E lei non ci era riuscita, non era stata capace di abbattere i suoi muri e di curare quel cuore dolente, martoriato dalle tante battaglie che aveva combattuto, senza più sapere ad un certo punto per cosa si stesse battendo. E alla fine, era rimasto vittima della sua stessa ira, la stessa che lo aveva accecato e spinto a prendere quella macchina e a non fermarsi neanche in nome della creatura che Bridget portava in grembo, pur provando amore puro per quella creatura. E ora se ne andava così, senza battere ciglio, quasi a volersi scusare per tutto quel caos che aveva sollevato.
Non una parola, non una lacrima. Solo quel corpo pallido e sconfitto.
- Mi spiace, ma tra poco dovrete abbandonare la stanza. - disse una voce alle loro spalle. Era il dottor Payne, che fece capolino dalla porta con la solita espressione cordiale. - Perdonate la mia apparizione improvvisa. Non volevo disturbare in un momento così delicato. -
- Nessun problema. - disse Bridget asciugandosi le lacrime. - Solo un istante per.. Per salutarlo. -
- Certo, aspetterò fuori. - e sparì, silenziosamente com’era arrivato. Non appena si chiuse la porta alle spalle, Bridget posò un bacio umido sulla fronte di Zayn.
- Addio. - gli sussurrò. - Avanti tesoro, salutalo anche tu, così andiamo a casa. - le disse piano accarezzandole i capelli. Vanessa annuì debolmente, si sporse verso di lui e gli accarezzò una guancia.
- Sei stato un pazzo, un vero folle. Però ti perdoniamo, io e la mamma. E continueremo sempre a volerti bene, anche se ci hai fatto tanto arrabbiare. Però nessuno ce l’avrà con te per questo, neanche Nicky. E’ un uomo buono, e ti prometto che sarà anche un buon padre, per me e il mio fratellino. Perciò non stare in pena per lui. Sarà in ottime mani, vedrai. E poi io gli parlerò sempre di te, e condividerò con lui fino all’ultimo ricordo che ho del suo papà. Spero solo che troverai la pace che questa vita non è riuscita a darti. Mi mancherai. Addio pà. -
- Andiamo. - disse cautamente Bridget, sorridendole tra le lacrime.
- Aspetta. Aspetta qui un secondo. -
- Cosa devi fare? - le chiese, ma Vanessa si era già allontanata, diretta verso il dottore.
- Liam.. -
- Cosa c’è? - le fece eco lui voltandosi.
- E’ un problema se gli lascio questo? - e indicò un braccialetto, un regalo di Zayn per suoi quattordici anni.
- Non preoccuparti. Dallo pure a me, mi occuperò personalmente che glielo facciano indossare al momento di cambiarlo. - la rassicurò Liam, accarezzandole con una mano la spalla e con l’altra prese il braccialetto.
- Grazie, grazie mille. -. Bridget nel frattempo si era appoggiata allo stipite della porta in attesa che sua figlia terminasse ciò che stava facendo, qualunque cosa fosse. Ormai neanche le interessava più, era troppo stanca per chiederglielo di nuovo.
Finalmente la vide arrivare.
- Fatto?-
- Si, ora possiamo andare. - le rispose Vanessa, lasciandosi scappare uno sbadiglio. Salutarono Liam e dopo qualche minuto si ritrovarono fuori dall’ospedale. Per oggi ne avevano avuto abbastanza entrambe di quel posto, soprattutto Vanessa E fu proprio pensando a lei che le ritornò in mente una cosa, una piccola curiosità che voleva togliersi.
- Vanessa, posso chiederti una cosa? -
- Si, credo di si. -
- Cosa ci facevi da quelle parti? Da dove sei sbucata così all’improvviso? -
- Oh, io.. Ero dietro le siepi del vialetto con Zayn. Però lui è arrivato dopo, non c’entra nulla. E’ stata tutta colpa mia. -
- Come sarebbe a dire colpa tua? E di cosa? -
- Dell’incidente, della morte di Zayn.. Tutto. Se non fosse stato per me lui non avrebbe mai fatto quel che ha fatto. Era me che doveva investire mamma, non Nicky! Sono io il problema.. -
- Tesoro ma cosa stai dicendo?!?  No, no! Ascoltami, ascoltami bene. Tu non hai alcuna colpa per quello che è successo, ok? Zayn era grande abbastanza per capire e riflettere su ciò che faceva. Nulla di questo sarebbe accaduto se non fosse stato per lui. E per me, in parte, perché con ogni probabilità se avessi parlato prima ora Zayn sarebbe qui, Nicky a casa sua invece che in un letto d’ospedale e questa storia solo una brutta fantasia. Però, vedi, possiamo sempre e solo supporre. Non abbiamo certezze, se non che non possiamo fare nulla affinché la situazione sia diversa. Possiamo soltanto accettarla e guardare avanti, senza più incolparci o piangerci addosso. Perciò non tormentarti più, Zayn non ne sarebbe contento. E neanche Nicky. A proposito, prima di lasciare la sua stanza, mi ha detto di mandarti un abbraccio fortissimo da parte sua. -
- Nicky.. - sorrise lei scrollando la testa. - Ma dove lo hai trovato uno così? - Bridget rise. - E’ una lunga storia. Ci sarà tempo per raccontartela. -
- Ma io voglio saperla adesso! -
- No, tu ora devi solo tornare a casa e riposare mia cara! Il resto può aspettare. -
- E va bene.. Ma solo perché sono davvero stanca eh! - si arrese Vanessa.
- Vieni qui - le disse Bridget, aprendo le braccia per accoglierla a sé. Senza pensarci, Vanessa ci si gettò esausta. Ma poco dopo se ne accorse e si ritrasse disgustata.
- Oddio mamma ma che fai! Levati, mi stai soffocando!! -
- Avanti acidona ammettilo che ne avevi bisogno! - la derise sua madre.
- E invece no! -
- Ah, pardon, dimenticavo che solo quel.. Com’è che si chiama? .. Mitchell, solo lui può abbracciarti vero? O rifiuti anche i suoi? - la punzecchiò ridendo.
- Ma.. Ma vabbè che c’entra, lo lascio fare solo per essere gentile, mica per altro.. - si difese Vanessa guardando in basso, in tono poco convinto.
- Si si, come no! Dai, ora basta bighellonare, altrimenti ci addormenteremo qui. Vieni, la macchina è là! - Una volta salite, Bridget mise in moto, impaziente di lasciarsi quell’edificio alle spalle. Era tutto finito. Finalmente stava per iniziare una nuova fase della sua vita. Ora sì, che sarebbe potuta essere davvero felice, senza più rinunce né ripercussioni. Ogni cosa era come avrebbe sempre dovuto essere, come se i tasselli della sua vita si fossero immediatamente ricomposti. Ora erano insieme: lei, Nicky e sua figlia. E nessuno avrebbe più potuto separarli. Bridget non l’avrebbe permesso. E il tempo non avrebbe fatto altro che darle ragione e unirli ancora di più. Sarebbero stati la famiglia che aveva sempre sognato, una squadra formidabile. E la piccola creatura che portava in grembo, con un debole calcio, sembrò approvare i suoi piani per il futuro.
 
Tre anni dopo
- Zayn, smettila di sporcarti con la sabbia! - lo sgridò Bridget dalla sedia a sdraio.
- Avanti ometto, lasciamo stare i castelli. Che ne dici se invece andiamo a fare un bel bagno? Così papà ti insegnerà a nuotare e a cavalcare quelle onde grandi grandi che ti spaventano tanto. Che te ne pare? - gli propose raggiante Nicky.
- Siii! - Zayn lasciò perdere subito paletta e secchiello e corse tra le sue braccia.
- Andate a fare il bagno? - chiese Vanessa, mentre arrotolava le cuffiette al telefono, che ripose con cura maniacale nel borsone.
- Si. Vieni con noi? - Vanessa annuì, sorridendo a Zayn. Lo aveva scelto lei il nome, e i suoi non ebbero nulla da obiettare a riguardo. Ma con la sorellina in arrivo non fu così fortunata.
“ E no eh, questa volta metteremo Yvonne e non sentirò ragioni!! “ Nicky si era intestardito con il nome della madre, e neppure Bridget stavolta era riuscita ad imporre i suoi gusti, simili a quelli di sua figlia. Per loro sarebbe stato meglio un Jodie, un Gillian, un Georgina.. Ma niente da fare. Però perlomeno erano pari: il primo lo aveva deciso Bridget, il secondo lei e il terzo, a malincuore, Nicky.
Ed era giusto così, alla fine.
- Hai visto? Viene anche tata! - annunciò Nicky al bambino, che batté le manine entusiasta.
- Mamma, tu rimani qui con Bridget? -
- Si, non preoccuparti. Terrò sotto controllo io quel pancione - sorrise Yvonne in direzione della nuora. Alla fine, dopo tante insistenze, Bridget era riuscita a farle cambiare idea e a venire da loro, a patto che due volte alla settimana, facesse un salto da suo marito, che era molto malato. Yvonne non se la sentiva di abbandonarlo in quello stato e Nicky, una volta tanto, cercò di non fare storie.
- Ma non è necessario, sto bene! Anzi, sapete che vi dico? Vengo anche io con voi.. - proclamò Bridget alzandosi con fatica. Non voleva sentirsi un peso per nessuno di loro, né essere trattata come un’invalida. Desiderava poter fare le cose di sempre, ecco. Ma la sua bambina non era della stessa opinione e la costrinse a risedersi di colpo.
- Come volevasi dimostrare - le disse Nicky in tono di rimprovero. Fece l’occhiolino a sua madre, come per raccomandarsi nuovamente che non la perdesse di vista. Poi, si voltò spazientito verso Vanessa.
- Bellezza hai finito con quello specchietto? Siamo al mare, non ad una sfilata! -
- Ecco, arrivo! - sbuffò sua figlia. Anche tra loro le cose si erano evolute per il meglio, anche se i battibecchi erano all’ordine del giorno, e questo non faceva eccezione. Bridget li ignorò e andò a stendersi sull’asciugamano, dove sarebbe stata sicuramente più comoda. Pochi minuti dopo erano già tutti in acqua, mentre Yvonne si era immersa nella lettura. Ormai libera da ogni pressione, Bridget ne approfittò per rilassarsi e ammirare le onde che si infrangevano morbide contro gli scogli. Era una bellissima giornata, di quelle soleggiate e per niente afose, come se ne vedono poche. E quale miglior modo di trascorrerla se non andare al mare e respirare a pieni polmoni quell’aria fresca, odorosa di salsedine e crema appena spalmata? Così, Bridget lasciò vagare affascinata lo sguardo giù per la riva e seguì il via vai dei bagnanti, i genitori che rincorrevano i loro figli o che li aiutavano a tenersi a galla, proprio come vedeva fare a Nicky ora. Ma Zayn, nonostante ci stesse provando, non riusciva proprio ad imitarlo e a Bridget, mentre increspava con le braccia la superficie marina, sembrava più un pesce fuor d’acqua che un futuro nuotatore. Ma non c’era da stupirsi, neanche il suo vero padre ne era capace. Questione di geni, pensò sorridendo tra sé e sé Bridget.
Nicky, una volta accortosi di come annaspava, invece di aiutarlo, rimase a guardarlo divertito. Poi, lo sollevò al cielo, come a mostrarlo meglio al suo papà che da lassù - Bridget ne era sicura - vegliava su di lui. E le piacque pensare che lo stesse facendo disteso su di una soffice nuvola, con una mano sulla fronte per ripararsi dai raggi accecanti e lo sguardo rivolto in basso, verso suo figlio, a ricambiarne con un sorriso i gridolini di gioia, bello e abbronzato come ogni estate.

 
My space :)
Ciao a tutti!!! Questa è la mia nuova one shot, e trae ispirazione da un libro che ho letto uno o due mesi fa, “Stagione di passione”, di Danielle Steel. Come avete avuto modo di leggere dal riassuntino è incentrata su Nicky Byrne dei Westlife - il quale per molti aspetti ha subito delle influenze di uno dei personaggi principali del libro sopra citato, Nick Waterman -  e con la ‘partecipazione speciale’ di due membri dei One Direction, altra band di cui sono fan: Zayn e Liam. Il primo riveste un ruolo di maggior importanza, mentre l’altro è solo una sorta di sussidio, un personaggio di sfondo, che non influisce poi tanto sulle vicende raccontate. Sappiate che questa storia, oltre ad essere molto lunga, ha avuto un periodo di elaborazione piuttosto travagliato. Infatti, tante idee (come la morte di Zayn, l’incidente, la madre di Nicky, etc..) sono sopraggiunte dopo. Diciamo che ad un certo punto questa storia si è scritta praticamente da sola. I dialoghi, le situazioni, i pensieri dei personaggi.. Tutto. E’ stato difficilissimo scriverla, perché spesso e volentieri mi bloccavo e così mi veniva voglia di buttare i fogli all’aria. Poi però ho organizzato le idee e ho cercato per quanto possibile di migliorarla. La storia che avete letto perciò non era proprio così come la leggete ora. Volevo evitare che fosse triste, ma poi inevitabilmente lo è diventata. Spero solo che in ogni caso possa essere piacevole leggerla e per renderla più scorrevole ho aggiunto i riferimenti temporali, così che possiate seguire una certa cronologia durante la lettura. Questa è un’altra di quelle cose che ho aggiunto dopo, e temo che se non l’avessi fatto vi sareste un po’ persi tutti quanti LOL Detto questo, non me l’aspettavo così tremendamente lunga, calcolate che su Word sono una trentina di pagine!! D: Ho cercato di essere essenziale per non annoiare ma allo stesso tempo non troppo concisa per evitare che non riusciste a percepire esattamente questa storia come ho fatto io scrivendola. A questo scopo ho usato la narrazione in prima persona per farvi entrare più in sintonia con i personaggi principali, e poi la terza persona per dare una più ampia panoramica così che vi riuscisse semplice capire il punto di vista anche degli altri personaggi. Sto diventando noiosissima, quindi vi lascio perdere. Mi auguro solo nuovamente che possiate apprezzare il tutto e qualunque correzione o consiglio sarà gradito, come le recensioni ;D With love, Monica :) xx

 
  
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