A Lee, che a suon di volli, volli, fortissimamente volli
mi ha
costretta a scrivere questa fic
“pandosa”.
E al nostro
viaggio in treno, che mi ha fatto scoprire
una persona speciale.
Birthdays
*A panda Story*
22
settembre 1985
“Avanti
Shikamaru, non farti trascinare!” il bambino dai capelli a spazzola se ne stava
a braccia conserte, gambe rigide e un’espressione
corrucciata davanti al padre.
“Non
capisco perché tu non voglia venire, Shika” prese a fare con tono ragionevole
Yoshino. “Ti divertirai! C’è Ino che è così carina…”
“Non voglio
Ino, voglio Choji”. Non c’era che dire: Shikamaru era
un bambino obbediente (il più delle volte perché era più facile così), ma se si impuntava su una cosa…
“Tesoro,
Choji è a trovare sua zia insieme coi suoi genitori.
Mi spieghi perché tu non vuoi venire coi tuoi genitori a trovare degli amici di
famiglia?” Yoshino era già vicina all’esasperazione. A volte non sapeva proprio
come trattare suo figlio. Che oltretutto aveva cinque
anni.
“Perché voglio andare con Choji!” al quadretto comico,
Shikamaru aggiunse un piede che batteva ritmicamente per terra.
“Che seccatura!” fu il contributo del padre alla
conversazione. In un secondo i genitori avevano ripreso a discutere, e il
bambino cominciava a chiedersi seriamente come facessero a stare insieme, due
che avevano da ridire su ogni cosa.
“Shikaku!” sbraitò
Yoshino.
“Senti piccola, perché invece di convincerlo non ce lo trascini?” chiese l’uomo
come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Perché voglio che capisca…” ribatté lei, come se fosse la cosa più naturale
del mondo.
“Avanti
Yoshino, ha cinque anni. Che vuoi che ne sappia...”.
Nonostante Shikaku di anni ne avesse trenta, non aveva
voglia di ragionare. Non su queste cose veniali. Preferiva investire la sua
intelligenza al gioco.
“E’ un
bambino, Shikaku, non uno stupido”.
“Lo so piccola però….” Shikaku tentò di controbattere,
ma visto che la moglie non lo prendeva in considerazione decise di fare di
testa sua: squadrò Shikamaru per mezzo secondo, poi ridendo si avventò su di
lui mettendoselo in spalla. Dopotutto, il piccoletto non era mai stato capace
di resistere all’offerta di fare poca fatica.
“Questo è
per te” una bambina dai capelli biondi e dai grandi occhi azzurri scrutava
Shikamaru dal basso in alto, visto che lui aveva deciso di rimanersene
appollaiato comodamente sulle spalle del padre.
“Guarda
Shikamaru, Ino ti vuole fare un regalo…” tentò di intercedere Yoshino.
“Passamelo” sbuffò Shikamaru. Poi intercettò lo sguardo severo della madre.
“Per favore” aggiunse svelto.
“Perché
invece non scendi e te lo prendi da te? Non è gentile fare aspettar una signorina…” cercò di mediare suo
padre. Da quel giorno, Shikamaru Nara decise che le donne erano solo delle
grandi, grandissime seccature.
Una volta
toccato terreno si sgranchì le gambe, sbadigliò senza
tapparsi la bocca (per la prima parte dello sbadiglio, poi l’occhiata di
Yoshino – nonostante fosse alle sue spalle – gli ricordò le buone maniere).
Ino se ne
stava ancora lì, nel suo vestitino rosa, a scrutarlo coi
suoi grandi occhi blu.
“Che c’è?” chiese poco gentilmente Shikamaru. Sua madre,
dietro di lui, sospirò mentre Inoichi sorrideva
divertito.
“È per te”
ripeté Ino porgendogli il pacchetto. E insieme, a
tradimento, gli diede un bacio sulla guancia. Shikamaru si pulì istantaneamente
il punto in cui le labbra della bambina erano venute a contatto con la sua
pelle, corredando il gesto con un’espressione disgustata. Shikaku per poco non
rotolò dalle risate.
“Ah…” fece Shikamaru grattandosi la nuca “Grazie” disse poi accettando
la scatola. Aveva sentito benissimo, ancora una volta, lo sguardo della madre. E sua madre faceva paura.
“Cos’è?”
chiese poi senza curiosità.
“Devi
aprirlo” Ino sembrava divertita.
Shikamaru
fece quanto detto. “Una scacchiera?”
“Si chiama
Go. È un gioco” spiegò Ino in perfetto stile saputella
“Ho pensato che visto che tu e Choji non giocate volentieri con gli altri, a
scuola, magari un gioco da tavolo faceva al caso vostro”.
Sembrava
una professoressa in miniatura, Ino, quando faceva così.
“Non mi piace
il Go” ribatté Shikamaru incrociando le braccia.
“Ci hai mai
giocato?” inquisì Ino.
“No” scrollò le spalle il bambino di fronte a lei.
“Allora
come fai a dire che non ti piace?” rilanciò la bimba.
“Neanche
con te ho mai giocato, ma so dire perfettamente che non mi piaci” asserì lui in
modo del tutto naturale. Questa volta Shikaku non poté trattenere le risate.
“Shikamaru,
Shikaku!” Yoshino alzò le braccia disperata, ma Aiko
le fece cenno di lasciar perdere: “Sono bambini” aggiunse con tenerezza.
“Non lo
vuoi?” Ino osservava Shikamaru contrariata “Beh, non importa.
Alla fine io te l’ho fatto solo perché domani è il mio compleanno, così me ne
devi fare uno in cambio”.
Gli adulti
non riuscirono a trattenere una risata alla naturalezza con la quale la bambina
spiegava i convenevoli di rito al suo coetaneo.
“E poi farò
una grande festa…grandissima, vero papà?”
“Quanto
vuoi, principessa”
“E ci saranno tutti…” la bambina disegnava cerchi nell’aria.
“Anche tu, naturalmente. Ho invitato anche Choji”.
“Choji
viene?”
“Certo”
“Oggi è il
mio compleanno e non c’è”.
“Glielo
avevi chiesto?”.
Shikamaru
non rispose.
“Ecco”
proseguì Ino “Se non glielo chiedi come pretendi che venga?”.
Shikamaru
stava per articolare una risposta quando di nuovo la
biondina prese il sopravvento: “Adesso sai che facciamo, io e te?”. Ovviamente,
non gli diede il tempo di rispondere. “Andiamo al Luna Park, vero Shikaku
ojisan?”.
L’uomo
stava per parlare quando la bambina prese nuovamente
il sopravvento: “Me l’avevi promesso, te lo ricordi?”. E a quegli occhioni blu,
anche se Shikaku non le avesse promesso proprio un bel niente, avrebbe comunque detto di sì.
“Certo,
piccola”
“Che bello! Zio Shikaku, sei il migliore! Al massimo zio Choza
mi porta una torta…”
“Choza è
stato molto gentile, amore…” si intromise Aiko.
“Certo mamma” rispose la bimba con tono condiscendente “ma
zio Shikaku mi porterà al Luna Park e mi comprerà una torta!” sprizzò
gioia Ino prendendo la mano di Shikaku e stringendola tra le sue. Shikaku,
ovviamente, non ebbe da ribattere se non: “Pronta piccolina?”. Che ci poteva fare, le donne erano sempre state il suo punto
debole.
E Luna
Park fu.
E giostra coi cavalli fu.
E
zucchero filato fu.
E tutto
quello che voleva Ino fu.
Finché…
“No, la
mano la vai a dare qualcun altro!”. I due bambini camminavano fianco a fianco; dietro di loro, le coppie di genitori.
“Ma Shika!” protestò Ino.
“Non mi
chiamo Shika!” protestò Shikamaru.
“Tutti sono
per mano” fece Ino con tono ragionevole prendendogli nuovamente la mano: “tua mamma e tuo papà, mia mamma e mio papà…”.
Shikamaru si divincolò: “Ma loro sono sposati, capito? SPO-SA-TI”.
Ino lo
guardò confusa: “Vuoi che ci sposiamo?”
“No!”.
La bambina
lo guardò spaventata dalla sua reazione esasperata, poi i
suoi occhi si fecero improvvisamente lucidi: “Ma Shika…”
“Non mi
chiamo Shika…” borbottò il bambino piano.
“Domani è
il mio compleanno e tu mi tratti così…” piagnucolò Ino.
“E oggi è il mio, ma abbiamo fatto tutto quello che volevi tu” mormorò quello
in risposta.
Gli occhi di Ino si lasciarono scappare una lacrima mentre lei,
orgogliosa, se li asciugava di fretta:
“Tu che
vuoi fare allora?”
“Non lo so”
“Allora
facciamo quello che voglio io” ribatté lei di colpo nuovamente felice. Eppure Shikamaru, chissà perché, si sentiva in colpa anche
solo per quella singola lacrima. Che ci poteva fare, era
sempre stato il suo punto debole.
“Mendokuse”
mormorò.
“Cosa?” Ino parve nuovamente interessata a lui.
“Niente…”
“No, hai
detto qualcosa…”
“Non ho
detto nulla”
“Invece…Shika-kun,
guarda che bello quel panda!” di colpo l’attenzione
della bambina si era spostata verso un peluche che si parava in bella vista a
una baracchina di tiro a segno.
“Andiamo a
prendere un gelato, amore?” fece Inoichi sudando improvvisamente freddo al
prezzo del panda.
“Tesoro, ha
fatto merenda poco fa…” tentò di mediare sua moglie.
“Un gelato
costa molto meno di un panda” ribatté Inoichi, e detto questo, mise la mano
della figlia in quella della moglie: “Non ho un soldo” spiegò.
Aiko
sorrise alzando le braccia: “Shikamaru, vuoi anche tu un gelato?” domandò poi
gentilmente.
Il bambino scosse il capo taciturno, avvicinandosi al padre con aria solenne: “Voglio
giocare a quel gioco” proclamò mentre le due femmine si allontanavano.
“Non ti sei
mai divertito molto con le armi, Shikamaru…” rispose quegli contrariato
squadrando la baracchina di tiro a segno.
“Oh, avanti, Shikaku: una volta che tuo figlio fa l’uomo!” ribatté
Inoichi “Vieni con me, piccoletto: quante volte vuoi tirare?”
Shikamaru
alzò lo sguardo, leggendo a fatica il numero di punti necessari per vincere il
panda. “Dieci” esclamò poi solenne. Non avrebbe dovuto sbagliarne uno .
E infatti, dieci tiri più tardi, Shikamaru stringeva tra le
mani un panda. Anzi, due. Sì, perché l’ambulante s’era ritrovato per le mani
una coppia di panda peluches che non ne volevano
sapere di separarsi. Avevano le braccia intrecciate e cucite insieme, così che
non fosse possibile dividerli se non stracciandone
uno. Così il commerciante aveva preferito regalarli entrambi al bambino.
“Spero ti
piacciano panna e cioccolato, perché te l’ho preso…Shika-kun!” Ino non fece in
tempo a terminare la frase che Shikamaru si sentì schioccare sulla guancia il
secondo bacio della giornata. Questa
volta aromatizzato alla panna.
“Mendokuse…”
cominciò il bambino facendo per pulirsi la guancia. Sullo sfondo poteva
avvertire le risatine sommesse dei loro genitori.
“Domani
verrai alla mia festa allora? Così mi porti il panda…” la voce squillante di Ino risuonava stranamente distinta nel tramestio confuso
del Luna Park.
“Non volevo
venire” sospirò accigliato Shikamaru.
“Ti ho
detto che c’è anche Choji!” protestò Ino “Potete giocare a Go, voi due”.
La
discussione dei bambini fu interrotta dal padre di lei:
“Ino, Shikamaru? È tardi, dobbiamo andare…”
“Ma papà…”
“Niente
proteste, principessa. E poi ti devi riposare, così
domani sei pronta per la tua festa, ti ricordi?”. Gli occhi di
Ino si illuminarono improvvisamente.
“È vero.” Fece con tono serio “Verrai, vero Shika-kun?” trillò poi in
direzione dell’amico.
“Se proprio…” cominciò lui.
“Devi venire.” Sottolineò
lei, come se quello chiudesse la questione “Ci sarà anche Sakura-chan, e Ayumi,
e Lee…e magari potremo fare qualcosa per i tuoi capelli, sono decisamente
lunghi.”
Shikamaru
non rispose, limitandosi ad alzare un sopracciglio. Aveva capito che se la miss
si metteva in testa qualcosa, era piuttosto difficile distoglierla.
“Potremmo
farti un codino, o una treccia…” teorizzava intanto quella.
“Ino…”
tentò di chiamarla la madre, ma la bambina continuava: “No, la treccia è troppo da femmina. Codino sia! In fondo anche papà
ha la coda, e anche Shikaku-ojisan ha la coda…”
“Ino,
tesoro…” Inoichi la prese in braccio mentre la bambina
continuava a parlare e Shikamaru veniva preso per la mano dal padre.
“Non dovevo
giocare a Go con Choji, io?” le chiese Shikamaru, dal basso in alto.
“Mica ti devi muovere, basta che stai seduto…” alzò le spalle
la bimba, con naturalezza.
“Mendokuse,
Ino-chan…”
“Come?”
chiese Ino mentre il padre, salutati gli amici, si
voltava.
“Niente” le
urlò dietro Shikamaru.
“Hai detto
qualcosa?” si sporse Ino oltre le braccia del padre.
“Non ho
detto nulla!” urlò Shikamaru indispettito.
“Grazie della
bella giornata, alla prossima!” Aiko si era sporta per salutare gli amici,
mentre passava una mano tra i capelli di Shikamaru.
“Shika-kun?”
ridacchiò Ino mentre Shikaku le dava un bacio.
“Eh?”
“Ho sentito
che hai detto Ino-chan!” rise divertita mentre spariva
coi suoi genitori.
Shikamaru
sbuffò, pensando all’incubo che lo aspettava il giorno dopo
mentre sentiva il sonno appesantirgli le palpebre.
Si
risvegliò a fatica dal torpore mentre varcava la
soglia di casa in braccio alla madre, e intanto che lei lo preparava per la
notte chiese al padre di raccontargli una storia.
“Anche oggi, Shikamaru?”
“Per
piacere papà”
“Io vado a
mettere a posto la cucina” proclamò Yoshino, mentre Shikaku,
per non lasciarla sola, si accoccolava con Shikamaru sotto un panno
nella stessa stanza.
Quando ebbe
finito le faccende, Yoshino trovò Shikaku intento a leggere con interesse le
ultime righe del libro per bambini che aveva davanti, ridendo di tanto in tanto
alle sue stesse vocine falsate.
Di fianco a
lui, Shikamaru dormiva beato tra le braccia del padre, comodamente spaparanzato
sopra il panda che aveva vinto al Luna Park.
La donna sorrise avvicinandosi al marito: “Leggi per lui o per te?”
“Per Shikamaru, ovviamente”.
Yoshino
rise alzando un sopracciglio e sfiorando la fronte del bambino con una carezza.
“Io e il mio uomo andiamo a letto” affermò sollevando con cura il bambino da
terra e curandosi di non svegliarlo.
“Il tuo
uomo sono io, fino a prova contraria” sbuffò Shikaku alzandosi d’un tratto in piedi con energia ritrovata.
Mentre
riponeva il bambino nel suo letto incurante delle proteste del marito, Yoshino
sobbalzò al sentirsi abbracciata da dietro: “Shikaku! Ho tuo figlio in mano!
Con la fatica che ho fatto a farlo ci terrei a tenerlo
in vita!”
“Non
abbiamo poi fatto tanta fatica…”
mormorò Shikaku insinuando una mano sotto il kimono della moglie
“Tu, forse…” ribatté stizzita Yoshino.
“Eddai,
Shishi, non vuoi una bella bambina come Ino?” sussurrò malizioso Shikaku mentre scodinzolava dietro la moglie, diretta verso
la loro camera da letto.
“Se vuoi
una bambina bionda posso sempre provarci con Inoichi” ribatté Yoshino
sdraiandosi e dando le spalle al marito per non fargli scorgere il ghigno che le si era disegnato sul volto.
“Facciamo
che aspettiamo i bambini di Ino e Shikamaru” sentenziò
Shikaku, gelandosi improvvisamente.
“Dai che
scherzo” sussurrò Yoshino voltandosi a incontrare le
labbra di lui. Shikaku ne approfittò per invitarla in
un bacio più sensuale, stringendola in un abbraccio passionale.
“Shikaku?”
“mmm?”
rispose lui baciandole il collo.
“Dici che
Ino e Shikamaru…?”
“Mmm?!” rise Shikaku.
“Nah!”
esclamò poi tirando la moglie più vicina a sé tra le proteste appena sussurrate
e del tutto pretenziose di lei.
Nella
stanza accanto, un bambino stringeva tra le braccia un panda di peluche
mormorando sommessamente un confuso “Per te, Ino-chan”.