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Autore: Yutsu Tsuki    01/09/2014    9 recensioni
“Mi avvicinai con curiosità, forse spinta dalla nostalgia, oppure dal desiderio di scoprire che ne era stato del Dolce Amoris.”
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dolcetta, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dicono che niente avvenga per caso.
Quando quella mattina di settembre un incidente sulla circonvallazione mi costrinse a mollare la macchina e a continuare a piedi la mia strada verso l’ufficio, nulla mi faceva presagire che la deviazione prevista mi avrebbe fatto passare proprio davanti al mio vecchio liceo. Mi avvicinai con curiosità, forse spinta dalla nostalgia, oppure dal desiderio di scoprire che ne era stato del Dolce Amoris.
Come un vecchio amico caduto in disgrazia, quell’antico edificio era ancora lì in piedi, scalfito dal vento ed eroso dagli agenti atmosferici, ma mai completamente abbattuto. Mentre stavo attraversando la strada, lo analizzai attentamente. Tutti i vetri delle finestre erano ancora intatti (a parte quello spaccato da Castiel durante il terzo anno e mai sostituito) e pure la muratura presentava solo qualche piccola crepa, oltre ad alcune scritte ingiuriose tracciate dalle bombolette spray di studenti incivili. Apparentemente sembrava non fosse cambiato nulla dall’ultima volta che lo avevo visto, eppure quella calma quasi spettrale che aleggiava tutt’intorno non mi convinceva affatto.
Capii cos’era accaduto quando i miei occhi si posarono sul portone. Quel grosso portone, così tanto detestato ad ogni arrivo a scuola, ma così tanto amato al termine delle lezioni, un tempo rigido e imponente, era ora sbarrato da due grosse spranghe di ferro.
Ed eccolo, come in un film Western, un uomo seduto su di una sedia subito alla sinistra dell’entrata, le gambe divaricate, la testa leggermente china e le grosse mani appoggiate sulle ginocchia. Lo sguardo fisso nel vuoto si spostava solo per osservare con ghigno arcigno i rari passanti che percorrevano quella via poco trafficata. Penso che se uno di loro fosse venuto con un bel fucile e glielo avesse posizionato sulle mani, quel tizio sarebbe sembrato un perfetto sceriffo appostato al suo posto di guardia.
Siccome dava l’impressione di saperla lunga, decisi di chiedere a lui per avere qualche delucidazione sullo stato della scuola. Non appena gli fui davanti, la prima cosa che mi saltò all’occhio (e che mi provocò un moto di repulsione) fu il panzone che fuoriusciva dalla tuta quasi logora, mentre a terra erano poste una decina di bottiglie vuote, che impregnavano l’aria circostante di un forte fetore d’alcol. Guardandolo bene, non gli avrei dato più di cinquant’anni, sebbene i pochi capelli che aveva in testa sembravano per lo più dei pezzetti di paglia. Ma c’era qualcosa di familiare in quel codino biondo cenere.
Quando gli domandai il perché delle spranghe sul portone, mi guardò allibito, come se avessi osato sfidarlo a un duello.
— Questo liceo è chiuso da quindici anni! — esclamò scrutandomi di traverso.
— Caspita! Ma che cosa è successo? — Ora che la conversazione era iniziata, volli sapere di più.
Lui aggrottò le sopracciglia e si sporse in avanti per esaminarmi meglio. — Uè, per caso è intenzionata a comprarlo?
— No, no! Assolutamente no, ero qui solo di passaggio! — mi difesi.
L’uomo tornò ad appoggiarsi alla sedia. — Ci sono stati vari disordini, sia fra gli studenti che all’interno del corpo docente, quindi la preside è stata costretta a chiuderlo — mi rispose, ancora scettico. — Perché le interessa tanto? — aggiunse poi, quasi preoccupato.
— Lo frequentavo fino a sedici anni fa.
Non ebbi nemmeno il tempo di finire la frase che quello scattò in piedi facendo traballare tutto il grasso del ventre e provocando la caduta di almeno cinque bottiglie d’alcol.
— Non è possibile! Signorina Lynn? — tuonò strabuzzando gli occhi azzurri. Evidentemente mi conosceva.
— “Signora”, ormai! Sì, sono io — risposi sorridendo, ma facendogli intendere che non avevo mica capito chi fosse lui.
— Ah, signora Lynn, da quanto tempo! Non mi ha riconosciuto? Sono Boris!
Quella rivelazione mi piombò addosso come un fulmine a ciel sereno. Sgranai gli occhi dall’incredulità: possibile che il mio vecchio insegnante di educazione fisica, un tempo vigoroso, energico e palestrato, fosse ora diventato un povero pezzente flaccido e ubriacone?
— Boris, quanti anni sono passati! Non mi aspettavo di rincontrarla, un giorno! — esclamai sorpresa, evitando frasi del tipo “caspita, come mai è cambiato così tanto?” o “è davvero irriconoscibile ora”, anche se era veramente difficile tenere a freno la curiosità.
— Eh, sì... È passato davvero tanto da quando ve ne siete andata. Sono successe così tante cose. Sedetevi, vi prego — continuò, afferrando un’altra sedia alla sua destra. — Oppure dovete andare a lavoro?
— Ah, non si preoccupi, Boris, il lavoro può aspettare. Ora mi racconti per filo e per segno tutto quello che è accaduto in mia assenza! — affermai sedendomi accanto a lui.
Ho detto “in mia assenza”, poiché alla fine del terzo anno fui costretta per l’ennesima volta a cambiare scuola, a causa del lavoro di mio padre. Rammento ancora lo strazio del giorno in cui mi dovetti separare dai miei compagni di scuola. Nessuno di noi voleva accettarlo. Da quel momento non volli più sapere nulla né sul liceo, né sulle persone, perché il dispiacere per averle lasciate era troppo. Ma, tornata davanti a quell’adorato palazzo dopo sedici anni di lontananza, bastò poco per far riesplodere in me quella mia antica curiosità, per cui ero particolarmente famosa ai tempi della scuola.
Fu così che Boris cominciò a parlarmi degli ultimi eventi al Dolce Amoris, dei numerosi problemi sorti, del declino, fino alla definitiva chiusura. Con le mie domande insistenti e le sue risposte dettagliate, seduti su due sedie a ciarlare, sembravamo due zitelle pettegole in piena regola.
Nonostante la sua completa trasformazione, caratterialmente Boris era rimasto quello di sempre. Ricordo che al liceo chiacchieravamo con lui come fosse uno di noi, ci raccontavamo il gossip della scuola più come si fa con un bidello, che con un insegnante di ginnastica. Ma in fondo era un vero simpaticone, e noi tutti lo apprezzavamo.
— Deve sapere che da quando se ne è andata, le cose sono peggiorate per tutti — disse. — Molti suoi compagni di classe sono letteralmente impazziti dopo la sua partenza. Ad esempio, si ricorda di Castiel? — Ehm, come dimenticarlo! pensai io. — Ecco, esattamente un anno dopo il suo addio, una volta terminati gli esami di maturità, diede fuoco a metà scuola!
— Sul serio?
— Certo! Alla fine, siccome era ancora minorenne, furono i suoi genitori a pagarne le conseguenze. Tuttavia non si sa che genere di punizione gli abbiano inferto. — Poi continuò, avvicinandosi al mio orecchio e abbassando la voce — Alcuni dicono che lo abbiano barricato in camera sua per cinque anni, altri sostengono che sia scappato di casa con una norvegese e che non abbia più fatto ritorno. Ma qualunque sia stato il suo castigo, ora nessuno sa che fine abbia fatto. Non mi stupirebbe affatto, se si venisse a scoprire che si trovi rinchiuso in galera.
— In effetti ci sarebbe da aspettarselo. E che mi dice del delegato?
— Nathaniel? Ah, lui non ce l’ha proprio fatta a mantenere un minimo di dignità. Pensi che all’inizio della quarta l’hanno beccato nel bagno delle femmine con una ragazzina del primo anno. Quello che stavano facendo lo lascio alla sua immaginazione. — Misi una mano davanti alla bocca.
— E la preside l’ha punito?
— Ha dovuto scontare una sospensione di due mesi, oltre che venire sollevato dall’incarico di delegato. Al suo posto è stata scelta la signorina Melody; purtroppo però ebbe un’attacco di pazzia per quello che aveva fatto Nathaniel, quindi venne scartata pure lei.
— E chi la sostituì?
— Se non ricordo male, ci piazzarono Lysandro... Ma continuava a perdere moduli d’iscrizione, schedari vari e via dicendo; quindi, non essendoci nessun altro di abbastanza adatto per il compito (e dato che la scuola non aveva abbastanza fondi per assumere qualcuno di esterno), la preside decise di abolire la mansione e di coprire lei stessa quel ruolo.
— Ma non era pesante? Voglio dire, ce la faceva a fare tutto lei?
— Eh, sfortunatamente no. È stato proprio in quel periodo che il Dolce Amoris mostrò i primi segni di cedimento.
— Mmm, ho capito. Comunque, Boris, aveva nominato Lysandro: che fine ha fatto?
— Deve sapere, signora Lynn, che durante l’ultimo anno non è stato molto presente. Di testa, intendo. Ha cominciato a chiudersi in se stesso, a non parlare più con nessuno. Dopo la consegna dei diplomi nessuno l’ha più visto. Voci di corridoio affermano che sia diventato un serial killer, ma secondo una mia fonte attendibile, si tratta solo di lavoretti di poco conto.
A quelle parole deglutii.
— Ma se devo dirla tutta, non è stato l’unico a finire in disgrazia — continuò Boris, forse pensando di rassicurarmi. — Anche quel suo vecchio spasimante, Ken se non sbaglio, non ha avuto un futuro molto felice.
— Ken? Che gli è accaduto a quel poveretto?
— Tanto per cominciare, un giorno di febbraio tentò il suicidio.
— Cosa!?
— Fu durante l’intervallo. Alcuni studenti uscirono per caso sulla terrazza all’ultimo piano e lo videro in piedi sul parapetto che guardava la strada sotto di lui.
— Non si sarà buttato, spero.
— Alla fine no. Accorsero tutti i professori, compreso me; cercammo di farlo ragionare, ma lui non voleva saperne. Continuava a blaterare frasi sconnesse, tra le quali giurai di aver sentito il suo nome, Lynn. Dopo mezz’ora, spazientito, mi gettai su di lui e lo trassi in salvo, sollevandolo di peso. Da quel giorno non aprì più bocca, sul serio.
— Poverino... È sempre stato problematico, quel ragazzo.
— Seriamente. E non le dico quello che è diventato dopo la scuola!
— La prego!
— E va bene. Girano alcune voci sul suo conto... Pare sia stato avvistato in quartieri malfamati con gente poco raccomandabile. Si dice che avesse cominciato a condurre una vita sregolata — e aggiunse, sussurrandolo — che si sia dato allo spaccio.
Sbarrai gli occhi. — Alcuni testimoni sostengono che lui stesso si drogasse, ma questo non lo posso confermare. È certo, però, che rimase invischiato nella malavita.
— Davvero incredibile. E che ne è stato dei gemelli? — cambiai argomento.
Boris sospirò. — Alexy è diventato etero.
— Santi numi!
— Eh, già. Ricorda, signora Lynn, quanto eravate amici, lei e i gemelli? Ebbene, dopo la sua partenza, Alexy trascorse un lungo periodo di depressione, al termine del quale giunse a questa insolita conclusione.
— Beh, l’importante è che sia un bene per lui.
— Esatto. All’altro invece, capitò un’esperienza abbastanza traumatizzante.
— Racconti, su.
— Suo fratello ci rivelò che Armin aveva iniziato a passare tutti i pomeriggi sulle chat online. Probabilmente per conoscere una nuova ragazza che potesse sostituire lei, Lynn. — Arrossii leggermente — Sta di fatto che un giorno ci comunicò che aveva conosciuto una certa Jessicah. Ci aveva pure portato una sua foto: era una bellissima ragazza, bionda, dagli occhi turchini, slanciata, snella, un lato B niente male e due bocc...
— Boris, continui!
— Ah, già! Beh, si erano dati appuntamento alle 15 in punto, davanti alla scuola. Quando Armin arrivò, però, vi trovò un omaccione di due metri con uno strano sorriso da maniaco! Fortunatamente io e i suoi compagni lo stavamo spiando da dietro le siepi, quindi siamo potuti correre in suo aiuto e allontanare il depravato.
— Che inquietante!
— Sicuro! Ma ora che ci penso, questo episodio me ne fa venire in mente uno ben più grave. — Anche qui si avvicinò al mio orecchio, ma parlò con una voce talmente bassa, che dovetti chinarmi ancora di più, per poterlo sentire — Successe verso la fine dell’ultimo anno, ma me lo ricordo come se fosse ieri. Si ricorda del professor Faraize, l’insegnante di storia?
— Come no!
— Ecco, non ci crederà mai. Poco prima degli esami venne arrestato per aver violentato un’alunna!
— Oddio, non dirà sul serio! — mi venne da urlare per quella rivelazione scioccante, ma Boris mi gesticolò di abbassare la voce, guardandosi attorno con ansia.
— Eh, purtroppo sì. All’inizio credevamo fosse solo una voce messa in giro da Ambra (si ricorda quanti scherzi faceva al povero professor Faraize?), ma poi la verità venne tristemente a galla...
— Già, lo ricordo benissimo. Ma quindi la vittima era lei?
— No.
— Chi, allora?
Boris non rispose. Guardò in basso senza battere ciglio. Questo fece crescere in me la curiosità e al tempo stesso un triste presentimento. — Non sarà stata un’altra della mia classe? — domandai cauta.
— Sfortunatamente sì, signora Lynn — borbottò. — Si tratta di... Violet.
Rimasi a bocca aperta. Strane e ambigue immagini si formarono nella mia mente, ma cercai subito di allontanarle. Dentro di me ringraziai il cielo di essermene andata in tempo da quella scuola.
Pensai che fosse meglio cambiare discorso. — A proposito di Ambra, lei come reagì alla mia partenza?
— Uhm, le sembrerà strano, ma non fu poi così felice, come ci saremmo aspettati. Credevamo tutti che una volta tolta di mezzo lei, Lynn, Ambra avrebbe avuto via libera con tutti i ragazzi della classe; ma da come hanno reagito loro, beh... per lei fu ancora più difficile farsi avanti. — Mi scappò un piacevole sorrisetto. — La sua ultima bravata, però, è costata il prezzo più alto per la nostra scuola. Non si sa come, ma riuscì ad ottenere tutte le tracce di temi, di seconda prova e di terza prova dell’esame finale. Pensò bene di distribuirle ai compagni, così, quando lo scoprimmo, dovemmo annullare tutte le maturità di quell’anno. Il buon nome del Dolce Amoris venne così infangato, e (anche a causa del conseguente gesto da piromane di Castiel) la preside fu costretta a chiudere i battenti — terminò, lanciando un’occhiata alle due spranghe sul portone.
Rimasi un po’ incredula, certo non mi aspettavo una decisione così drastica. — Ma possibile che dovette chiudere l’intero liceo, solo per gli esami di una singola classe?
— Ahh, certo che no! La cara vecchia preside aveva già altri problemi: oltre ad errori burocratici e stipendi non retribuiti, era da tempo sommersa dai debiti! Spesso, durante l’ultimo anno di vita del Dolce Amoris, furono avvistati grossi camion sostare davanti all’entrata secondaria della scuola. Da questi venivano fatti ritirare numerosi scatoloni: la preside diceva sempre che contenevano oggetti di cancelleria, tuttavia molti giurarono che avessero a che fare con cibo per cani.
— Che storia. Ma quindi, una volta chiuso, voi professori avete perso il lavoro?
— Esatto. Alcuni di noi hanno trovato posti in altri istituti, altri invece, come me, sono stati meno fortunati. — Guardai per un attimo le bottiglie vuote e il panzone di Boris. — Ma, signora Lynn, le cose stanno cambiando. Proprio qualche settimana fa mio nipote - si ricorda di Dake? - ha deciso di acquistare l’edificio, per rimetterlo in sesto e destinarlo ad una nuova attività, di cui pure io farò parte.
— Dake? Proprio lui?
— Eh sì. Ora è un celebre uomo d’affari. Gestisce un importante business in giro per il mondo; si tratta di un circolo di carattere culturale, un luogo di ritrovo rinomato, per persone creative e responsabili.
— Tipo un’associazione letteraria?
— Sì, qualcosa di simile. Al posto del Dolce Amoris sorgerà un nuovissimo nightclub!
Anche se presa alla sprovvista, mi complimentai lo stesso con Boris, che continuò: — Questo, però, non avverrà prima della fine del mese. Per un noioso cavillo burocratico, se qualcuno dovesse decidere di comprare la struttura entro quella data, tutto l’affare andrebbe in fumo. Perciò me ne sto qui giorno e notte, per assicurarmi che nessuno ficchi il naso in questa faccenda.
— Ben fatto, Boris! Sono felice che il liceo non rimanga inutilizzato. Mi sarebbe dispiaciuto vederlo ancora in questo stato.
— Proprio così. Come dico sempre io, meglio una ventata d’aria fresca in campo aperto, che una scarica di gas in ambiente chiuso.
Risi di gusto, poi salutai calorosamente Boris augurandogli di rivederci presto, e mi riavviai verso il mio ufficio.
Ora che ci penso,“Dolce Amoris” era un nome più adatto a un nightclub, che a un liceo, pensai.

   
 
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