Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Ricorda la storia  |      
Autore: MedusaNoir    02/09/2014    2 recensioni
«Prymus.» Agnus si bloccò per guardarlo negli occhi. «Non sono parole che dovrebbero uscire dalla bocca di un prete rosso.»
«Alcuni di noi si ubriacano, altri scopano. Altri ancora sacrificano vittime innocenti. E sì, sto parlando del nostro futuro ospite.» Prymus gli puntò l’indice contro il volto per impedirgli di interromperlo. «La sola cosa che conta è la lealtà verso il Signore della Luce, che combatte le tenebre e l’oscurità.»
«Perché la notte è buia e piena di terrori» recitò Agnus, arrendendosi.

-
Ho scritto questa storia un anno fa per una "sfida": una raccolta di tre one-shot dedicate a personaggi legati in qualche modo al Signore della Luce e con uno stile il più simile possibile a quello di Martin.
Stralci di vita, nulla più. Un argomento (quello del Signore della Luce) che nei libri e nella serie non è stato, forse ancora, approfondito.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Melisandre di Asshai, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L’ADEPTO DEL SIGNORE DELLA LUCE







Quella notte faceva freddo perfino per Agnus. Troppo freddo.

Agnus veniva dal continente occidentale, oltre il Mare Stretto, e di inverni ne aveva visti pochi, ma su nel Nord anche le estati rischiavano di ghiacciare il culo anche a mezzogiorno – o perlomeno così diceva suo fratello Rickon. Agnus sorrise mestamente al ricordo di quelle parole, pensando a quanto ghiaccio fosse invece penetrato nella testa del secondogenito di lord Robin Tallhart per fargli prendere le armi contro la sua stessa famiglia nella rivolta di Balon Greyjoy; per fortuna gli altri figli del defunto lord Robin si erano dimostrati più assennati di lui, impedendo che Rickon prendesse il potere che sarebbe spettato al maggiore Hellman e regnando rettamente su Piazza di Torrhen.

Rabbrividendo per quel gelido vento improvviso, Agnus si chiese se nell’albero genealogico della famiglia fosse rimasto il suo nome accanto a quello di Hellman e del terzogenito Leobald o se invece avesse subito la stessa sorte di Rickon. “Orgoglio e libertà” recitava lo stemma della famiglia, ma Agnus era abbastanza certo che nel tempo i Tallhart avessero dimenticato le parole che seguivano la prima.

Nella sala grande del tempio erano stati accesi i bracieri come ogni notte, in sostituzione ai grossi fuochi che ardevano ogni tramonto tra quelle pareti e che ormai si erano sopiti. Le fiamme risplendevano donando alle pallide pareti di pietra liscia un riflesso dorato e le colonne poste al centro della sala si innalzavano verso l’alto soffitto rosse come roghi offerti in sacrificio al Signore della Luce che in quel tempio veniva venerato.

Non era il solo dio per il quale nella cosmopolita Braavos erano sorti templi e altari. Oltre al Tempio Rosso in cui pregava Argus, c’erano la Casa del Bianco e del Nero, eretta per il Dio dai Mille Volti, e il santuario dedicato ai Cantori della Luna, coloro che spinsero la popolazione a costruire la città in quel punto che in futuro si sarebbe rilevato di grande importanza ed efficacia per le rotte commerciali.

Per un secolo l’esistenza della città di Braavos – denominata Città Segreta – fu mantenuta nascosta al popolo del continente orientale e per tre ne fu celata la posizione, fino a quando la caduta di Valyria non convinse la gente di Braavos a uscire dalla riservatezza. Si diceva, un tempo, che il gigantesco Titano posto all’entrata della baia che univa al Mare Stretto le cento isole di cui era composta la città prendesse vita per proteggere i braavosiani da attacchi nemici; ancora adesso c’era chi raccontava che, durante le notti di plenilunio, il Titano di pietra si nutriva della carne delle giovani vergini. Agnus era fin troppo abituato a sentire certe frottole per spaventarsi, ma Prymus sosteneva che fosse quella leggenda il motivo per cui nella città c’erano così tante puttane.

Prymus gli ricordava suo fratello Rickon: entrambi trovavano da ridere per ogni aspetto della vita, dalle donne partorienti che urlavano più di un soldato sul campo di battaglia alle grasse oche ricoperte di mele e noci che venivano servite a cena, dai bambini che mendicavano per strada ai precetti che i maestri avevano cercato di inculcare loro; la sola differenza tra i due risiedeva nel modo di reagire. Prymus lanciava una monetina ai poveri orfanelli e, quando possibile, li portava con sé al tempio del Dio Rosso per farne nuovi adepti, mentre Rickon avrebbe continuato a ridere loro in faccia. Entrambi, però, avevano barba nera e lunghi capelli folti, a differenza di Agnus che teneva la testa ben rasata e un ordinato pizzetto sul mento – che gli aveva fatto guadagnare da parte di Prymus il nomignolo di Caprone Nero. A lui non dispiaceva.

Gettò un’occhiata al braciere più vicino e si accorse che il fuoco si stava esaurendo. Raggiunse in fretta la sottile porticina di legno a un lato della sala, tolse il chiavistello e raccolse dei rametti secchi, stringendosi nella veste rossa e pregando R’hllor che lo salvasse da un raffreddore proprio in quei giorni decisivi. Si portò una mano sulla fronte, ma era difficile stabilire se fosse calda con tutto il calore a cui era esposto.

Già, pensò, tutto quel calore e nemmeno un soffio di vento: da dove proveniva il freddo che lo attanagliava?

 

Al mattino la piazza di Braavos brulicava di mercanti, acquirenti, marinai appena approdati al porto e capitani in partenza, e dovevano esserci anche prostitute e schiavi tatuati, ma Agnus non vide niente di tutto questo: udì solo il loro vociare incessante, le urla dei venditori, le imprecazioni nelle lingue orientali dei passanti che venivano derubati.

Dopo il turno di guardia notturno ai bracieri, agli adepti del tempio – qualunque ruolo essi intendessero ricoprire in futuro – era permesso riposare nei dormitori comuni fino a quando il sole non si fosse completamente levato in cielo; in quel momento il Signore della Luce avrebbe vegliato su tutti ed era giusto che i suoi fedeli lo ringraziassero con preghiere e lavoro.

Quando quell’ora arrivò, Agnus avvertì il tocco poco delicato di Prymus sulle spalle, seguito un istante dopo dalla sua voce roca.

«Il Signore della Luce è giunto a salvarci dalle tenebre della notte.»

«Perché la notte è buia e piena di terrori» recitò Agnus, dischiudendo lentamente gli occhi impastati dal sonno.

Il Signore della Luce era la sua divinità, eppure doveva ancora abituarsi ad accettare di buon grado i raggi del sole che investivano i suoi occhi al risveglio.

«Cosa si dice nelle strade?» chiese, camminando verso la latrina e slacciandosi le brache.

Prymus gli rispose dalla camera. «Il pesce è troppo caro, Mathis continua a truffare i suoi clienti, il porto è stracolmo di navi viola e sembra che non ci sia nessun commercio all’orizzonte. C’è perfino chi sostiene che la Banca di Braavos sia in debito con i Sette Regni. Ma nessuno parla del suo arrivo, se è questo che vuoi sapere.»

Era quello che Agnus voleva sapere e tuttavia ancora non comprendeva il motivo della riservatezza che i sacerdoti del Tempio Rosso stavano mantenendo: la notizia di un visitatore di una tale fama come quello che sarebbe giunto di lì a pochi giorni avrebbe richiamato fedeli da tutte le Città Libere, eppure i seguaci del Signore della Luce si ostinavano a tenere il silenzio.

Indossò la tunica rossa del suo sacerdozio e si sistemò il pizzetto, radendo i pochi millimetri di barba cresciuti nelle ultime ore. Sentiva Prymus parlare da solo nell’altra stanza, forse credendo che lui lo stesse ascoltando, ma Agnus aveva imparato da anni come rivolgere i pensieri a questioni più importanti invece di farsi riempire la testa dalle ciance dell’amico. Questioni come i preparativi per gli ospiti in arrivo, l’istruzione dei nuovi adepti, cosa avrebbe trovato sui tavoli della mensa quando sarebbe sceso a mangiare. I suoi occhi piccoli e stretti e la bocca sottile contribuivano, oltre al pizzetto, a dargli un aspetto morigerato, ma il ventre gonfio non diceva lo stesso: Agnus amava mangiare sopra ogni altra attività, eccetto venerare il Dio Rosso. Per la sua famiglia, evidentemente, questa eccezione rappresentava un male.

“Avrebbero preferito che mi imbottissi la pancia di montone e birra, pur di vedermi poi prostrare di fronte ai loro dei.”

«Sei pronto, Caprone Nero?» lo chiamò Prymus. «L’agnello non aspetta.»

Quelle parole sovrastarono i pensieri di Agnus e lo colpirono allo stomaco, che sentì gorgogliare. Riordinò il letto e le proprie cose e, intrecciando le braccia sotto le lunghe maniche della tunica rossa, lasciò insieme a Prymus il dormitorio per raggiungere la mensa. Avvertiva ancora quella sensazione di freddo.

«Ti senti bene?»

«Sì, sono solo stanco.» Si sfregò la fronte. «Detesto passare la notte a vegliare sul fuoco.»

Prymus gli diede una pacca sulla spalla. «Questa sera il tuo morale raggiungerà le stelle!» gli promise. «Faremo visita ad Aislin, sono settimane che non la vedo.»

Agnus storse il naso, mentre attraversarono la sala grande e i bracieri accesi. Un altro prete rosso lo salutò con un cenno del capo e lui rispose meccanicamente: «Che il Signore della Luce ti protegga. Prymus, non so se ne ho voglia.»

Non ne aveva mai voglia e Prymus lo sapeva bene. Forse, ipotizzò, continuava a proporgli quelle uscite per ridere della sua reazione, come stava facendo in quel momento. Erano passati anni da quanto Agnus aveva deciso di lasciare i Sette Regni per unirsi al credo del Signore della Luce nelle Città Libere, dove era maggiormente venerato, tuttavia stentava ancora a comprendere la scelta del tempio di formare prostitute e guerrieri, oltre a preti rossi.

«Chiede di te, lo sai?» lo punzecchiò Prymus. «“Non l’hai portato con te, il Caprone Nero? Mi manca accarezzare il suo pizzetto.” Avanti, Agnus, quella non vede l’ora di vedere come stai messo là sotto!»

«Prymus.» Agnus si bloccò per guardarlo negli occhi. «Non sono parole che dovrebbero uscire dalla bocca di un prete rosso.»

«Alcuni di noi si ubriacano, altri scopano. Altri ancora sacrificano vittime innocenti. E sì, sto parlando del nostro futuro ospite.» Prymus gli puntò l’indice contro il volto per impedirgli di interromperlo. «La sola cosa che conta è la lealtà verso il Signore della Luce, che combatte le tenebre e l’oscurità.»

«Perché la notte è buia e piena di terrori» recitò Agnus, arrendendosi. Non sarebbe mai riuscito a fare capire a Prymus il suo punto di vista, ma d’altra parte era difficile anche per lui comprendere quello dell’amico.

Superarono le cucine ed entrarono nella mensa, dove gli altri adepti al culto del Dio Rosso stavano desinando. Lo sguardo di Agnus fu immediatamente catturato dai vassoi di pollo all’arancia, dalle scodelle di zuppa al latte di mandorle che i preti rossi si stavano passando, dalle uova ripiene contornate da purè di lenticchie, dalla ciotola di salsa di prugne e dallo sformato verde ripieno di spinaci e menta fresca. Il suo stomaco cominciò a brontolare più sonoramente.

Nel prendere posto tra gli adepti del tempio Agnus dovette ammettere a se stesso che Prymus aveva ragione. I suoi occhi neri furono catturati da Benjen, un uomo sulla quarantina che aveva le guance già tinte di rosso e innalzava gioviale il bicchiere pieno di vino rosso per brindare a qualcosa che Agnus non riuscì a sentire, ma immaginò essere una scusa per potere bere un altro sorso. Accanto a lui sedeva il vecchio e austero Dwight, intento a tagliare il pollo in fette sottili e ad assaporarlo lentamente, godendo di un piacere che, dopo i decenni passati nel tempio, ancora doveva sembrargli effimero rispetto ai gatti sporchi che catturava nelle vie di Braavos da ragazzo. Gleen di Lys era ben diverso da lui, con i suoi denti bianchi sempre in mostra e la battuta pronta, almeno quanto lo era Faron il Nero, un giovanotto proveniente dalle Isole dell’Estate che mangiava il suo pasto in fondo al tavolo, apparentemente affetto da una straordinaria dose di timidezza e riservatezza, ma che la notte, a sentire le giovani prostitute che frequentava Prymus, era in grado di soddisfare anche l’appetito più fine.

I seguaci del Signore della Luce erano vari e ciascuno era dotato di un particolare vizio, però quello che importava era la devozione che mostravano al dio. Nessuno di loro avrebbe rinunciato alla propria passione per l’ordine di un chissà quale signore dell’est o dell’ovest; allo stesso tempo tutti l’avrebbero fatto senza neanche rimuginarci in un baleno se a chiederlo fosse stato il Signore della Luce o un suo alto sacerdote.

“Chissà, domani potrebbe anche succedere.”

 

I canali svincolavano tra le abitazioni di Braavos, che si allungavano verso il cielo fino al quinto piano. Pur nel buio della sera, Agnus riusciva a distinguere i tetti di tegole e a ricordare il chiarore della mura: avrebbe potuto dire quale sfumatura di colore avesse la casa dell’anziana Gretta o quando sarebbe apparso il palazzo galleggiante di Denzil l’Usuraio, che praticava il suo mestiere nelle piazze, alla luce del sole, e al calare della notte si spostava nei bordelli e nelle locande. Ormai Agnus viveva a Braavos da un tempo abbastanza lungo da permettergli di riconoscere ogni canale e ogni stradina, di scivolare nelle tenebre come uno degli uomini senza volto addestrati nella Casa del Bianco e del Nero e di tornare al tempio con le proprie gambe anche quando alzava un po’ il gomito.

Quella città sapeva di casa. E di pesce, del miagolio di gatti, delle navi viola dei mercanti.

Il bordello in cui la giovane Aislin esercitava, come si divertiva a chiamarla Prymus, la sua “sacra professione” era noto a ogni braavosiano e, nonostante la varietà di templi e religioni presenti sulle isole, reputato un’ottima fonte di guadagno per la città e quindi meritevole di essere collocato all’interno di una delle più rinomate taverne del luogo.

Quando Prymus spalancò la porta del Veliero Viola, perciò, Agnus non si stupì di trovare allegre e voluttuose prostitute aggirarsi tra i tavoli dove sedevano rispettosi maestri e septon, banchieri con il solo vizio del gioco d’azzardo, bardi dalle preferenze sessuali note a tutti. In fondo alla sala Benjen agitò goffamente un braccio per indicare la sua posizione e i due preti rossi si mossero tra la folla per raggiungere il suo tavolo.

«Che il Signore della Luce vi ringrazi» esclamò mentre Agnus e Prymus si sedevano. «Pensavo che avrei passato la sera a bere da solo.»

«Non c’erano Glenn e Faron con te?» chiese Prymus, ammiccando nel frattempo a una prostituta dalla pelle color ebano.

«Aye, ma ora sono in piacevole compagnia di due onorevoli ragazze.» Benjen mandò giù un lungo sorso di birra scura, poi alzò di nuovo la mano per far cenno al locandiere dalla faccia butterata di venire a prendere le loro ordinazioni. «E mi hanno lasciato qui a ubriacarmi e grattarmi le palle mentre loro se le fanno leccare da quelle puttane.»

«Pensavo ti piacesse farlo.»

«Cosa? Ubriacarmi o grattarmi le palle?»

«Entrambe.»

La risata di Benjen fu roca e interrotta da colpi di tosse che lo costrinsero a sputare residui del suo pasto. Il locandiere, che aveva un nome troppo complicato perché gli avventori del suo locale potessero ricordarlo e che tutti chiamavano Rospo, si avvicinò al tavolo e posò uno straccio bagnato sul legno.

«Birra?»

«Vino dorniano per me e birra scura per il mio amico» rispose Agnus. «Che c’è per cena?»

Rospo si grattò il brutto mento. «Merluzzo in agliata, fave fresche con brodo di carne e pere allo sciroppo.»

«Il merluzzo e le pere andranno bene.»

«Io prendo una porzione di fave» ordinò Prymus. «Portamele insieme alla birra.»

Il locandiere li lasciò con un rigido cenno del capo e al suo posto comparve il sorriso smagliante di Glenn, che stringeva tra le braccia una prostituta dalla fluente chioma corvina. Si sedette accanto a loro e la adagiò sulle proprie gambe, ridendo a qualche battuta che lei aveva appena sussurrato al suo orecchio.

«Non ci crederò mai, lo sai» le disse, dandole una pacca sulla coscia nuda. La gonna si apriva a metà, lasciando interamente scoperta una delle gambe sottili. «Alla fine sei venuto anche tu, Caprone Nero! Aislin sarà felice di saperlo.»

Agnus fece una smorfia divertita, ma decise di non affrontare la questione. Ogni volta che si recava al Veliero Viola con gli altri adepti del suo tempio, lo attraversava come aveva fatto quella mattina il dubbio che nessuno di loro avesse preso i voti sul serio. Rimuginò sulla questione per un’altra manciata di minuti, mentre Prymus, Benjen e Glenn discutevano di una nave del continente occidentale attraccata solo un’ora prima al porto di Braavos, finché Rospo non tornò con merluzzo, pere e fave e lui dovette ricordare a se stesso di essere a sua volta preda dei vizi.

«Ehi!» gridò Prymus, contrariato. «Ti avevo detto di portarmele insieme alla birra, perché qui non c’è niente? Vuoi che mi strozzi con le tue fave?»

«La birra è qui» rispose una voce musicale alle spalle di Agnus, allungando il boccale schiumoso sul tavolo. Pochi istanti dopo anche davanti a lui apparve un braccio pallido e lentigginoso che poggiò una brocca di vino rosso. Un leggero bacio si posò sulla guancia del prete rosso. «Sono felice che siate venuti a trovarmi. E sono in particolar modo felice di vedere te, mio bel Caprone Nero.»

Aislin aveva solo diciassette anni, ma nel Tempio Rosso era stata educata ai piaceri della carne così bene da diventare una delle più richieste prostitute del Veliero Viola. Oltre agli insegnamenti ricevuti, che la rendevano in grado di effettuare contorsioni che le altre donne del bordello avevano tentato invano di emulare, a renderla famosa erano anche il corpo snello e la cascata di capelli rossi; le lentiggini sulle braccia e tra i seni erano appena accennate, ma diventavano più evidenti sul volto, creando una striscia lungo le guance e il piccolo naso. I suoi occhi verdi penetravano Agnus e gli altri avventori della taverna come se lei fosse in grado di scrutare ogni segreto nascosto all’interno delle loro menti e il modo in cui si mordicchiava le labbra carnose faceva diventare duro il pene del prete rosso, che dovette distogliere in fretta lo sguardo da lei.

«Aislin, tesoro!» esclamò Prymus, dandole una giocosa pacca sul sedere.

«Tieni a posto le mani, Prymus, il Rospo sarebbe capace di tagliartele se non paghi» replicò lei con una risatina. Si sedette accanto ad Agnus e rubò una fetta di pera dal suo piatto, gli occhi verdi illuminati come quelli di una bambina; era più facile per lui ricordarla al tempio, quando smetteva per un momento il suo ruolo di prostituta e riprendeva a comportarsi come la ragazzina spensierata e golosa che lui aveva conosciuto. «Avete sentito la novità?»

I preti rossi si scambiarono un’occhiata incerta. Possibile che la notizia fosse trapelata oltre le mura del Tempio Rosso? Aislin aveva vissuto lì, ma aveva smesso di far parte di quel mondo e di certo la prostituta che insinuava la mano sotto le brache di Glenn non avrebbe dovuto annuire, ma aspettare che l’altra concludesse il discorso.

“Sarà stato Faron a rivelare della sacerdotessa?” si chiese Agnus. Scosse comunque il capo, attendendo il resto.

Aislin si sporse sul tavolo, lanciò uno sguardo divertito e sensuale a tutti i presenti e sussurrò: «L’ho saputo dalla nave che è arrivata stasera. Da uno dei marinai, un gran bell’uomo che ho avuto il piacere di conoscere abbastanza a fondo.» Fece una pausa, poi continuò: «La regina ha avuto un altro figlio.»

Agnus tirò un sospiro di sollievo e notò che la tensione si era alleggerita anche negli altri adepti seduti al tavolo; Glenn si tranquillizzò così tanto che cominciò a ricambiare le attenzioni della sua prostituta, giocando con uno dei suoi seni.

«È il terzo, se non sbaglio» osservò Agnus.

«Già, e so anche come si chiama! Tommas, o qualcosa giù di lì.»

«Tommen» la corresse l’altra prostituta prima di emettere un gemito di piacere.

«Cybele, per il Dio Rosso, prendete una stanza!» la sgridò ridendo Aislin. «Sono così felice di saperlo! Non mi cambia la vita, ma ora ben due possibilità di diventare regina dei Sette Regni.»

«Aislin, questo Tommen ha diciassette anni meno di te!» gli fece notare Prymus. «Per quando ti sarai fatta strada fino in occidente, ti reputerà una vecchia decrepita.»

«Allora vorrà dire che le darò in sposa mia figlia. Se la concepirò stanotte, per età andrà bene sia per Tommen che per Joffrey.» Guardò Agnus, posò una mano sulla sua coscia e gli ammiccò. «Vuoi darmi una mano?»

 

Il tramonto illuminava l’intera città di Braavos, ma il rosso che si stagliava nel cielo dal tempio del Signore della Luce era originato da un fuoco perenne posto in cima al torrione. Le fiamme avevano lo stesso colore della pietra del tempio e di quelle che bruciavano ai lati del portone principale, tuttavia ardevano più splendenti, rendendo omaggio al sole che stava tramontando. Allo stesso modo i preti rossi stavano accendendo dei roghi di legna secca che facessero sentire al sicuro dalle tenebre della notte i fedeli del Dio Rosso.

Agnus era agitato. Una Mano di Fuoco, uno dei guerrieri istruiti presso il tempio con il compito di vegliare su di esso, era arrivato al galoppo di uno stallone nero pochi minuti prima, recendo con sé la notizia dell’arrivo della visitatrice e della sua scorta. Non era l’unico prete rosso in visibile stato di nervosismo: Prymus si stava torcendo le mani e Benjen tentava di allentare la stretta dell’abito intorno al collo.

Nessuno di loro aveva mai visto la sacerdotessa di Asshai, ma tutti ne avevano sentito parlare.

Quando la sua scorta apparve, la donna fu visibile anche se la sua cavalla procedeva dietro gli altri destrieri. Era l’unica a indossare una lunga veste rossa e a portare sul collo un grosso rubino simbolo del sacerdozio. Con la coda dell’occhio, Agnus vide le ginocchia di Benjen tremare.

La giumenta si fermò di fronte al sacerdote di Braavos, l’anziano e canuto Thorburn, e ad un cenno della donna la sua scorta si allontanò di qualche metro. Solo un cavaliere rimase indietro per aiutarla a scendere da cavallo.

«Il Signore della Luce vegli su tutti noi» esordì la sacerdotessa.

Thorburn chinò il capo in segno di reverenza. «Perché la notte è buia e piena di terrori.»

Melisandre di Asshai aveva un aspetto minaccioso e magnifico. I suoi capelli erano rossi come quelli di Aislin, ma del colore del rame, e il suo volto privo di imperfezioni era molto meno rassicurante di quello della giovane prostituta, sebbene avrebbe attirato gli sguardi di molti uomini oltre che quelli dei seguaci del dio. Gli abiti erano larghi, ma rivelavano che sotto doveva esserci una figura alta e snella, dal petto e i fianchi formosi; i suoi occhi, che brillavano sul viso pallido a forma di cuore, erano scarlatti come le vesti e il rubino. Quando parlò, la sua voce parve provenire da un altro luogo, un posto a cui solo pochi era concesso di accedere.

«Spero che sia stato un buon viaggio» riprese Thorburn. La sua voce, al confronto, parve quella di un bambino.

«La strada da Asshai delle Ombre è molto lunga, ma il Signore della Luce ha reso il nostro cammino meno impervio. Stavate pregando?»

«Eravamo in procinto di farlo. Ti unisci a noi o preferisci riposare un poco?»

«Ti ringrazio, ho bisogno di rinfrescarmi. Pregherò più tardi nella sala grande.»

«Uno dei miei adepti ti scorterà nelle stanze che ho fatto preparare per te. Tu.» Agnus sussultò vedendosi indicare da Thorburn di Braavos, ma riuscì a controllare la propria agitazione. «Accompagnala nel tempio e assicurati che abbia ciò di cui ha bisogno.»

Agnus annuì e attese che Melisandre si avvicinasse. La donna si rivolse allora a tutti i presenti.

«Ringraziate il Signore della Luce per la giornata trascorsa e pregatelo di inviare al mattino la splendente lancia del sole che sconfiggerà le tenebre.»

«Perché la notte è buia e piena di terrori» recitarono insieme i preti rossi.

Melisandre li superò, camminando a fianco di Agnus. Ora che era accanto a lui, si rendeva conto che avevano quasi la stessa altezza; quando lei voltò il capo per parlargli, però, Agnus dovette sollevarlo perché si sentì improvvisamente più piccolo della sacerdotessa.

«Il tuo nome?»

«Agnus, per servirla. Agnus di Piazza di Torrhen.»

«Vieni dai Sette Regni, quindi.»

«Mio padre era alfiere di lord Eddard Stark, protettore del Nord. Ora è mio fratello a occuparsi del castello.»

Melisandre lo penetrò con lo sguardo allo stesso modo in cui Aislin amava fare con tutti, ma il brivido che percorse la schiena di Agnus gli rese evidente che lei aveva visto più di quanto avesse mai fatto la giovane. Il restante tragitto verso le stanze destinate alla sacerdotessa trascorse in silenzio e lui poté udire la sua voce altisonante solo quando furono all’interno della camera.

«Aspetta un momento» gli disse prima che Agnus potesse congedarsi per unirsi agli altri preti rossi in preghiera. Lasciò che due servitrici l’aiutassero a disfarsi della cappa e del mantello e che le riempissero un recipiente di acqua con cui lavarsi, poi chiese loro di lasciarla sola con lui.

«Agnus Tallhart.» Sembrò un’osservazione più che una domanda. Il rubino sul suo collo brillò di luce propria e Agnus dovette sbattere le palpebre per essere certo di non avere avuto una visione. «Quarto e ultimo figlio di lord Robin Tallhart, secondo a disonorarlo.»

Quelle parole lo infastidirono, ma non aveva il coraggio necessario per dirlo a una persona dalla tale autorità. Melisandre fece scorrere la punta delle dita sulle sue spalle, camminando dietro di lui per raggiungere il braciere acceso in un angolo.

«Sei molto devoto al Signore della Luce. In passato lo sei stato tanto da rifiutare il credo della tua famiglia e prendere il rosso.»

«È così» confermò Agnus. Le fiamme del braciere parvero danzare davanti ai suoi occhi.

«Eppure il Signore della Luce non ti ha mai ricompensato, è questo che pensi. Non ti ha mai concesso l’onore di vedere la vita tornare nel corpo di chi ha ricevuto da te l’ultimo bacio, non hai mai potuto scrutare nelle menzogne, non sei stato in grado di conoscere il futuro.»

“Come fa a saperlo?”

Forse erano parole che rivolgeva a tutti i preti rossi che aveva incontrato sul suo cammino: Agnus poteva facilmente immaginare che gran parte degli adepti del Signore della Luce ardeva dal desiderio di possedere i poteri che un tempo si manifestavano in ogni prete rosso e che, nel passato, aveva portato alla morte alcuni di loro perché accusati di praticare stregonerie. Tuttavia la sacerdotessa gli dava la sensazione di sapere più di quanto lui credeva possibile.

«Avvicinati.»

Agnus fece un passo avanti e raggiunse il braciere che Melisandre stava fissando intensamente. La sua fronte era attraversata da una sottile ruga di concentrazione, ma non c’era in lei alcun altro segno di sforzo: si limitava a osservare il fuoco come se vi vedesse altro oltre le fiamme.

«Guarda.»

Anche gli occhi neri di Agnus si puntarono sul fuoco. E quello che vide dopo qualche secondo lo fece indietreggiare.

«Non è possibile» mormorò.

Melisandre gli rivolse un sorriso denso di mistero. «Lo è, Agnus di Piazza di Torrhen. E il Signore della Luce ti ha appena concesso di scrutare nel futuro.»

«Quello… quello era…»

«“Verrà un giorno dopo una lunga estate, in cui le stelle sanguineranno e l’alito freddo delle tenebre calerà pesantemente sul mondo. In queste ore terribili, un guerriero dovrà trarre dal fuoco una spada ardente e quella spada sarà la Portatrice di luce, la Spada Rossa degli eroi e colui che la stringerà sarà Azor Ahai tornato al mondo e le tenebre fuggiranno davanti a lui.”» Lo guardò di nuovo e il suo sorriso si allargò. «Porta sempre con te il ricordo di questo dono: Azor Ahai sta per risorgere dal buio.»


   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: MedusaNoir