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Autore: happley    02/09/2014    2 recensioni
Una piccola storia ambientata durante il periodo sereno di 'Memory of Red' e 'Days of Blue': a Fushimi viene affidato un incarico improvviso che non ha nessuna voglia di svolgere, ma la sua mattinata prende bruscamente una piega diversa quando incontra una certa bambina che vaga sola per la città.
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“Cosa vuoi?” domandò esplicitamente, accigliato.
Anna non rispose: si guardava intorno, a disagio, come smarrita.
“Ah… ho capito. Ti sei persa, vero?” Aveva tirato a indovinare, ma l’espressione contrariata di Anna gli diede la certezza di averci azzeccato.
La bambina però scosse il caso. “Non mi sono persa” rispose sottovoce.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fushimi Saruhiko, Kushina Anna, Misaki Yata
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Una giornata non proprio ordinaria

La lattina si aprì con uno schiocco.
Fushimi se la portò alle labbra e bevve un lungo, rinfrescante sorso di aranciata.
Era una giornata umida ma afosa, di quel caldo che fa appiccicare i vestiti alla pelle per il sudore, la classica giornata da cambio di stagione che fa ammalare. E Fushimi, ad ammalarsi, non ci teneva affatto. Fosse stato per lui, se ne sarebbe rimasto a giocare alla playstation tutto il giorno… Ma, ovviamente Awashima era venuta subito a rompergli le scatole.
Non solo lo aveva buttato a calci giù dal letto e gli aveva fatto un’interminabile predica sull’accidia, ma poi gli aveva anche assegnato un noiosissimo incarico: andare nel bosco e verificare se l’animale visto in giro di recente fosse pericoloso o meno. Fushimi sbuffò al ricordo, chiedendosi perché diavolo certi lavori toccassero a lui. Annoiato, si portò di nuovo la lattina alle labbra, ma proprio in quel momento urtò contro qualcuno, che emise un verso di disapprovazione.
Fushimi si fermò e abbassò lo sguardo.
“Ma tu non sei Anna…?” chiese.
Ne ebbe la conferma quando la bambina, caduta a terra nell’impatto, alzò i grandi occhi rossi su di lui.
“Saruhiko…” mormorò. Fushimi la osservò, sorpreso, mentre lei si rialzava e si puliva il vestito rosso dalla polvere, apparentemente tranquilla. Vedere quella bambina girare da sola era una novità, dal momento che era la protetta di Mikoto… ma, in fondo, non erano più affari suoi, come Misaki soleva gentilmente ricordargli ogni volta che si incontravano.
“Beh… ciao” disse in fretta, desideroso di sbrigare al più presto il lavoro per tornare alla propria serenità domestica. Fece solo alcuni metri prima di accorgersi che Anna lo stava seguendo e si fermò di nuovo. “Cosa vuoi?” domandò esplicitamente, accigliato.
Anna non rispose: si guardava intorno, a disagio, come smarrita.
“Ah… ho capito. Ti sei persa, vero?” Aveva tirato a indovinare, ma l’espressione contrariata di Anna gli diede la certezza di averci azzeccato.
La bambina però scosse il caso. “Non mi sono persa” rispose sottovoce.
“Allora dove sono i tuoi compagni?”
“Non lo so.”
“E questo non significa forse che ti sei persa?” Fushimi alzò gli occhi al cielo quando la bambina scosse di nuovo il capo, ostinata a negare l’evidenza.
“No” insistette, stringendo i pugni nel vestito e fissandolo torva. “È Misaki che si è perso, non io.” Sentendo il nome del ragazzo, Fushimi non poté trattenere un sorrisetto di scherno.
“Oh cielo. Questa è bella... Per forza che ti sei persa, se facevi affidamento su Misaki…”
“Non mi sono persa” borbottò Anna. Fushimi sospirò.
“Va bene, non ti sei persa. Ora piantala di seguirmi e lasciami fare il mio lavoro” disse, facendole cenno con la mano di sloggiare. Anna non si mosse.
“Fa’ come ti pare” brontolò infine il blu, e riprese ad andare per la sua strada.
Non aveva nemmeno bisogno di voltarsi per sapere che Anna lo stava seguendo ed era più o meno rassegnato al fatto che non lo avrebbe mollato finché non si fosse stancata. Anna non obbediva mai a nessuno, se non a Mikoto, il che significava che era inutile provare a farle cambiare idea: tranquilla e silenziosa, ma testarda, l’avrebbe seguito finché le pareva.
Proseguirono pacificamente e in silenzio per quasi dieci minuti, poi d’un tratto Fushimi si sentì tirare per la giacca. Si girò, esasperato.
“Cosa c’è ora?” sbottò. Seguì lo sguardo di Anna, sperando che avesse trovato qualche idiota dell’Homra con cui tornare a casa, ma non era quello il caso: la ragazzina stava fissando intensamente un cartellone pubblicitario di un bar, su cui c’era la foto di alcuni frullati dai colori vivaci.
“Che bel rosso” sussurrò Anna, desiderosa. Fushimi non poteva credere ai propri occhi.
“Vuoi che ti compri uno di quelli? Ma per chi mi hai preso? Non sono il tuo babysitter, quello l’hai perso un po’ di tempo fa” protestò seccato. Anna spostò lo sguardo su di lui e si mise a fissarlo, così a lungo che Fushimi cominciò a sentirsi leggermente a disagio.
“D’accordo, mettiamo che io te lo compri, il che è solo lontana ipotesi…” borbottò, voleva solo trovare un modo per cavarsi d’impaccio “Non sono tanto buono da farti un regalo, quindi tu cosa mi dai in cambio, mh?” propose sarcastico.
Anna sembrò rifletterci per un attimo, poi rispose con serietà: “…Misaki.”
Fushimi la guardò incredulo. “Stai sul serio barattando Misaki con un frullato?”
Anna annuì due volte, decisa. Si fosse trattato di chiunque altro, Fushimi avrebbe pensato ad una presa in giro, ma Anna era maledettamente sincera e lui lo sapeva.
“E sia, abbiamo un accordo” acconsentì infine. “Vieni con me.”
Entrò nel bar con Anna al seguito. Un vecchietto al bancone, unico avventore presente al momento, li fissò stralunato, facendosi forse domande su quella strana coppia; uno sguardo glaciale di Fushimi, tuttavia, fu sufficiente a farlo tornare a bere il caffè e a fingere di farsi i fatti propri.
“Vuole ordinare?” chiese un attempato barista tinto di biondo platino, verso il quale Fushimi fece del proprio meglio per trattenere il proprio disgusto mentre ordinava il frullato per Anna.
“Gusto?” Il barista si sporse sul bancone e sorrise gentilmente ad Anna.
“Lo voglio rosso” rispose la bambina, categorica. Il barista, sebbene un po’ perplesso, non commentò e le preparò il frullato. Fushimi lo pagò e uscì, sempre seguito da Anna, che ora sorseggiava con intima felicità il liquido rosso e spumeggiante, ammirando quel colore che amava.
“Ehi, ricorda che questo mi vale un’intera giornata con Misaki” la avvertì Fushimi, Anna annuì con serietà quasi professionale e il blu tornò a guardare avanti.
“Senti, io ora devo lavorare” cominciò, asciutto. “Perché tu non ti fermi da qualche parte ad aspettare i tuoi amichetti, mh?” suggerì.
Anna esitò, si fermò, ma dopo soli pochi secondi si affrettò a raggiungerlo di nuovo; i suoi passi erano molto più piccoli di quelli di Fushimi e dovette affrettarsi per tornare a camminare accanto. Con la mano libera gli afferrò un lembo della giacca e strinse forte il tessuto blu fra le dita.
“Era da tanto tempo… che non vedevo Saruhiko” mormorò.
“E allora?” replicò Fushimi, accigliato. Avrebbe voluto aggiungere un bel chi se ne frega, ma solo in quel momento gli venne in mente che forse Anna lo vedeva ancora come uno di loro, nonostante fosse già un anno da quando li aveva abbandonati… Sospirò, esasperato: perché quegli stupidi dell’Homra proprio non capivano?
“Fa’ come ti pare” ripeté, per la seconda volta quel giorno, pensando che, tanto, era esattamente ciò che Anna aveva intenzione di fare.

 
 
 
Misaki si guardò intorno, sconfortato.
Era stato così stupido! Si era distratto appena un attimo per rimproverare Kamamoto e aveva perso di vista Anna, e adesso chissà cosa avrebbe pensato Mikoto-san di lui... Kusanagi si era arrabbiato molto e aveva iniziato una predica che si sarebbe certamente allungata per ore se Totsuka non fosse intervenuto, dichiarando che era inutile piangere sul latte versato e che la priorità era trovare Anna.
I rossi si erano sparpagliati nella zona dove la bambina si era persa; fino a quel momento, però, le ricerche non avevano prodotto risultati. Misaki, abbattuto e pieno di rimorso, si spazientiva maggiormente ad ogni minuto che passava senza notizie della ragazzina.
“Dannazione!” ruggì, tirando un calcio ad un bidone per sfogare la propria frustrazione.
“Yata-chan, non prendertela con le cose pubbliche” lo rimproverò Totsuka con dolcezza.
“Come diavolo fai ad essere così calmo?!”
Totsuka scrollò le spalle e fece un piccolo sorriso.
“Come dire… si tratta pur sempre di Anna. Lei se la sa cavare. È un membro dell’Homra e la protetta del Re, dopotutto…” rispose, mite. “In alcune cose è anche più matura di te, Yata-chan.”
Misaki stava per replicare, ma in quel momento arrivarono Banda e Shouhei, trafelati.
“Totsuka-san!” esclamò il ragazzo col berretto, “Abbiamo trovato un testimone!”
“Dice di aver visto Anna in un bar qua vicino!” aggiunse l’altro in fretta, piccato dal fatto che il proprio kouhai gli avesse rubato la battuta ed ansioso di mostrare la propria utilità.
Totsuka e Misaki si lanciarono un’occhiata, poi seguirono i due nel bar, dove Kamamoto stava già interrogando il testimone, anzi i testimoni –un vecchio seduto al bancone e il barista.
“Ah, Totsuka-san” disse Kamamoto, facendosi leggermente da parte. “Questi due signori dicono di aver visto Anna almeno una mezz’ora fa.”
“La bambina carina col vestito rosso? Eccome se è passata” incespicò il barista, “Si è fatta comprare uno di quei frullati… Sembrava che quel colore rosso le piacesse molto.”
“Era Anna, non c’è dubbio!” disse Kamamoto con sollievo.
“Sì, ma poi dove è andata?!” Misaki continuava ad agitarsi, incapace di star fermo per la tensione.  
“Un momento…” intervenne Totsuka, curioso. “Avete detto che se lo è fatta comprare? Da chi? Non era sola?” Il vecchio scosse il capo.
“Eh, no! Era con un ragazzo vestito di blu… bel tipo, ma metteva i brividi. Erano una coppia così strana e mal assortita che è davvero impossibile dimenticarli.”
“Un ragazzo vestito di blu…” ripeté Totsuka pensieroso, ma prima che potesse fare altre domande il barista si illuminò e indicò verso la porta.
“Ecco! Era vestito esattamente come loro!” esclamò.
Totsuka, Misaki e Kamamoto si voltarono e si trovarono faccia a faccia con una manciata di persone dello Scepter4, capitanati da Senri Awashima. Anche Kusanagi era con loro.
“Sembra che abbiamo un problema comune con i blu” disse.
“Ah, il ragazzo che si trova con Anna… si tratta di Fushimi-kun, mh?” tirò a indovinare Totsuka.
Kusanagi annuì confermando i loro dubbi. Misaki si agitò immediatamente.
“M-ma perché mai Anna avrebbe dovuto seguire quel bastardo?! Al massimo l’avrà rapita!” protestò.
“Non dire sciocchezze... Fushimi non è il tipo da rapire una bambina, penserebbe che è una rottura di scatole” ribatté Kusanagi, serio, poi sospirò. “Piuttosto, se tu fossi una bambina che si è persa, non cercheresti qualcuno che conosci? Anna sicuramente avrà pensato la stessa cosa” aggiunse. Misaki arrossì di vergogna, ma continuò ad essere visibilmente contrariato. Ovviamente sapeva che Saru non era affatto il tipo da rapire una bambina! Però... però era difficile trattenersi quando si trattava di lui; pensare a Saru lo metteva immediatamente di cattivo umore. Perché quello lì deve stare sempre in mezzo ai piedi?!
Mentre Misaki rimuginava tra sé e sé, arrivarono alcuni sottoposti di Awashima per informarla che Anna e Fushimi erano stati visti entrare in un edificio abbandonato del centro.
“Ma certo” commentò la donna senza battere ciglio. “In effetti, Fushimi aveva un incarico da svolgere proprio in quella zona… Sono venuta a cercarlo appunto perché ci stava mettendo troppo tempo.”
“Che cosa doveva fare?” chiese Totsuka curioso, ma alla sua voce si sovrappose quella di Mikoto, che era appena apparso sulla porta del bar.
“Che importa? Andiamo” ordinò il re dei rossi, incurante del fatto di aver sconvolto non solo il barista e il vecchio avventore, ma anche i blu che erano ancora sulla porta.
Mikoto-san!” esclamò Misaki, subito dopo il senso di colpa lo fece arrossire ed ammutolire.
“Sì, andiamo. Siete dei nostri?” affermò Kusanagi, si girò verso Awashima con un sorriso; la donna ponderò la richiesta, poi accettò e strinse la mano che le era stata tesa.
“D’accordo. Stavolta collaboreremo” acconsentì. Lo strano gruppetto si diresse quindi al bosco, con al seguito i rossi e i blu mischiati: anche se si odiavano a morte, vedere i loro capi andare d’accordo impediva loro di ammazzarsi a vicenda.

 
 
Fushimi si voltò indietro di scatto e si guardò intorno: l’edificio era vecchio, isolato e all’apparenza vuoto, ciò nonostante aveva il presentimento di essere osservato costantemente.
“Saruhiko?” lo interrogò piano la bambina al suo seguito. Alzò preoccupata i grandi occhi rossi su di lui, che subito distolse lo sguardo, a disagio.
“Non è nulla” borbottò, cercò di indossare una maschera di fredda calma, ma non riusciva a togliersi di dosso la sensazione di non essere soli.
Per un po’, nessuno dei due disse nulla e continuarono a camminare ad una certa distanza; poi, pian piano che si allontanavano dall’entrata e la luce si affievoliva, Anna si avvicinò sempre di più, fino ad aggrapparsi al lembo della sua giacca blu. Fushimi la guardò, seccato, ma non glielo impedì.
“Quanti problemi mi dai” brontolò, poi alzò la voce.
“Ascolta, voglio mettere una cosa in chiaro” dichiarò, e non proseguì finché non fu certo di avere tutta la sua attenzione. “Io non sono più uno di voi, quindi tu non hai più niente a che vedere con me. Quando abbiamo finito qui, ognuno di noi se ne va per la propria strada e tanti saluti, okay?”
Anna tacque per un bel po’ prima di rispondere. Fushimi avrebbe preferito che non lo fissasse tanto intensamente: gli occhi della bambina, rossi e brillanti come le sue biglie di vetro, sembravano avere il potere di leggergli dentro.
“Lo so” disse infine lei, “ma Saruhiko resterà sempre una persona importante per me, per Misaki e per tutti.” Fushimi si sorprese. Dubitava fortemente che qualcuno la pensasse così nell’Homra (specialmente Misaki), ma Anna ne sembrava convinta.
Il ragazzo stava per controbattere con scetticismo, quando un rumore metallico fece sobbalzare la bambina, che spalancò gli occhi e fissò spaventata la fine del corridoio buio.
“Saruhiko” bisbigliò, gli tirò la giacca e accennò con una mano alle pareti. Fushimi non li aveva notati prima, ma ora, grazie ad Anna, vide le fitte ed intricate reti di fili argentei che si estendevano da un muro all’altro, formando qualcosa che somigliava ad una rete da pesca, o una ragnatela molto grande.
Non appena quell’idea improvvisa gli affiorò nella mente, Fushimi alzò di scatto il volto.
Per un momento nulla si mosse nell’oscurità e tutto rimase immobile; poi, all’improvviso, due occhi rossi si accesero e l’enorme ragno si scagliò su di loro prima che Fushimi potesse mettere mano alla spada. Con un gesto istintivo, il ragazzo stese il braccio davanti ad Anna: non poté reprimere un mezzo urlo di dolore quando sentì le zanne della bestia affondare nella sua carne, strappando pelle e vestiti.
Gocce di sangue caddero a terra.  
“Saruhiko!” gridò Anna, ma Fushimi la tenne ostinatamente dietro di sé.
“Zitta! Ferma. Ci penso io” sibilò. “Fushimi, pronto a combattere.” Sguainò la spada con un gesto fluido e rapido e l’arma si illuminò di luce blu elettrico.
Proprio in quel momento, udirono delle voci risuonare nell’edificio. Fushimi vide il viso di Anna rilassarsi leggermente, nonostante fosse ancora preoccupata per la sua ferita ed impaurita dal ragno.
“Anna!” La voce di Misaki, alta e squillante, spiccava su tutte le altre. Fushimi fece schioccare la lingua contro il palato, estremamente irritato.
“Sei in ritardo, Misaki!” disse, senza tralasciare di pronunciare il nome dell’altro ad alta voce, con una nota di scherno. Il ragno si buttò nuovamente all’attacco e lui tagliò il suo corpo in due parti con un solo, preciso colpo: la carcassa crollò a terra con un sonoro tonfo e alzò un sacco di polvere, che ci mise qualche istante a diradarsi. Nel frattempo gli altri li avevano raggiunti; Fushimi si raddrizzò e pulì la lama sporca di sangue con la propria giacca, scostandosi per non essere urtato dai rossi (idioti) che stavano circondando Anna, contenti di averla ritrovata sana e salva.
Awashima si avvicinò al corpo della bestia e lo esaminò con attenzione, quindi si rivolse a Fushimi. “Non avresti dovuto ucciderlo, il comandante voleva studiarlo. Ora cosa gli dirò?” disse, con cipiglio severo. Il ragazzo scrollò le spalle, come se la cosa lo lasciasse del tutto indifferente, e la donna sospirò, rassegnata. “Va bene, per oggi passi… in fondo, hai evitato il peggio. Il tuo incarico è terminato, prenditi il resto della giornata di riposo” dichiarò.
E ci mancherebbe altro, pensò Fushimi sarcastico, ma si limitò ad annuire. Si girò e con lo sguardo cercò istintivamente Anna, ma la bambina era già uscita con il resto della banda dei rossi.
Emise un gemito, disgustato di se stesso, quando si rese conto di essere inconsciamente preoccupato per lei. Ora che era tutto finito, le loro strade si separavano nuovamente, era stato proprio lui a dirlo: lui e Anna non avrebbero avuto più niente a che fare l’uno con l’altro.
Si diresse verso l’uscita con Awashima ed il resto dei blu, camminando da solo e in disparte come al solito, e cominciò a riflettere su cosa avrebbe fatto una volta a casa. Era probabilmente quasi ora di pranzo, avrebbe dovuto pensare a cosa cucinare… No, troppo faticoso, meglio un take away.
“Saruhiko.”
Fushimi sgranò gli occhi per la sorpresa sentendo quella voce; si bloccò e si voltò alla sua sinistra: Anna era in piedi vicino all’uscita e quando lo vide arrivare il suo visetto infantile s’illuminò. Lo raggiunse in pochi passi, si frugò rapidamente nelle tasche e ne estrasse un fazzoletto rosso, che legò stretto stretto intorno alla ferita che Fushimi aveva sul braccio.
“Eh, sei messo maluccio, scimmia. Non sarà bastato un animaletto a ridurti così? Che schiappa…” esclamò Misaki, provocatorio. Fushimi alzò lo sguardo oltre Anna e vide l’altro ragazzo in piedi accanto a Kamamoto e Totsuka.
“Non mi va di sentirmelo dire da uno che non è nemmeno capace di fare il babysitter” replicò Fushimi, tagliente. L’espressione imbarazzata e colpevole sul volto di Misaki gli parve quasi un premio di consolazione per tutto quel che aveva dovuto sopportare durante la mattinata.
“Ho toccato un tasto dolente, nee, Misaki?” lo derise. Misaki avvampò e scattò in avanti col pugno alzato come se volesse picchiarlo, ma siccome Totsuka e Kamamoto lo stavano trattenendo si limitò ad urlare: “Sta zitto, scimmia! L’avrei trovata subito se tu non l’avessi portata in questo posto sperduto!!”
“Volete piantarla?” intervenne Awashima, spazientita da quell’ennesimo battibecco.
Fushimi non rispose. Litigare con Misaki era uno dei suoi hobby preferiti, ma in quel momento il braccio gli doleva e si sentiva stanco e accaldato. Voleva solo tornare a casa.
“Saruhiko…” Anna richiamò ancora una volta la sua attenzione.
“Oggi mi sono divertita con te. Grazie” disse, sulle sue labbra si formò un piccolo sorriso.
Fushimi si scostò, imbarazzato. “Sì, sì. Non ho fatto granché, in fondo. Sei tu ad avermi seguito. Ora torna dai tuoi amichetti e lasciami in pace, okay?” la liquidò parlando in fretta.
Anna fece un cenno con il capo e corse nuovamente dai suoi amici.
“Ciao, ciao, Misaki” salutò, calcando il nome dell’altro nel modo in cui sapeva di irritarlo, e s’incamminò verso la strada, sorpassando i rossi. Misaki cercò di tirargli un calcio mentre passava e gli augurò strillando di andarsene al diavolo una volta e per tutte. Totsuka gli rivolse un sorriso. Fushimi notò che c’era anche Mikoto, ad osservarli da lontano, e distolse lo sguardo con un brivido.

 
 
 
Quando Fushimi arrivò (finalmente) a casa, gli faceva male la testa per il caldo e tutto ciò che voleva era stendersi, al diavolo il pranzo. Si riempì un bicchiere d’acqua fresca, lo svuotò in un secondo e lo lasciò a prendere polvere sul bancone, quindi si trascinò fino al proprio letto e ci si lasciò cadere.
Sospirò di stanchezza ed il suo sguardo cadde sul fazzoletto goffamente annodato al suo braccio, sul suo odioso colore rosso… solo allora, improvvisamente, si ricordò di una cosa.

 
 
Il giorno dopo, Kusanagi decise che sarebbe stato meglio tenere Anna a casa per un po’ di tempo, a meno che non fosse stato lo stesso re ad uscire con lei.
La bambina aveva preso insolitamente bene la notizia e stava giocando tranquillamente con le biglie di vetro, che rotolavano avanti e indietro sul bancone di Kusanagi senza mai rischiare di cadere.
Totsuka, che apparentemente era uscito per una commissione, entrò in quel momento e depositò sul bancone una scatolina azzurra “Anna, è arrivato un pacchetto per te!” annunciò allegramente, attirando l’interesse non solo di Anna, ma anche di Misaki, Kusanagi e Mikoto, presenti anche loro nella stanza.
“Un pacco per Anna? Ma sarà sicuro?" chiese il barista, preoccupato, mentre asciugava dei bicchieri. "Da parte di chi è?”
“Non ne ho idea. Forse Anna lo sa?” rispose Totsuka, con un sorriso che rivelava che ne sapeva di più di quanto volesse lasciar intendere. Kusanagi gli rivolse un’occhiata interrogativa mentre Anna prendeva tra le mani la scatola: sciolse i nastrini che la tenevano chiusa, sollevò il coperchio e dentro vi trovò il suo fazzoletto. Era stato lavato e ripiegato in quattro parti, accompagnato da un biglietto scritto a mano.
“Allora? Di chi è?” Misaki si affacciò alle spalle della bambina, curioso. Lesse le parole scritte sul foglietto e ne restò confuso. “Che significa ‘ricordati del nostro accordo’…?”
“È di Saruhiko” rispose Anna, sincera, e lo guardò con grande serietà.
“Ho scambiato Misaki per il frullato rosso.”
Nel bar calò un silenzio basito, che durò giusto il tempo che Misaki impiegò per capire pienamente il significato delle parole di Anna; poi, strillò.
 
“CHE COSA?!”
 
 

**C’era una volta una melaH…**
Buonasera c:
Volevo scrivere da tempo qualcosa su Fushimi e Anna... non li vedo in senso romantico e sarebbero una strana coppia di amici, ma mi piacciono ugualmente molto insieme. A mio parere, sono entrambi persone molto tranquille, che amano la propria libertà, e forse in un contesto diverso sarebbero un po’ come fratello e sorella. Spero che questa storia vi sia piaciuta, grazie di aver letto fino alla fine!
Bacioni,
      Roby
  
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