Anime & Manga > Ayashi no Ceres
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Autore: kaos3003    23/09/2008    2 recensioni
A volte è fin troppo rapido il passaggio dall'idillio alla rovina, e non sempre una dea merita d'essere felice.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi, i nomi e i luoghi qui riportati non mi appartengono, piuttosto sono da attribuirsi alla loro creatrice Yuu Watase e a chiunque ne detenga i diritti legali.
Quest'opera non ha scopo di lucro alcuno, ma vorrebbe essere forma una mera forma di intrattenimento per voi e per me, soprattutto.

Note dell'autrice: un anno, un anno per concepire un progetto e ragionare sulla mia idiozia galoppante, altro che "lente, lente currite noctis equi".
Comunque, dicevamo? Ah, sì. Un anno per concepire un progetto di sei flash fiction (non oso pensare ai tempi per progetti maggiori) e abbozzare idee, cestinarle, sbattere la testa al muro, cercare inutilmente un beta-reader, sbattere la testa sulla scrivania e decidere che chi fa da sé avrà crampi alla mano destra, ma sicuramente meno emicranie.
Ultima nota poi smetto di rompere, in questa raccolta termini cardine saranno i prompt della sfida "Quella sporca mezza dozzina" (vedi pagina challenge per chiarimenti), ma soprattutto saranno determinanti i significati dei fiori citati nel titolo.

Questo ultimo capitolo trae origine dalla pervinca. La pervinca è stato il fiore prediletto di Jean
Jacques Rosseau. Essa cresce spontaneamente quasi in tutta l'Europa e, presso i Celti, era particolarmente cara agli stregoni, che la utilizzavano per confezionare pozioni ed infusi. In alcuni Paesi, i suoi fiori venivano sparsi davanti agli sposi come gesto benaugurante; in altre regioni, i suoi rami venivano incrociati per ricavarne corona da porre sulle tombe.
Il valore simbolico della pervinca è legato al ricordo: regalare una pervinca esprime il desiderio di lasciare e conservare un dolce ricordo.


 

 

La hall era buia e dai corridoi non proveniva il minimo rumore. Molte ragazze si erano lasciate cadere in maniera scomposta sul prezioso pavimento di marmo, mentre altre si erano stese ai bordi della fontana e lasciavano ciondolare pigramente la mano in acqua.

Kumi si tirò le ginocchia al petto e si lasciò cullare dalla canzone della donna seduta accanto a lei. Alla fine di tutto il Centro sarebbe stato ancora una volta la loro salvezza e avrebbero ripreso la vita di tutti i giorni, una volta che i Mikage fossero tornati.

Le bambine intorno a lei strappavano le piccole foglie della pervinca che aveva rallegrato quei bianchi corridoi negli ultimi giorni e Kumi improvvisamente si ricordò di quando, ancora bambina, strappava i fiori che la mamma piantava nel giardino della nuova casa. Non che non le piacessero i fiori, al contrario, ma non sopportava di vedere la sua mamma china a togliere le erbacce con una cura che avrebbe dovuto riservare solo a quelli della loro vecchia casa. In quella casa non c'era posto per loro due, c'era posto solo per la moglie e le figlie di Akio.

Non le aveva mai chiesto scusa, ma ora avrebbe tanto voluto poterlo fare, esattamente come avrebbe voluto chiederle di cercare Hideyoshi e prendersi cura di lui. Se avesse avuto una possibilità avrebbe chiesto scusa anche a quel ragazzo che aveva spaventato nell'ospedale di Tochigi.

La donna accanto a lei continuava a cantare mentre accarezzava lentamente i capelli di una ragazza appoggiata a lei: probabilmente stava morendo, esattamente come avrebbero fatto loro se gli assistenti del Centro non fossero tornati in fretta.

Kumi osservò ancora una volta le proprie mani: la malattia si era aggravata rapidamente e presto avrebbe cominciato a sentire una stanchezza continua che alla fine l'avrebbe uccisa, o almeno così le aveva detto una delle ragazze sedute accanto a lei durante le lezioni.

A cosa era servito strapparla a sua madre e alla sua vita? Perché la famiglia Mikage aveva dovuto rivelare chi fosse veramente?

Avevano giurato di proteggerle dal mondo e da tutte le cose orribili che lo abitavano, ma allora perché dovevano morire in un modo tanto disgustoso?

Un improvviso rumore di passi la fece riscuotere, sembrava che qualcuno corresse verso di loro senza curarsi troppo di mantenere un contegno o un'andatura elegante. Il motivo di tanto disordine poteva essere solo uno: il Centro era stato attaccato, gli uomini tornavano a rivendicare le donne che erano nate per dare loro dei figli dalle doti eccezionali.

Mentre un manipolo di soldati faceva irruzione nella stanza, la donna vicino a lei smise di cantare e si voltò, sorridendole dolcemente. Quel sorriso somigliava tanto a quello di sua madre che Kumi avrebbe voluto correre da lei per accarezzarle le labbra e farsi rassicurare e promettere che tutto sarebbe andato per il meglio, che la guerra e quegli orribili uomini non le avrebbero mai più toccate, che le meschinità e l'orrore non sarebbero state mai più una loro preoccupazione.

I soldati puntarono i fucili quando una delle ragazze si alzò per fronteggiarli e Kumi chiuse gli occhi: sarebbero tornate in cielo, e senza bisogno della Veste Piumata.

   
 
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