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Autore: Cruel Heart    03/09/2014    3 recensioni
Matt Brann, grande appassionate di spadellate, si ritrova a fare un giro per il centro di Portland, dopo una serata assolutamente sobria passata in compagnia della sua band e della vodka.
Cosa succederà se, il nostro batterista, incontrerà lei?
Dal testo:
"Non ero ubriaco.
No.
Mi ero solamente scolato quattro bicchieri.
O forse cinque, non saprei.
Non sono mai stato un genio in matematica.
Non sono mai stato proprio un genio, in effetti."

[Missing Moment della Fan Fiction Little secrets]
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Little secrets - Missing Moments'
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You look so perfect, Susy.

 

 

Patty Walters - She Looks So Perfect (Originally performed by 5 Seconds Of Summer)

 

 

 

Portland, Oregon, Stati Uniti d’America.

 

Matt's pov

 

Ragazzi, che serata!

Avevamo appena guadagnato 1000 bigliettoni in una sola sera!

Roba da pazzi.

Per festeggiare, io e i ragazzi ci avevamo dato dentro con la vodka nello stesso locale in cui avevamo suonato.

Evan, come al solito, se ne stava in un angolino con il telefono appiccicato all’orecchio, a parlare con una sua amica.

Almeno questo era quello che diceva lui.

In realtà, io credevo che quella ragazza gli avesse assestato un bel colpo in testa e lui si fosse preso una sbandata colossale.

E fidatevi, Matthew Brann se ne intende di colpi in testa.

 

Non sopportavo che quel ragazzo si perdesse tutto il divertimento, e così mi avvicinai a lui.

«ANDIAMO… IGH…. EVAN, SOLO UN… IGH… CICCHETTO!» gli urlai.

Non ero ubriaco.

No.

Mi ero solamente scolato quattro bicchieri.

O forse cinque, non saprei.

Non sono mai stato un genio in matematica.

Non sono mai stato proprio un genio, in effetti.

 

«Sta’ zitto, Matt!» gridò lui. «Scusalo, è leggerissimamente ubriaco. Dicevi?»

 

Ritornai al bar e, invece di versare la vodka nel bicchiere, mi attaccai direttamente alla bottiglia.

Mi sentivo un po’ come un bambino quando beveva dal biberon.

“IO NON SONO UBRIACO!” avrei voluto urlargli.

Ma fu troppo tardi.

Quell’ultimo goccio mi fu fatale e la mia faccia si appiccicò al bancone peggio di un poster nella camera di una quindicenne.

Svenni immediatamente.

 

E così, mi risvegliai la mattina dopo nell’appartamento dove alloggiavo con gli altri, con un paio di lividi sparpagliati sulla guancia destra e un mal di testa assordante che mi assillava le tempie.

Mi puntellai sui gomiti e usai tutta la mia forza per alzarmi dal letto dove mi avevano sistemato.

Provai ad accendere la luce, cliccando sull’interruttore.

Niente: a quanto pareva, la corrente aveva deciso di andare a fare un giretto a fanculandia.

Fantastico.

Dovevo assolutamente prendere delle pillole per il mal di testa, altrimenti sarei scoppiato di dolore peggio di un ragazzo quando si accorge che il suo preservativo è bucato.

Nonostante la mancanza di luce, riuscii ad individuare lo stesso il corpo di Jesse, stravaccato sul suo letto.

La sua puzza era un vero vantaggio, in casi come questi.

Rievocando quelle pochissime puntate di C.S.I che mi era capitato di vedere, mi chiesi se Jesse respirasse ancora, o se fosse morto, asfissiato dal suo stesso fetore.

Tutti sanno che, dopo un po’, i cadaveri puzzano. O forse, erano solo i miei calzini?

Lo scossi.

Emise un meraviglioso grugnito di saluto.

«Ah, bene, questo vuol dire che non ti sei ancora trasformato in un cazzo di cadavere puzzolente. Anche se puzzolente lo sei già.»

 

«Cosa cazzo vuoi alle dieci del mattino?» mi rispose.

Oh. Non pensavo fosse così presto.

 

«Ho bisogno delle pillole per il mal di testa, Jesse. Tra un po’ scoppio!»

 

«Non ci sono quelle cazzo di pillole, Matt, perché, due cazzo di giorni fa le hai dato a quel cazzo di barboncino del cazzo!»

Parlava di Snow, il cagnolino di Charlie.

Se lo portava ovunque, e così lui era diventato la nostra mascotte.

Mi era sfuggito quel particolare, però.

«Un giorno o l’atro mi dirai come cazzo hai fatto a confondere delle cazzo di pastiglie per il mal di testa con dei cazzo di croccantini.»

 

«Beh, che ci posso fare io? Sono tutti e due… piccoli!»

 

Mormorò un “Vaffanculo, cazzone” e ritornò nel suo stato vegetativo puzzolente.

 

Bene, e anche le pillole erano andate a fanculandia.

Qui bisognava trovare una soluzione.

Presi deciso il giubbotto e le chiavi dell’appartamento.

Sapevo cosa fare.

 

Uscii nella calda aria primaverile di Portland e iniziai a camminare.

No, non volevo andare in farmacia: sicuramente, uno di quei dottori grassoni con il camice bianco avrebbe fatto a pezzi il mio corpo e poi lo avrebbe arrostito su quelle penne stilografiche che ai medici piacevano tanto.

Non potevo permettere una cosa del genere.

 

Continuai a camminare per un po’ verso il centro di Portland, fino a quando non vidi un negozio di elettrodomestici e ci entrai.

Mi diressi subito al reparto “Cucina” e intravidi lo scaffale che stavo cercando.

 

Ancora mi ricordavo di quel fatidico giorno.

Avevo avuto più o meno dieci anni ma, per me, era come se fosse successo ieri.

Avevo passato tutta la serata, al freddo, ad uccidere i lombrichi nei giardinetti vicino casa, e così, la mattina dopo, mi era venuto un gran raffreddore e mal di testa.

Mia madre mi disse che gli antidolorifici erano nel mobile accanto al frigo, nello scomparto più in alto.

Ma io non riuscivo ad arrivarci, ero solo un tappo di un metro e venti.

Così, mi arrampicai sui vari scaffali, ma la forza di gravità ebbe un effetto devastante su di me: infatti, precipitai con il culo per terra, con il risultato che mi cadde tutto addosso, tranne la scatola degli antidolorifici.

Tra i vari oggetti, la mia testa venne anche colpita da un recipiente poco spesso e con un manico nero: una padella.

Fu, letteralmente, la rivelazione della mia vita!

 

Il mal di testa sparì di colpo, il raffreddore no, purtroppo.

Da allora, c’è sempre stata una padella nella mia vita.

In ogni occasione, loro erano sempre con me.

In effetti, si può benissimo dire che abbia avuto più padelle che ragazze.

Ma questo, mi raccomando, non ditelo a nessuno.

 

Ritornai con la mente al presente, perché, finalmente, la vidi.

Fidatevi, Matthew Brann conosceva le padelle.

Ne avevo avute di tutti i tipi: con il bordo alto, con il bordo svasato, col manico in plastica e persino antiaderente.

Ma questa…

Cazzo, ragazzi, questa era una favola!

Il fondo era completamente rivestito in rame, mentre l’interno era di alluminio.

E poi, il manico!

Dio, era tutto di legno!

 

La comprai subito e mi precipitai fuori dal negozio.

Le accarezzai il fondo con un dito e mille brividi si propagarono per la mia schiena.

Eccola lì, la mia piccola.

 

La mia Susy.

 

***

 

Sssssssalve a tutti!

Spero tanto che questa one-shot dal punto di vista di Matt vi sia piaciuta :3

Per la sua realizzazione, ringrazio:

-         27avril, autrice di quest’idea geniale:

-         La mia dolce e tenera mammina, che mi è stata molto d’aiuto per la consulenza sui vari tipi di padelle;

Ultima, ma non meno importante, ringrazio lei, la protagonista di questa fantastica one-shot: Susy! Image and video hosting by TinyPic

 

Alla prossima!

 

~ Cruel Heart.

   
 
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