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Autore: germangirl    04/09/2014    8 recensioni
Un paio di capitoli per sbirciare nella vita di Harm e Mac a San Diego.
Seguito di "Sognando il lago dorato"
Questa storia fa parte della serie 'Il lago dorato'
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il lago dorato'
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Frugò nella borsa e accese il cellulare che aveva spento prima di entrare nell’ambulatorio della sua ginecologa. Un breve trillo la informò di aver ricevuto un messaggio. Era di Harm che si scusava perché la riunione si sarebbe protratta più a lungo di quanto pensava, pertanto l’avrebbe raggiunta direttamente dai Roberts. Toccava dunque a lei occuparsi di comprare i regali per Trish e Frank. Agli amici di Washington avevano già pensato acquistando i doni in California, così da portare loro un po’ di aria del sud.

Sospirò di nuovo e si strinse nel cappotto, trattenendo un brivido di freddo e allacciando anche l’ultimo bottone. Il clima di Washington era decisamente molto diverso da quello di San Diego! Giusto due giorni prima lei e suo marito – quanto le piaceva poter dire che Harm era suo marito, finalmente! – si erano concessi una lunga passeggiata sulla spiaggia, indossando solo una giacca leggera. Ma non sarebbe stato Natale senza lo scoppiettio del fuoco nel camino, una calda sciarpa di lana al collo, la neve che scende dal cielo e una bella tazza di cioccolata fumante.

“Mmmm, cioccolata… è proprio ciò di cui ho bisogno adesso!” pensò Mac e si recò a passo veloce verso un bar sull’altro lato della strada, in compagnia dei suoi pensieri.

Poche ore più tardi, rinfrancata dalle endorfine messe in circolo dal cacao (Dio benedica i maya!) e dallo shopping, Mac raggiunse la residenza dei Roberts e venne accolta dal vociare allegro dei suoi figliocci, che la coinvolsero immediatamente nei loro giochi prendendola in ostaggio fino all’ora di cena.

Harm arrivò in ritardo come suo solito: le vecchie abitudini sono dure a morire. Appena vide sua moglie, si rese conto sin dalla prima occhiata che stava rimuginando su qualcosa. Le chiese sottovoce come fosse andata la visita e lei lo liquidò con un freddo “ne parliamo dopo”, pertanto decise di rimandare la conversazione a quando sarebbero stati da soli in albergo. L’ambiente era affettuosamente affollato al momento. Oltre Bud e Harriett, infatti, c’erano anche Mickey, suo padre e altri colleghi del JAG. Tutti fecero onore all’ottima cena preparata come sempre dalle sapienti mani della signora Roberts, che continuava a sfornare prelibatezze gastronomiche nonostante l’ingombrante pancione.

Come da tradizione, dopo il lauto pasto si recarono alla messa, dove il reverendo Turner parlò ai loro cuori del miracolo di Natale e del dono della Vita che non solo Maria e Giuseppe avevano ricevuto, ma con cui l’umanità intera era stata benedetta.

C’era un appuntamento cui Harm teneva particolarmente la vigilia di Natale e che era felice di poter onorare anche quell’anno, nonostante il trasferimento a oltre 5000 miglia di distanza. Suo padre lo aspettava al Vietnam Veterans Memorial. E questa volta non avrebbe compiuto il pellegrinaggio da solo: finalmente sua moglie sarebbe stata accanto a lui.

Il viaggio verso il monumento trascorse in silenzio. Mac guardava fuori dal finestrino della macchina, persa nei suoi pensieri. Rabb aveva imparato a conoscere Sarah e sapeva che, insistendo, non avrebbe ottenuto nulla da lei. Si ripromise perciò di riservarle una dose speciale di coccole appena arrivati in albergo. A quelle – ne era sfrontatamente sicuro – sua moglie non avrebbe resistito.

Appena arrivati davanti al muro, l’uomo si sfilò un guanto e sfiorò delicatamente con le dita le lettere incise che ricordavano il sacrificio di Harmon Rabb sr. Poi cominciò a parlare, a voce bassa, incurante dei pochi altri visitatori: “Ciao papà, ti ricordi di Sarah? Sì, è Mac, ti ho parlato tante volte di lei…. Beh, vedi papà, molte cose sono cambiate dalla mia ultima visita qui. Per fartela breve, ho finalmente trovato il coraggio di dirle che la amo con tutto il mio cuore e sai una cosa? Inspiegabilmente lei ama me. Tanto da volermi sposare. Sì, papà, ci siamo sposati poche settimane fa a La Jolla, a casa di mamma. Mi sarebbe piaciuto averti lì accanto a me, ma sono sicuro che da lassù hai vegliato su di noi. Mac era così bella quel giorno che non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso… Da poco più di un mese siamo entrambi a San Diego. Io sono stato trasferito alla NATO e mia moglie – ah, quanto mi piace poterlo dire! – invece è a capo dello staff legale della sede congiunta della Marina e dei Marines. Li fa rigare dritto tutti quanti, dovresti vederla. Adesso lei è qui con me” si rivolse a sua moglie e le strinse affettuosamente una mano.

“C’è un’altra cosa che dovresti dire a tuo padre” aggiunse Sarah.

Harm la osservò corrugando la fronte, non riuscendo a capire cosa avesse dimenticato di raccontare.

“Dovresti informarlo che diventerà nonno” spiegò Mac, con voce tremante per la commozione.

Il futuro padre spalancò gli occhi per la sorpresa e cominciò a balbettare: “Nonno? Significa che… Mac… tu… io… noi…”

“Esatto, marinaio. Aspettiamo un bambino!” gli venne in soccorso Sarah.

Fu solo dopo averlo rivelato a Harm che Mac afferrò l’effettiva portata di quella notizia. Appena la dottoressa gliel’aveva detto era rimasta scioccata dalla sorpresa: quello che credeva essere stato il suo ultimo ciclo in realtà erano solo delle piccole perdite che non avevano inficiato sulla salute del nascituro. Poi aveva cominciato a pensare a come informarne suo marito, ma non voleva farlo davanti ai loro amici: voleva che questo momento fosse privato, solo per loro due. Aveva serbato quella notizia nel suo cuore per l’intera giornata, senza aver la possibilità di condividerla con nessuno perché desiderava che il primo a saperlo fosse lui. E adesso, dopo aver pronunciato per la prima volta ad alta voce quella frase, aveva compreso pienamente ciò che stava succedendo: avevano battuto ogni statistica.

Avevano vinto la battaglia contro il 4%.

Lei e Harm aspettavano un bambino.

Sarebbero diventati genitori.

Lei sarebbe stata mamma!

E avrebbe dato un figlio all’uomo della sua vita!

Un bambino che avrebbe avuto la bellezza della madre e il cervello del padre. O viceversa, sarebbe andata bene in ogni caso. Proprio come avevano detto quasi scherzando quando avevano stipulato il patto di avere un figlio insieme, alla nascita del piccolo AJ Roberts.

Dentro di lei stava crescendo il dono della vita, nato dall’amore reciproco che nutrivano l’uno per l’altra.

Harm abbracciò sua moglie con tutta la forza che aveva, mentre lacrime di gioia gli riempivano gli occhi. Poi la lasciò andare e chiese: “Ma come è potuto succedere?”

Sarah iniziò a ridere e commentò: “Accidenti, Harm, credevo che tua madre ti avesse spiegato come nascono i bambini o che tu ci fossi arrivato da solo alla tua età…”

Lui le lanciò un’occhiataccia e riprese: “Maaaaac, mi riferivo all’endometriosi… ma non importa. Come stai? Quando nascerà? Sai già se è un maschio o una femmina? Cosa ha detto la dottoressa? Devi stare a riposo? Oh mio Dio, qui fa troppo freddo per il bambino, perché non me lo hai detto prima? Sei sempre la solita testarda. Saremmo rimasti al caldo invece di venire qui. Anzi, andiamo subito in albergo, così ti puoi sdraiare e domani torniamo a casa… ma sarà pericoloso volare nelle tue condizioni?”

“Harm, calmati e respira. Sto bene e il bambino nascerà fra sette mesi. E’ ancora troppo presto per sapere se è un maschio o una femmina, comunque sta bene anche lui. O lei. Ora mi prometti che non ti farai prendere dall’ansia?” lo interruppe Sarah. Quando suo marito entrava in modalità iperprotettiva era difficile da gestire.

“Non posso farlo. C’è tutto il mio mondo qui e io devo prendermene cura!” protestò lui.

“OK, ma almeno stanotte possiamo festeggiare senza farci sopraffare dalla preoccupazione?” propose Mac.

“Ci posso provare… però tu mi prometti che starai attenta da ora in poi? E che la prossima volta che vai dalla ginecologa fai venire anche me? Mi piacerebbe vedere nostro figlio…” le chiese timidamente, abbassando il tono della voce.

“Starò attenta, parola di marine. Se vuoi vedere il nostro bambino ho una ecografia nella borsa… ma qui non c’è abbastanza luce, te la mostrerò appena arriviamo in albergo” gli disse, accarezzandogli una guancia.

Tu hai una foto di mio figlio e non me l’hai ancora fatta vedere?” si risentì Harm.

Sarah alzò gli occhi al cielo. Sarebbero stati sette mesi lunghissimi. “Su, marinaio, andiamo nella nostra stanza, così posso raccontarti per filo e per segno cosa mi ha detto la dottoressa e mostrarti la prima foto del piccolo Rabb. E poi abbiamo un miracolo da festeggiare!”

Si incamminarono mano nella mano.

Era stato davvero un miracolo. Il loro miracolo di Natale.

 

Nota dell’autrice

Mi sono fatta prendere la mano ed è uscito un finale più sdolcinato della cioccolata calda bevuta da Mac!

Grazie per avermi seguito anche in questo episodio.

Un abbraccio,

Deb

  
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