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Autore: Sundy    26/09/2008    0 recensioni
Dilettanti - pensa il generale guardando i ragazzi di Hoorai che si preparano alla battaglia. Ci vuole ben altro per forgiare una spada... (ambientata nella fase preparatoria dello scontro, Ep.23)
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lost at Uno to KittyPryde; prompt: Kyoshiro Tohdoh, forgiare una spada

* * *

Dilettanti – pensa il generale seduto sul margine della pista di decollo di quella patria artificiale, posticcia, mentre i membri giovani dell’Ordine, indaffarati, caricano le munizioni sui loro giocattoli da guerra.

Dilettanti – e sa che è assolutamente vero. Nessuno di loro, strappati alla strada, alla guerriglia urbana, a un lavoro onesto, a un’occupazione qualunque, sembra pienamente consapevole dei gesti che compie, o del cammino intrapreso. Uomini troppo arrabbiati a cui un colpo del destino ha regalato un Knightmare e una divisa, un’alternativa al subire passivamente l’oltraggio di tutte le cose più grandi, sempre troppo più grandi degli uomini. Ragazzini che giocano a fare i soldati, solo perché gliene viene data la possibilità, un’ottima possibilità di mettere a frutto la loro voglia di buttare fuori il livore, e riprendersi una dignità; ragazzini disordinati con il grilletto facile.

Ci vuole ben altro per forgiare una spada.

Itsukushima. Quattordici giorni sul mare, con lo scialacquio delle onde a confondere e mescolare il sonno e la veglia, gli spettri della notte e le ombre del vero nemico, lo scialacquio delle onde e il mormorio silenzioso dei foglietti votivi appesi alle travi del tempio, giorno e notte, attesa, un movimento febbrile consumato in gesti minimi, soffocare i rumori per non distrarre mai l’orecchio dal ruggito lontanissimo dei motori degli enormi macchinari del nemico e dal loro crescendo minaccioso. Mantenere gli occhi aperti, attenti, occhi sempre più dilatati, cerchiati di un rosso più intenso di quello delle colonne scarlatte del tempio, pronti a cogliere il segnale, immobili e pazienti come la murena che aspetta la preda per sferrare un unico, decisivo attacco…
Il ragazzo arrivò da lui con tanta più rabbia dentro di quanta il suo corpo gracile potesse contenere senza rompersi, ed un talento rimarchevole che sapeva mettere a frutto, affilandolo sulla fresa della sua cattiveria. Sapeva che il colonnello Tohdoh non accettava volontari, e proprio per questo, arrogante e lucido nella sua sete di vendetta, era andato da lui, perché con i suoi diciassette anni e quelle braccia scarne il ragazzo di Osaka poteva sperare di entrare nelle fila dell’esercito giapponese solo in veste di eccezione a tutte le regole.

L’acciaio si modella nella forma della spada quando il fuoco lo rende incandescente, ma ha bisogno di conoscere l’acqua e il fango per diventare infrangibile.

Itsukushima, quattordici giorni sul mare, tesi come archi che attendono il segnale per scoccare la freccia, pronti dentro la tana tra gli scogli come la murena affamata; nessun vacillamento, nessuna incertezza, insensibili al vento, al freddo, alla salsedine, ognuno al suo posto come le cellule di un grande corpo di predatore, essenziale e magnifico nel suo unico scatto letale. Era il migliore tra gli ultimi arrivati, il più pronto, percettivo, dotato, l’unico volontario che il colonnello avesse mai accettato tra le sue fila; gli diede il comando dell’avamposto, perché la sua rabbia troppo bollente si temprasse con la disciplina del ragno e la precisione dell’attacco della mantide, tra i flutti gelidi del Mar del Giappone che sputava impietosamente in faccia ai suoi ultimi difensori la sua acqua e il suo sale. Poi venne la battaglia.

Solo un accurato passaggio attraverso mole sempre più sottili può rendere il filo davvero tagliente.

Itsukushima, la carcassa straziata di legno e vernice di una delle lunghe trachee del tempio che non avrebbe più mormorato preghiere di carta nel vento e gli scogli artificiali delle macchine da guerra abbattute, un intero battaglione nemico annientato al prezzo sempre troppo alto di centoventidue vite umane, centoventidue soldati morti per regalare al Giappone il sogno di poter ancora resistere, centoventidue uomini, ma non il ragazzo di Osaka. I barellieri lo riportarono indietro con uno squarcio sulla fronte che si spingeva fin sotto l’occhio destro, stremato ma ancora in grado di rispondere, con l’orgoglio di chi ha spento in sé la rabbia per accendere una fiamma più duratura.
- Quanti uomini hai perso, Caporale?
- Nessuno, Signore.

Così si forgia una spada.

I ragazzi di Hoorai si credono importanti, nelle loro uniformi nere e grigie. Alcuni pensano alle loro case, abbandonate anche stavolta troppo in fretta, alcuni hanno chiaramente paura, e tentano di scacciarla lucidando i loro armamenti; altri trascurano la manutenzione del loro mezzo per pescare i granchi del Pacifico, ignorando quanto la loro sciatteria potrebbe costargli cara nella prossima battaglia.

Dilettanti – questo sono, oggi, i tuoi uomini, generale. Se lo ripete ancora una volta, con un’amarezza che gli stringe le ossa un po’ doloranti per tutta quella salsedine umida verso la quale il suo fisico non più giovane ha sviluppato un certo fastidio. Non sono altro che degli improvvisatori malriusciti, scolaretti che non hanno nessuna intenzione di mettersi a studiare, soldati per scherzo, per rabbia, per amore, che non sanno, e non sapranno mai che cosa significa l’immobilità del ragno, la pazienza della murena, l’imparare dal vento, la brace incandescente, l’acqua e il fango.

Dilettanti – Ma loro sono uomini, parole e vita, e voglia di combattere. Sono lacrime e occhi, e mani che ancora stringono i comandi, sono carne e sangue, mentre Shogo è ormai polvere e cenere nella morte.

Per quanto resistente e affilata, non esiste spada che non possa essere spezzata.
  
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