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Autore: Elisa286    06/09/2014    1 recensioni
"Aveva la bellezza di un uragano, devastante. Lei più che altro assomigliava ad un fiocco di neve che cade, silenzioso e minuscolo. Uno tra i tanti. Di quelli che ti accorgi a malapena essere caduti. Che si confondono con il terreno. Ma un uragano lo senti, no? Stravolge tutto, ti disorienta. Ecco forse aveva trovato un aggettivo adatto per tutte le volte che lui le stava così vicino da mandarle scosse elettriche per tutto il corpo: disorientata."
Due adolescenti che impareranno ad amarsi senza che nessuno glielo insegni. La tipica storia? Non direi. Quando si scopre l'amore non sempre se ne esce interi, ma loro? Anche Harry e Clancy? Loro che sono così diversi...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'Atlanta High School era gremita di persone, più che altro studenti. Qualche professore si aggirava per i corridoi con un cappuccino caldo in mano, salutando alla svelta gli studenti. Una ragazza dai lunghi capelli rossi se ne stava appoggiata al muro, stringendosi nelle spalle. Era una posizione "di difesa", che involontariamente assumeva nelle situazioni che la mettevano a disagio. Era arrivata da Seattle, circa una settimana prima. Suo padre aveva avuto un'opportunità di lavoro, e si erano trasferiti in Georgia.
Sentiva la voce di sua madre che la spronava: "dai Clancy, fatti nuovi amici". Era da quando aveva otto anni che le ripeteva quella frase, non era mai stata brava a fare amicizie. Aveva sempre preferito aggrapparsi al polso della madre e a stringere il suo peluche, un mal ridotto coniglietto di pezza.
Obbligò le gambe fasciate dai jeans a muoversi in avanti. Decise di aggirarsi per il lungo corridoio esterno, in cerca di aria fresca. Sentì il rumore di un motore d'auto, parcheggiare poco distante. Le ragazze presero a sussurrare, e a sistemarsi i capelli. Clancy si fermò, confusa. Dall'auto scesero cinque ragazzi; sembravano sicuri di sé, abituati alle attenzioni delle ragazze che gli rivolgevano sguardi e sorrisi. Il primo ragazzo che riuscì a vedere Clancy era moro, la carnagione ambrata e grandi occhi scuri. Teneva in mano una sigaretta, e ne stava offrendo una ad un ragazzo riccio, alto. Lui accettò con un sorriso e l'accese, buttando fuori boccate di fumo. Un ragazzo biondo scese dalla parte opposta seguito da due ragazzi mori. Il primo in confronto all'altro aveva una corporatura robusta, i muscoli evidenti sotto la giacca di pelle, un accenno di barba. Il secondo era snello, quasi esile, gli occhi allegri e vivaci. Parlava insieme al ragazzo biondo, dandogli delle pacche sulle spalle. Sua mamma li avrebbe definiti "cattivi ragazzi" o "pessime influenze" o ancora "brutta compagnia". Avevano un aspetto quasi pericoloso: le giacche di pelle nere tutte uguali, i jeans stretti e gli scarponi neri. Il ragazzo biondo sembrava quasi fuori posto: aveva un viso dai lineamenti morbidi e un sorriso così dolce, che nemmeno la giacca di pelle riusciva a dargli quell'aria "pericolosa". Le passarono accanto senza guardarla, camminando a passo svelto. Li guardò allontanarsi, finché non divennero indistinte macchie nere.
Scosse la testa e si concentrò sul foglietto che aveva in mano, per il momento era l'unico mezzo di orientamento in quell'enorme scuola. Segnava gli orari con le rispettive materie e giorni. Seguì con il dito la tabella indicata: educazione fisica. Perfetto. Era già un'impresa camminare senza inciampare, figuriamoci presentarsi subito a tutti come la ragazza che è una frana in qualsiasi tipo di sport.
Prese un bel respiro e si diresse verso l'area 9. La palestra era un grande edificio in mattoni, con varie entrate. Secondo il foglietto lo spogliatoio femminile era sul retro. Si fermò davanti alla porta, udendo un brusio di voci femminili. Clancy riuscì a cogliere solo frammenti spezzati di discorsi: "Harry era così bello questa mattina" oppure "Voglio uscire con Liam" o ancora "Louis mi ha fatto l'occhiolino". Pensò che fosse sbagliato origliare, così afferrò la maniglia. Si bloccò quando sentì una voce conosciuta. La vice-preside Hudson era probabilmente entrata nello spogliatoio, zittendo il chiacchiericcio. Le aveva consegnato il prezioso foglietto che stringeva nella mano destra. Era una donna di mezza età, i capelli biondi striati di grigio e tirati ordinatamente all'indietro. Il viso dai lineamenti spigolosi e duri, gli occhi grigi e severi. Aveva il portamento fiero, di chi ama comandare. -Come già sapete questa mattina è arrivata la nuova studentessa di Seattle. Vi ricordo di essere carini e gentili con lei- si raccomandò con un tono che non ammetteva repliche. Le ragazze si unirono in un unisono "Sì, vice-preside Hudson". Sembravano soldatini comandati a bacchetta da un sergente della marina. Anzi peggio, come bambini di sei anni che vanno invitati ad accogliere il nuovo "amico". Ci fu silenzio finché il rumore dei tacchi della signora Hudson non fu lontano. Poi ricominciò il rumore confuso di voci annoiate e talvolta stridule.
Era da ormai dieci minuti buoni che la ragazza se ne stava davanti alla porta. Doveva ancora cambiarsi, e non era esattamente una persona sbrigativa. Rimise il foglietto nello zaino e strinse con decisione la maniglia. Quando entrò il brusio cessò di colpo e tutti la fissarono. -Ciao, sono Clancy, la ragazza di Seattle- disse dopo qualche secondo di silenzio. Accennò un sorriso poco convinto. Diversi paia di occhi la fissarono per qualche istante, poi le sue nuove compagne ripresero a parlare come se nessuno fosse entrato. -Che bel benvenuto- sussurrò a mezza voce, sedendosi sulle panche di legno, appoggiate al muro scrostato e ammuffito della palestra. -Oh tranquilla, sono difficilmente impressionabili- la consolò una voce cordiale. Alzò lo sguardo; sopra di lei una ragazza si stava allacciando le scarpe. Era poco più alta di lei, con i capelli scuri, quasi neri. Quando la guardò, le ricaddero ciocche castane davanti agli occhi. Se li spostò sbrigativa, rivolgendole un sorriso. A differenza della maggior parte delle ragazze in quella stanza, non doveva perdere tempo a legarsi i capelli, che erano decisamente troppo corti per essere raccolti. I suoi occhi scuri, la rilassarono e si lasciò coinvolgere da quel buon umore. Distese i nervi e sorrise in risposta, mormorando un 'grazie'. Lei scrollò le spalle e si avviò fuori dallo spogliatoio.
Clancy, dopo essersi legata i capelli rossi in una coda, si allacciò le scarpe in fretta. Voleva seguire un gruppo di ragazze, in modo tale da arrivare alla palestra senza girare continuamente con il foglietto in mano. Attraversò un corridoio maleodorante e arrivò in un ampio spazio con il parquet di linoleum, le finestre alte e piccole una vernice grigia e impolverata ricopriva i muri. Avrebbe potuto paragonare la palestra ad un prigione, per essere gentile. Come crudele promemoria, a troneggiare nella stanza, una rete da pallavolo.
Il professore soffiò con forza il suo fischietto, facendo ronzare le orecchie di Clancy. Imitò gli altri e si mise in fila. Gli occhi piccoli e azzurri del professore la scrutarono. Non era il tipo di persona a cui avresti pensato come professore di ginnastica. Basso, quasi calvo. Non esattamente in forma. Indicò Clancy con la penna. -Tu devi essere la ragazza nuova, da Seattle- disse. Poteva essere una situazione quasi buffa, se non fosse stato che tutti gliocchi dei suoi nuovi compagni erano su di lei. Si limitò ad annuire. -Mmh, sei di molte parole. Ce l'hai un nome?- chiese con sarcasmo. Qualcuno rise. Clancy respinse l'impulso di scappare o di sotterrarsi una buca per nascondersi. -Sì, mi chiamo Clancy- rispose scandendo le parole. -Bene Clancy, voglio vedere come giochi. Starai nella squadra di Jane. Ognuno alla sua postazione!- esclamò. Prima che potesse chiedersi chi fosse Jane, la ragazza dai capelli neri di cui non sapeva il nome, le indicò la parte opposta alla sua. Ancora una volta l'aveva salvata da una situazione scomoda. Mimò un "grazie" con la bocca, e andò nella parte di campo avversario. Cercò di ricordasi le posizioni base della pallavolo. Era in fondo, e vedeva i suoi compagni passarsi la palla, con mosse veloci e scattanti. Una ragazza bionda della squadra avversaria colpì con forza la palla, facendo un lungo lancio. Il pallone la colpì in fronte, facendola cadere a terra. In quel momento si fece tutto confuso: sentì il fischio del professore e il pulsare insistente della botta. Il colpo della caduta di schiena. Gemette per il dolore, poi piano piano i sensi la abbandonarono, lasciando all'oscurità il compito di avvolgerla.

Qualcosa di freddo, anzi gelato fece sussultare la ragazza di Seattle. Si mise seduta e vide il professore sospirare di sollievo. Era sopra di lei, con un secchio vuoto in mano. Dietro di lui vide la ragazza dai capelli neri che la fissava, una punta di ansia nei grandi occhi scuri. Si guardò: quel qualcosa di freddo, l'aveva bagnata dalla vita in su. -Julie, portala in infermeria- ordinò il professore prima di voltarsi e ritornare di fianco la rete per dirigere la partita. La ragazza dai capelli neri si chiamava Julie, quindi. Si avvicinò a la sollevò con delicatezza per le braccia e le mise un braccio intorno alla vita per sorreggerla. La condusse fino all'infermeria, una stanza piuttosto piccola dalle pareti bianche, aiutando la ragazza dai capelli rossi a stendersi sul lettino. I capogiri diminuirono lentamente e presto Clancy riuscì a vedere tutto più chiaramente, niente più persone o oggetti dai contorni indistinti.
Dalla porta entrò una donna bassa e in carne, con un camice azzurro. -Ciao Julie- salutò l'infermiera, sistemandosi una ciocca di capelli castani dietro le orecchie. -Buongiorno Lucy. La nostra nuova compagna è svenuta- disse Julie, spiegandole velocemente la situazione. L'infermiera annuì e sparì oltre la porta, ritornando poco dopo con una busta del ghiaccio. Premé l'involucro freddo sulla testa di Clancy e sorrise -Allora tesoro, ti consiglio di stare qui sdraiata per almeno un'ora. Vuoi che chiami i tuoi genitori per farti venire a prendere?- chiese continuando a tenere il ghiaccio sulla testa di Clancy. Lucy era così gentile e amava così tanto il suo lavoro, che la rabbia improvvisa per la figuraccia e per l'aver iniziato piuttosto male la giornata, diminuì velocemente. -No, è il mio primo giorno e non voglio andare subito a casa- rispose Clancy convinta. Non voleva di certo fare la figura della debole. Sapeva per esperienza che dovevi dimostrarti forte, o tutti si prendevano il diritto di trattarti a loro piacimento. -Come vuoi- disse dolcemente Lucy. Entrò anche il professore, e dopo essersi accertato che Clancy stesse bene, avvisò Julie di ritornare in palestra. Lei annuì e si diresse verso la porta. -Grazie Julie, per tutto- disse Clancy prima che la ragazza superasse la soglia. Si sentiva in debito, le aveva, se pur in modo lieve, alleggerito la situazione. Era meglio avere qualcuno che ti facesse sentire più accolta, invece che invisibile. Julie sorrise e sparì dietro la porta.
Lucy canticchiava e metteva a posto alcuni cerotti. -Ho bisogno di un caffè bello forte, quel polpettone non mi ha fatto chiudere occhio stanotte. Credo di non averlo digerito- mormorò tra sé. Poi si ricordò della ragazza dai capelli rossi e dalla pelle color porcellana. O forse era semplicemente il pallore, in conseguenza allo svenimento. Teneva ben saldo il pacchetto del ghiaccio con la sua manina sottile.
-Tu- indicò Clancy con il dito. -Non ti muovere. Hai l'aria di una che vuole scappare. Se non ti trovo qui tra mezz'ora giuro che ti lego al letto, intesi bambolina?-
-Prometto- rispose, facendo il simbolo di giuramento degli scout. Lucy se ne andò poco convinta, borbottando a mezza voce.
Clancy sospirò: non si sarebbe mai immaginata così il suo primo giorno di scuola. Si mise a fissare l'orologio, ma sembrava che le lancette si muovessero a rallentatore. Prese a tamburellare con le dita, una musichetta a caso. Contò poi le venature dell'intonaco bianco, vecchio e crepato. Dopo circa cinque minuti si ritrovò già annoiata.
Cercò di mettersi in piedi ma i capogiri la costrinsero a reggersi saldamente al lettino. Decise per prima cosa di sedersi: lo fece con calma, inspirando profondamente. Era seduta, gambe a penzoloni. Appoggiò prima un piede e poi l'altro, e quando fu sicura di aver trovato il giusto equilibrio, lasciò il ghiaccio sul lettino e uscì dall'infermeria. Inizialmente aveva pensato solo di passeggiare per il corridoio, ma il sole fuori era troppo invitante. In punta di piedi, spinse il portone e uscì. Si sentì subito meglio. Inspirò e si accorse di qualche nuvola grigia in lontananza e un vento insistente minacciava di mettere fine alla bella giornata. 


Ciao a tutte ragazze! 
Questa è la mia prima fan fiction e mi scuso per questo prologo esageratamente lungo. Mi scuso anche per il finale, ma nel prossimo capitolo avremo una svolta. Per il momento i ragazzi appaiono solo di sfuggita. Mi farebbe molto piacere se commentaste e mi diceste cose ne pensaste, per me è importante! Per il momento vi lascio con le foto di Clancy e Julie (o almeno come le immagino io ahah)
Un bacio :*

Julie.


Clancy.


  
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