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Autore: JadesRainbows    08/09/2014    2 recensioni
"Sentivo che mi mancava qualcosa da quando lui non c’era. Anche se ormai erano passati due anni, non mi ero ancora abituato all’idea di svegliarmi e non incamminarmi verso la scuola insieme a lui. Ero appassito. Proprio come un fiore che non viene più annaffiato. Mi sentivo sull’orlo del baratro, pronto a cadere. Mancava poco e sarei crollato, avrei rinunciato. Se Asahi non fosse rimasto sempre con me, probabilmente mi sarei già arreso alla realtà. Avrei già smesso di sperare. Ma sapevo che presto l’avrei comunque fatto. Alla fine, aveva solo aiutato a ritardare l’inevitabile. Nulla aveva più un senso senza lui."
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Asahi Azumane, Daichi Sawamura, Koushi Sugawara
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Tadaima.


 
Non ricordo esattamente cosa mi prese in quel momento, ma se potevo contare su qualcuno quello era senza dubbio Asahi. Dovevo essere patetico in quel momento, ma non potevo farci nulla. Non era colpa mia. Non ho mai imparato a gestire i miei sentimenti per lui.
-Mi ricordo quando lo incontrai… era così chiaro che lui era l’unico per me. E lo sapevamo entrambi.- mi ritrovai a dire, seduto sul suo futon a gambe incrociate, mentre non riuscivo a staccare gli occhi dalla stoffa sotto di me come non riuscivo a smettere di torturare con le mani il tessuto dei pantaloni intorno alle mie caviglie.
Asahi per me c’era sempre stato. Sia durante i tre anni di scuole superiori che dopo. Anche quando entrambi cominciammo l’università. Ci tenevamo in ogni modo possibile e, talvolta, trovavamo anche il tempo di uscire insieme. Aveva notato fin dall’inizio che senza lui mi sentivo incredibilmente vuoto e solo. Era sempre preoccupato per me e non dimenticava mai di ricordarmi che se mai avessi dovuto aver bisogno di supporto, potevo tranquillamente fare irruzione nel suo appartamento a qualsiasi ora. Ogni volta annuivo con un sorriso a labbra serrate, ma in realtà non mi ero mai sognato veramente di farlo.
-E come gli anni passarono le cose si fecero più difficili, ci si pararono davanti nuove sfide.-
E invece eccomi qui. Alle due del mattino. Non riuscivo nemmeno a sostenere il suo sguardo mentre gli parlavo, mentre gli esponevo i pensieri formulati dalla mia mente durante le innumerevoli notti insonni che avevo passato da quando lui era partito per una nuova vita in Europa.
-Lo implorai di restare, provai a ricordargli cosa avevamo all’inizio.-
Inutile dire che la mia vita si era ingrigita da quando se n’era andato. Sentivo che mi mancava qualcosa da quando lui non c’era. Anche se ormai erano passati due anni, non mi ero ancora abituato all’idea di svegliarmi e non incamminarmi verso la scuola insieme a lui. Ero appassito. Proprio come un fiore che non viene più annaffiato. Mi sentivo sull’orlo del baratro, pronto a cadere. Mancava poco e sarei crollato, avrei rinunciato. Se Asahi non fosse rimasto sempre con me, probabilmente mi sarei già arreso alla realtà. Avrei già smesso di sperare. Ma sapevo che presto l’avrei comunque fatto. Alla fine, aveva solo aiutato a ritardare l’inevitabile. Nulla aveva più un senso senza lui.
Ero spaventato. Avevo paura che fosse cambiato. Chissà se aveva lasciato la pallavolo. Chissà se, invece, era ancora formidabile come un tempo o forse più di prima. Chissà se era ancora quello di una volta. Se fosse cambiato, non l’avrei sopportato.
Speravo. Speravo che fosse quello di sempre. Speravo che non avesse scordato come creare sul suo volto quell’armonia perfetta fra il suo sorriso e gli occhi socchiusi e lievemente lucidi. Speravo fosse rimasto il ragazzo spontaneo e solare di una volta. Speravo fosse lo stesso delle superiori.
-Il suo carattere era carismatico, elettrico, magnetico; e tutti lo conoscevano.-
Sentii le lacrime affiorare nei miei occhi quando nella mia mente ritornarono a galla i ricordi della squadra dell’ultimo anno delle superiori. Anche quando non giocava svolgeva il suo compito. Alzava il morale della squadra come sapevo farlo io, o forse anche meglio. Non dimenticava mai di sorridere. Forse nemmeno lui si rendeva conto di quanto in realtà quegli splendidi sorrisi giovassero all’umore di tutti noi.
-Quando entrava, le teste di tutte le ragazze si giravano. Tutti si alzavano per parlargli.-
Sorrisi tristemente, provando la stessa gelosia che provavo a quei tempi, quando lo vedevo circondato dai nostri compagni di classe. Tutti lo adoravano. Era umanamente impossibile fare altrimenti.
-Era tipo questo ibrido, questo mix di un ragazzo che non può contenere sé stesso.-
Sospirai. Mi mancava tutto di lui. Era l’aura positiva della mia vita. Non mi è mai stato possibile spiegare correttamente a parole quanto fosse sopraffino lo spettacolo di ogni suo sorriso. Ogni volta che provavo, mi sembrava sempre di non rendergli giustizia. Quando sorrideva mi è sempre sembrato che, in qualche modo, risplendesse di luce propria. Era il Sole del mio piccolo angolo di universo.
-Ho sempre avuto la sensazione che venne lacerato fra l’essere una brava persona e il perdere tutte le occasioni che la vita poteva offrire a un ragazzo magnifico come lui.-
Altri ricordi mi offuscarono la mente. Era come provare la stessa mancanza che provavo quando non c’era lui al mio fianco, sul campo. Tuttavia, era anche diverso. Due anni fa, sapevo che finita la partita sarei potuto correre fra le sue braccia per festeggiare la vittoria. Ma ora? Ora lui era dall’altra parte del globo. Non avevo più abbracciato nessuno dall’ultima volta che avevo abbracciato lui.
Sicuramente, se la mia ipotesi fosse stata corretta, lui aveva fatto la brava persona per un anno intero, in terza superiore. Era sempre stato magnanimo e remissivo. Faceva ciò che era meglio per tutti, dimenticandosi spesso di quello che fosse meglio per lui. L’anno dopo aveva finalmente deciso di cogliere una di quelle opportunità e pensare a sé stesso. Non avrei mai immaginato che questa sua scelta mi avrebbe ridotto così, che mi avrebbe portato via il sonno per lasciare spazio ai pensieri riguardanti lui. Che mi avrebbe spinto talmente in basso da indurmi a smettere quasi di sperare.
-E… in quel modo, io lo capii.-
Ricordi… no, stavolta erano lacrime quelle che mi offuscavano la vista. Ne vidi una cadere con pesantezza sul futon, dopo essersi trascinata giù lungo la mia guancia.
Mi lasciai andare. Permisi alle altre lacrime di precorrere la loro strada. Permisi alla gravità di portarle giù, ma mai più in basso di quanto fosse il mio umore in quel momento.
-E lo amavo, lo amavo, lo amavo, lo amavo.- continuavo a dire in costante crescendo, con la voce spezzata dalle lacrime.
Mi piegai col busto sulle mie gambe, afferrando e stringendo con forza il tessuto del futon.
-E lo amo ancora, lo amo.- conclusi in un sussurro, fra un singhiozzo e l’altro.
Asahi mi aveva ascoltato in religioso silenzio per tutto quel tempo, proprio come volevo facesse quando parlavo.
Non mi aveva né toccato né abbracciato nemmeno quando avevo cominciato a piangere a dirotto. Sapeva che non doveva.
Non avevo mai pianto in quel modo davanti a qualcuno. Mi sentivo abbastanza ridicolo, ma era sempre meglio che tenere tutta quella sofferenza solo per me.
-Daichi.- mi chiamò.
Il suo tono inappropriatamente sereno fece fermare di colpo i miei singhiozzi. Mi asciugai il viso con le maniche della felpa prima di alzare la testa e guardarlo.
Sorrideva beatamente.
Provai sconcerto, sconforto. Non capivo. Perché sorrideva?
Poi lo disse: -Lui è tornato.-
Lo guardai come se fosse un fantasma o un visitatore proveniente da un altro pianeta. Asahi non era il tipo da fare scherzi del genere in una situazione tanto seria, ma non riuscivo comunque a credergli. Non poteva essere possibile. Boccheggiai, cercando invano di dire qualcosa.
-Va’ a trovarlo. Sempre nella solita casa.-
Non me lo feci ripetere due volte. Mi precipitai fuori e corsi. Corsi a perdifiato, fino allo sfinimento. La milza mi faceva così male da farmi tornare le lacrime agli occhi, ma non potevo fermarmi. Se era vero, non potevo permettermi di lasciarlo andare di nuovo.
Giunsi davanti a casa sua sfiancato, ma euforico. Euforico nel vedere che una luce era ancora accesa. Nonostante l’ora tarda, bussai energicamente, sostenendo il mio stesso peso tenendo l’altra mano appoggiata sul ginocchio e respirando affannosamente, alla disperata e vorace ricerca di ossigeno.
Sentii dei passi scendere le scale con una leggera fretta e una voce fin troppo familiare lamentarsi sommessamente.
La porta si aprì e stavolta fui io a sorridere raggiante, prima di gettargli le braccia al collo. Quasi rischiammo di cadere all’indietro per colpa mia.
Senza mascherare l’iniziale sorpresa, ricambiò il mio abbraccio ridacchiando.
-Sono tornato.- disse soltanto, non appena ci fummo ristabilizzati completamente.
Lo strinsi forte, come per assicurarmi che fosse davvero lì, che non fosse un sogno o un miraggio.
Lo sentivo. Era diventato più alto, il taglio di capelli era diverso: ora erano leggermente più corti e li portava pettinati indietro a sinistra e naturali a destra; la riga non più al centro, ma leggermente spostata a sinistra. Il suo aspetto era in parte cambiato, ma non mi spaventai. Mi bastò guardarlo negli occhi. Proprio come una volta, alla fine il mio sguardo fu rapito dal bellissimo neo accanto al suo occhio sinistro. Era uno dei motivi per cui lui mi piaceva così tanto.
-Bentornato.- risposi, prima di baciarlo con dolcezza. Quando ricambiò il mio bacio, sentii che in quel preciso istante se avessi alzato un braccio avrei potuto toccare il cielo con un dito. Ma non m’importava del cielo in quel momento. Eravamo solo io e lui. Eravamo noi e noi soltanto. Era da due anni che sognavo di farlo. Baciarlo di nuovo e sentire le sue labbra giocare insieme alle mie.
Avevo anche temuto che i suoi sentimenti potessero essere cambiati in due anni di distanza. Avevo passato tutto quel tempo senza di lui tormentato da quel terrore. Ma non l’aveva fatto. Solo il suo aspetto era cambiato. Era quello di sempre. Non potevo essere più felice.
Ci baciammo senza sosta fino a sentire le labbra intorpidite.
Non mi ero ancora ripreso dalla corsa di prima, quindi finii il bacio con l’affanno.
Non ebbi bisogno di chiedere spiegazioni, lui mi capiva. Proprio come una volta.
-Sai come si dice: “se ami qualcuno lascialo libero. Se torna da te è tuo, se non lo fa non lo è mai stato.” Tu mi ami e io sono tuo.- enunciò, concludendo la frase con uno di quei suoi sorrisi smaglianti che mi facevano balzare il cuore fuori dal petto.
Se non fossi stato sicuro del fatto che anche lui mi amava, avrei potuto giurare che stesse provando a uccidermi con quel sorriso.
-Suga.- dissi con voce tremante e un sorriso pre-pianto. Mi mancava dire il suo nome. Mi era mancato tutto di lui. Mentre lo baciavo di nuovo e mentre lacrime di gioia scorrevano leggere e veloci lungo le mie guance, promisi  a me stesso che non gli avrei più permesso di allontanarsi da me.






Buongiorno fandom!
 
Tipo che quei due pucciosetti sono stati i primi due che ho shippato nell’anime. Non lapidatemi, ma credo proprio che la SawaSuga mi piaccia più della KageHina. >_<
Dato che sono una persona decisamente poco fantasiosa, sì, il monologo di Daichi è la traduzione dello stesso monologo che conclude la canzone “National anthem” di Lana del Rey. In pratica è anche in parte una song-fic, ma non l'ho aggiunto perché non ci stava. LOL.
E oddio, vi prego, prendetevi un secondo per immaginare Suga a diciannove/vent’anni come l’ho immaginato io. Moe. *Nosebleed sulla tastiera*
Dopo le opinioni poco serie, passo a quelle serie: anche se ho rimandato per giorni e giorni la stesura di questa fic benché avessi l’idea che mi martellava nella testa, alla fine stanotte alle quattro, mentre ascoltavo la sopracitata canzone, mi è partita l’overdose d’ispirazione e l’ho scritta tipo in solo due ore. Sono abbastanza soddisfatta del mio lavoro, stavolta.
Inoltre, ci tengo a precisare per chi non lo sapesse che "tadaima" in giapponese significa "sono a casa" (o "sono tornato") ed è il saluto abituale che si fa una volta rientrati in casa dopo essere usciti o dopo essere partiti. Chi accoglie colui che è ritornato dice "okaerinasai" oppure abbreviato "okaeri", che semplicemente significa "bentornato". 
Lasciate una recensione per farmi sapere cosa ve ne pare! (^O^)/
 
See you next time!                                                                  
-Lady Blue
 
P.S: il banner della storia lo piazzo qui, dato che non mi piace granché e dato che so che molta gente non arriva fino in fondo a leggere, così sono sicura che lo vedranno in ben pochi. Comunque questo è il Suga di 19/20 anni con il taglio che mi sono immaginata io *-*

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