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Autore: wanttoswimwithharuchan    09/09/2014    3 recensioni
mikototsu | la Spada di Damocle del Re Rosso continua a logorarsi inesorabilmente ogni giorno che passa...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mikoto Suoh, Totsuka Tatara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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dream
Tutt'intorno era buio ma ogni tanto un'auto passava rapida per il viale e gettava sprazzi di luce attraverso la porta finestra per qualche secondo. Ogni volta che succedeva gli occhi di Totsuka si spalancavano come destati improvvisamente da un sogno e per pochi secondi la realtà attorno a lui prendeva forma: il soffitto chiazzato, il profilo della lampada a neon sul soffitto, il divano consunto, le pareti spoglie. Un riflesso rossastro nell'angolo più remoto del suo occhio destro.

Poi la luce passava, tutto si offuscava nuovamente e ricadeva nel sogno. Il respiro caldo e regolare sul suo collo, capelli finissimi tra le sue dita, il duro pavimento sotto la sua schiena. Odore di fumo, ma non quello del tabacco esalato. Odore del fumo scaturito da una fiamma viva.
Il Re dormiva sulla sua spalla, abbandonato tra le sue braccia. Come al solito. Eppure sembrava fosse passato un secolo dall'ultima volta che era successo.











Un'altra vettura passò rapida nel vialetto e Totsuka stavolta sussultò al punto da svegliare anche il Re.
"Scusa..." sussurrò. "Mi ero quasi addormentato e poi..."
Suoh si puntellò su un gomito mentre con l'altra mano si strofinava pigramente il viso. Cacciò un sospiro roco e rivolse lo sguardo fuori dalla porta finestra che dava sulla strada buia, ignorando Totsuka. Poi, come se gli fosse costato uno sforzo immane, si alzò in piedi e si mise a riallacciarsi i pantaloni e la cintura. Totsuka era quasi certo che stesse per crollare addormentato un'altra volta senza neppure accorgersene. Si mise a sedere, le mani sulle ginocchia, sorridendo placidamente al suo Re.
Suoh raccolse la giacca dal divano, la indossò, si accese una sigaretta e salutò Totsuka con un cenno. Poi se ne andò chiudendo piano la porta dietro di lui. Prima di avviarsi però, bussò due brevi colpi: "Oi, chiuditi dentro."
Totsuka sentì il suono ovattato dei passi del suo Re scendere le scale e pian piano sparire. Nessuna macchina attraversò il viale per un bel pezzo e la realtà sfuggì ancora per un po' dalla sua presa.

Cos'è che era reale? Quale era la menzogna? Come poteva stare tutto per finire?
Quella cosa importante, quella cosa talmente importante che si portavano dentro lui e tutti i membri della Homra. La fedeltà nei confronti del loro Re.
Come poteva sparire completamente dal mondo, come un qualunque altro sentimento?

"...Sparire..." mormorò Totsuka, dando voce ai suoi pensieri.
Sul tavolo davanti a lui giaceva la videocamera che aveva comprato in un tentativo arrogante di fissare per sempre tutto quanto.

Improvvisamente, la stanza di Totsuka venne nuovamente invasa dalla luce. Stavolta era una luce rossa e intensa e tinse del suo colore rovente ogni angolo e fessura dell'appartamento. Totsuka non sussultò più. Si sentì rassicurato e incredibilmente calmo. Il sigillo della Homra sulla sua schiena che fino a quel momento era stato a contatto con il freddo pavimento prese a vibrare di calore. Quando la luce si spense, Totsuka si rivestì e uscì in strada.

La Spada di Damocle del Re Rosso si era illuminata nel cielo ad appena un isolato da casa sua. Totsuka percorse rapido quei pochi incroci finché non si ritrovò davanti la schiena del suo Re. Aveva l'aria assonnata come quando l'aveva lasciato e i suoi occhi fissavano irritati i palmi screpolati delle mani. Attorno a lui alcuni corpi giacevano privi di forze e varie armi rudimentali come taglierini e sbarre di ferro erano sparse sul marciapiede. Doveva trattarsi di una qualche banda di teppisti in cerca di grane che aveva avuto la sfortuna di attaccar briga proprio con il Re Rosso. Totsuka gli arrivò alle spalle ma stavolta percepì un sentimento che scacciò via tutta la serenità provata solo un attimo prima: inquietitudine.

"E io che pensavo avessi sonno" esordì Totsuka in un tentativo di ironia.
Suoh continuò a fissare le sue mani come se niente fosse. Solo dopo qualche secondo di silenzio biascicò un "Già" di risposta e alzò lo sguardo crucciato fissando un punto indefinito del cielo.
Inquietitudine. Totsuka la avvertiva chiaramente e proveniva dal suo Re. Voleva placarla, voleva che quella spada che poco prima aveva visto dalla finestra della sua stanza colmasse almeno qualche crepa. Invece le fenditure aumentavano. E nuove briciole di polvere rotolavano giù.
Come poteva quella spada essere il riflesso della realtà? Totsuka non voleva farsene una ragione.

"Perché non stai ancora un po' a casa mia?" propose, mascherando i suoi pensieri con un sorriso.
Suoh fissò l'aria della notte per qualche secondo, una mano ancora sollevata a mezz'aria. "...No" rispose poi.
"Allora ti accompagno per un pezzo?"
"...Non sto andando a casa."
"Beh, dovunque tu stia andando, perché non..."
"Perché non ti sei chiuso dentro?"

Totsuka ritrasse il sorriso e fissò Suoh negli occhi, risoluto ma limpido allo stesso tempo. Perché quella era una domanda che gli aveva fatto il suo Re. E riguardava un ordine che gli aveva fatto sempre il suo Re.
Chiuditi dentro. Suoh glielo diceva ogni volta per evitare che si addormentasse dimenticandosi di chiudere la porta a chiave e magari ritrovandosi con un malintenzionato a casa. Perché anche se Totsuka era un membro della Homra, era il più debole di tutti e chiunque si preoccupava per lui.

"Già" mormorò, e in quello stesso istante il suo sguardo si abbassò, incapace di sostenere il peso degli occhi che aveva di fronte.
Era il più debole, però una volta Kusanagi gli aveva detto che il suo ruolo non era scatenare incendi, ma scaldare gentilmente chi ne aveva bisogno. Totsuka sapeva che se solo avesse sfiorato la spalla o la mano del suo Re, quell'inquietitudine...

Quando alzò gli occhi vide il viso di Suoh pochi centimetri sopra il suo.
"King..."
"Vai a casa."
Totsuka annuì ma prima di obbedire allungò una mano verso la guancia del Re. Questi però si scansò, con un passo pigro all'indietro.
Si voltò senza dire niente e si allontanò. Totsuka lo vide accendersi una sigaretta con un piccolo bagliore nella notte che diventava più esile e lontano ad ogni secondo trascorso, inghiottito dalla foschia.

Cos'era reale? Quel legame che gli permetteva di galleggiare sopra la vita e la morte, o la Spada di Damocle che stava lentamente cadendo in frantumi?
Dentro di sé ripeteva un mantra che nessuno gli aveva mai sentito dire a voce: Non voglio.
Nonvogliononvogliononvoglio.

Senza potersi più trattenere si lanciò in una corsa e in pochi secondi raggiunse il suo Re, a cui gettò le braccia attorno al torso e strinse forte la presa. E in quel momento Suoh si sentì liberato da tutto quanto, dall'inquietitudine, dal magma che ribolliva dentro di lui e che tentava di fuoriuscire da ogni screpolatura della sua pelle.
Totsuka aprì gli occhi che aveva chiuso nella corsa e mollò la presa. Sul suo viso c'era un'espressione stupefatta perché l'aria attorno a lui si era fatta improvvisamente più leggera. Suoh schioccò la lingua e, senza nemmeno voltarsi a guardarlo, si rimise in cammino.
Totsuka seguì quelle spalle robuste per un po' finché non scomparvero dietro un angolo.

Qual era la menzogna? Il suo Re che gli capitava in casa e lo trascinava a letto, o il suo Re che gli voltava le spalle freddamente con un tacito e irremovibile "Non voglio essere salvato"?


*illustrazione di http://www.pixiv.net/member.php?id=2985039 pubblicata con il consenso dell'autore, non riprodurre su altri siti



   
 
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