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Autore: Nanyscia    29/09/2008    3 recensioni
Il loro primo incontro era avvenuto al reparto contabilità. Amanda Tanen, centralinista alla redazione di Mode da un mese esatto, lì si era recata per cercare di chiarirsi le idee su l’enigmatico documento che aveva appena ricevuto, una busta paga.. ma laggiù aveva trovato ben più di un chiarimento di natura economica. [Pre-serie]
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono. Sono di proprietà della ABC e di Silvio Horta e di chiunque altro stia dietro alla serie. Questo racconto è stato scritto con fini di semplice divertimento e certo non di lucro.
Note dell’autore: Questo è, almeno nelle mie intenzioni, il primo di una serie di racconti pre-serie incentrati sul primo incontro, narrato più o meno estesamente, di vari personaggi. Qualcuno sarà più legato al canon, qualcuno meno (come ad esempio quello che spero stiate per leggere…ehm)..

“La prima volta che ti ho visto non mi aspettavo poi molto da te. Non sono mai stata abituata ad aspettarmi qualcosa di particolare dagli altri, tanto meno qualcosa di buono.. e probabilmente neanche tu pensavi a qualcosa del genere. Eppure è successo quello che sappiamo, e in quei momenti sì, è vero, sei riuscito a farmi sentire un po’ meno sola. Mio Dio, devo sembrarti una dannata ragazzina romantica e sentimentale in questo momento.. beh, ragazzina lo sono ancora! E anche romantica e sentimentale, eccessivamente romantica e sentimentale, ma questo è meglio che non si sappia in giro..”

Il loro primo incontro era avvenuto al reparto contabilità. Amanda Tanen, centralinista alla redazione di Mode da un mese esatto, lì si era recata per cercare di chiarirsi le idee su l’enigmatico documento che aveva appena ricevuto, una busta paga.. La discesa verso il basso era stata abbastanza penosa (aveva dovuto dividere l’ascensore con due strani individui della rivista Nani da giardino e altre creature fantastiche), ma l’impatto con il reparto fu anche peggiore: sulla destra, una gara di bevute di succo d’uva; sul fondo, scommesse su una corsa di criceti; a farla inorridire furono però soprattutto tutti quei piccoli, sudici, decorati in ogni modo immaginabile, cubicoli, lì a proteggere le tristi scrivanie degli impiegati.

Amanda Tanen si guardò un attimo intorno spaesata, quando a un trattò vide ciò che faceva per lei. Continuò a fissare il suo contabile ancora per qualche secondo, poi, quando lo vide collegarsi al sito SoCuteItsSick.com, ebbe la certezza di aver fatto la scelta giusta.

“Ehi tu .. tu” (Egli a questo punto aveva alzato gli occhi sorpreso) “Sì, proprio tu”

“Ciao” salutò gentilmente il ragazzo, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori “Che cosa posso fare per te?”

“Solo spiegarmi che c’è scritto qui, tra tutte queste scritte e sigle.. e perché quello che credo sia il mio stipendio è così basso.. non basta neanche per una borsa nuova!”

“Ah, problemi con la busta paga” (Amanda pensò che illuminarsi così tanto per così poco non doveva essere troppo normale) “Posso vedere?”

La ragazza gli gettò con poca grazia il pezzo di carta.

“Siamo qui per questo..”

“Vediamo.. a proposito, piacere di conoscerti, Amanda Tanen..”

“Come sai il mio nome?”

“E’ scritto qui.. Io comunque sono Henry, Henry Grubstick”

“Sì ok, piacere Lerry, ora vai al dunque”

Henry non si scompose minimamente. Probabilmente, non era la prima volta che qualcuno sbagliava il suo nome in quel modo. Semplicemente tornò a interessarsi al documento, interessato solo ad essere di qualche aiuto alla bella fanciulla.

“Non ci vedo nulla di strano.. anche la somma che dicevi è perfettamente in linea con quanto dovrebbe prendere una centralinista di questi tempi” disse infine.

“Come nulla di strano?” strepitò Amanda “E’ meno della metà di quanto mi avevano promesso!”

“Ti avevano promesso il doppio dici.. beh, da quel che vedo, credo che stessero parlando di quale sarebbe stato il tuo stipendio al lordo.”

“Al che?”

“Senza contare le tasse”

“Che tasse?”

“Sì, e poi le quote per l’assicurazione, per il fondo pensionistico..”

“Io non invecchierò mai”

“Oh.. comunque, sembra tutto apposto qua.”

Amanda rimase in un silenzio stizzito per qualche istante.

“Mmm.. va bene, grazie lo stesso Lerry..”

“Mi dispiace non sia quello che ti aspettavi” provò a consolarla Henry. Vedendo però che il tono patetico non l’aveva mossa, tornò più formale “Adesso però è ora che torni al lavoro. E’ stato un vero piacere conoscerti, Amanda, spero di riv-“

Amanda si era già allontanata, e tutto quello che il ragazzo ottenne in risposta fu una scia di essenza alla vaniglia che tardava a dissolversi.

***


Il secondo incontro fu invece nell’habitat di lei, proprio al centro del suo mondo: fu presso la sua grande, tonda scrivania da centralinista. E quella volta Henry riuscì ad esserle d’aiuto.

“Allora, cara, piccola, dolce, svampita, stupida ragazzina.. riesci a darmi una spiegazione plausibile sul perché invece di ricevere i modelli che aspettavo mi sono ritrovata nell’ufficio degli orrori di cui avevo espressamente ordinato di sbarazzarsi?”

Wanda “Wilhemina” Slater, la perfida direttrice creativa di Mode stava di fronte alla grande scrivania, con uno sguardo che non si faticava a giudicare quasi crudele (qualcuno giurò di averle visto spuntare sul capo un paio di cornetti rossi). Amanda, da dietro la sua scrivania, si limitava dunque ad annuire e tremare, incapace di proferire parola o anche solo di guardare la sua accusatrice in volto.

“Niente da dire in tua difesa?”
Wilhemina la guardò per qualche istante, incerta sul da farsi. Lo sguardo di qualcuno da uno degli uffici in fondo l’aveva fatta desistere, senza che volesse, dalla linea dura.

”Dammi una giustificazione anche solo minimamente plausibile, e forse potrai conservare il tuo posto per qualche altra settimana. Non sono così cattiva in fondo..”. Prima o dopo l’omicidio?

“Ecco io” provò più o meno a balbettare Amanda “è stata..”

“E’ stata colpa della terribile somiglianza tra i nomi”

Tutti i presenti spostarono istantaneamente gli sguardi dalla vittima e dalla sua carnefice a vantaggio di un individuo appena arrivato dall’ascensore. Qualcuno lo riconobbe come il contabile Henry Grubstick.

“I nomi dei due stilisti sono molto simili, anzi identici se guardiamo solo la pronuncia” continuò a spiegare Henry “Che differenza c’è in fondo tra Christian Le Roi e Christian Leroy?”

“E tu come lo sai?”

“Oh.. è solo qualcosa.. qualcosa che so.”

Wilhemina guardò dubbiosa Henry per qualche istante, infine accennò una smorfia e tornò con lo sguardo sulla sua ormai mancata vittima.

“Vada, per stavolta sei salva. Ma ricorda, non avrai sempre un cavaliere pronto a salvarti..” e così dicendo si allontanò.

“Un cavaliere..?” mormorò Amanda dubbiosa. Poco dopo, Henry le si avvicinò sorridente.

“Spero non ti abbia dato fastidio la mia intromissione nella faccenda-”

“Cavaliere.. tu?” La ragazza non aveva nemmeno ascoltato quanto Henry le aveva detto. Si mise a fissarlo però.

“Uh.. suona bene però.. tu che ne dici?”

Amanda continuava a non rispondere. Lo fissava solamente, con aria ora dubbiosa, ora sognante.

“Puoi venire un attimo con me in un posto?”. Stavolta fu Henry a trovarsi sorpreso. “Solo un attimo, per favore” e gli tese la mano.

Henry la prese dopo qualche istante, e la seguì.

***


Ancora dopo venti minuti non aveva smesso. Ma al tempo che scorreva, e a qualsiasi altra cosa, Henry aveva smesso di pensare proprio venti minuti prima quando, senza più dire neanche una parola, Amanda lo aveva condotto nello stanzino delle fotocopie.

In un attimo lei aveva chiuso a chiave, in un altro gli aveva tolto gli occhiali, e prima ancora che lui potesse dire, fare, pensare qualsiasi cosa, aveva cominciato a baciarlo. Così, senza una spiegazione, una scusa, una sola parola. Semplicemente da venti minuti continuava a baciarlo, inarrestabile, inappagabile, come se soffocarlo di quei baci irruenti fosse l’unica cosa che le interessasse al mondo.

In realtà ad Henry non interessava poi molto come la cosa avvenisse. Era troppo concentrato su quel profumo alla vaniglia…

Ma poi improvvisamente Amanda smise di baciare.

Henry la sentì riprendere fiato, poi vide che lo stava guardando dritto negli occhi. Un attimo ancora, ed era tutto finito.

“Grazie” disse infine lei.

“Oh.. quindi tutto questo.. questo era per ringraziarmi.. per prima.. ?” Henry si sentì un po’ deluso, ma non sapeva dirsi il perché.

“Forse sì.. o forse no..”

Aveva ripreso quel tono un po’ canzonatorio e petulante di quando era scesa per la prima volta da lui.

Stava ormai uscendo quando disse:

“Naturalmente quello che è successo qua dentro, in realtà non è mai successo. E non succederà mai più.”

Naturalmente non sarebbe successo mai più.

***

Naturalmente invece era successo un’altra volta, sebbene questa volta a prendere l’iniziativa fosse stato lui.

Già dal giorno dopo al fatto si era reso conto di ritrovarsi più spesso del dovuto al 28esimo piano, ufficialmente per prendere e portare documenti e scartoffie varie, e perché la loro fotocopiatrice era la migliore, praticamente per poterla vedere, e magari provare a salutarla.

Lei però sembrava aver dimenticato ogni cosa, perfino che si fossero mai parlati. E così ogni volta Henry se ne andava senza concludere nulla, con niente se non quel profumo di vaniglia impresso nella mente. Ne erano già stati impregnati i suoi vestiti, e quelli non aveva avuto ancora il coraggio di lavarli. Figurarsi se gli andava di toglierselo dalla testa. Lo faceva sentire stranamente bene.

Poi, quando fu trascorsa quasi una settimana, lui si presentò alla sua reception, la prese per un braccio, la fece uscire da dietro la scrivania e la trascinò in ascensore.

Fece richiudere le porte, lo bloccò. Infine prese un bel respiro, e stavolta fu lui a baciarla.

Contrariamente a quel che il contabile si aspettava, Amanda non aveva opposto alcun tipo di resistenza né mentre veniva trascinata via, né tanto meno quando lui aveva cominciato a baciarla. Ben presto anzi si mise a rispondere al bacio, quasi con più irruenza della volta precedente.

E decisamente non oppose resistenza neppure quando Henry – probabilmente senza rendersene molto conto – lasciò che le sue mani scivolassero sulla sua camicetta, e andarono a cercarne i primi bottoni per aprirli. Non opponeva certo resistenza quando, a un certo punto, gli prese le mani e prese ad aiutarlo nell’opera. (Il contabile aveva trovato problematica la doppia fila di bottoni).

Ma a pochi centimetri dalla meta Henry si bloccò.

Lei in silenzio riaprì gli occhi, che aveva tenuto chiusi, e si limitò a fissarlo, delusa, sorpresa, infine arrabbiata.

“Scusami” cominciò a farfugliare il ragazzo “è solo che è così strano.. ci conosciamo a malapena.. e tutto quello che so di te l’ho letto sulla tua busta paga!”

“E non ti basta?”

“Beh… e che ne dici di me? Non sai niente, se non il mio nome.”

“So anche dove lavori, Lerry”

“Ok, sai solo dove lavoro”

“E allora? Sono solo baci! Mai stato in un locale?”

“Non frequento molto, sai non sono molto bravo a ballare.. e comunque tecnicamente avremmo già raggiunto la seconda base..”

“Vero..” Amanda dondolò un attimo con un sorrisetto soddisfatto. “Ad ogni modo” (aveva riassunto un tono solo vagamente più serio) “non mi importa quasi nulla di cui tu sia, mi interessa solo quello in cui eravamo impegnati prima che ti tirassi indietro..”

“Solo quello? Non ti interesso, non ti interessa il mio carattere, le mie passioni, il mio modo di fare.. nient’altro?”

“Uhm.. sei molto carino, quando fai il broncio” e lo baciò di slancio.
“Quindi.. è solo attrazione fisica?” Henry l’aveva respinta ed era tornato sulla questione. Amanda cominciò a trovare la cosa irritante.

Non rispose nulla comunque. Si limitò a dargli un ultimo bacio (ed Henry notò che fu il più tranquillo che ci fosse stato mai fino a quel momento.. qualcun altro avrebbe potuto trovarci perfino una nota di dolcezza), si riabbottonò la camicetta e, sbloccato l’ascensore, se ne andò.

Di nuovo, lasciava solo una scia alla vaniglia.

***


Dopo il loro terzo incontro, e dopo il quarto, e il quinto, e dopo tutti quelli che vi furono nel mese che era seguito, Henry continuava a non sapere nulla di Amanda ad eccezione di quanto aveva letto sulla sua busta paga, ed Amanda continuava a non conoscere nulla di Henry se non il luogo dove lavorava. In compenso ben presto seppe che cambiava dopobarba a cadenze regolari, che portava spesso camicie color pervinca chiaro, che metteva la canottiera di lana già dai primi freddi.

Di lei lui aveva imparato a conoscere più o meno tutte le abbottonature di più o meno tutte le sue camicette, che aveva un neo sul lato destro del collo, e che la prolungata esposizione a quell’ essenza alla vaniglia poteva creare dipendenza.

A circa un mese da quel primo incontro, ormai non c’era giorno in cui o lui, o lei, si recasse dall’altro con una scusa (o anche senza) per prenderlo a un braccio e trascinarlo in un luogo qualsiasi adatto ai loro incontri. Qualunque andava bene: bastava che fosse piccolo, stretto, e facilmente sottraibile all’uso altrui.

Cambiava il luogo, ma non il contenuto. A circa un mese da quel secondo incontro, non si erano ancora svincolati da quella seconda base che Henry così poco faticosamente aveva potuto raggiungere. In pratica erano come due adolescenti tanto smaniosi di pomiciare, quanto incapaci anche solo di immaginare di andare oltre.

E in effetti Amanda un paio di volte si sentì davvero come se fosse tornata al liceo. (Al tempo delle visite d’orientamento da studentessa delle medie, per essere precisi.)

***


Da due settimane però non era più venuta a trascinarlo nel solito stanzino. Henry provò ad andare da lei con quell’intento, ma non riuscì a trovarla. Un’altra volta la trovò che stava disperatamente tentando di capire quale fosse il pacco giusto da ritirare, e sebbene la tentazione di aiutarla di nuovo fosse molta, uno sguardo lontano di Wilhelmina Slater gli fece capire che quella volta non gli sarebbe stato concesso. Una terza volta la trovò impegnata a rispondere al telefono, e non vacuamente e distrattamente come il solito, ma – Henry rabbrividì al solo pensarci – con zelo. Allora capì che, se pur di evitarlo si era messa perfino a lavorare, beh, sicuramente qualcosa era successo.

Poi tutto cominciò ad essergli più chiaro.

Come ogni martedì aveva lasciato la sua scrivania rapidamente e con gioia, per andare incontro al consueto Martedì del tacos offerto dalla caffetteria. Non aveva avuto però il tempo nemmeno di guardare il desiderato pranzo, che i suoi occhi erano caduti su qualcuno, o meglio qualcosa, da lui molto più bramato: Amanda.

La gioia di rivederla però durò tanto quanto un battito di palpebre: l’istante necessario a rendersi conto che non era sola al tavolo.

Henry squadrò l’individuo. Era un giovanotto vestito in modo alquanto vistoso (per lo meno, Henry non avrebbe mai indossato calzini a righe viola o cravatte oro). Un mare di riccioli costituiva la sua capigliatura. Dopo un po’ gli venne in mente dove lo aveva già visto: era il nuovo assistente di Wilhelmina Slater. Henry si sforzò per ricordare il suo nome. Mork? Bart? Marc! Ma non gli riuscì di ricordare il cognome. C’entrava qualche santo..

Mollò il tacos che aveva in mano. Si alzò e cominciò a dirigersi verso gli altri due, ma dopo pochi passi si bloccò. Sarebbe arrivato lì, e poi? Che avrebbe detto? Amanda non era la sua ragazza, era libera di mangiare, e ridere, e scherzare, e sorridere radiosa, e farsi imboccare da chi voleva. E anche lo fosse stata, sarebbe stata libera di farlo lo stesso. Non era un tipo geloso, lui. (Ma quante confidenze si prendeva quel Marc!).

Fece un respiro profondo. Doveva vederci chiaro. Era per colpa di quello se non si baciavano più?

Finalmente riuscì a raggiungere il loro tavolo.

Durante i primi trenta secondi nessuno dei due fece caso al contabile. Nei successivi dieci Marc alzò lo sguardo su di lui, curioso.

“Che stai guardando?”

“Lui” rispose Marc, facendo cenno col capo verso Henry.

Solo allora Amanda si accorse di chi si era avvicinato al tavolo.

“Oh, sei tu..”

“Ciao Amanda..”

Marc puntò immediatamente occhi inquisitori sulla ragazza.

“Vi conoscete?” chiese, cercando di non far risaltare troppo la propria incredulità.

“No.. cioè sì, un po’..”, gli rispose, poi si rivolse ad Henry “Che vuoi?” chiese bruscamente.

Era dai tempi del loro primo incontro che non gli rivolgeva la parola tanto brutalmente.

“Io.. ti devo parlare. E’ importante”

“Devi consegnarle dei cioccolatini con allegata la tua dichiarazione d’amore? Non puoi aspettare San Valentino? E’ tra una settimana appena” esclamò Marc, cercando stavolta di non scoppiare a ridere.

“Potrei dichiararmi anche senza cioccolatini.. o meglio, potrei correre al negozio qua all’angolo a prenderli, e poi tornare, e poi..”

E poi niente, perché era qualcosa d’impossibile, perché non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo, perché era qualcosa talmente senza senso che non aveva potuto nemmeno esprimerlo ad alta voce.

“Devo.. devo parlarle di una questione riguardante la sua busta paga”

“Oh Mandy, perché non mi hai detto che ti avevano dato un aumento?” cinguettò Marc.

“Si tratta di un aumento?” chiese distrattamente lei.

“Non proprio. Puoi venire con me o no?”

Amanda aveva capito fin da subito che non era del suo stipendio che avrebbe voluto parlarle. Più dubbi aveva sui cioccolatini..

“Arrivo”

Si alzò, e lo seguì silenziosamente nello stanzino delle fotocopie. Tutto quasi come il solito. Quasi, perché nessuno dei due teneva per un braccio l’altro, né camminava in fretta pur di non perdere altro tempo, né tanto meno guardava l’altro con desiderio. E per di più stavolta erano osservati, perché Marc li guardava da lontano, curioso come non mai.

***


Non appena ebbe chiuso la porta dietro di sé, voltandosi verso Amanda, si chiese perché mai invece di correre da lei a baciarla se ne stava lì come uno stoccafisso, totalmente incapace perfino della minima espressione facciale. Ah sì, doveva parlarle.

“E’ passato un po’ di tempo dal nostro ultimo incontro...”.

Dio solo sapeva dove infine aveva trovato la forza di parlare.

“Ho avuto da fare” gli rispose. Henry cercava di guardarla negli occhi, ma lei continuava a portare lo sguardo altrove.

“Con quello?”

Amanda di scatto riportò gli occhi su di lui. E poi cominciò a ridacchiare.

“E’ per questo mi hai chiesto di venire qua? Per chiedermi di Marc?”

“Sì. Voi due.. voi due uscite insieme?”

Amanda smise un attimo di ridere per annuire.

“Siete una coppia allora...?”

“Oh mio Dio, no... ma poi a te che importa? Noi due non siamo niente.”

Non erano una coppia, perché non erano mai neanche usciti insieme. Non erano amanti, perché non erano mai riusciti a schiodarsi da quella maledetta seconda base. E non erano neanche amici, perché a nessuno dei due era mai venuto in mente di prendere un caffè con l’altro, o di mandargli un messaggino con il cellulare. E, in effetti, nessuno dei due aveva il numero di telefono dell’altro.

“Perché non rispondi?”, chiese continuando a sghignazzare “Allora è vero! Allora sei veramente geloso di me!”

Di nuovo smise di ridere. Poi cominciò ad avvicinarsi a lui, tentando di apparire il più seducente possibile. Come se avesse bisogno di sforzarsi, pensò Henry.

Ora gli stava baciando il collo. Continuava con tanti piccoli baci, da una parte all’altra del collo, e le mani avevano cominciato a scivolare lungo il corpo del contabile. Era tornato tutto come il solito? No.

Non profumava più di vaniglia.

Henry la bloccò e cercò di allontanarla almeno un poco da lui. Senza quel profumo ad incantarlo riusciva a darsi un minimo di contegno.

“Hai cambiato profumo?”

Amanda fece una smorfia. “Sì. Problemi?”

“No. è solo che ormai ero abituato alla vaniglia. Come mai questo cambiamento?”

“Marc mi ha regalato questo. E’ alla rosa, ti piace?”

“Oh. Sì, certo.”

Aveva risposto distrattamente. Sentire il nome di quello gli aveva fatto tornare in mente il vero motivo dell’incontro.

“Prima hai detto che noi due non siamo niente. E se provassimo ad essere qualcosa di più?”

Espose tutto in un fiato. Il coraggio andava aiutato a venire fuori.

Amanda sorrise. “Stai cercando di dirmi che vuoi venire a letto con me?”

Non si aspettava una domanda tanto diretta. La risposta era in ogni caso scontata: sì, certo che lo voleva.

“Allora?” La voce di Amanda lo distrasse da ogni possibile speculazione su dove e quando realizzare la cosa.

Doveva solo rispondere sì, doveva solo pronunciare uno stupido monosillabo. Ma, con grande rammarico del contabile, la forzata interruzione dell’esposizione alla vaniglia non gli aveva dato ancora tutto quel coraggio.

“Io.. intendevo che potremmo provare a diventare, non so.. amici?” Amanda lo guardò stranamente. “Magari anche solo conoscenti. Sai, parlando un po’ di più…”

“Tutto quello che vuoi da me è parlare?”

“Se sei interessata anche tu..”

La ragazza sospirò, poi andò a sedersi su un grosso scatolone che stava in un angolo. Henry la seguì, sistemandosi accanto a lei.

“Che vuoi che ti dica?”

“Non lo so.. potresti iniziare con qualcosa di semplice, come.. il tuo colore preferito?”

“Mmm.. rosso carminio.”

“E’ un bel colore..”

“Già.. ti piace andare a teatro?”

“Oh sì, moltissimo. Amo i musical. Lo hai mai visto Wicked?”

“Veramente no. Ma se vuoi, una sera potremmo andare a vederlo… posso procurarmi facilmente i biglietti. Mio zio ha a che fare con quasi ogni teatro di Broadway.”

“Sarebbe bello.. “

Rimasero in silenzio qualche minuto. Ognuno aveva all’incirca un milione di domande da rivolgere all’altro, ma non il coraggio di porle.

La verità era che Henry stava cercando di raccogliere tutto quello che aveva per provare a chiederle qualcosa di più.

“Tra me te c’è solo attrazione fisica?”

“Uh?” Finse di non aver capito la domanda. Quando però vide che Henry non ripeteva, si morse un labbro e rispose.

“No”

Sebbene Henry sperasse in una risposta del genere, non si sarebbe mai aspettato di riceverla veramente.

“E allora che cos’è? Perché..?”

“All’inizio volevo solo ringraziarti, per quella faccenda dei pacchi. Poi..”

Tacque di nuovo. Si mordicchiò ancora un po’ il labbro.

“Ce l’hai una caramella?”

“Uh?” Henry riportò veloce gli occhi su di lei (fino a quel momento entrambi li avevano tenuti fissi davanti a sé, portandoli occasionalmente a fissare il pavimento, o mani impegnate in complicati giochi con le dita).

Amanda si accorse che era rimasto sorpreso dalla richiesta. “Mi viene fame, quando sono nervosa.”

Istintivamente le prese la mano. All’inizio la sentì irrigidirsi.. ci mise qualche secondo a lasciarsi andare.

“E’ questo.”

“Cosa? Dici.. la mano.. io” fece per ritirarla, ma lei glielo impedì. Anzi, gliela strinse ancora di più.

“Per qualche inspiegabile ragione.. quando stiamo insieme, soli, nei posti più assurdi.. e ce ne stiamo lì, a baciarci.. non mi sentivo così bene da moltissimo tempo..”

“Ti faccio sentire meglio?”

“Moltissimo.”

“Allora perché ora mi eviti? Non potremmo semplicemente..”

“Uscire insieme, diventare una coppia?”

“Sì. Perché no?”

Amanda gli lasciò la mano. Si voltò e, senza aggiungere nient’altro, tornò a baciarlo. Niente irruenza però, niente desiderio incontenibile: fu solo un bacio quasi a fiori di labbra. In un attimo era già finito.

“Non voglio rovinare tutto..”

Lo aveva detto quasi in un sussurro, dolcemente, malinconicamente..

Rimase qualche istante ancora a fissarlo negli occhi, tenendogli la testa con le mani.. infine si alzò di scatto, e cominciò ad avviarsi verso la porta.

Aveva già una mano sulla maniglia, quando disse “Ah, Henry..”

“Naturalmente quello che è successo oggi, e quanto è successo in passato, in verità non è mai accaduto.”

“Bene. Se poi dovessi sentire nostalgia, sei sempre autorizzato a pensare a me, uhm.. ad esempio sotto la doccia. Io lo farò con te.”

Entrambi sorrisero.

Amanda uscì. Henry rimase nello stanzino ancora qualche minuto.

Ma allora sapeva il suo nome.

In seguito molte volte si chiese se sarebbe cambiato qualcosa se quel giorno non l’avesse lasciata andare, se l’avesse convinta che non c’era niente di cui avere paura.. se non avessero passato tutto il tempo che venne dopo a fingere che niente era mai successo tra loro.

Non si concedette mai di pensare a lei sotto la doccia. Ma da allora la vaniglia fu il suo profumo preferito.
  
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