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Autore: ladyRahl    12/09/2014    1 recensioni
Un nuovo caso coinvolge Sherlock e Joan, che si trovano a dover fare i conti con una delle organizzazioni criminali più pericolose al mondo. Le cose sembrano mettersi male, quando un ragazzo attira l'attenzione di Holmes. Cosa si nasconde dietro le sue apparenti intenzioni? Quale strano passato lo tormenta? Per quale motivo Sherlock si sente così legato a lui? Storia che metterà alla luce tratti nascosti del famoso detective, il quale dovrà fronteggiare uno dei suoi più grandi timori, a cui cerca invano di sfuggire: il suo lato più umano.
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Joan Watson si svegliò di soprassalto e il suo cuore sembrò smettere di battere per dieci lunghissimi secondi a causa dello spavento. Guardò la sveglia appoggiata sul comodino: le sette di mattina. Si alzò dal letto e scese le scale rapidamente. Era proprio curiosa di sapere il motivo per cui il suo coinquilino avesse deciso di ascoltare un cd di musica black metal a tutto volume proprio a quell’ora. Era sicura che fosse riuscito a svegliare tutta New York.
“Buongiorno Watson! Dormito bene?” chiese Sherlock con aria innocente.
“Oh sì. A parte l’infarto che ho rischiato di prendere meno di due minuti fa, direi che va tutto bene!”urlò Joan per farsi sentire. “Ti spiacerebbe abbassare?”
L’uomo si diresse verso il suo gigantesco impianto stereo e spense quella musica infernale che la stava facendo diventare sorda.
“Alleluia! Posso sapere cosa ti è saltato in mente?”
“Studi antropologici, Watson. Cerco di capire come certi essere umani possano trarre piacere ascoltando questo genere di musica, se così si può definire, in cui il bel canto sembra essere stato sostituito da rigurgiti degni della digestione di un uomo sui centocinquanta chili dopo il pranzo di Natale”
“E la tua conclusione sarebbe?”
“Ci stavo lavorando prima che tu mi interrompessi!” rispose seccato Sherlock. “In ogni caso è un bene che tu sia sveglia. Mi è appena arrivato questo dal capitano Gregson”
Joan prese tra le mani il cellulare di Holmes e lesse il messaggio ad alta voce:
 
Omicidio in luogo isolato, no documenti, i nostri non hanno trovato tracce o elementi rilevanti. Ti aspetto per ulteriore perlustrazione all’indirizzo allegato.
 
“Forza Watson, il tempo stringe! Sembra che i nostri colleghi in divisa brancolino nel buio, il che non mi stupisce affatto. Il nostro aiuto sarà fondamentale, quindi sbrigati a prepararti!”
La donna tornò in camera, scelse velocemente cosa indossare e, prese le chiavi della macchina, si avviarono verso il luogo indicato dal capitano. Nonostante il risveglio brusco, il buonumore di Sherlock aveva contagiato anche lei. Dopotutto quando riceveva un nuovo caso che prometteva di essere interessante il viso dell’uomo si illuminava come quello di un bambino di fronte al suo giocattolo preferito. Le piaceva vedere l’amico sorridere, era una cosa rara.
“Cos’è quel sorrisino?” chiese sospettoso l’uomo.
“Cosa? Oh, niente di importante,” rispose frettolosamente la donna. “Siamo arrivati”

“Direi che sicuramente l’omicida non ha corso il rischio di essere visto da qualcuno” notò Sherlock.
In effetti il luogo in cui arrivarono sembrava essere stato dimenticato da Dio. Si trattava di una piccola zona fuori dalla periferia di New York, con poche e cadenti case quasi tutte abbandonate, molto distanti l’una dall’altra. La via principale era una strada malandata, piena di enormi buche sui cui transitavano pochissime auto durante la giornata. Da essa si diramavano viottoli ghiaiati che alzavano dei gran polveroni al passaggio dei veicoli. Questo paesaggio malinconico fece rabbrividire Joan.
I mezzi della polizia si concentravano nei pressi di un piccolo capannone che fungeva da deposito. Attorno ad esso decine di agenti stavano setacciando la zona in cerca di qualche indizio.
Dal deposito fece capolino il capitano Gregson, che andò ad accogliere i collaboratori.
“Buongiorno capitano! Non ci hai invitati in luogo molto accogliente, vedo. Aggiornaci sui fatti”
“Da quando la scena di un delitto può essere accogliente? Comunque grazie di essere venuti”
I tre si diressero nei pressi del deposito. Pochi metri vicino all’entrata c’era il corpo riverso a terra di un uomo sulla quarantina, capelli biondo scuro e occhi azzurri. Aveva la carnagione particolarmente chiara, un foro di proiettile proprio in mezzo alla fronte e una vistosa bruciatura sull’avambraccio destro.
“Non abbiamo idea di chi possa essere,” cominciò Gregson. “Abbiamo perquisito il corpo e stanno perlustrando la zona, ma non abbiamo ancora trovato né portafoglio né documenti. Il decesso è avvenuto circa tre ore fa. A dare l’allarme è stato il proprietario del deposito, un certo Jack Anderson. Ha una fattoria a un paio di chilometri a nord. Dice di essere arrivato qui con il suo furgone per prendere alcuni attrezzi da lavoro e di aver visto il cadavere dove ora lo vedete voi. Afferma  che non c’era anima viva in giro, ma in lontananza gli pare di aver visto una macchina andarsene ”
Anderson era un uomo sulla cinquantina, capelli brizzolati e barba incolta, fisico massiccio e muscoloso, tipico di chi è abituato a lavori pesanti.
“Una macchina? Che tipo di macchina? Ne è proprio sicuro?” lo incalzò Holmes.
“Non lo sa. La nuvola di polvere sollevata lungo il sentiero dalla vettura la nascondeva, ma sembra abbastanza certo che si trattasse di un’auto piuttosto grande, un suv.” rispose il capitano. “Non credo che lui c’entri qualcosa con l’omicidio e, nonostante manchi il portafoglio, scarterei con certezza l’ipotesi di una rapina”
 
Prima ancora che Gregson finisse di parlare, Sherlock era già entrato nel pieno delle sue indagini seguito da Joan. I metodi del socio che prima le sembravano tanto strambi stavano cominciando a diventarle famigliari. L’uomo cominciò analizzando i dintorni: non c’erano impronte particolarmente visibili e neanche segni di colluttazione. Ad un certo punto si mise ad annusare il terreno e la sua attenzione ricadde su due zone in particolare. Dopo qualche secondo si avvicinò al testimone e gli chiese:
“Che marca di sigarette fuma, signor Anderson?”
“Pall Mall, perché?” rispose confuso.
“Interessante”
“Perché è interessante?” chiese dubbiosa Joan.
“Assaggia!” e le porse un dito cosparso di polverina grigia raccolta dalla zona che prima stava analizzando, ma lei declinò gentilmente l’offerta. “E’ cenere, residui di sigaretta. Non sono stupidi, probabilmente hanno buttato i mozziconi altrove ma non hanno fatto i conti con il mio fiuto”
“Hanno? Pensi fossero più persone?” chiese il detective Bell, che nel frattempo aveva raggiunto il gruppo.
“Si tratta di due tipi di tabacco diversi e nessuno dei due corrisponde alla marca utilizzata dal signor Anderson. Sai, sono un esperto in questo campo. Dovresti leggere le mie monografie in proposito. Comunque non ho riscontrato nella vittima i caratteri tipici di un fumatore, perciò sì, sono più che certo che gli assassini fossero almeno in due”
Sherlock cominciò poi ad esaminare nel dettaglio il cadavere, si concentrò sul foro del proiettile e per ben cinque minuti osservò attentamente la bruciatura.
“Hai ragione capitano” affermò Holmes. “Non è stata una rapina, ma una vera e propria esecuzione. Come noterete ci sono delle bruciature vicino alla fronte e dalla loro entità oserei dire che gli hanno sparato a bruciapelo. Le cose più importanti, però, ce le rivela la cicatrice di questa bruciatura”
Si chinò e scoprì l’avambraccio per tutta la lunghezza della ferita.
“E’ piuttosto recente, direi che risale a non più di tre mesi fa” osservò Joan grazie al suo sguardo clinico.
“Molto bene, Watson. Noti anche qualcos’altro? Concentrati sui bordi”
Joan si chinò e con l’ausilio di una lente d’ingrandimento notò dei piccoli segni neri qua e là.
“Li vedi vero? È inchiostro, inchiostro per tatuaggi. Non sarei sorpreso se la vittima si fosse procurato da solo questa bruciatura per coprirne uno che avrebbe potuto causargli delle grane, e lo sarei ancora meno se scoprissimo che se ne sia fatto uno di recente”
Sherlock aprì la camicia del morto e, con un sorriso colmo di soddisfazione, mostrò il petto decorato da una croce con una grande stella sullo sfondo. Riprese quindi l’esposizione delle sue deduzioni.
“Eccellente! Questo è il tatuaggio caratteristico dei membri del clan Volkov, una famiglia russa associata alla mafia che ha messo radici qui a New York. Lo riconosco, ho risolto alcuni casi in cui erano implicati. Suppongo invece che il tatuaggio che la vittima ha provato ad eliminare fosse il simbolo di un’altra famiglia alla quale prima apparteneva. D’altronde i tratti somatici parlano abbastanza chiaro: è originario dell’Europa dell’est. Detto ciò, signori, se le mie umili deduzioni sono esatte, posso affermare che siamo di fronte ad un regolamento di conti tra malviventi”
“Direi che la tua teoria fila completamente e in ogni caso è l’unica pista che abbiamo al momento” constatò Gregson. “Bell, controlla se è stata denunciata la scomparsa di persone compatibili con il profilo della vittima e cerca negli archivi se c’è qualcosa riguardante i Volkov”
“Bene, io e Watson cercheremo allora di studiare ciò che è rimasto del vecchio tatuaggio e proveremo a risalire al clan che lo voleva morto!” disse Sherlock, più raggiante che mai. “Teneteci aggiornati”
 
Joan e Sherlock risalirono in macchina e si avviarono verso casa.
“Brutta storia” decretò la donna.
“Brutta storia è un eufemismo, Watson. Quando c’è di mezzo un'organizzazione come la mafia bisogna sempre procedere con la massima cautela. Però devo ammettere che è entusiasmante!” affermò allegro l’uomo.
“Entusiasmante?! A me sembra molto pericoloso!”
“Il nostro lavoro è sempre pericoloso, ma guarda il lato positivo. Stiamo per studiare a fondo una delle menti criminali più sofisticate e complesse al mondo. Vedilo come un tirocinio avanzato che arricchirà di esperienza la tua promettente carriera di detective!” e le sorrise compiaciuto.
Joan sospirò rassegnata e un sorrisetto le apparve involontariamente sulle labbra. Non voleva ammetterlo ma sì, anche lei, in fondo, trovava quella situazione particolarmente entusiasmante.
  
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