Titolo: Under
Falling Leaves
Autore: germanjj
Traduttrice: thinias
Beta per la versione italiana: Ele106
Genere: RPS, wincest, Non-AU che diventa AU
Pairing: Jensen/Jared, Sam/Dean, solo nominati
Jensen/Danneel e
Jared/Genevieve
Rating: NC-17
Warning: Siate solo sicuri che vi piacciano entrambi
i parings e
dovreste essere a posto.
Note: come in tutte le ff RPS
dell’autrice, Kim Manners fa un piccolo
cameo
Spoilers: nessuno
Sommario: inizia durante le riprese della quinta
stagione di Supernatural.
Inizia con Jensen che ha degli incubi e Jared che cerca di essere un
buon amico
con lui. Inizia con due ragazzi che si ritrovano ad un punto di svolta,
con uno
che si sente come se la sua vita venisse ribaltata sotto sopra e con
l’altro,
che non è in grado di fare nulla se non restare a
guardare… ma questo non si
avvicina minimamente a quello che succederà alla fine.
Note della
traduttrice: non so dirvi quanto ami questa storia, per la
complessità della
trama e per la bravura dell’autrice che è una
delle mie preferite. Va detto che
io ho tradotto la versione inglese della storia, ma che in origine
è stata
scritta in tedesco. Spero quindi di essere stata abbastanza fedele
all’originale
e di averne mantenuto tutto lo spirito. Spero vi piaccia.
Cercherò di
pubblicare con regolarità, la storia è composta
da otto capitoli compreso
questo, che è più che altro una piccola
introduzione. Ci saranno dei warning dedicati in alcuni capitoli, per cui fate attenzione quando leggerete.
Ho deciso di tradurre questa storia, perchè anche il mio piccolo siriano Ele106 la potesse leggere (dato che non legge in inglese :P) e questo è diventato il mio regalo di compleanno per lei, ti voglio bene tesoro, so che ti piacerà.
Ovviamente
l’autrice ha autorizzato questa traduzione e
potrete trovare tutti i riferimenti con i suoi contatti e con i link
per la
storia originale nella pagina
dell'autore di germanjj di efp.
Capitolo I
“Amico?
Perché ti sei alzato?” La voce impastata
arrivò dal
corridoio e, un secondo dopo, Jared entrò in cucina; i suoi
occhi erano ancora
mezzi chiusi e i suoi capelli andavano in tutte le direzioni. Sembrava
ridicolo, cresciuto e muscoloso, ma ancora come un ragazzino.
Qualcosa
di caldo aleggiò attraverso lo stomaco di Jensen,
famigliare e non inaspettato. Jensen lo mise da parte, seppellendolo
dentro di sé
nel profondo, senza nemmeno rendersene conto.
“Solo
un incubo.” Disse. Prese una scodella del pensile e
fece un gesto con essa verso Jared, l’altro annuì.
Non era la prima volta che
si incontravano in cucina nel bel mezzo della notte per mangiare gli
avanzi.
Versò
un po’ di quanto restava del cinese della sera
precedente nella ciotola di Jared, mentre l’altro si lasciava
cadere senza
grazia su una delle sedie. “Hai di nuovo sognato di
Dean?” Chiese il più
giovane sbadigliando, e Jensen annuì senza alzare lo sguardo.
Nemmeno
questo era qualcosa di nuovo. Jensen sognava spesso
del suo lavoro - diavolo, era normale ogni tanto - ma, nelle ultime
settimane,
sognare lo show, Dean e Sam, era diventato più intenso e non
solo confuso. Erano
sogni che non avevano un senso. I suoi fratelli si prendevano gioco da
sempre
di lui per il fatto che facesse sogni molto vividi (come film) e non
era
differente per quelli che stava avendo attualmente. Erano come scene
nascoste
tra gli episodi, momenti mancanti tra Sam e Dean.
E,
proprio come fanno i sogni qualche volta, sembravano fin
troppo reali.
“Sei
sicuro di stare bene?” chiese Jared quando ebbero
finito; non avevano condiviso altro che un confortevole silenzio
nell’ultimo
paio di minuti.
“Amico,
se ti sentirai di nuovo male svegliami, ok?”
Jensen
sorrise alle parole dell’altro, ma quando alzò lo
sguardo, vide che diceva sul serio.
“Grazie,
amico.” Disse. “Ma starò bene. Cerca di
andare a
dormire. Ti ho tenuto sveglio abbastanza per stanotte.”
“D’accordo.”
Jared ammiccò pigramente, poi si diresse verso
la sua camera da letto; Sadie stava già aspettando in cima
alle scale,
ovviamente controllando cosa stesse facendo il suo papà
alzato nel bel mezzo
della notte.
“Andiamo
ragazza.” Jensen sentì Jared chiamarla piano
quando
il suo amico la raggiunse, carezzandola sulla testa mentre le passava
vicino e
facendola muovere. Li guardò scomparire dietro
l’angolo prima di cominciare
finalmente a muoversi per raggiungere il suo letto.
****
La
mattina successiva non sembrò andare meglio. Jensen si
sentiva stanco fino al midollo, echi dei suoi sogni continuavano a
tornare ogni
volta che chiudeva gli occhi. Sprazzi di luce e posti oscuri. Fuoco.
Urla. Era
come si immaginava fosse l’inferno.
Clif
era alla guida quel giorno e Jensen ne fu grato. Riuscì
solo a strisciare in macchina sul suo sedile, prima che i suoi occhi si
chiudessero di nuovo. Sentiva Jared vicino a sé; avrebbe
giurato di poter
perfino sentire lo sguardo preoccupato che gli stava lanciando, ma in
quel
momento Jensen era troppo stanco per curarsene.
“Siete
pronti?” Chiese Clif dal posto di guida e, grazie al
cielo, Jared rispose per entrambi dicendogli di far partire la macchina.
“Forse
dovresti prenderti un giorno di riposo Jensen.” Disse
alla fine il più giovane, quando furono a metà
strada dalla loro destinazione e
Jensen aprì un occhio.
Scosse
la testa debolmente. “Ti ho detto che sto bene, Sammy.” Rispose.
Dopo
questo, Jared rimase silenzioso per il resto del
viaggio. Solo più tardi, mentre stavano girando una scena
con un dialogo molto
simile alla conversazione che avevano avuto in macchina, Jensen
realizzò come
aveva chiamato Jared.
****
L’acqua
fredda scivolò sul suo viso, ma non aiutò in
alcun
modo con le vertigini, con il calore che gli strisciava sulla sua
pelle. Jensen
afferrò il lavandino con entrambe le mani e si costrinse a
respirare.
Dio,
non sapeva cosa ci fosse di sbagliato.
Sapeva
solo che continuava a svegliarsi in quel modo,
confuso, sudato; si sentiva come se stesse perdendo…
l’orientamento. Se stesso.
Era
tutto tranquillo, scuro e silenzioso e Jensen si rifiutò
di guardare l’orologio, gli avrebbe solo detto quanto fosse
dannatamente tardi
e quanto avesse ancora solo tre o quattro ore di sonno prima di doversi
alzare
di nuovo.
Lasciò
il bagno e vagò per la casa, stando attento a non
fare nessun rumore, cercando di calmarsi.
Fu
uno sforzo fisico quello di stare lontano dalla camera di
Jared e questo era quello che lo spaventava di più.
L’urgenza di svegliare il
suo amico e fare in modo che stesse con lui, che gli tenesse compagnia:
Jensen
si sentiva come se avesse ancora otto anni, spaventato del buio, con
ancora il
bisogno di arrampicarsi sul letto dei suoi genitori dopo aver avuto un
incubo.
Non
poteva togliersi quelle immagini dalla mente e, ancora
peggio, quel dolore che sentiva nel petto. Continuava a sognare di Sam
e Dean; della
paura di Dean di perdere suo fratello.
Se
Dean fosse stato reale.
“Solamente
che io…
io non ci credo.”
“In
cosa?”
“In
te.”
Le
battute continuavano a tornargli in mente e Jensen giurò
a se stesso che non si sarebbe più lasciato andare
così in profondità la
prossima volta, nella prossima ripresa, nelle scene emotive che
potevano
mandarlo in pezzi. Non avrebbe permesso loro di prenderlo
così tanto.
Eppure
si sentiva come se non fosse riuscito a scrollarsi
completamente Dean di dosso e la sofferenza per aver detto quelle
parole a suo fratello
continuava ancora a risuonare
dentro di lui.
“Esci
dalla mia testa, cazzo.” Sussurrò Jensen a se
stesso.
Ma quando focalizzò di nuovo l’attenzione su
quello che lo circondava, si trovò
di fronte alla porta della stanza di Jared.
Questa
volta non cercò nemmeno di fermarsi dall’entrare.
Fortunatamente,
il più giovane non aveva il sonno leggero e
Harley e Sadie lanciarono solo uno sguardo a Jensen, prima di girarsi e
tornare
nuovamente a dormire.
Si
sentì strano e inquietante, appoggiato allo stipite della
porta a guardare il suo amico mentre dormiva. Ma allo stesso tempo, si
sentì
finalmente calmo, sentì la tranquillità scivolare
su di lui. Jared era sdraiato
a pancia in giù sul letto, con le braccia e le gambe che
spuntavano da sotto le
coperte e il viso girato verso la porta. Le luci della strada gettavano
nella
stanza abbastanza luce perché riuscisse a vederlo.
I
suoi lineamenti erano distesi e tranquilli e il respiro di
Jensen sembrò farsi ancora un po’ più
facile.
Quello
era Jared, non Sam. Non correva il rischio di passare
al lato oscuro, non era aspro ed arrabbiato e ipocrita. Era solo Jared.
Ed era
felice.
Jensen
odiava il fatto che qualche volta i suoi incubi
glielo facessero dimenticare.
Non avrebbe saputo dire per quanto tempo rimase lì a guardare il suo amico, ma quando finalmente sentì salire una profonda stanchezza dentro di sé, scivolò fuori dalla stanza e chiuse silenziosamente la porta. Cercò di non ammettere che quella non fosse la prima volta che faceva una cosa del genere.
E
fortunatamente, non sapeva che dentro la sua stanza Jared aveva aperto
gli occhi nell'oscurità, lanciando uno sguardo preoccupato
alla porta. Nemmeno per lui era la prima volta.