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Autore: Eridani    13/09/2014    3 recensioni
[INCOMPLETA] L'Enterprise accoglie a bordo un noto scienziato vulcaniano. Lui e Spock si erano già incontrati.
NB: Primi 4 capitoli leggermente modificati e corretti.
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Nuovo Personaggio, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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«Jim, posso rubarti due minuti?»
Il Capitano, che si stava già dirigendo verso l'uscita dell'infermeria, si fermò.
«Non c'è tempo da perdere, Bones. Ogni secondo ci porta più vicini alla base stellare; ogni secondo ci porta più vicini al momento in cui Spock...» si fermò; non riusciva ad ammettere quella terribile verità, a far uscire quelle parole che gli stavano corrodendo l'anima.
Spock stava per morire. McCoy aveva cercato di infondergli qualche goccia di speranza tramite la sua determinazione e il suo buon impegno, ma Kirk aveva capito benissimo quanto tutto quello fosse una messinscena. Per il suo bene, sì, perché riuscisse in quel momento a controllare i suoi nervi tesi; ma restava pur sempre una farsa. E Kirk a suo malgrado doveva accettarlo.
«È proprio per questo che voglio parlarti. Non è rimasto molto tempo, Jim.»
Kirk girò il capo di qualche grado, giusto per vedere la faccia preoccupata dell'amico.
«Se devi dire qualcosa, fai in fretta. Voglio che tu ti metta al lavoro il prima possibile.»
Il Dottore lo afferrò per le spalle e lo girò, fino ad avere gli occhi verdi fissi nei suoi.
«Non sei l'unico a cui sta a cuore la vita di Spock. Certo, capisco che non potrò mai nemmeno avvicinarmi al dolore che stai provando tu in questo momento, ma posso capire come ti senti. So quale grande sentimento ti leghi a lui e conosco le sensazioni di angoscia e paura che ad esso si accompagnano. Ma ci sono anche altre emozioni, ancora più forti, che si nascondono nel tuo cuore. Jim, dà loro sfogo finché sei ancora in tempo.»
Kirk fissò negli occhi McCoy.
«Non capisco di cosa parli.»
Il volto del Dottore si addolcì.
«Se non l'hai ancora capito, è bene che tu ci rifletta un po' sù.»
«Non sono in vena di enigmi, Dottore.» rispose il Comandante lievemente alterato.
McCoy lo lasciò andare e fece tre passi verso il laboratorio.
«Non posso fornirti io la risposta. Devi comprenderla da solo. Posso solo darti un avvertimento: è bene che ci rifletti attentamente, perché quando il tempo sarà giunto e ciò che più temi si avvererà, se ancora non avrai capito cosa cela il tuo cuore, allora soffrirai, più di quanto stai soffrendo ora e di quanto potrai mai soffrire.»
Con queste ultime parole, McCoy si lasciò chiudere la porta alle spalle e Kirk, confuso, rimase impietrito al suo posto.


Aveva bisogno di una doccia. A causa del poco tempo libero che il lavoro gli concedeva, Kirk era solito utilizzare, come il resto dell'equipaggio era obbligato a fare, una doccia sonica; ma il privilegio del comando consentiva a lui di fornirsi anche di una semplicissima doccia ad acqua, come quelle che da secoli vengono usate sulla Terra, e di sentire sulla sua pelle il tocco delle gocce, la forza data loro dalla loro massa e dalla gravità simulata, di lasciarsi massaggiare dal getto proveniente dal soffione e rimanere in piedi, immobile, concentrandosi solamente sul senso del tatto. Quando raramente si lasciava andare a tale lusso, la sua scelta ricadeva sempre su una doccia calda, quasi bollente, capace di far rilassare i muscoli, arrossire la pelle, inondare tutta la stanza di vapore quasi il Capitano fosse disperso in una di quelle foreste incantate avvolte dalla nebbia che venivano descritte regolarmente dagli scrittori di genere fantasy e horror del ventunesimo secolo. Ma la situazione presente non aveva bisogno di un uomo rilassato e avvolto dal torpore, ma di un corpo tonico ed energico e di una mente sveglia e rapida. Per questo motivo, quando mise piede nel bagno, il suo intento era quello di lasciarsi colpire da un getto d'acqua la cui temperatura rasentava il congelamento, per schiarirsi le idee e rimettersi subito al lavoro.
Ma tutti i suoi progetti vennero immediatamente soppressi quando, voltato lo sguardo verso lo specchio, si accorse di una sostanza marrone sparsa sulla superficie del lavandino.
Si avvicinò per osservare meglio quello strano intruglio e subito l'odore gli colpì il naso: era simile, se non identico, al fetore che già altre volte lo aveva accolto dopo una giornata di licenza, una notte dimenticata e una sbronza da far venire il capogiro.
Solo che questa volta la miscela non poteva provenire da lui.
Considerando il fatto che Kirk condivideva il bagno con un'unica altra persona a bordo della nave, e che accedere al suo alloggio non era tra i compiti più semplici a bordo dell'Enterprise, la sua mente, anche senza un'ondata di acqua gelata, seppe fare due più due. E il risultato al Capitano non piacque affatto.
Senza perdere tempo a percorrere la strada che portava alla porta dell'alloggio del suo Primo Ufficiale, attraversò con pochi passi la lunghezza del bagno e aprì la porta che dava sull'alloggio del vulcaniano, come già altre volte aveva fatto in passato e come, di comune accordo, aveva il permesso di fare in qualsiasi momento ne avesse avuto bisogno.
Questo era uno di quei momenti.
Con gran sollievo di Kirk, Sakar era seduto alla scrivania, intento a consultare qualsiasi angolo della banca dati che potesse dimostrarsi utile alla sua ricerca. Al rumore della porta che si apriva, volse la testa e si alzò, accogliendo il comandante chinando lievemente il volto e facendogli segno di sedersi.
Il fatto di venire ricevuto in quella stanza che conosceva come il palmo della sua mano da una persona che non conosceva affatto e che, il suo istinto gli suggeriva, non avrebbe mai provato piacere nel conoscere, gli creò un attimo di confusione.
I modi erano simili, composti e studiati, ma a Sakar mancava la leggerezza e la leggiadria che accompagnava ogni movimento di Spock, e soprattutto quel suo modo, che Kirk ancora non riusciva a spiegarsi, di farlo sentire a suo agio, desiderato e gradito con un solo breve incontro dello sguardo; proprio in quel momento, in cui ciò che recentemente riteneva scontato, l'affetto che il suo Ufficiale provava verso di lui, gli veniva negato, proprio in quel momento ne sentì maggiormente la mancanza. È vero, si ritrovò a pensare, che ti accorgi delle piccole cose solo quando non ci sono più. Perché solo in quel momento, quando Spock non era lì in piedi, avvolto nella sua tunica nera adorna di rune argentate, rigido ma morbido nella sua postura, con le mani strette dietro la schiena e lo sguardo che per un breve attimo si rivolge al pavimento per poi posarsi sugli occhi dorati del suo superiore e... quel qualcos'altro... qualcosa che prima d'ora Kirk non aveva notato, ma che ora si mostrava chiaro nei suoi ricordi: quel quasi impercettibile incurvamento delle labbra, quando ai lati della bocca le due rughe si fanno leggermente più profonde e i muscoli del viso sembrano rilassarsi...
Ora più che mai si sentiva abbandonato.
Da solo contro la morte, quando fino ad allora Spock era sempre stato al suo fianco, un passo dietro di lui, pronto a sorreggerlo quando le gambe mancavano di svolgere il loro compito, pronto ad afferrarlo nel caso inciampasse, pronto a calmarlo quando la foga e la determinazione si impadronivano del suo giudizio.
Ora si erano scambiati i compiti e toccava a Kirk, con tutte le sue forze, sorreggere il suo amico e compagno di avventure. Doveva diventare il bastone su cui Spock potesse appoggiarsi, la spalla su cui, per la prima volta, sfogarsi. Più di quanto non lo fosse stato in passato, Kirk doveva essere forte.
Doveva farlo per lui e per ciò che il suo animo cercava disperatamente di fargli comprendere, per quel cameratismo che li legava e quel lieve sorriso che solo ora Kirk si accorse di avergli già strappato; non era una risata, non era quella cascata di gioia che ci si può aspettare da un essere umano, ma era qualcosa di ancora più bello e profondo, che dietro la sua spontaneità raccontava tutto ciò che tra loro due si era formato, tutta la complicità che era nata, cresciuta e consolidata. Quel sorriso che aveva desiderato poche ore fa di vedere al posto della tristezza, in realtà lo aveva già visto, senza accorgersene, ogni giorno. Rivolto solo a lui. Nella solitudine dei loro incontri privati. Nella sola compagnia delle loro presenze.
Da quella rivelazione Kirk trasse la forza di affrontare quella oscura figura che aspettava di ascoltare il motivo della sua entrata così inaspettata.
«Sono venuto a sincerarmi delle condizioni del mio Primo Ufficiale.»
«Come potete vedere, sta ora dormendo.» lo informò Sakar.
«Non è successo nulla da quando avete abbandonato l'infermeria? Nessun malore, nessun attacco...» continuò inquisitore.
Per un attimo, notò Kirk, Sakar sembrò indugiare. Poi, con la sicurezza di chi sa di essere al sicuro, negò semplicemente.
«Si è ritirato in questo stato di riposo appena sdraiatosi. Se vuole, può controllare lei stesso, ma non le consiglio di svegliarlo: nelle sue condizioni, ha bisogno di tutto il riposo che gli è concesso; senza tralasciare il fatto che in questo modo i rischi per il resto dell'equipaggio vengono altamente minimizzati.»
Attraverso la grata il Capitano riusciva a scorgere il corpo disteso e il lento alzare e abbassarsi del suo petto.
Anche se la fiducia che provava verso il vulcaniano era molto esigua, si accontentò delle sue parole e della prova vivente sdraiata sul letto. Nel caso il vulcaniano avesse mentito e quella strana sostanza avesse avuto qualcosa a che fare con Spock, McCoy l'avrebbe subito scoperto, e Kirk avrebbe avuto l'occasione di discutere faccia a faccia con Sakar e capire il suo gioco.
«Molto bene. Continui pure col suo lavoro.»


«Semplice vomito.» dichiarò il medico dopo aver messo via il suo tricorder.
McCoy prese un campione del liquido e lo mise in una provetta, pronto per essere analizzato in laboratorio.
«Sakar afferma di aver sorvegliato Spock per tutto il tempo: non si è mosso dal letto. Oltre lui e me, nessuno può entrare qui dentro. Ma come ben sai, del nostro ospite non mi fido. Voglio sapere da dove, o da chi, proviene questa sostanza.»
«Nessun problema.» lo rassicurò il Dottore «Con tutta la saliva che c'è qui dentro sarà un gioco da ragazzi risalire al suo proprietario. Ti contatto appena ho i risultati. Pochi minuti e sveleremo il mistero.»
McCoy mostrò il suo sorriso bonario al Capitano. Non sapeva se essere più preoccupato per il Primo Ufficiale, in pericolo di vita, o per il Capitano, messo sotto uno stress che mai prima d'ora aveva dovuto sopportare. Il suo cuore si divideva nel dolore per i suoi due amici. L'unica cosa che poteva fare per adesso era tranquillizzare quello che gli stava davanti.
«Jim, rilassati. Non ho mai visto del vomito vulcaniano, ma qualcosa mi dice che non ha questo aspetto. Sangue verde, orecchie a punta, una seconda palpebra... questo vomito è troppo “umano” per appartenere al nostro Ufficiale.»
«Spero tu abbia ragione, Bones.» sorrise Kirk, speranzoso.
Dopo che McCoy lo abbandonò alla solitudine del suo alloggio, e dopo aver contattato la plancia per controllare lo stato della nave, il Capitano decise di aspettare notizie seduto alla scrivania, dove con un solo movimento del braccio poteva immediatamente premere un pulsante e aprire la comunicazione, senza dover sprecare preziosi secondi per alzarsi dal letto e raggiungere il terminale.
Si sedette e lasciò andare la testa all'indietro, si massaggiò il collo con una mano e cercò di far sciogliere i muscoli tesi delle spalle, con scarsi risultati. L'attesa era frustrante. Erano passati pochi minuti. Accese il computer, intenzionato a chiamare egli stesso l'infermeria in caso McCoy non gli avesse dato notizie nel giro di pochi secondi.
Ma appena la luce del monitor raggiunse i suoi occhi, le poche parole scritte in nero su bianco sul display fermarono tutti i suoi movimenti:

“Non fidarti di Sakar.
Vulcano, 25 anni fa.
Schemi del progetto inseriti nel computer.
Codice: T'hy'la.”

   
 
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