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Autore: Saerith    30/09/2008    9 recensioni
Cosa succederebbe se la persona che amiamo non si ricordasse più di noi? Per fortuna che esistono gli angeli. [Scritta per la "FIRST-AID KIT Challenge"]
Genere: Triste, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Sorpresa, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa breve one-shot è scritta per la FIRST-AID KIT CHALLENGE

Prompt 36# Flebo

La mia luce ti guiderà nel buio

Eccomi qui, seduto accanto a questo letto di ospedale. Stupito, amareggiato, ma soprattutto impaurito. Sì, ho paura, per la prima volta ammetto con me stesso di provare questo sentimento. Una sensazione devastante, ma del resto con lei è sempre stato così. Ho avuto paura quando ho capito di amarla, lei se ne stava andando via ed io temevo che non l’avrei rivista, che i miei sentimenti sarebbero rimasti cullati nel mio cuore, senza possibilità di vederli volare ad ali spiegate. Ho avuto paura, quando l’ho incontrata all’uscita della scuola, di ritorno dagli Stati Uniti: non sapevo cosa lei provasse ancora nei miei confronti, ma il suo sorriso ed il calore del suo abbraccio hanno sciolto quella coltre di ghiaccio che mi attanagliava il cuore. E’ lei che mi dà sicurezza, è lei che mi fa sentire vivo, quando con le sue labbra morbide mi sussurra il suo amore e mi bacia togliendomi il respiro. Ho ancora bisogno di lei, delle sue mani che mi accarezzano e le sue braccia che mi stringono, mentre facciamo l’amore. Non abbandonarmi, Yoshiko!

Il mio sguardo si posa sulla sacca della flebo e rimango come ipnotizzato ad osservare le gocce del liquido che scendono lentamente. Un movimento appena percettibile mi fa sussultare. Credo, spero con tutto il cuore che si stia risvegliando. Ti prego svegliati, amore mio!

I suoi splendidi occhi si aprono e noto una sorta di stupore, probabilmente dovuto al trauma.

- Dove sono?- riesce a malapena ad articolare.

Con la voce tremante le spiego che si trova in ospedale, di non temere perché io sono accanto a lei.

- Ma tu…- sussurra smarrita.- Tu chi sei?-

Ai miei piedi si è come aperta una voragine, cerco di mantenere la calma e razionalizzare la situazione: si è appena svegliata dal coma, devo aspettare che si riprenda. I suoi occhi mi fissano, quasi timidamente. No, lei non sa chi sono. Stordito, mi avvio alla porta per chiamare un dottore.

Il medico arriva di corsa, con gli occhi che brillano all’idea che una sua paziente sia salva, ma la mia espressione deve essere scoraggiante, perché la sua bocca si piega in una smorfia di disappunto.

Amnesia lacunare, così l’ha definita il medico: Yoshiko non ricorda più niente del nostro incontro e del nostro innamoramento. Io non sono mai esistito per lei.

- Sono casi che purtroppo si verificano dopo traumi simili. Deve capire, signor Matsuyama, che la sua ragazza ha subito un grave colpo alla scatola cranica, poteva anche rimanere menomata.- il dottore cerca di spiegarmi la situazione, girando i fatti in un modo che possano dolere di meno.

- Potrà guarirne?- chiedo timidamente. Ho quasi paura che mi risponda.

- Non siamo in grado di stabilire se sia un trauma transitorio oppure permanente, questo potrà dirlo solo il tempo.- risponde pazientemente.

Il mio muro di speranze sembra crollare come una frana improvvisa. Guardo Yoshiko dal vetro mentre abbraccia affettuosamente sua madre e per un attimo odio quell’immagine.

Perché mi hai dimenticato, amore mio?

Sento una mano che mi tocca la spalla, mi volto a incontrare gli occhi pieni di lacrime di Machiko e mi sento un verme. Yoshiko non ha riconosciuto nemmeno lei, che l’ha sempre incoraggiata a rivelarmi il suo amore, che ha costantemente sostenuto noi e i nostri sentimenti. La guardo, incapace di proferire parola. Mi sento completamente inutile e svuotato, ho appena giocato una partita come un automa e la vittoria mi ha lasciato del tutto indifferente.

Scosto gentilmente Machiko da me e mi allontano lentamente per uscire dalla struttura ospedaliera. All’improvviso l’aria è divenuta troppo nauseabonda per me e mi sento quasi soffocare. Ho bisogno di andare via.

Cammino per le strade trascinandomi come un ombra, i passanti mi scontrano, ma non riesco nemmeno a sentire il contatto, tanto è il gelo che ho dentro. Non mi accorgo nemmeno del tempo che passa, ma un rumore famigliare cattura la mia attenzione.

Le onde che si infrangono sulla battigia sembrano sempre uguali eppure sono una diversa dall’altra, niente è mai uguale a prima, ora lo so bene. E’ tremendamente ingiusto: io voglio che tutto torni come prima!

Sento dei passi avvicinarsi e d’istinto mi volto. Una ragazza. Avrà la mia età. Spero non cerchi di attaccare discorso, non sono proprio dell’umore adatto. Con sollievo noto che si è seduta poco distante da me e fissa le onde.

Qualcosa mi spinge a voltarmi ripetutamente verso di lei: è una ragazza europea dai capelli rossi e sulla sua pelle chiara brillano due occhi azzurri tendenti al verde. Con stupore noto che da quei begli occhi spuntano lacrime silenziose.

Uno strano desiderio si impadronisce di me e stupendo me stesso per primo le rivolgo parola.

La ragazza si asciuga in fretta le lacrime e lentamente mi risponde in inglese perfetto.

Sono un idiota, come posso pretendere che capisca il giapponese.

- Qualcosa non va, signorina?- cerco di articolare nel mio inglese stentato.

Vedo le sue labbra distendersi in un sorriso educato e per un attimo temo di essere completamente inopportuno, ma poi noto che con il corpo si avvicina e la sua mano nivea indica il mare.

- E’ il mare…risveglia in me i ricordi.- spiega mentre i suoi occhi si rivelano di quell’ombra di tristezza, la stessa che probabilmente oscura i miei occhi.

- Anche tu sembri triste.- mi volto ad incontrare un sorriso dolce, ma malinconico, denso di lacrime non versate.

Ipnotizzato da quelle iridi chiare, mi sento trascinato verso il canto delle sirene, una melodia che sembra promettermi lo scioglimento di questa angoscia e mi rendo conto che ciò di cui ho più bisogno adesso è di sfogarmi, poco importa se è con una perfetta estranea. Devo gridare la mia frustrazione in qualche modo o rischio di impazzire.

- Io…- cerco le parole, ma è talmente chiaro il rifiuto di ciò che è successo che anche il mio cervello non è in grado di tradurre in un linguaggio sensato la mia pena.

La sua mano gentile mi sfiora. Non mi ritraggo, nonostante la sua pelle sia ghiacciata. Anche la mia Yoshiko ha sempre le mani fredde e il mio cuore rimbalza al ricordo della prima volta che le presi tra le mie per scaldargliele. Già il ricordo…

- La mia ragazza è stata investita da un TIR tre giorni fa- trovo il coraggio di spiegare. – Si è risvegliata dal coma, ma…- devo prendere fiato, mi sento come se stessi estraendo una freccia dal costato. -…il colpo le ha fatto perdere la memoria.- strizzo gli occhi per il dolore e quando li riapro mi volto a rincontrare quelle due gocce di mare così soavi, ma cristallizzate in un sentimento talmente simile al mio che, per un momento, mi sento meno solo.

- Lei non ricorda niente di me, di noi, niente.- ripeto inebetito e senza che io possa impedirlo, le lacrime scendono lungo il profilo delle mie guance. Non oso voltarmi verso la ragazza, dovrò sembrarle patetico in questo momento, ma la sua mano si stringe attorno alla mia e con la coda dell’occhio mi accorgo che il suo sguardo è di nuovo rivolto al mare.

- Hai paura che lei non possa amarti più?- mi chiede, lo sguardo fisso sulle onde che si inseguono.

Mi sento come bloccato. Scruto il profilo della ragazza e cerco di capire come questa sconosciuta sia riuscita a stanare il timore più grande che covavo in fondo al cuore, talmente nascosto da non essere chiaro neanche a me stesso.

Chi sei tu?

Annuisco, issando bandiera bianca. La sua mano accarezza delicatamente la mia senza ombra d’imbarazzo.

- Se il vostro amore era sincero, non sarà questo incidente a farlo morire.- si volta a guardarmi e nei suoi occhi leggo una grande convinzione.

- Io sono scappata dall’Irlanda, perché avevo bisogno di evadere, di non pensare al mio amore impossibile.- la sento sospirare.

- L’estate scorsa ho passato le vacanze estive in Italia ed ho conosciuto un ragazzo. I suoi modi e la sua allegria mi hanno letteralmente conquistata, ma non ho avuto il tempo di confessargli tutto. Sono tornata in Irlanda e abbiamo mantenuto i contatti tramite chat ed e-mail. – mi racconta come se ci conoscessimo da tempo.

- Sono riuscita a far finta di niente, pur di rimanere sua amica, finché sono giunta al limite e una sera, complice anche un periodo non proprio felice, gli ho confessato i miei sentimenti. –

Il mio sguardo si allarga stupito, mentre noto gli occhi della ragazza farsi lucidi.

- E lui?- mi stupisco io per primo a questa domanda, non credevo di essere tanto curioso o forse è solo l’esigenza di non pensare alla mia situazione.

La ragazza china il capo, sconfitta, poi sospira alzando gli occhi al cielo e una lacrima brilla sulla sua guancia candida.

- All’inizio si è dichiarato sconvolto, poi l’ha buttata sul ridere, ma quando ho chiesto di sapere che ne pensava ha iniziato ad evitarmi.- sento la sua voce tremare.

- Vigliacco!- non posso impedirmi questa esclamazione di fronte al dolore così vivo della ragazza.

Il suo silenzio mi inquieta, forse avrei dovuto tenermi per me quel commento.

- Sì, purtroppo. Sai forse il fatto di non frequentarlo di persona mi ha portato ad idealizzarlo e considerarlo migliore di quanto sia in realtà.- risponde cercando di controllare il tremolio della voce.

- Sono andata via, perché dovevo staccare la spina da tutto. Ho sempre avuto la curiosità di visitare il vostro paese ed ora eccomi qui.- conclude e con una forza sorprendente si volta e mi regala un sorriso.

- Io soffro per una persona che non esiste, ma per te è diverso.- mi dice, spiazzandomi completamente.

- Ma io…- non trovo le parole per esprimere quanto la situazione mi faccia male, ma soprattutto mi spaventi.

- La tua ragazza ti ha amato in passato e potrà amarti ancora, perché i suoi sentimenti erano rivolti a te, non ai suoi ricordi. – mi spiega, ma la mia espressione deve essere eloquente: non ho capito bene cosa intenda.

- Vedi lei ora non sa chi sei. Per quanto possa farti male, questo non è un ostacolo. Nessuno ti impedisce di starle comunque accanto e farle riscoprire i sentimenti che provava per te. –

Mi sento come se una tegola mi avesse colpito in testa, talmente sono ovvie le parole che la ragazza mi sta dicendo. Che cretino sono! Anche il dottore mi ha detto che standole accanto potrei aiutarla.

- Il tuo posto non è qui.- bisbiglia come se mi avesse letto nel pensiero.

- Grazie.- mi alzo di scatto e lei continua ad irradiare luce con il suo sorriso dolce.

La saluto e velocemente mi dirigo verso l’ospedale. Mi sento come quel giorno, quando inseguii il taxi verso l’aeroporto: un misto di ansia e gioia dentro di me.

Come una furia arrivo nella stanza della mia piccola stella. Stranamente è in penombra, ma lei non sta dormendo: è seduta sul letto e sta fissando nel vuoto. La mia entrata la porta ad alzare lo sguardo verso di me. Cerca di sorridermi, mentre mi saluta, ma è evidente che si trova in imbarazzo.

- Come stai?- le chiedo per rompere il ghiaccio.

- Meglio. Grazie.- risponde a bassa voce, quasi avesse paura di parlarmi. Le sue mani strette nelle bende afferrano i lembi del lenzuolo e sento che inizia a singhiozzare.

- Perdonami. Mia mamma mi ha detto chi sei, ma io…io…- il pianto le soffoca le parole ed io non posso fare a meno di stringerla a me per proteggerla.

- Shhh, non è colpa tua, amore mio.- le bacio il capo, mentre le accarezzo i capelli e con gioia la sento rilassarsi.

- Scusami, davvero, non sai come vorrei ricordarmi tutto, ma…- le poso un dito sulla bocca.

- Non sforzarti tesoro mio, l’unica cosa che ti chiedo è di avere fiducia in me. Io ti guiderò nel buio e ti farò innamorare di nuovo di me. – le sussurro questa promessa e sento le sue braccia stringermi forte. La guardo intensamente negli occhi e spero che ciò che sto per fare non la spaventi, ma le sue palpebre che si abbassano e le labbra protese mi dicono un’altra cosa. Il nostro bacio ci unisce e non mi sono mai sentito così spronato a non arrendermi.

Le parole della ragazza sulla spiaggia riecheggiano nella mia mente.

La tua ragazza ti ha amato in passato e potrà amarti ancora, perché i suoi sentimenti erano rivolti a te, non ai suoi ricordi.

Una mano gentile si posa sulla mia spalla e il sorriso di Yoshiko è quanto di più bello possa vedere appena sveglio. Ho dormito qui con lei, perché voglio starle vicino e farla sentire protetta, ma la squadra ha ancora bisogno di me, quindi, anche se a malincuore, devo lasciare l’ospedale e andare in ritiro.

All’uscita una scritta sul manifesto del quotidiano attira la mia attenzione.

“Ritrovato corpo della turista scomparsa: sospetto suicidio.” Come una specie di sesto senso mi spinge a comprare una copia e come un pazzo sfoglio freneticamente. Il mio respiro si blocca riconoscendo nel sorridente volto in bianco e nero, la ragazza di ieri. Mi precipito a leggere l’articolo.

Sinead Bowen, anni 20

Sinead era il suo nome, un nome dolce come chi lo portava: una persona troppo giovane per andarsene.

La ragazza soffriva da tempo di depressione a causa di una delusione amorosa

Ci deve essere un errore: soffriva è vero, ma non mi è affatto sembrata depressa. Cosa credo di sapere io che non le ho chiesto nemmeno il suo nome?

Scorrendo l’articolo un particolare mi folgora come un fulmine.

L’ora presunta del decesso si aggira attorno alle ore 03.00 della notte del 13 luglio.

Cosa?! Ieri era il 14 luglio…rileggo più e più volte la riga, perché l’idea mi è inaccettabile. Ricontrollo la foto per fugare ogni dubbio, ma gli occhi non mi hanno ingannato: quel sorriso bellissimo e malinconico è inconfondibile.

Chi ho… anzi, cosa ho incontrato ieri?

All’improvviso sento un campanellino suonare e le mie labbra si allargano in un sorriso.*

*Si dice che quando suona una campana un nuovo angelo mette le ali.

Eccomi di ritorno con questa breve one-shot, spero sia un preludio per il mio ritorno, dopo un periodo molto difficile. Dedico questa FF a Onlyhope ed Eos75 per tutto quello che hanno dovuto “subire” in questi mesi. Grazie ragazze, vi voglio bene! Una menzione speciale per Silen, che mi ha convinta a sfruttare questo piccolo parto mentale per la FIRST-AID KIT CHALLENGE…grazie carissima!

  
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