Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Fenio394Sparrow    14/09/2014    2 recensioni
{OC - What If - Poor Sweet Summer Child}
{Si alzò, andando vicino a Gandalf: «Posso provare io?» lui nemmeno le rispose, gettò a terra bastone e cappello, facendosi da parte.
Si schiarì la gola, si posizionò davanti alla porta con le mani sui fianchi e lo sguardo concentrato. Allargò le braccia, le mani aperte e la voce tonante: « Apriti, Sesamo!»
Ovviamente, non accadde nulla.
Ovviamente, fece la figura della scema.
Ovviamente, non demorse.
Osservò con aria pensosa la porta di pietra, borbottando qualcosa qua e là.
«Allora?» fece Boromir, ridacchiando apertamente.}
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Boromir, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Di Sette Regni e una Terra di Mezzo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L’inverno Sta Arrivando
-Game of Thrones
«Seguiremo questa direzione ad ovest delle Montagne Nebbiose per quaranta giorni – il gemito di Arya venne bellamente ignorato- se la fortuna ci assiste, la breccia di Rohan sarà ancora aperta, e da lì svolteremo verso est, per Mordor.»
«Yuppi» commentò Arya, fra l’ilarità generale.
Seduta accanto a Frodo osservava sorridente gli hobbit che si allenavano con Boromir, che aveva scoperto essere un insegnante mooolto più paziente di Varion.
«Muovi i piedi» consigliò Aragorn, fumando una pipa.

Arya, invece, era molto meno sportiva: «Portate in alto l’onore della Contea! Dimostrate di che pasta sono fatti gli Hobbit!»
Sam e Frodo si lanciarono uno sguardo divertito, il primo scosse la testa come a dire “Vatti a fidare di un  Tuc e di un Brandibuck”
La ragazza stava osservando l’accampamento momentaneo in cui si erano organizzati, e fra un incitamento e l’altro aveva colto la posizione di tutti quanti, notando che chi in un modo, chi in un altro, avevano trovato il modo di riposarsi, o almeno passare il tempo. Tutti tranne Legolas, che se ne stava da tre quarti d’ora in piedi su una roccia ad osservare il cielo e fare osservazioni sottovoce assolutamente senza senso. “Benedetto Elfo” pensò Arya. Era anche andata a chiedergli se avesse qualcosa che non andava, ma lui le aveva sorriso – e lei era arrossita, arrossiva sempre quando le sorrideva- e le aveva detto di non preoccuparsi. Al che, lei aveva alzato le spalle e fatto ciò che le aveva chiesto.
Quasi a strapparla dai sui pensieri, le sue orecchie captarono delle parole molto interessanti, dicesi “Miniere, Moria e Balin”.
«No, Gimli», stava dicendo Gandalf «non prenderei la strada per Moria a meno che non avessi scelta»

«Perché no?» chiese Arya, arrivata accanto al nano «Balin è nostro amico, potremmo tagliare sotto le Montagne!»
Qualcosa, però, le diceva che doveva esserci una valida motivazione se Gandalf non voleva passare sotto le Montagne, e lo Stregone pareva d’accordo con lei, perché aprì bocca per spiegarle, ma venne interrotto dal lamento di Pipino e dalle scuse di Boromir.
“Se mi ha fatto male a quell’hobbit giuro che lo ammazzo” Pensieri molto gentili, quelli della ragazza, sì.
E poi udì il suono di risate e si girò verso i tre, che erano avvinghiati in una sorta di lotta di solletico.
«Prendilo!» «Per la Contea!» le risa di Merry, Pipino e Boromir risuonavano nell’aria, anche Arya vi si unì, pensando che se avessero proceduto per quaranta giorni così non le sarebbe dispiaciuto affatto. Poi quella pace venne infranta.
«Che cos’è?» chiese Sam guardando davanti a sé, curioso.

«Niente, solo una nuvoletta» rispose Gimli tranquillo. Ma non era una nuvola. Arya e Boromir ci arrivarono insieme: «Non è una nuvola»
«Si sposta velocemente. E contro vento.»
Legolas urlò qualcosa in una lingua sconosciuta- elfico probabilmente- e anche Aragorn urlò: «Via!»
Arya corse verso Sam, aiutandolo a raccattare le loro cose e a spegnere il fuoco, si allungò verso il suo sacco a pelo e lo acciuffò, fece leva sul ginocchio per salire sulla roccia e con un ringhio frustrato andò a sbattere la gamba. Aveva gli occhi appannati per il dolore, ma si costrinse a buttarsi sotto una sporgenza rocciosa lì vicino, cozzando contro qualcosa di morbido che l’aveva presa con delicatezza.
Alzò lo sguardo ed incontrò le iridi azzurre di Legolas. Riuscì a non perdersi nel colore degli occhi, che la distraevano troppo, diamine! Lei e quella sua mani per i colori degli occhi ella gente. Frastornata, mimò la parola “scusa” con le labbra e lui le fece cenno con il capo, che Arya interpretò come un “non preoccuparti”. Lui mise il dito indice sulle labbra, silenzio, e osservò i corvi che volarono rapidi sopra di loro gracchiando assordantemente.

Ora. Arya sarà pure stata chiacchierona, ma non era stupida. Certo che stava in silenzio! Se ne accorgeva da sola che non doveva parlare, perché c’era un che di inquietante e malvagio in quei maledetti corvi gracchianti! Grazie, Legolas, non ci sarei mai arrivata da sola!
Non fosse stato per la situazione pericolosa – lo sapeva che erano in pericolo!- si sarebbe messa a parlare apposta. A macchinetta. Per ripicca.
Gli uccelli passarono e volarono via, permettendo alla Compagnia di uscire dai loro nascondigli; Arya scattò fuori dal loro nascondiglio imbronciata, ignorando il leggero dolore alla gamba- e aiutò Merry ad issarsi sul sasso su cui era capitato.
«Spie di Saruman» constatò Gandalf, «dobbiamo attraversare il passo di Caradhras »
Arya si girò nella stessa direzione dell’Istari e le salì un groppo in gola. Fantastico, pensò stizzita, anche il Monte Bianco dobbiamo scalare.
«Yuppi.» Stavolta, la sua gioia era condivisa dalla Compagnia.
 
 
Crucerò Gandalf, crucerò questa maledetta montagna e crucerò me stessa per aver accettato questa maledetta impresa!
Una tramontana gelida le sferzava il viso, minuscoli fiocchi di neve e glaciali stilettate di vento le trapassavano gli occhi, arrossati per la bassa temperatura e le condizioni impervie e sfavorevoli in cui la Compagnia versava. La treccia, ormai, era andata a farsi benedire. Aragorn e Boromir portavano gli hobbit in braccio, poverini, sia gli uomini con tutto quel peso addosso – scudi, spade, gli hobbit- e i mezz’uomini che non riuscivano a camminare, tanto era forte il vento. Perfino lei doveva puntare bene i piedi per poter avanzare, con più di un metro di neve ad ostacolarle il passo. Boromir si era addirittura offerto di portarla in braccio – e lì Arya si era trovata divisa a metà fra la possibile insinuazione che lei fosse debole e avesse bisogno di aiuto  per andare avanti e la gratitudine per il gesto e il guadagno in fatto di energie spese. Le era parso un gesto fatto senza malizia, gentilmente, da amici, come se volesse davvero aiutarla, ma Arya aveva un orgoglio e continuava a mantenere un’aria leggermente altezzosa con lui perché Boromir era arrogante e lei infantile. Quindi, con cortesia, aveva risposto no e ceduto il posto agli hobbit – a cui si era affezionata troppo, ma lei si era già affezionata a tutti- e i piccini le avevano sorrisi grati, troppo educati per non cedere il posto ad una signora. Ora, però, si stava pentendo della scelta fatta.

E fanculo pure a Legolas che cammina come se niente fosse.
Quel periodo lì del mese? Può darsi.
«C’è un’empia voce nell’aria» disse grave, scrutando un punto indeciso oltre il precipizio- perché sì, erano anche sull’orlo di un burrone!
Arya aprì bocca per dirgli che l’empia voce gliela dava lei, quando Gandalf urlò: «E’ Saruman!»
Dei massi si staccarono dalla vetta, piovendo a pochi passa da loro e Arya non riuscì a reprimere un urlo spaventato.
«Vuole buttare giù la montagna!» urlò Aragorn verso lo Stregone: «Dobbiamo tornare indietro!»
«No!»

Iniziò ad urlare parole incomprensibili, frustrato, verso una voce ignota ma tangibile che anche Arya, ora, percepiva: d’improvviso, si sentì in colpa con l’Elfo, e faceva con tutta sé stessa il tifo per Gandalf, perché sebbene avesse potuto vantare una bella vita, era stata una vita breve e non aveva ancora conosciuto l’amore vero. Non voleva morire oggi.
Le sue preghiere non vennero esaudite, perché un fulmine cadde esattamente sulla cima del monte, staccando una parte del ghiacciaio.
Neve candida e fredda piovve loro addosso come una cascata, e Arya non vide più nulla, solo bianco, percepiva solo il peso della neve sopra di sé.

Non. Riusciva. A muoversi.
Due mani forti l’afferrarono per le spalle, tirandola su –doveva essersi piegata sulle ginocchia sotto il peso della neve- e riemerse sputacchiando saliva e roba bianca, poggiandosi sul corpo del salvatore per riprendere fiato. Legolas.
«Dobbiamo abbandonare la Montagna! –Finalmente dici qualcosa di sensato!- Prendete la Via Ovest per la mia città!» Niente, più di una giusta andava contro i suoi geni.
«La Breccia di Rohan ci porta troppo vicini ad Isengard!»
«Non possiamo passare sotto le Montagne, passiamoci sotto! Attraverso le Miniere di Moria» il nano aveva la barba interamente incrostata di ghiaccio.

«Sì!» Urlò Arya, dando manforte a Gimli: «Passiamo sotto!»
Gandalf parve davvero turbato, silenzioso per alcuni secondi, poi, disse, grave: «Colui che porta l’Anello, decida»
Se ne lava le mani!
Frodo osservò gli hobbit, sorpreso, poi guardò lei, ancora fra le braccia di Legolas.
 «Attraverseremo le Miniere.»
«Così sia.»
Arya sentì una morsa allo stomaco. Fino ad un minuto fa era assolutamente certa della sua scelta, ma ora iniziava a dubitare.
 
Arrancavano per salire, il sole splendente pareva farsi beffa della loro fatica, non lasciando presupporre niente riguardo all’imminente bufera di neve e scaldandoli con i suoi raggi prepotenti. Imbronciata, Arya mise il piede male, cadendo in avanti. L’atterraggio fu morbido, ma si coprì di neve:  ciglia, sopracciglia, capelli- la sua meravigliosa treccia, come gliela aveva insegnata Fili!- e aveva imprecato fra i denti, in italiano. Riemerse con uno sbuffo, facendo leva sulle ginocchia, carponi. Boromir le allungò la mano, sorridendole: «Ti aiuto io» La ragazza lo guardò dubbiosa per un istante prima di allungare la sua e farsi tirare su dal gondoriano. «Grazie» si spolverò gli abiti dalla neve in eccesso, sospirando per la treccia ormai bagnata, guardandosi prima esasperata. Poi si rivolse a Boromir: «Secondo te la dovrei rifare oppure sta bene così?» l’uomo la guardò come se fosse pazza, ma non le rispose, il suo sguardo fu calamitato da quello che stava accadendo pochi metri più giù. Arya, provando un modo di altruismo, fece un passo verso Frodo, caduto anche lui a terra, ma Boromir la precedette, arrivando poco lontano da lui. Aragorn aveva aiutato Frodo a rialzarsi, l’hobbit sembrava stare bene, ma si stava agitando, cercando qualcosa. L’Anello.

Arya capì subito chi l’avrebbe raccolto. «Boromir …» L’uomo non la parve udire, preso nell’osservare il monile. Il desiderio era l’unica cosa che il suo viso lasciasse trasparire, un desiderio malsano, che ad Arya ricordò spaventosamente Thorin e il suo tesoro. Boromir non poteva finire come lui. Lo avrebbe impedito. Si avviò spedita verso Aragorn, Frodo e Boromir, attenta a non cadere.
«Che strano destino dobbiamo provare tanti timori e dubbi .. per una cosa così piccola … Un oggettino ..»
«Boromir! Dà l’Anello a Frodo.»

 Scosse la testa, quasi a schiarirsi le idee. Bormir allungò il monile  verso i due: «Come desideri. Non mi interessa» Frodo quasi glielo strappò dalle mani – troppo velocemente per i gusti di Arya- e Boromir gli scompigliò i capelli. L’uomo si girò, trovando la figura minuta della ragazza davanti a sé. Lei lo scrutò indecifrabile, prima di sciogliersi in un sorriso gaio: «Suvvia, uomo forte e valoroso! Aiuta una giovane fanciulla a scalare questa maledetta montagna!» e senza aspettare risposta, lo prese sottobraccio, quasi trascinandolo su per la salita. Qualche risatina si levò dagli hobbit e Gimli, spezzando così la tensione creatasi, ma ad Arya non sfuggì la mano di Aragorn sull’elsa della spada.


Era pomeriggio, ancora camminavano, ostruiti dai cumuli di neve e da un venticello freddo molto insistente. Il caldo della mattina pareva essersi dissipato, ma non si poteva dire lo stesso riguardo la tensione. Sebbene si fosse sciolta in precedenza, era di nuovo tornata a farsi sentire con il suo peso opprimente. Arya, stanca di quella situazione di stallo, era ricorsa al più semplice degli espedienti per capovolgere gli eventi.
«Borooomiiir!» cinguettò alla volta dell’uomo, qualche metro avanti a lei.
 «Mh?» L’uomo si era girato, ignaro.
SPAFF!

La palla di neve lo aveva  colpito in pieno sulla guancia, dei cristalli di ghiaccio erano rimasti impigliati nel pizzetto, spruzzandone di bianco il colore fulvo. E Arya si stava piegando in due dalle risate. Non era una risata signorile: era sguaiata, allegra e molto contagiosa, tant’è che anche Gandalf e Gimli stavano ridendo. Perfino Legolas si era sciolto in un sorriso.
«Allora è così, eh?» sibilò Boromir, un ghigno stampato in faccia e le mani intente ad armeggiare con la neve. Un’altra palla partì all’attacco, centrandolo di nuovo: «Non mi avrai mai!»
Non fece neanche in tempo a dirlo  che un proiettile – perché quella non era una palla di neve- la colpì sulla spalla: «Ahia!» ridacchiò: «Pipino! Vieni qui, razza di hobbit! Non si attaccano alle spalle le signorine!»
Ed iniziò la battaglia a palle di neve. Arya si divertì un mondo – che mira perfetta!- attaccando chiunque le capitasse sotto tiro, nessuna distinzione: uomo, stregone, elfo, hobbit o nano. Dire che fosse una battaglia “tutti contro tutti” sarebbe riduttivo. Quella fu una mischia. Una vera e propria guerra, e dovevano anche impegnarsi di più perché il vento forte disintegrava le loro “armi” nella traiettoria di tiro. Quindi, erano colpi ravvicinati. I più pericolosi. 

« Fermi!» Gridò Arya, alzando le mani in segno di pace: le ultime palle di neve andarono a schiantarsi – e una finì sul suo didietro- e tutti la guardarono, i respiri affannosi e le espressioni radiose.
«Perché .. anf … non facciamo .. una gara .. a squadre?» si sentiva accaldata ed era rossa in faccia, come tutti del resto. O quasi. Legolas pareva più rosato del solito ed aveva anche lui un leggero fiatone, ma era raggiante come tutti.
«No no che dobbiamo salire! E’ stata un pausa divertente e ci voleva proprio, lo ammetto, ma dobbiamo incamminarci. Oh, povero me, sono troppo vecchio per queste cose!» disse Gandalf, avanzando.
Così finì la loro battaglia a colpi di palle di neve, la bufera imminente pronta a spazzare via il loro buonumore.
 
«Certo che voi nani non avete molta fantasia per quanto riguarda l’architettura» disse Arya osservando con fare critico le “Mura .. di Moria ..!” come le aveva chiamate Gimli in tono profetico. A lei non erano sembrate nulla di nuovo, solo pietra scabra che si innalzava a vista d’occhio. Certo, sapeva che la sua precedente affermazione era falsa perché aveva visto le meraviglie architettoniche costruite dai nani, però .. insomma, per quanto riguardava la decorazione degli esterni, erano abbastanza deludenti.

«Giovane donna, non sai quel che dici!» affermò stizzito Gimli «Questa .. è la terra dei nostri padri, la punta di diamante delle sette stirpi naniche, la nostra ..»
«So cos’è Moria, grazie Gimli.» ribattè lei stizzita. Era stato Balin stesso ad istruirla. «Stavo solo facendo una constatazione. Per così tanta magnificenza, però, mi sarei aspettata un’entrata più .. regale. Sì, insomma, più d’effetto» concluse lei con un’alzata di spalle.
In quello stesso istante, la luna uscì dal su nascondiglio di nuvole e una porta, che fino a quel momento era rimasta celata agli sguardi di tutti, risplendette, rivelando un ‘immagine di due colonne unite da una sorta di arco scritto in caratteri elfici. Elfici?
«C’è scritto» iniziò Gandalf, picchiettando il bastone sulla superficie di pietra: «Le porte di Durin, Signore di Moria. Dite amici, ed entrate.»
Merry diede voce alle sue domande: «E che cosa vorrebbe dire?»
«Oh, è semplice» rispose lo Stregone gioviale: « Se uno è amico dice la parola magica e le porte di aprono»
Ed iniziò a pronunciare con voce tonante paroloni che Arya non afferrò, evidentemente incantesimi. Restò lì ad aspettare che le porte si aprissero, carica di aspettativa. Perché se Moria somigliava anche vagamente alle meraviglie della Montagna Solitaria, se anche avesse avuto un decimo del suo splendore, della sua magnificenza, della sua ostentata opulenza, Moria sarebbe stata non solo uno splendore per gli occhi, ma un luogo da scoprire ed apprezzare in tutti i suoi aspetti.
Ma erano lì da un po’, e Gandalf non ottenne alcun risultato.

Arya sospirò: «Sarà una lunga notte.»
Si sedette sgraziatamente accanto all’elfo, disfacendosi la treccia: «Mannaggia la pupazza, è tutta rovinata»
Sì, sì, lo so cosa penserete ora Voi lettori: ma come si fa ad essere sulle porte di Moria e pensare all’acconciatura? Ebbene, io vi rispondo: Arya era una donna, e in quanto tale nei primi posti delle sue priorità  vi era non l’aspetto fisico, bensì lo stato dei capelli. Lei non era una persona che si potesse definire bella, o meglio, sì, poteva essere definita così visto che non era di brutto aspetto, ma era scialba e comune, di quelle persone che si posso incrociare per strada tutti i giorni. Oltretutto, i capelli castani e gli occhi scuri non le lasciavano via di scampo: doveva trovare degli escamotage per non passare inosservata. E quella treccia lo era, perché era stato Fili in persona a fargliela per la prima volta – c’era voluto un bel po’ di tempo e molto dolore e tante lacrime- ma una volta finita l’opera era rimasta così estasiata che per la prima volta in vita sua si era sentita bellissima e aveva passato molto tempo a rimirarsi tutta contenta allo specchio. Oltretutto, per i nani, il gesto di farsi i capelli a vicenda era qualcosa di davvero intimo e familiare, che non si concedeva al primo pinco pallino che passava. No, era estremamente importante ed unico, e lei aveva acconsentito a farsi fare la prima treccia da Fili e Kili e un po’ tutta la Compagnia, visto che avevano dato tutti, chi più chi meno, una mano. Ed ora che erano sulle porte di Moria le sembrava giusto provare ad essere bella. Non era solo giusto, era doveroso essere bella. Specie per Balin, magari avrebbe smesso di chiamarla bambina una buona volta. Poi scosse la testa: non avrebbe mai smesso di farlo.

Scoprì con piacere che dopotutto non le dava fastidio.
«Perché ti acconci alla maniera nanica?» le chiese Legolas.
Finì di sciogliere i capelli prima di rispondere: «Bellissimi ricordi. E poi sono .. diversa, originale, con quell’acconciatura.»
Legolas aprì bocca per dire qualcosa ma venne interrotto dalla voce di Gimli: «Ma tu non avevi i capelli lisci?»
La ragazza ridacchiò, passando la mano fra i nodi della chioma e tentando di scioglierli: «Chissà perché dagli elfi sono rimasti lisci. Però se non li asciugo col phon rimangono mossi»
«Phon?» le fece eco: «Cos’è, si mangia?»
« … No. E’ .. » sbuffò. Come poteva spiegarglielo? «Un aggeggio elettrico che spara aria calda se lo infili nella presa elettrica ..»
«Cos’è la presa eclettica? Si mangia?»
«No. Serve per passare l’elettricità .. Uff, lascia stare. Anima le cose.»
«Magia oscura!» esclamò il nano.
«Ma non dire sciocchezze! Nel mio mondo esistono cose ben peggiori della magia oscura, e comunque no, non è né magia né qualcosa che si mangia» si affrettò a dire, vedendo che aveva riaperto la bocca.
«Sarà» commentò lui poco convinto, prima di tornare dov’era prima.
Arya ridacchiò scuotendo la testa e prendendo a rifare la treccia sibilando qua e là quando si tirava le ciocche.
«Ecco qui una parte nascosta della nostra Arya» sghignazzò bonariamente Boromir: «Allora anche a te interessano quei fronzoli che tanto piacciono alle donne»
«Certo che mi interessano» replicò lei, punta nel vivo: « Ma non sono la mia priorità. Bisogna andare oltre l’aspetto fisico, mio caro Boromir, perché non serve a nulla una ragazza bella e scema quando ne hai una intelligente a portata di mano»
«Brava Arya!» Esclamarono Merry e Pipino in coro, cogliendola di sorpresa. Lei guardò Boromir con un sorriso di scherno in viso, facendogli una linguaccia. «Guarda e impara»
Si alzò, andando vicino a Gandalf: «Posso provare  io?» lui nemmeno le rispose, gettò a terra bastone e cappello, facendosi da parte.
Si schiarì la gola, si posizionò davanti alla porta con le mani sui fianchi e lo sguardo concentrato. Allargò le braccia, le mani aperte e la voce tonante: « Apriti, Sesamo!»

Ovviamente, non accadde nulla.
Ovviamente, fece la figura della scema.
Ovviamente, non demorse.

Osservò con aria pensosa la porta di pietra, borbottando qualcosa qua e là.
«Allora?» fece Boromir, ridacchiando apertamente. Lei nemmeno si degnò di rispondergli o di guardarlo: si diresse decisa verso un albero lì vicino, recuperando un rametto da terra. Lo agitò un per aria, borbottando cose tipo: agitare e colpire!, che fece guardare i membri della compagnia l’un l’atro, perplessi.
Sì, sapeva che quello non era l’incantesimo giusto, ma doveva fare qualche prova, no?
«Ehm ehm» si schiarì la voce alla Umbridge, puntando la “bacchetta” verso la porta di pietra: «Alohomora!»  
La porta non si aprì, ovviamente.

«Cosa .. cosa stai facendo?» domandò Legolas confuso. Si confuse ancor di più quando lei gli rivolse uno sguardo di fuoco: «E’ colpa vostra se l’incantesimo non viene!»
«Nostra?» fece Pipino.
«Incantesimo?» ripetè Sam.
«Perché, ora sei anche una strega?» la schernì Boromir, sorridendo apertamente.
«Credi nella magia, Babbano!»
Tornò alla porta, scrutandola con attenzione, le mani sui fianchi e la testa leggermente piegata di lato. «Gandalf, cosa dice l’ultima parte dell’indovinello?»

«Eh? .. Oh, “dite amici, ed entrate”» rispose lui.
«Uhm.. »
“Ragiona” si disse “Amici … Dice di dire amici, non la parola magica, come dice Gandalf. Amici … ma in quale lingua?”
«Amici!» disse in inglese. La Porta non si aprì.
Tentò di nuovo, in italiano: «Amici» Nulla.
«Amis?» nemmeno in francese. E partì a macchinetta, dicendo la medesima parola in tutte le lingue che aveva imparato: «Amigos? Freunde? Druz’ya? Amicus?» No, la porta non si apriva.
«Che cosa .. che cosa stai dicendo?» chiese timido Frodo da qualche parte dietro a lei.
«Hm? Ah, sto dicendo la parola “amici” nelle lingue che conosco .. Ehi!» Il viso s’illuminò di gioia e mandò un bacio all’hobbit, sopreso: «Ma sei un genio, Frodo! Grazie! Gandalf » si rivolse allo Stregone, certa di aver ragione: «Dì amico in elfico»
Gandalf, leggermente perplesso, l’accontentò: «Mellon»

Le porte si aprirono, rivelando una cieca oscurità all’interno della roccia. «Sì!» esultò Arya, saltellando sul posto: «Sono un genio! Sono un maledetto genio! Ah-ah! Hai visto?» si rivolse a Boromir, che la spintonò da dietro per farla entrare,  grave in volto. Lì per lì Aya si sarebbe fermata a protestare, però qualcosa nell’espressione grave su viso degli uomini e degli hobbit la fece tacere. Di nuovo, sentiva quell’odiosa morsa alla bocca dello stomaco.
Gandalf li precedette. Gimli era tutto contento: «Presto, mastro elfo, gusterai la leggendaria ospitalità dei nani: grandi falò .. birra di malto! Carne stagionata con l’osso –Arya arricciò il naso- Questa, amico mio, è la casa di mio cugino Balin e la chiamano una miniera. Una Miniera!»

Ma non era una miniera. Arya lo sapeva da prima che fossero entrati lì dentro, ma ora ne aveva la certezza. In negativo.
Corpi. Corpi ovunque. Scheletri di nani riversi al suolo, con frecce, lance, spade conficcate nelle costole, le armi abbandonate e inutili.

Morti.

Arya rantolò, portandosi una mano alla bocca a coprire il suo muto urlo di sorpresa. Non era la vista dei cadaveri a disturbarla, no. Erano i ricordi: memorie prepotenti che si scatenavano davanti ai suoi stessi occhi, l’ orrore che si dipingeva in gesti orrendi, atroci. Non vedeva più la grigia pietra mineraria, no, vedeva i campi sterili della Desolazione di Smaug, l’oscurità che lasciava spazio alla penombra mattutina, la neve- o  era cenere? - che si posava lenta sul suo volto rigato di lacrime. Udiva indistinte delle voci molto lontane, sbraitavano qualcosa riguardo all’uscire. Ma uscire da dove?

«Arya» qualcuno la stava chiamando. Fili? Non riusciva a girarsi!
«Arya!» Forse era Kili? Quello stupidone, non vedeva che era bloccata?
«Arya sbrigati!» No, guardò in basso, gli occhi vispi di Pipino incontrarono i suoi, confusi e spaventati: «Cosa ..?»
«Dobbiamo andare via!»
 «Via? E perché?» cosa si era persa? La Battaglia era lì! «E’ una tomba! Un’imboscata! Arya, dobbiamo scappare!» le tirava la manica insistentemente, la ragazza leggeva l’urgenza nei suoi occhi. Poi qualcosa, qualcuno, accanto a lei, scivolò.

«Frodo!» 
Un qualcosa, un tentacolo, lo stava trascinando via, verso l’acqua, lontano. Arya non pensò, si buttò si avanti, artigliando le braccia di Frodo in un disperato tentativo di tenerlo a terra: « Non mollare! Resisti!»
Era tutto un inferno  quello che infuriava lì: schizzi, grida, i movimenti del mostro che agitava il tentacolo. Stava stringendo l’hobbit con quanta più forza aveva, non l’avrebbe lasciato, mai, aveva promesso a Bilbo che avrebbe protetto suo nipote e l’avrebbe fatto, a costo di morire. Poi si sentì senza peso, un tuffo allo stomaco e si ritrovò a diversi metri sopra l’acqua, la bocca del mostro aperta sotto si loro. Il panico subentrò allora: «Aiuto! Aragorn! Boromir! Aiuto! Legolas!» stava stritolando le braccia dell’hobbit, ma adesso non era per mantenere fede al voto di Bilbo, no, se avesse mollato la presa sarebbe caduta fra le fauci del mostro, non voleva.

Caddero entrambi, Arya non riuscì a mantenere la presa, precipitò. Il cuore sembrava volesse scapparle via dal petto tanto batteva forte, strillava terrorizzata, l’aria le scappò via dai polmoni quando finì fra le braccia di qualcuno, Aragorn.
«Corri!» La prese per il polso, spronandola ad uscire, la spada della ragazza abbandonata nel fodero, completamente dimenticata. Scapparono all’interno, seguiti a ruota da Boromir e Frodo , tallonati dal mostro.
Una pioggia di pietre precipitò su di loro ostruendo l’entrata nelle Miniere. Arya inciampò e crollò al suolo, il fiatone irrefrenabile, poi piombò l’oscurità su di loro. E quello fu il momento in cui ebbe più paura, quando il buio li avvolse in un baratro oscuro intangibile e senza fine.

«Non abbiamo altra scelta» disse Gandalf da qualche parte dietro di lei: «Dobbiamo addentrarci nelle miniere»
La luce rischiarò loro il cammino e Arya sospirò nervosa prima di riprendere fiato. Qualcuno si piegò accanto a lei, aiutandola ad alzarsi: «Ti senti bene?» Legolas la guardava preoccupato, sfiorandole con le dita un taglio sulla guancia. Lei annuì, poggiandosi a lui per rialzarsi: si era tagliata anche i palmi delle mani nella caduta, mannaggia. Un lieve bruciore le importunava le mani, ma era sopportabile. Sconvolgente fu l’abbraccio stritolaossa che ricevette da parte di Boromir, subito emulato dagli hobbit e da Gandalf.
Arya sorrideva nel vedere tutto quell’affetto solo per lei: «Sto bene! Davvero!»
 «Perfetto allora. State vicini e in silenzio. E’ un viaggio di quattro giorni fino all’altra parte, speriamo che la nostra presenza passi inosservata.»
Arya gemette- quattro giorno di silenzio, come avrebbe fatto?
Si concesse un’ultima frase, sospirando: «Bè, signori, buon Capodanno»
 
Hi there! Sì, sono viva, non sono morta! Che ne pensate? Troppo lungo? Pesante? Chiedo venia per il ritardo e vi faccio le mie condoglianze: domani scuola ç.ç
Noticine:
Il phon era per te, Marty <3; Sì, nelle miniere Arya ha avuto un mini-attacco di panico, tutta colpa dell'orrore che ha passato nella Battaglia dei Cinque Eserciti per le morti di Voi-Sapete-Chi. Non fate spoiler nelle recensioni, perfavore che ci sono lettori -Martina!- che non lo sanno :3 ; il fatto della treccia .. spero che non vi risulti banale. Ma ho avuto modo di sperimentare quel tipo di emozione, suppongo che voi ragazze comprendiate xD
Uff .. non mi ricordo cosa volevo dirvi se non che ringrazio tutti i recensori e le anime pie che hanno preferito/seguito/recensito/ricordato WiC - è la sigla della mia ff u.u - davvero, grazie!
Condoglianze a tutti quelli che come me preferirebbero partecipare agli Hunger Games piuttosto che tornare a scuola :/ (domani sveglia alle sei :'/ )
Bacioni <3
PS:
L'acconciatura di Arya è la treccia di Elsa - Frozen - <3



 
 
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Fenio394Sparrow