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Autore: J85    16/09/2014    3 recensioni
Senza un apparente motivo, 10 persone, 7 maschi e 3 femmine, con caratteristiche totalmente differenti tra di loro e completamente all'oscuro l'uno dell'altro, si ritroveranno improvvisamente dentro un'enorme stanza dalle pareti metalliche.
Nessuno di loro ricorda come abbia fatto a finire lì dentro e, ancora meno, è a conoscenza delle difficili prove che insieme dovranno affrontare per procedere verso un'insperata libertà.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2

“Comincia il gioco!”

 

 

 

Metallo.

Tutto intorno a loro era fatto, almeno superficialmente, di metallo. Dieci figure erano sdraiate in terra apparentemente svenute. Sette uomini e tre donne immersi in un sonno senza sogni.

Il primo a ridestarsi fu Tommaso Orsi, giovane promessa del calcio italiano, “Oddio… che ore sono?”.

Appena si rese conto di non essere nella sua camera da letto, o in quella di un albergo, cominciò ad indagare sull’ambiente tutto intorno a lui “Che posto è questo?”

“Sembra quasi il set di qualche film di fantascienza!” esclamò una voce alle sue spalle.

Il ragazzo si girò e vide Rosa Simone, attrice emergente e molto promettente, del cinema italiano.

“Ehi, io ti ho già visto?!”

“Penso tu non sia l’unico…” rispose in tono ironico la ragazza.

“Sembra che siamo dentro un enorme scatola di metallo…” osservò una terza voce.

I due si girarono verso quest’ultima e videro Oscar Testa, politico che aveva fatto tanto per il suo paese nei tempi passati, fino a meritarsi una lauta pensione.

I tre colsero l’occasione per presentarsi in maniera più adeguata, nonostante la situazione irreale in cui erano finiti quando sentirono degli spari.

Nella direzione da cui provenivano vi era Andrea Lupo, il migliore, o per lo meno così lui credeva, ladro di tutta la penisola che, per la prima volta nella sua vita, provava la terribile sensazione di essere imprigionato e senza una via d’uscita.

I tre non sapevano come comportarsi per far smettere l’uomo. Per fortuna in loro soccorso venne un secondo individuo.

“Getta quella pistola!”.

A quell’ordine perentorio, Andrea si girò e vide un volto che non gli era del tutto sconosciuto. Infatti aveva davanti a sé Roberto Santucci, finito spesso nelle cronache della stampa nazionale per aver sventato molte rapine e aver scoperto tanti traffici illeciti.

“Sì… hai ragione! In fondo era del tutto inutile che continuassi…” approvò l’idea senza tanti problemi.

Ora in gioco c’erano cinque persone che, una volta rivelate le loro identità, ricominciarono ad osservare l’ambiente circostante.

“Grazie ragazzo, ma non mi serve più la tua copertura” suggerì Roberto ad un angolo buio dell’enorme stanza, dove non sembrava ci fossero ulteriori presenze.

“Sì signore!” a parlare, in un tono tipicamente militare, era stato un ragazzo dall’aspetto molto giovane, ma con indosso un’uniforme militare: il suo nome era Simone Sarti, giovane soldato dell’esercito nostrano.

Presentatosi  anche lui al gruppo di persone che si era formato, si unì ad esse nella ricerca di una qualche uscita da quel posto che in lui non creava quella soggezione che creava in altri.

Tornati nel posto in cui erano presenti altre persone prive di conoscenza, trovarono ad aspettarli una giovane ragazza dai capelli biondi che appena li vide esclamò risollevata “Meno male! Qualcuno di vivo c’è allora!”

Questa si presentò come Sara Silvestri, di professione avventuriera.

In terra c’erano ancora tre corpi, sicuramente in vita visto  alzarsi ed abbassarsi del loro torace ritmato dal respiro.

La stanza in cui erano prigionieri aveva una forma ad anello per cui, chiunque avesse fatto il suo intero giro, si sarebbe ritrovato inevitabilmente al punto di partenza. Nonostante fosse completamente ricoperta di ferro, non vi era presenza di pulsanti, leve o qualsiasi altro marchingegno che facesse attivare un sistema con lo scopo, almeno nelle speranze dei reclusi, di poterli condurre verso l’uscita da quel tremendo incubo in cui attualmente si trovavano.

Il risveglio successivo fu quello di Carla Wilson, una dottoressa italo-americana che si mise subito a controllare lo stato di salute dei presenti, compresi i dormienti.

L’attesa era snervante per i ragazzi, che cominciavano a dare segni di nervosismo per il mancato sviluppo della situazione.

“Ma insomma! Mi potete dire cosa ci facciamo qua dentro?!” esplose di colpo Andrea.

A questa reazione improvvisa il tutore dell’ordine ed il soldato avevano, quasi contemporaneamente, puntato le loro armi verso il delinquente.

“Calmati Lupo! Se lo sapessimo pensi che staremmo qui a perdere ulteriore tempo?” gli rispose nel modo più diplomatico possibile Roberto.

“Magari è uno scherzo…” si azzardò a suggerire Tommaso.

“Se lo è, è uno scherzo che non mi fa ridere per niente!” disse seccata Sara, mentre continuava a perlustrare la stanza alla ricerca di uno spiraglio, anche misero.

Mentre ascoltava gli altri scambiarsi opinioni differenti sulla questione, Oscar cercava di individuare quale dei suoi nemici politici potesse aver organizzato quel piano diabolico, se davvero fosse stato uno di loro ovviamente.

“Ehi venite! Se ne sta svegliando un altro!” avvertì tutti sbrigativamente la dottoressa Wilson.

Il ragazzo che si destò era il giovane rampollo di una delle famiglie più famose, ricche e potenti, della penisola: il suo nome era Marco Sciullo.

“Diamine! Che posto è mai questo?” furono le sue prime parole, denotando un particolare difetto di pronuncia conosciuto come erre moscia.

“Alzati lentamente sennò rischi dei forti giramenti di testa” furono le premure della bionda Carla.

Fatte anche in questo caso le presentazioni e, una volta che i ragazzi appresero che anche l’ultimo acquisto di quella variegata compagnia era all’oscuro di chi fosse il loro guardiano, cominciarono mano a mano a sedersi, esausti, nel freddo pavimento della loro sinistra prigione.

Due minuti, cinque, dieci, venti, mezzora, un’ora, due, dieci, venti… nessuno sapeva quanto tempo era passato da quando uno degli inquilini avesse emesso anche un lieve suono dalla propria bocca, l’atmosfera era diventata davvero insopportabile dentro quella specie di bunker ed i ragazzi stavano perdendo anche le ultime residue speranze di salvezza.

“Ehi… ma questo signore è uno scienziato…” informò ad alta voce la dottoressa mentre osservava il cartellino che era attaccato all’uniforme bianca dell’uomo, l’ultimo rimasto privo di conoscenza. Di certo la giovane donna non pensava che, la sua affermazione, avrebbe creato una tale reazione nel comportamento delle altre persone presenti.

il primo fu Andrea Lupo, mentre si accendeva una sigaretta “Magari lui sa dove ci troviamo…” e, mentre gli altri cominciavano segretamente ad appoggiare l’intuizione del ladro, quest’ultimo si fiondò rapidamente sull’interessato e cominciò a tempestarlo di calci, nella speranza che quel metodo rude, ma spesso efficace, potesse farlo ridestare.

“Fermati subito Lupo!” disse Sarti puntandogli contro il fucile militare che portava con sé, finché dovette desistere dal suo progetto, poiché un’altra persona si era unita al singolare pestaggio…

“Forza! Che fate lì? Venite ad aiutarci!” incoraggiò i presenti Sara impegnata, sempre di più, nel tirare pedate contro il corpo carente di altezza dello sfortunato.

“Ma è davvero obbligatorio usare questo metodo?” chiese, più a sé stesso che agli altri, Orsi.

“Signorina cosa sta facendo? Si calmi…” provò ad intervenire a difesa del disgraziato Testa.

La cosa incredibile però si rilevò essere la totale mancanza di reazioni da parte dello scienziato sdraiato a terra.

“Forse con lui hanno usato una maggiore dose di sonnifero rispetto a noi altri…” pensò Carla, nel cercare una risposta logica per quello strano fenomeno di estraniazione dal mondo esterno.

Alla fine qualcuno si decise ad intervenire: “Calmati Sara!” le ordinò Rosa mentre la portava via aiutata da Tommaso mentre Roberto, con le spalle ben coperte da Simone, rimuoveva fisicamente Andrea senza dire una parola.

“Che primitivi! Cosa ci vorrà mai a ridestare un povero cristiano!” affermò sicuro di sé il giovane Sciullo, mentre si avvicinava alla persona e cominciava a colpirgli il volto con leggeri schiaffi dicendo “Su, si svegli signore… signore mi sente… mi faccia questo favore… si è svegliato?”.

Vedendo che questo suo metodo non stava dando i frutti sperati, inconsciamente i suoi schiaffi stavano diventando sempre più veloci e violenti.

“Penso che così possa bastare…” gli disse Carla, mentre con la mano sinistra fermava la sua dall’infierire ulteriori colpi.

“Oh… sì, certo!” concordò il giovane, una volta accortosi del suo incedere aggressivo.

Ad un tratto, un rumore di schiocco metallico venne udito in tutta l’enorme stanza.

“Cos’è stato?” domandò leggermente spaventato Testa.

“Sembrava un rumore metallico…” provò a rispondere Santucci.

“Ma davvero? Che scoperta…” ironizzò Lupo.

“Non sei nella posizione di fare commenti ironici Lupo!” gli ricordò freddamente Sarti.

“Non sarà mica un ingranaggio che si è attivato?” ipotizzò terribilmente preoccupata Silvestri.

“Ci mancherebbe solo questa…” commentò, mettendosi una mano sulla bocca, Rosa.

Mentre tutti si guardavano intorno, per notare anche solo il minimo cambiamento in quel freddo ambiente in cui si erano risvegliati, alle spalle della dottoressa Wilson qualcosa si muoveva…

“Mmmmmm…” fu lo strano verso che spaventò la giovane ragazza, che attirò subito i suoi nuovi compagni con un potente urlo.

“Aaaaaaahhhhhhhh!!!!!!!!!”.

In men che non si dica, la cosa che aveva emesso quello strano verso aveva puntato contro di sé ben tre armi da fuoco. Rispettivamente quelle di: Roberto Santucci, Alessandro Lupo e Simone Sarti.

Con un grande sospiro di sollievo, al posto di chi sa quale strano essere mai visto sulla faccia della terra, i ragazzi si trovarono davanti lo scienziato che, poco prima, avevano malmenato in tutti i modi possibili.

Il tizio che si era appena risvegliato, forse proprio a causa del rumore metallico, si stava tranquillamente stiracchiando le membra.

L’uomo di scienza si presentò come Stefano Noro, inventore privato dalla brillante mente ma, allo stesso tempo, totalmente all’oscuro del curioso progetto in cui stavano rinchiusi dentro.

Inutile aggiungere che, dopo quest’ultima novità, il morale dei ragazzi era pesantemente a terra, portando il lunghissimo momento di silenzio che era calato su questa compagnia, composta da elementi di derivazioni differenti.

Ognuna delle menti dei personaggi era impegnata nel pensare agli appuntamenti a cui erano costretti, non per loro volontà, a rinunciare: Tommaso pensava ai vari allenamenti e partite a cui non poteva partecipare, Sara aveva un sacco di progetti che non le permettevano assolutamente di rimanere rinchiusa per ulteriore tempo lì dentro, Andrea pensava a come l’avrebbe presa la sua banda della sua fuga improvvisa, Roberto si preoccupava della sicurezza della propria città ora che lui era impegnato in questa assurda faccenda, Carla aveva sulla coscienza tutti i suoi fedeli pazienti che trovavano chiuso il suo studio, Simone era più che altro rammaricato di non riuscire ad evadere da quella immensa trappola dopo tutti gli esercizi fatti sul campo, Stefano aveva lasciato il suo laboratorio totalmente alla portata della sua nipotina, Rosa poteva apprezzare quel posto solamente se si fosse trattato di un vero set cinematografico, Marco aveva la sua famiglia che non gli permetteva di essere mai stato in difficoltà come questa ed infine Oscar, il più anziano, era rammaricato per i suoi colleghi politici che venivano regolarmente a chiedergli consiglio per le scelte da prendere.

“Forza ragazzi non possiamo abbatterci così!”.

Tutti si voltarono verso quel folle che voleva, in tutti i modi, risollevare il loro morale: Orsi.

“Sì, è vero, la situazione è delle più assurde ma una via d’uscita ci deve essere per forza…” e, detto questo, li guardò uno ad uno per verificare una loro eventuale reazione.

Dopo aver riflettuto su quelle parole, Sara si alzò di scatto “Ma sì, hai ragione! Io non posso più permettermi di restare qui a girarmi i pollici!”.

“In fondo, è che come se fosse un film” esclamò in maniera rassicurata Rosa, mentre si alzava anch’essa.

“Un’uscita ci deve essere sicuramente!” disse sicuro di sé Simone, con la speranza che tornava ad ardere in lui.

“Non c’è riuscita Alcatraz a fermarmi, figurati questa sciocchezza…” informò gli altri Andrea, con un ghigno beffardo sul volto.

Mentre anche il resto del gruppo si decise a rialzarsi, Oscar era così felice di vedere dei giovani con grandi aspettative.

Stefano richiamò l’attenzione di tutti su un particolare “Ma quella non è una porta?” indicando una parte della parete metallica che aveva, in effetti, tutte le sembianze di una via di collegamento con un ipotetico altro scompartimento.

“Sembrerebbe di sì…” aggiunse Carla.

“Cerchiamo di aprirla, forza ragazzi!” esortò tutti quanti Roberto.

Dopo quelle parole tutti e dieci i personaggi si avventarono contro la probabile uscita cercando, nei modi più svariati possibili, di sfondarla.

Il primo tentativo fu quello, piuttosto avventato, di Lupo che cominciò a sparargli contro, cercando di danneggiare la serratura e, allo stesso tempo, non curante dei proiettili che ci rimbalzavano sopra, per poi tornare pericolosamente indietro.

“Ma sei pazzo! Vuoi ammazzarci tutti?” riuscì a fermarlo Santucci.

Il maestro dei ladri non riuscì neanche ad aprire la bocca per controbattere, che già altri stavano mettendo in atto il loro stratagemma.

“Ferme ragazze! Il vostro tentativo è del tutto inutile!” tentò di persuadere le due giovani donne a desistere Sarti.

Dopo altri due o tre dei loro personali tentativi, consistenti in dei semplici ma pur violenti calci, Silvestri e la Simone si placarono insoddisfatte.

“Lasciate fare a me!”.

Tutti si voltarono verso Tommaso pronto alla rincorsa, praticamente come se dovesse battere un calcio di rigore, e scagliò il suo potentissimo destro contro la porta.

L’unico risultato fu, ovviamente, che il calciatore si dovette far medicare dalla paziente dottoressa.

Mentre ciò avveniva, tutti si fermarono ad osservare un altro di loro. Infatti, era già un po’ di tempo che Noro osservava meticolosamente la porta e la parete su cui era posta sperando, come tutti, di trovare l’interruttore di apertura di quell’ostacolo.

Alla fine di questa operazione, l’uomo di scienza si girò verso i compagni e concluse “Mi dispiace ma non ci capisco niente…”.

“Oddio! Rimarremo qui per sempre!” esclamò quasi in preda alle lacrime Sciullo.

Il pensiero di tutti era esattamente lo stesso e la rassegnazione era di nuovo comparsa in tutta la truppa.

“Eppure la cosa è strana…”cominciò uno dei suoi ragionamenti ad alta voce Testa, mentre gli altri si girarono verso di lui “anche se accettiamo il caso di essere stati rapiti, qualcuno si dovrebbe comunque presentare per metterci a corrente di tutto quello che è successo… anche solo per dirci che si sono impegnati nell’informare le nostre famiglie!”

“Oh sì, la famiglia…” disse contrariata Sara.

“Per chi ce l’ha una famiglia…” affermò tristemente e sottovoce Simone.

“E magari avvisare anche il mio agente…” suggerì seccata Rosa.

“O il mister…” si aggiunse Tommaso.

“Per il riscatto non ci sarebbero problemi, visto che pagherebbero tutto quanto i miei!” si vantò inutilmente Marco.

“Anche i miei pazienti che troveranno chiuso il mio ambulatorio” non riuscì a trattenere le lacrime la giovane Carla.

“Ora basta!” e tutti si voltarono verso l’urlatore “È mai possibile che non ci sia nessuno che ci stia osservando in questo momento!” urlò ancora Andrea.

“Ora calmati Lupo…” lo invitò al silenzio, con ben poca convinzione, Roberto.

Nonostante quest’ultima sfuriata, gli orecchi di tutti erano tesi nel captare il minimo segno di risposta da parte di qualcuno.

Silenzio.

“È inutile, sembra proprio che non ci sia…”

non fece in tempo a finire la frase Stefano che, all’improvviso, una voce tuonò da degli altoparlanti invisibili alla vista dei ragazzi: “SCUSATE PER L’ATTESA SIGNORI, ORA POTETE ENTRARE…”

“Cos’era?” chiese, con poca fiducia verso la risposta degli altri, Sara.

“Chi ha parlato?” domandò Tommaso.

“Dal tono sembra che ci siano degli altoparlanti nascosti in questa stanza…” osservò in maniera molto spicciola Noro.

“Questo vuol dire che i nostri sequestratori sono ottimamente organizzati!” concluse Sarti.

“Benissimo, mi ci mancava anche questa!” protestò in maniera piuttosto plateale la giovane Rosa.

Con un forte rumore la porta si aprì in un battito di ciglia, lasciando stupefatti i presenti, memori di tutte le loro precedenti iniziative di scasso.

“VI PREGHIAMO DI PROSEGUIRE, GRAZIE” la misteriosa e tecnologica voce si era di nuovo fatta sentire.

“Io invece non mi muovo di qui!” ribatté a muso duro la Simone.

“Giusto! Perché dovremmo sottostare agli ordini di una voce metallica?” si appoggiò alla protesta Lupo.

“Forse perché è l’unica cosa da fare…” ipotizzò Sciullo.

“Io proporrei di seguire le indicazioni della voce” suggerì timidamente Wilson.

“Certo, ci sono alte possibilità che si tratti di una trappola…” espose il problema Sarti.

“Ma finché rimaniamo qui non lo sapremo mai!” concluse Santucci.

“Una decisione va comunque presa… due sono le ipotesi: 1) rimaniamo qui e controlliamo di cima a fondo se, in questa prigione, c’è una via di fuga oppure 2) prendiamo quella che c’è stata indicata da una voce contraffatta… a voi le conclusioni, signori” l’esposizione di Testa mise a tacere qualsiasi ulteriore protesta sulla piega che aveva preso la situazione.

Dopo un attimo di pausa, qualcuno si decise a muovere i primi passi.

“Io vado!” informò la comitiva Silvestri.

Fatti appena due passi, la bionda venne fermata e afferrata per un polso.

“Aspetta un secondo! Se dobbiamo prendere una decisione, la prenderemo tutti insieme!” tentò di dissuaderla Orsi.

Durante tutto questo scambio di opinioni, Noro si era disinteressato totalmente dei vari discorsi per concentrarsi unicamente sull’apertura che si era venuta a creare.

Alla fine, anche gli altri se ne accorsero ed aspettarono, fiduciosi, un suo intervento.

“Esaminandola rapidamente, non mi sembra ci sia un alto grado di pericolosità…” tentò di rilassare gli animi lo scienziato.

Tra le dieci persone, sette uomini e tre donne, a prendere la decisione finale fu un undicesimo soggetto: il loro carceriere.

Da dei buchi minuscoli, ma quantitativamente elevati, cominciò a fuoriuscire un minaccioso gas di colore verdognolo e, accortisi in tempo del pericolo che comportava rimanere lì dentro, gli occupanti evacuarono velocemente verso la porta.

La loro avventura era appena iniziata!

  
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