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Autore: lallipumbaa    16/09/2014    1 recensioni
[Rock of Ages]
Stacee Jax: rock star, amato dal pubblico (principalmente quello femminile), perso in un tunnel di droga e alcool.
Charlotte Sin: giornalista della rivista 'Rolling Stone' con alle spalle decisioni dolorose.
Si lasciò scivolare dalla mano la bottiglia vuota di Scotch e cominciò a fissare il soffitto della camera da letto della mega suite ad attico dell’hotel Chateau Marmont. Si perse nei pensieri. Era da una vita che non la vedeva. Nonostate la vita che aveva fatto, le donne che si era fatto, non l’aveva mai dimenticata.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Era stato un errore. Un errore madornale. Non avrebbe mai dovuto accettare di fare quell’intervista. Quello stronzo del suo capo lo sapeva che in passato aveva avuto una relazione con lui e pensava che magari la rock star si sarebbe lasciata andare un po’ di più vedendo una persona familiare. Invece aveva fatto lo stronzo come da personaggio. Erano passati 8 anni dall’ultima volta che l’aveva visto e il suo cuore si era dimenticato di lui. Era comunque una sua grande fan e sapeva le sue canzoni a memoria, ma il sentimento che la legava a lui era svanito da molto tempo. O meglio. L’aveva sotterrato sotto metri e metri di terra e ora si era risvegliato come uno zombie in un film splatter.
E ora era lì, al Bourbon Room, in mezzo alla folla in delirio per l’ultimo concerto degli Arsenal prima della carriera da solista del frontman… il fantastico, eccentrico e sballa-ormoni Stacee Jaxx.
Ricordava perfettamente il loro ultimo incontro.

Era il 1979. Gli Arsenal erano la rock band più famosa nell’universo musicale , il primo album “Steack Meat” aveva venduto milioni di dischi e anche il disco “Arsenal – live at Bourbon Room” del 1977 era sempre sold out. E lei era la fidanzata del frontman. Lo amava. Lo amava davvero. In quattro anni ne avevano passate di ogni e gli era stata accanto in momenti belli e momenti difficili. Stacee Jaxx era una persona complicata, lo sapeva perfettamente. Ma lo capiva come nessun altro. Solo che quel rapporto la stava portando all’autodistruzione. Non ce la faceva più. Lo amava, ma il suo amor proprio l’aveva portata alla conclusione che se lei voleva salvarsi avrebbe dovuto lasciarlo andare. Era rinchiusa nel Tour Bus, piangendo disperatamente. Nessuno sapeva dove fosse andata e sicuramente nessuno se lo stava domandando. Guardava tutte le foto – rinchiuse in una scatola ben custodita - che li ritraevano insieme anche prima della fama. Molte volte gli altri membri della band le avevano detto di lasciarlo perdere non perché non la sopportassero, anzi, la adoravano tutti, ma per il suo bene. La vedevano che soffriva troppo. Lui era cambiato. La fama l’aveva cambiato. Perché ora lui non era più Stephen Jackson. Andò in bagno e si lavò il viso. Gli occhi erano ancora rossi di pianto ma non le fregava nulla.
Salì nella mega suite del Ritz di New York trovando i soliti gorilloni alla porta. Fuori c’era Paul Gill – manager di Stacee attaccato al telefono vicino alla porta che non la degnò di uno sguardo. Lo odiava quell’uomo. Viscido come pochi. Entrò nella stanza e il deliro dilagava, ma sapeva che Stacee non era lì. Puntò la camera da letto principale dove altre guardie del corpo sorvegliavano la porta. Entrò nella camera aprendosi da sola la porta trovando quello che ultimamente trovava molto spesso: Stacee, completamente nudo attorniato da tre groupies intento a farsi soddisfare in altrettanti modi contemporaneamente. Dalle bottiglie di Scotch a terra poteva anche dedurre che fosse come al solito ubriaco fradicio. “Stace…” lo chiamò lei, la voce più forte di quanto avrebbe potuto credere, abbreviando il suo nome d’arte. Lo vide aprire gli occhi, quegli occhi un tempo limpidi e ora offuscati dagli eccessi, le pupille dilatate dall’eccitazione. “Gwen…” lo sentì dire, ma aveva a malapena mosso le labbra. “Stace, i-io…” provò a dire, la voce rotta da lacrime che non volevano saperne di stare al loro posto “…vuoi unirti a noi? Sai che per te posto c’è sempre…”  biascicò ubriaco, strafottente e molto probabilmente strafatto aprendo le braccia come per accoglierla. Prese un respiro profondo e si fece seria “Stace, io me ne vado. Sono stanca, sono stufa.” L’uomo, ancora totalmente stordito fermò le ragazze e le spostò da lui. Barcollando scese dal letto. Non si era mai spiegata come diavolo facesse a vivere in perenne stordimento. I suoi capelli castani appiccicati al volto, gli occhi fissi su di lei. Dannatamente belli e dannatamente profondi. “No.” Sentenziò avvicinandosi a lei “Non sono ai tuoi ordini e non sono una delle tue groupies. Sono la tua cazzo di fidanzata! E mi sono rotta di fare questa vita, di vederti in queste condizioni!” lo vide inciampare e corse a sorreggerlo prima che rovinasse a terra “DIO!!!! Non ti reggi nemmeno in piedi!!” “Non andartene…” le disse accarezzandole il viso “Stace, non rendere le cose più difficili di quanto non lo siano già. Non hai bisogno di me. Se ti fossi bastata io non avresti avuto bisogno di loro.” A questa non rispose. Gli sorrise con occhi umidi e gli spostò i capelli dalla fronte. “Ti auguro tutto il meglio, Stace…”. Lo baciò sulla fronte e gli voltò le spalle, andandosene dalla camera. Prima di chiudere la porta lanciò uno sguardo all’uomo, vedendo che già tutte e tre le ragazze stavano pensando a consolarlo. Se la chiuse alle spalle e si mise una mano sul viso, dando il via alle lacrime. Sentì la voce del manager di Stacee “Ora hai capito? Stacee non ha bisogno di te. Credo che la nostra superstar d’ora in poi starà meglio!”. Alzò il viso, fulminandolo “Paul. FOTTITI.”

“Love is like a bomb, baby, c'mon get it on
Livin' like a lover with a radar phone
Lookin' like a tramp, like a video vamp
Demolition woman, can I be your man?
Razzle 'n' a dazzle 'n' a flash a little light
Television lover, baby, go all night
Sometime, anytime, sugar me sweet
Little miss ah innocent sugar me, yeah!”

Dannato l’editore. Dannato Stacee Jaxx. Mezzora prima in camerino quasi non l’aveva riconosciuta. Era vero che i capelli da neri e dritti che erano un tempo ora erano di un castano ramato e a boccoli morbidi, i vestiti erano cambiati ed era cambiato il suo atteggiamento, ma lei era comunque ancora la ventitreenne che se n’era andata quella sera. Dopo che durante l’intervista l’aveva quasi trattata a pesci in faccia gli era sbottata contro. Paul Gill – che sicuramente l’aveva riconosciuta nonostante lei scrivesse sul Rolling Stone con lo pseudonimo di Charlotte Sin – stava cercando di sbatterla fuori dal camerino, ma si liberò dalla sua presa dando uno strattone col braccio. “Non toccarmi!” si rigirò verso il cantante “Stace quando capirai che fino a quando questo manager ti starà attorno continuando a portarti in tour drogandoti con alcool e donne fino allo stordimento, mentre lui guadagna soldi, la tua carriera cola a picco peggio del Titanic?!” La fissò a lungo per poi esordire “Fuori…” “Ecco. Bravo Stacee! Non avrei trovato parole migliori!” commentò Paul “No. Non lei. Tu fuori. Tutti voi.” Rispose sempre non schiodando lo sguardo da lei. Quando nel camerino ci furono solo loro due le si avvicinò. La bandana sulla fronte, la giacca in pelle borchiata, i pantaloni in pelle. Aveva più tatuaggi dell’ultima volta che l’aveva visto. “Gwen…” sussurrò prendendole delicatamente il volto tra le mani “Ciao Stace…” lo salutò sorridendogli “…ho fatto fatica a riconoscerti, ma la tua grinta è inconfondibile… e scommetto che sotto quella camicia il tatuaggio c’è ancora.” Disse abbassando la mano facendola scorrere sul suo petto fino al punto in cui la camicia si infilava nella gonna. “Giù le mani, cowboy.” Lo apostrofò tirandogli un buffetto sulla mano, facendo riferimento alla sua canzone Wanted dead or alive “Non sei cambiato affatto dall’ultima volta che ci siamo visti. Anzi. Sei quasi peggiorato. Quando capirai che non riuscirai più ad allontanarti dall’immagine di Stacee Jaxx sarà troppo tardi. Pensi di essere un dio del rock… ma quello che hai attorno non è amore.”. Stacee si staccò da lei, cominciando a girarle attorno come un avvoltoio usando quel suo tono di voce profondo da scombussolarle gli ormoni. “Amore? No… a microfoni spenti. Questo è sesso. Sono legato all’immagine che i tuoi lettori hanno di me, che il mondo ha di me… Io sono schiavo del rock… sono alla ricerca della canzone perfetta, del suono perfetto che faccia desiderare di vivere per sempre. Ma non potrò mai farlo, perché sono schiavo. Te l’ho detto… Io mi conosco meglio di chiunque altro… perché io ci vivo qui dentro… E nessuno può capirlo.”. Gwen lo afferrò per la cintura e lo tirò a sé guardandolo dritto negli occhi “Io sì… io sì…”.

“Take a bottle, shake it up
Break the bubble, break it up

Pour some sugar on me
Ooh, in the name of love
Pour some sugar on me
C'mon fire me up
Pour your sugar on me
Oh, I can't get enough”

Stacee tirò sul palco una ragazza che cominciò a strusciarsi addosso.

“I'm hot, sticky sweet
From my head to my feet yeah!”

La povera ragazza durò la fine dei due versi per poi svenire direttamente tra le braccia del frontman.
Non riusciva a smettere di pensare a prima…
L’aveva sedotta, e lei era tornata a 8 anni prima ma con la testa dei suoi 31 anni. Quando a tradimento le aveva praticamente sfilato in un nano secondo la gonna intravide il suo sorriso soddisfatto vedendo il tatuaggio che entrambi avevano in due parti del corpo diverse: lui sulla spalla destra e lei vicino all’osso dell’anca sinistra poco sopra l’elastico degli slip. Era un sole tribale che consisteva in un cerchio circondato da raggi e in mezzo due forme allungate che segnavano i 4 punti cardinali creando un cerchio più piccolo nel centro esatto. Se l’erano fatto nel ’76 in un momento di pazzia, ma dopo tutti quegli anni non aveva mai avuto rimpianti al riguardo. L’aveva praticamente sbattuto sul tavolo da biliardo e la sua espressione abbastanza sconcertata la fece quasi morire dal ridere.
Non seppe se per caso o se perché l’avesse vista nel mezzo della folla ma riprese a cantare indicando verso di lei e fu come se il suo sguardo la perforasse.

“You got the peaches, I got the cream
Sweet to taste, saccharine
'cause I'm hot, say what, sticky sweet
From my head, my head, to my feet”

Erano stati lì lì davvero per farlo sul tavolo da biliardo. Era sopra di lui in intimo e stivali al ginocchio, mentre Stacee le toglieva i capelli dal volto “Questo…” sussurrò l’uomo ansimando “Questo?” gli chiese avvicinando si per baciarlo “…questo anche a microfoni accesi…”. Gwen si bloccò. Tutto quello che le aveva detto, su fatto che volesse veramente sapere cosa fosse l’amore, che volesse che glielo mostrasse… tutte balle. Stava per fare una stronzata, e di tempo per sotterrare i sentimenti che provava per lui ce ne aveva messo troppo per gettare tutto all’aria in quel modo. Si levò da sopra di lui arrancando per scendere dal tavolo. “E-ehi!” commentò ancora sdraiato “N-no, non è una buona idea. Non è una buona idea!!” continuò a ripetere in loop mentre raccoglieva velocemente i vestiti seminati per il camerino e usciva senza preoccuparsi di vestirsi e senza nemmeno salutarlo. Fuori dalla porta trovò gorilloni, groupie, Che Bello (il babbuino di Stacee – probabilmente il suo unico e vero amico in tutto il gruppo) e Paul che, mentre cercava di risolvere il cubo di Rubik, commentò “Non vedo l’ora di leggere l’articolo!”. Si fermò solo per fulminarlo e dirigersi al bagno.

“Do you take sugar? one lump or two?

Take a bottle, shake it up
Break the bubble, break it up

Pour some sugar on me
Ooh, in the name of love
Pour some sugar on me
C'mon fire me up
Pour your sugar on me
Oh, I can't get enough”

Stacee era vivo sul palco. Lì si sentiva a suo agio… quella era casa sua. Il problema era fuori dal palco. Finita la canzone se ne andò dal Bourbon Room. Doveva schiarirsi le idee.

La donna che era nel letto con lui si alzò per rivestirsi e non la degnò di uno sguardo. Si lasciò scivolare dalla mano la bottiglia vuota di Scotch e cominciò a fissare il soffitto della camera da letto della mega suite ad attico dell’hotel Chateau Marmont. Si perse nei pensieri. Era da una vita che non la vedeva. Nonostate la vita che aveva fatto, le donne che si era fatto, non l’aveva mai dimenticata. Aveva un ricordo labile della volta che gli aveva detto addio. Non la biasimava affatto. Lui era un tipo complicato e stargli dietro non era una cosa facile. Gwen gli aveva dedicato 6 anni della sua vita di cui due prima della fama e 4 nella sua vita sregolata da rockstar. Ricordava ancora quando, prima che il tutto degenerasse, mentre scriveva una canzone gli aveva preso di mano spartito e testo. Il ricordo era così vivido…
Tutti i tentativi di farseli ridare erano stati inutili e ad un certo punto la vide salire in piedi sul letto con in mano il telecomando del televisore della camera dell’albergo dicendogli “Forza! Suonamela! Vediamo se l’ho capita!”. Le sorrise e prese in mano la chitarra. “Ti faccio segno all’attacco.” Le disse cominciando a suonare l’intro. Il suo corpo atletico era vestito solo di un paio di pantaloncini molto corti che aveva ricavato da dei jeans che si erano distrutti e di una maglietta degli Aerosmith, ma soprattutto aveva quel sorriso che lo faceva impazzire. Si sentiva a casa solo sul palco, ma quando c’era lei… lei lo capiva davvero. E lui, forse, ne era innamorato. Le fece cenno col capo e lei con voce incerta cominciò.
“It's early morning
The sun comes out
Last night was shaking
And pretty loud
My cat is purring
And scratches my skin
So what is wrong
With another sin”
La sentì prendere confidenza con la canzone, cominciò a camminare sul letto con passo felino e guardandolo sottecchi “Non guardarmi così che ti salto addosso…” la avvertì facendola sogghignare.
“The bitch is hungry
She needs to tell
So give her inches
And feed her well”
La vide inginocchiarsi sinuosamente sul letto poco distante da lui e si mise a guardarla negli occhi, notando che le sue guance prendevano colore.
“More days to come
New places to go
I've got to leave
It's time for a show”
La seguì cantando il ritornello e proseguendo con la canzone. Quel gioco di sguardi lo tirava scemo ogni volta e sapeva che non sarebbe durato a lungo.
“HERE I AM, ROCK YOU LIKE A HURRICANE!
HERE I AM, ROCK YOU LIKE A HURRICANE!
My body is burning
It starts to shout
Desire is coming
It breaks out loud
Lust is in cages
Till storm breaks loose
Just have to make it
With someone I choose”
Lei si inserì come seconda voce, scendendo dal letto e girandogli attorno lentamente, passandogli la mano delicatamente, quasi sfiorandolo sul volto, sul collo, tra i capelli…
“The night is calling
I have to go
The wolf is hungry
He runs the show
He's licking his lips
He's ready to win
On the hunt tonight
For love at first sting-”
Lasciò a terra la chitarra e le prese il polso tirandola a sé, facendola sedere a cavalcioni sulle sue gambe e baciandola appassionatamente. Sorprendendola, lasciandola basita come sempre. Poco dopo finirono tra le lenzuola. “I’m gonna rock you like a hurricane…” le sussurrò all’orecchio prima di mordicchiarglielo facendola ridere. Lo sapeva che non avrebbe resistito fino alla fine della canzone…

Pensò che era stato un’idiota a farsela sfuggire in quel modo. Quella sera al Ritz se n’era andata, sparita totalmente per 8 anni dalla sua vita… ed era rispuntata di punto in bianco sconvolgendo il suo mondo, sbattendogli in faccia tutto quello che nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di dirgli. Capendolo. Come mai nessun altro tranne lei. Si alzò lentamente dal letto. Aveva bisogno di altro Jack Daniels…

Gwen era in ufficio, nella sede del Rolling Stone. Non riusciva. Non ce la faceva proprio a buttare giù l’articolo. O meglio. L’articolo l’aveva già scritto di getto la sera stessa del concerto. E già così era perfetto con tanto di titolo “Il Cowboy più solo del rock”. Ma era praticamente un  articolo scatenato dalla rabbia del momento nel vedere Stacee in quello stato molte volte peggiore di quando l’avesse lasciato. E ovviamente non aveva nemmeno risparmiato Paul Gill. Quel viscido bastardo se le meritava tutte. Un uomo talmente viscido che la Epson dovrebbe pensare di investire su di lui. “Ah, questa non la tolgo affatto!!! … Ma ho gettato troppa merda su Stace!”. Appoggiò la testa alla scrivania e cominciò ripetutamente a picchiarla sul piano. Un suo collega le passò vicino “Ehi Char- Sin, ma che cazzo stai facendo?” “Sto cercando di farmi venire una buona idea per l’articolo su Stacee Jaxx.” “Picchiando la testa sulla scrivania?” “Magari funziona.” “Bè, di materiale su Jaxx ce n’è sempre tanto. Sicuramente troverai qualcosa!” “Il problema non è che non ho materiale… NE HO TROPPO!!!” “Meglio! Ah, va che il capo ti ha cercata prima riguardo l’articolo. Ha detto che gli serve entro domani sera per la stampa!” “Ma porca troia…”. Alle 6 di sera il suo capo arrivò nel suo ufficio. Dell’articolo aveva cambiato solo poche frasi, ma era ancora nelle stesse condizioni della mattina. “Sin! Allora l’articolo ce l’hai o no?” “In parte ti va bene come risposta?” gli chiese alzando un sopracciglio “No. Fammi leggere quello che hai sotto mano!” “NO NO NO NO NO!!!” esclamò cercando inutilmente di evitare che l’uomo prendesse l’articolo. Ci fu un silenzio di qualche minuto, poi lo vide sorridere. Non era mai un buon segno. “Sin… questo articolo è geniale!!!” “Coosa???!” “Sì sì, è geniale! Lo porto subito in stampa! Sin, preparati ad un bell’aumento di stipendio!!” le disse allontanandosi. Si mise entrambe le mani in faccia sospirando “Sono fottuta.”

Era spaparanzato, il cappello adagiato sul viso per attenuare la luce, sul divano dell’ufficio di Paul mentre Che Bello si stava dando alla pazza gioia distruggendo qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. La porta si aprì facendo entrare l’ometto. Dopo aver evitato un paio di oggetti lanciati lo vide avvicinarsi “Stacee, potresti dire a Che Bello di calmarsi?” non gli rispose ma gli mostrò la copia del Rolling Stones con l’articolo su di lui “Oh, sì. Per quello mi sono già mosso. Ho già parlato con l’editore, dovevi sentirmi!” “Pagina 68. Secondo paragrafo. Leggi.” Disse calmo lanciandogli la rivista. Paul si sedette sulla poltrona adiacente al divano e cominciò a leggere “Stacee Jaxx… crede di essere un cowboy, ma in realtà monta un vitellino le cui redini vengono tenute da Paul Gill, un uomo così viscido che la Epson dovrebbe pensare di investire su di lui.” Si fermò per pensare “Bè, potrebbe anche significare che con me fila tutto liscio come l’olio. È anche una sorta di pubblicità!!” esclamò alla fine proteggendosi con la rivista ad un possibile attacco da parte del babbuino che rimaneva vigile ad un qualsiasi cenno di Stacee. Gli fece segno di continuare a leggere e l’uomo obbedì “E si sa che la sera dell’ultimo concerto degli Arsenal, il manager Paul Gill e Stacee Jaxx hanno lasciato il locale portandosi via l’intero ricavato del concerto.” Il manager si bloccò immediatamente “Ah.” “Paul… questa è la verità?” chiese spostando il cappello “Diciamo che… la parte vera è più verità di quanto io sperassi che possa essere falsa”. Il babbuino gridò facendolo spaventare a morte “E va bene. Basta con le stronzate. La verità… è più vera di quanto sperassi.” Stacee si alzò. Non lo sopportava più. A terra intravide un poster degli Arsenal “D-dai, Stacee, ricominciamo da capo. Guarda cosa ti ho portato! Una bottiglia di scotch invecchiato di 150 anni! E ti prego – non versarmela in testa!” Stacee prese la bottiglia in mano e la stappò “No… come potrei?” disse abbassando la lampo dei pantaloni in pelle “Uno scotch di 150 anni…” e bevve una sorsata mentre liberava la vescica sul piede destro di Paul “… non ha prezzo!”. Dopo la scrollata si tirò su la lampo e diede all’uomo un buffetto sulla guancia “Paul, sei licenziato.” Uscì dal suo ufficio con Che Bello dietro, tornandosene alla sua suite all’hotel Chateau Marmont.
“SIN!!! IN UFFICIO DA ME. SUBITO!!!” esclamò la voce del suo capo dall’altra parte della stanza. “Mi viene il mal di pancia ogni volta che fa così.” Commentò lei alzandosi dalla sedia. Entrò nel suo ufficio “Dimmi.” “Stasera preparati che vai al Bourbon Room!” “Chi suona?” “Abbiamo l’esclusiva. Il primo concerto da solista di Stacee Jaxx!” “Si può sapere perché continui a tormentarmi con Stacee Jaxx???” “Per due motivi: 1) hai scritto l’articolo precedente e 2) lo so che hai avuto una storia con lui e-” “Sono passati 8 anni e i rapporti non ci tengo a riallacciarli!” “Fammi finire. E io sono il tuo capo e decido io. Stasera al Bourbon Room.  E niente storie.” Sbuffò e uscì dalla stanza infuriata come un toro davanti ad un telo rosso. Non ne aveva voglia e non voleva assolutamente andarci. Prese le sue cose e urlò “MI PRENDO IL POMERIGGIO LIBERO!!!!” “VA BENE! L’IMPORTANTE  è CHE STASERA VAI AL BOURBON!” si sentì rispondere prima di girare l’angolo.
Quando entrò in casa sua si gettò sul divano coprendosi il viso con un cuscino soffocando un grido. Rimase immobile per un po’ di tempo, non seppe per quanto, quando decise di alzarsi e andare in camera sua. Aprì l’anta dell’armadio e, dietro a varie scatole, ne trovò una piccola foderata di carta regalo fiorata. Sopra c’era uno strato di polvere, segno che era dal trasferimento di 5 anni prima che non veniva toccata e aperta da ancora più tempo, la prese in mano e, sedendosi sul letto prese tutto il coraggio che le servì la aprì. Dopo uno strato iniziale di spille e biglietti di concerti, trovò ciò che cercava e il cuore le mancò un colpo. Le prese in mano quasi con timore di rovinarle. Fotografie vecchie di anni, alcune avevano più di 12 anni. Una che la fece morire dal ridere era di lei al concerto degli Aerosmith con la maglietta alzata a far vedere un reggiseno verde dove c’era scritto il nome della band, una polaroid di lei e Bon Jovi, un’altra con i componenti dei Def Leppard. Una fotografia con lei sdraiata sulle braccia di tutti i membri degli Arsenal tranne uno… che arrivò nelle foto successive. Una Polaroid fatta ad un concerto prima che lui arrivasse ai picchi della fama, entrambi con la lingua di fuori, lui con la mano destra con indice e mignolo alzato davanti alla bocca, la sua immancabile bandana nera già sulla fronte. La seguente era una fotografia fatta da un membro degli Arsenal nello studio di registrazione mentre registravano Steak Meat: lui che strimpellava la chitarra mentre lei era sdraiata di fianco a lui occupando il resto del divanetto leggendo un libro. Una dove lei si copriva il volto (al momento in cui era stata scattata la fotografia stava piangendo dal ridere e continuava a ripetere “CHE SCHIFO CHE SCHIFO CHE SCHIFO!!!”, se lo ricordava ancora) mentre lui l’abbracciava e le leccava la guancia. Le due successive erano due Polaroid di Stacee che dormiva. La prima perché era in una posizione talmente sconclusionata che era da immortalare, mentre la seconda era per l’espressione pacifica che aveva stampata sul viso. Un’espressione che nell’anno in cui era stata scattata era già praticamente impossibile vedergliela da sveglio. Quella dopo era una fotografia di entrambi. Un po’ sbiadita, immortalava quel giorno del ’76 quando si erano fatti il tatuaggio uguale. Ne seguirono altre, ma l’ultima sul fondo della scatola le diede il colpo di grazia. Un bacio. Un semplice bacio sulle labbra. “Gwen Smith, sei un’idiota. E una masochista.” Si disse grattandosi il naso per cacciare indietro un possibile magone. In meno di 2 minuti si trovò sotto la doccia. Doveva prepararsi. Il Bourbon Room l’aspettava.

Compose il numero che aveva trovato sulla rivista. Una voce maschile gli rispose dall’altra parte della cornetta “Rolling Stone, e siamo chiusi!” “Passami Cenerentola.” La voce dall’altra parte fu incerta “Intende… il personaggio della fiaba con la matrigna cattiva?” “Mi ha ficcato la lingua nell’orecchio!! E ha sconvolto il mio mondo…” commentò con tono perso “Se sta cercando di spaventarmi ci sta riuscendo.” L’uomo sembrava abbastanza sconvolto “Lei ha messo uno specchio davanti a Stacee Jaxx…” “Aaah!!! Intende Charlotte Sin! Magari Cenerentola e Charlotte per lei si assomigliano…” “Charlotte… passamela.” “Non c’è. E’ al Bourboon Room per il primo concerto da solista di Stacee Jaxx.” Stacee si bloccò “Stasera ho un concerto?” “Lei… è Stacee Jaxx?”. Ma non gli rispose e se ne andò, saltando sulla moto diretto al Bourbon.
Arrivò nel locale, lasciando la moto in mano ad un reporter televisivo. Si trovò a metà tra dei dimostranti. Nella parte delle “signore per bene” vide un volto conosciuto. Le si avvicinò, cercando di riconoscerla… quando le arrivò davanti sorrise ricordando vecchi tempi “Patty…” le appoggiò una mano sul seno, facendola quasi sciogliere “Le tette si mantengono bene.” Vide che cercò di baciarlo ma se ne andò, buttandosi in mezzo alla folla dall’altra parte della strada davanti all’entrata del Bourbon Room.
Appena entrò si guardò attorno e la vide. In piedi che guardava il palco, degli shorts di jeans molto corti, una maglietta nera scollata e morbida, i capelli castani in morbide onde.
Quasi come se si fosse accorta lei si girò verso di lui.

Come canzone c’era “No one like you” degli Scorpions. “Quasi a farlo apposta...” Sentì uno sguardo su di lei e si voltò.
Girl, there are really no words strong enough
Lo vide. A petto nudo con solo la giacca borchiata e i pantaloni in pelle. E la stava indicando quasi con fare accusatorio.
To describe all my longing for love
Nell’avvicinarsi a lei una groupie gli saltò addosso cominciando a limonarselo.
Vide il suo sguardo e la sua mano che comunicavano al posto delle sue parole. Qualcosa come “Scusami” “Aspetta un attimo” “E che diavolo questa non si stacca più”.
I don't want my feelings restrained
Quando la ragazza svenne lui continuò l’avanzata verso di lei.
Ooh, babe, I just need you like never before
Non appena le fu vicino gli disse “Stace, scusami per l’articolo…”. Non l’accusò di nulla. “Apri la bocca.” All’inizio non comprese e la dischiuse leggermente.
Just imagine you'd come through this door
Poi capì, guardandogli il viso, che voleva la aprisse di più. L’uomo avvicino il volto al suo.
You'd take all my sorrow away...
E la baciò.
There's no one like you
I can't wait for the nights with you
I imagine the things we'll do
I just wanna be loved by you
Passione e travolgimento. Tutto quello che li aveva legati 14 anni prima e che li aveva legati per 6 anni non era scomparso. Era sopito, rintanato in un angolino, o sotterrato sotto metri di terra, rimpianti e scuse accumulate. Ma non appena le labbra si toccarono tutto era come prima. Si alzò in punta di piedi gettandogli le braccia al collo.

Fu sbattuto al muro e gli saltò addosso. L’aveva trascinato nel bagno del locale e lo stavano distruggendo. Sentì le mani di lei tra i suoi capelli, le sue unghie sulla schiena. Cazzo se gli mancava. Non che in quegli 8 anni fosse stato in carenza, anzi, ma lei era unica. Così dolce normalmente, ma tra le lenzuola (e su ogni superficie possibile) molte volte era tutta un’altra persona. E oggi dopo tutto quel tempo una cosa dolce non andava assolutamente. Finirono a terra, fregandosene altamente se qualcuno fosse in bagno.
Fu un attimo. Due voci giovani stavano cantando una canzone che non aveva mai sentito.
For a smile they can share the night
It goes on and on and on and on
Si alzarono entrambi, andando alla porta curiosi di vedere chi fosse a cantare.
Strangers waiting, up and down the boulevard
Their shadows searching in the night
Streetlights people, living just to find emotion
Hiding, somewhere in the night.
Si abbracciarono, la schiena di lei appoggiata sul suo petto, ascoltando quella canzone meravigliosa. Come anni prima.

Passarono delle settimane. “No, Gwen, mi prenderanno per un coglione e andrà finire in una rissa.” Le disse guardandola negli occhi. “Oh bè, se ti becchi del coglione e anche qualche cazzotto te li meriti tutti!” “Ti ci metti pure te?” “Fila!!!” “Cazzo, sei diventata un generale!” “Stephen Jackson, se-” cominciò a minacciarlo, ma lui alzò le mani in segno di resa “Ok, quando mi chiami con nome e cognome per intero va a finire che ti incazzi. Vado! Vado!”. Le mise una mano sulla nuca tirandola a sé e le diede un bacio sulle labbra facendola sorridere “Ruffiano…” gli sussurrò tirandogli una pacca sul sedere. Lo vide voltare l’angolo del corridoio dello studio di registrazione continuando ad avere un sorriso perenne sulle labbra. Dalla sera al Bourbon Room Stacee stava cambiando. L’alcool era diminuito considerevolmente, delle 4 groupies che gli ronzavano attorno non c’era più traccia. Gli occhi gli brillavano e non erano più offuscati dagli eccessi. E ora stava per rimettere le cose a posto. Ma era un momento che doveva affrontare da solo. Passarono pochi minuti quando sentì delle risate e delle voci provenire dalla sala. L’uomo riapparve, un sorriso stampato sul volto. Le tendeva la mano e lo raggiunse correndo. Quando svoltò l’angolo gli altri 4 componenti degli Arsenal rimasero basiti. Ad un certo punto il batterista commentò andandola ad abbracciare “Solo lei sarebbe riuscita a farti tornare in pista Stacee. Gwen, bentornata…” “Ciao Greg!”. Tutti la corsero ad abbracciare, quando a uno dei chitarristi venne un’idea “Gwen, ricordo male o esiste una foto dove sei sdraiata sulle nostre braccia?” “Esatto, e Stace stava facendo la foto!” “Bè, credo sia ora di rifarla. Con anche Stacee!” “No! Che diavolo avete intenzione di fare???” esclamò lei ridendo mentre la braccavano per prenderla tutti in braccio mentre il nuovo manager prendeva la macchina Polaroid “Rikki non azzardarti a toccarle il culo!” “Eddai, nemmeno una palpatina?” Gwen si girò “Voi due fate i bravi. E tu Rikki toccami il culo che ti becchi un calcio nelle palle!” “Oh ragazzi sono tornato indietro di 14 anni!!” esclamò il bassista prima che il manager scattasse la foto immortalando il momento.

Era l’estate dell’88. Nel backstage c’era il solito delirio pre-spettacolo e soprattutto faceva un caldo assurdo nonostante l’aria condizionata. Giocherellò con la cordicella a cui era legato il pass Access All Areas del tour “Long Hard Summer Tour with Special Guest Von Colt”. Sherrie aveva finito di prepararsi ed era seduta vicino a lei e stavano chiacchierando tranquillamente quando ad un certo punto si bloccò di colpo abbassando lo sguardo “Ah!! Ti fai sentire eh…” disse appoggiando la mano sul pancione “Oddio!! Ha scalciato?” “Oh sì, dammi la mano, senti come si sta muovendo!” le disse prendendole la mano e dirigendola verso il punto in cui la bimba si stava muovendo. La ragazza si mise una mano sulla bocca quando Drew passò di lì “Sherrie, io ti amo, ma è un po’ presto!” “Scemo!!” gli rispose ridendo. Stacee arrivò nella saletta, la chitarra in mano “Che succede? La bambina sta bene??” chiese preoccupato vedendo l’agglomerato di gente davanti. Gwen cominciò a ridere “Altrochè! Mi sta ballando la samba in pancia! Se prende da te sappi che ci aspetta un’adolescenza d’inferno!” gli disse guardandolo dolcemente mentre si avvicinava a lei “Ti ricordo che a 17 anni nemmeno te eri una santa!”. 6 mesi prima quando gliel’aveva detto pensava di rovinare tutto, ma non poteva immaginare assolutamente la sua reazione.

Aveva due settimane di ritardo. Il test stava lavorando sul piano del lavandino. Quelli erano i due minuti più lunghi di tutta la sua vita. Guardò l’orologio scandire gli ultimi secondi. Una riga era già comparsa. Non seppe come mai ma sapeva che sarebbe spuntata una seconda. Normalmente era puntualissima e spaccava i 28 giorni. Due settimane non le erano mai capitate. Nonostante il presentimento non fu comunque pronta nel vedere la seconda linea comparire accanto alla prima. Si sedette sul pavimento e cominciò a respirare profondamente, altrimenti sarebbe andata in panico. “E ora come cazzo glielo dico??” si disse passandosi una mano sul viso. Era oramai da 20 minuti che era in bagno quando sentì bussare alla porta. La voce di Stacee, con tono preoccupato, le chiese “Ehm… Gwen? Tutto bene?” “S-sì! Tutto bene! Adesso arrivo!!”. Il cuore le batteva talmente forte che sembrava dovesse uscirle dal petto da un momento all’altro. Aprì la porta, il test in mano. Stacee era seduto sul letto “Era ora! Pensavo fossi caduta nel ces-“ “Sono incinta.” Lo sputò fuori. Non ce la faceva a trattenersi oltre, sapeva che più avrebbe aspettato più sarebbe stato difficile. “No. Aspetta. Cos’hai detto?” le chiese sbattendo le palpebre ripetutamente, alquanto stralunato. Fece un respiro profondo. “Stace, ho un ritardo di due settimane. Io non sono mai in ritardo. Ho appena fatto il test. Per sicurezza ben due volte. Sono incinta, Stace…”. L’uomo rimase in silenzio per qualche minuto, quasi come dovesse assorbire le sue parole, capirne il significato. Poi si alzò andando verso di lei. “Stephen, che hai intenzione di fare?” chiese preoccupata, arretrando di mezzo passo. Le si avvicinò e la strinse in un abbraccio, nascondendo il volto nell’incavo tra il suo collo e la spalla “E’ la notizia più bella che tu abbia mai potuto darmi…”. Lo abbracciò di rimando, rilassandosi tra le sue braccia “Non mi stai prendendo in giro, vero?” “Potrei mai?” la prese per le spalle e la guardò, sul viso aveva dipinta un’espressione di felicità e incredulità che mai gli aveva visto “Gwen, mi farai il regalo più bello che nessun’altra avrebbe mai potuto farmi.” Gli sorrise radiosa e gli saltò al collo, baciandolo.

L’organizzatore arrivò nella stanza gridando “FORZA CHE SI COMINCIA!!! STACEE, ASPETTIAMO SOLO TE!!” “Arrivo!!!! Gwen, vieni con me.” La prese per mano e la portò dietro le quinte, quasi all’uscita del palcoscenico. Prima di uscire le baciò il pancione, la fronte e le diede un lungo bacio prendendole il viso tra le mani “Ti amo.” “Ti amo, Gwen… ma gli occhiali sono miei!” le disse sfilandole gli occhiali dalla testa. Gli sorrise “E io che volevo tenermeli come souvenir da prima nel camerino!” “Possiamo anche dopo!” le disse ammiccando “Vai! Ti aspettano sul palco!!”. Prima di andare le diede un altro fuggevole bacio. Lo vide correre sul palco urlando al microfono “CIAO LOS ANGELES!!!!!!” sentendo di rimando l’urlo della folla.

La nuova vita era davvero cominciata.

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Et voilà! :) eccone pubblicata una seconda. Questa è stata scritta un po' di tempo fa in un momento di pazzia dopo aver visto per la 300^ volta "Rock of Ages", essermi innamorata perdutamente del personaggio di Stacee Jaxx e, per sindrome dell'infermierina mi è venuta l'idea: dimentichiamoci di Costance Sack e creiamo un personaggio che segua le stesse linee guida ma che abbia un'altra storia personale e un passato alle spalle con la rock star dannata: come potrebbe andare?
Grazie mille a chiunque legga e a chiunque recensisca (positivamente, negativamente, critiche costruttive, di tutto di più)
un bacione e alla prossima. Lalli :3

 

   
 
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