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Autore: Damlo    19/09/2014    1 recensioni
"Le porte dell'autobus si aprirono con un cigolio sinistro. Stiles era piuttosto sicuro che le porte degli autobus non cigolassero, ma non diede troppo peso alla cosa.
Non si accorse nemmeno del gelo innaturale che si stava lentamente facendo strada dentro di lui, sinuoso e implacabile, come se quel maledettissimo autobus fosse posseduto dai Mangiamorte...
Poi lo vide: Derek. Il lupo mannaro. L'Alpha. Il bastardo che aveva morso il suo migliore amico e che lo visitava di notte, nei suoi sogni irrequieti.
Per un attimo il cuore di Stiles rallentò: il ragazzo chiuse gli occhi e gli sembrò che tutto il mondo intorno a lui si fosse fermato; sempre e solo per un secondo gli parve di sentire il licantropo avvicinarsi e fissarlo con il suo intenso sguardo di ghiaccio..."
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1




"Stiles, non ci riesco!" 
La voce soffocata di Scott destò il ragazzo da un lungo torpore, facendolo sobbalzare.
"Che cos'hai?"
"Non riesco a controllarmi...Credo che...oddio, Stiles, sta succedendo davvero!"
Il modo in cui Scott lo fissò in quel momento gli fece gelare il sangue nelle vene.
I suoi occhi, che si intravedevano appena sotto il caschetto di Lacrosse, parevano quelli di una belva feroce: famelici, voraci e...di un abbagliante giallo intenso.
Styles non aveva mai visto in tutta la sua vita occhi come quelli.
"Devi aiutarmi!" Scott si piegò in due nel vano tentativo di controllare in qualche modo la bestia che albergava dentro di lui.
"Scott, oddio Scott, non qui! Non qui!"
Un gorgoglio sommesso fuoriuscì dalla gola di Scott. Quel suono era tutto...fuorché umano.
 Danny, Jackson e altri due compagni di squadra si voltarono incuriositi per assistere allo spettacolo: uno dei due ragazzi era accasciato a terra in posizione fetale e l'altro stava sopra di lui, reggendogli le braccia. In un altro contesto quella scena sarebbe anche stata comica, pensò Stiles.
" Ehi, che ti prende, Mc Call?" lo apostrofò Jackson, " troppe schifezze a colazione?" 
Il ragazzo scoppiò a ridere sguaiatamente, seguito a ruota dagli altri tre.
Stiles pensò che fosse un gran bastardo. Non poteva sentire il battito cardiaco di Scott, ma sapeva che stava inevitabilmente accelerando.
"O forse è quella roba che ti prendi?" 
Danny sghignazzò ancora, poco convinto. Di che diavolo stava parlando Jackson?
"Dovresti farti vedere da un medico, lo sai McCall? Almeno qualcuno...saprebbe."
" Stai zitto, Jackson" gli intimò Stiles, ma subito se ne pentì.
Gli occhi di Jackson si piantarono in quelli del ragazzo. Stiles rabbrividì, mentre il capitano della squadra avanzava lentamente verso di lui.
La situazione stava irrimediabilmente degenerando.
"Stilinski, giusto?" Un ghigno sgradevole si disegnó sul volto di Jackson.
Stiles gettò un'occhiata fugace a Scott: lunghe unghie appuntite erano cresciute sulle sue dita, sostituendo quelle umane, e si erano conficcate nel terreno. 
"Hai mai giocato una partita di Lacrosse, Stilinski?" Stiles iniziò ad indietreggiare, senza perdere di vista l'amico.
"Sei mai stato, una volta sola" il ragazzo alzò platealmente l'indice della mano destra "e ripeto, UNA SOLA VOLTA, in prima squadra?" Ora Jackson era talmente vicino che Stiles poteva sentire il suo respiro sul collo. 
"N-no." balbettò Stiles, ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento era a Scott e al pelo folto che stava gradualmente ricoprendo il suo volto ferino. 
Stiles non poteva stabilire con certezza se anche Danny e gli altri si fossero accorti del...problema di Scott, ma sapeva che il suo migliore amico aveva completamente perso qualsiasi forma di lucidità e buon senso.
"Ripetilo ad alta voce così che tutti ti possano sentire, piccolo sfiga..." Jackson non riuscì a terminare la frase che Scott gli fu addosso.
Quando la mascella del licantropo si serrò sul collo del ragazzo, Jackson urlò di dolore e sgomento: i canini lacerarono la carne morbida e caldi fiotti di sangue gli macchiarono la divisa, colorandola di un rosso acceso.
Improvvisamente l'espressione di muto stupore sul viso di Jackson si tramutò in un'agghiacciante smorfia di orrore: le zanne di Scott avevano tranciato di netto la sua carotide, costringendolo a stringersi la gola con entrambe le mani per fermare in qualche modo l'emorragia.
La belva era fuori e nessuno ormai avrebbe potuto arrestarla. Nemmeno Stiles.
Il ragazzo cadde carponi sul prato del campo di Lacrosse.
Danny e gli altri fuggirono terrorizzati, ma Scott neanche se ne accorse.
Era Jackson che voleva. Era lui la sua preda, ora.
Gli afferrò i capelli, affondando gli artigli aguzzi nel cuoio capelluto.
Il ragazzo gemette e altri schizzi vermigli gli colarono giù dal capo, impiastricciandogli i capelli. 
Ormai Jackson era ridotto ad una singhiozzante maschera di sangue.
Scott gli addentò la faccia, all'altezza dello zigomo destro, staccando altri brandelli di carne, prima di sbattere a terra il corpo esanime. 
Poi sollevò gli occhi famelici.
Stiles indietreggiò: ora il suo migliore amico, quello con cui passava i pomeriggi a giocare a Call of Duty e a vagare nei boschi a caccia di scoiattoli, proprio QUELL'amico, era pronto a sbranarlo senza alcuna pietà. Stiles riflettè per qualche secondo cercando di rimanere lucido, ma concluse che non gli restava molto tempo.
Scott ringhiò e il ragazzo iniziò a correre. Pensò che con un po' di fortuna sarebbe riuscito a raggiungere gli spogliatoi. Da lì la fuga sarebbe stata più semplice: si sarebbe potuto barricare nell'aula di scienze e, se non fosse bastato, avrebbe utilizzato l'estintore come estrema arma di difesa. 
Certo, in qualche fantasy rocambolesco o in un'appassionante puntata di una serie tv sarebbe sicuramente andata così, ma, come Stiles ben sapeva, la dura e crudele realtà non indorava mai la pillola. Non ai migliori amici di licantropi adolescenti fuori controllo, perlomeno.
Il ragazzo sentì all'improvviso un dolore lancinante alla caviglia e rovinò a terra. 
Provò a rialzarsi, ma qualcosa di pesante gli tenne le spalle inchiodate al suolo. 
Stiles tentò di torcere il collo per scoprire di che cosa o di chi si trattasse, preparandosi al peggio, ma quello che vide lo terrorizzò ugualmente: un'imponente sagoma nera incombeva su di lui; inizialmente non riuscì a distinguerne il volto, ma quando notò due puntini rossi luccicanti baluginare all'altezza dei suoi occhi...capì. 
Oh sì, era in guai seri.
"Avanti, Scott, finiscilo" la voce del giovane uomo era fredda e stentorea. Stiles rabbrividì. 
"Che cosa aspetti, Scott? Avresti dovuto farti nuovi amici. Ormai è troppo tardi..."
Stiles sentì l'altro ringhiare sommessamente.
"Devi disfartene Scott, o lo dirà a tutti"
"No, io non..." tentò di replicare Stiles, ma lo stivale del tizio sopra di lui premette ancora di più contro la sua schiena, mozzandogli il fiato.
Stiles, schiacciato com'era a terra, non poteva vedere niente di quello che stava succedendo, ma sentiva chiaramente che Scott si stava avvicinando.
"Avanti, non essere timido" lo esortò ancora il giovane. 
Poi scoppiò in una lunga risata, assolutamente sgradevole, molto simile a quella di Jackson, solo più profonda. 
"Devi farlo, se non vuoi che tutta la scuola lo sappia. Non puoi fidarti degli umani"
Ora Stiles percepiva il fiato dell'amico fischiargli nell'orecchio...
Era la fine. 
Scott esitò. 
Forse era rimasto ancora un barlume di umanità in lui. Forse lo avrebbe risparmiato.
Stiles abbozzó un sorrisetto speranzoso. 
Scott non gli avrebbe mai fatto questo; si sarebbe ribellato all'Alpha e lo avrebbe ucciso. O perlomeno distratto, dandogli il tempo di fuggire. Sì, lo avrebbe fatto, perché era ancora suo amico, pensò.
"Sbarazzati del tuo amico Stiles...e tu ed Allison potrete restare insieme. Per sempre" 
Fu forse quello a convincere Scott che il piano dell'Alpha non doveva poi essere così terribile. 
Stiles sentì un dolore lancinante all'altezza della spalla sinistra, come se mille aghi affilatissimi gli avessero attraversato il corpo...poi, più nulla.

DING! DING! DING! DING! DING!

Stiles si destò da quel sonno agitato madido di sudore.
Si tastò la spalla tremante: niente cicatrici, nè ferite.
Eppure quell'incubo era così...reale. 
Si accorse all'improvviso che la sveglia aveva incominciato a squillare incessantemente e, come ogni mattina, udì suo padre bussare alla porta.
"Stiles, sei sveglio? Ti conviene alzarti dal letto, se non vuoi arrivare di nuovo in ritardo a scuola e beccarti una nota disciplinare"
Il suo tono era autoritario e non ammetteva repliche. 
Decise di assecondarlo: tutta l'energia che solitamente lo pervadeva era completamente svanita, ed era ben cosciente che non sarebbe mai e poi mai riuscito a sostenere una discussione con qualunque essere umano (e non) in quelle riprovevoli condizioni.
Pertanto emise un lamentoso grugnito di disapprovazione e si tirò su dal letto con ancora tutte le coperte addosso. Non aveva bisogno di uno specchio per sapere che stava da schifo.

Dieci minuti dopo era già sull'autobus. 
Si fiondò all'ultimo posto in fondo vicino al finestrino: non era in vena di fare conversazione. 
Due ragazze del primo anno lo guardarono con insistenza per qualche minuto, ma presto si convinsero che attaccare bottone con uno come Stilinski non doveva considerarsi un'impresa così memorabile. Stiles sembrava più occupato ad osservare le gocce di pioggia che scivolavano lentamente sul vetro appannato, e non le degnò di uno sguardo. 
Senza farci particolare attenzione, estrasse l'iPod dalla tasca del giubbotto, impostandolo in riproduzione casuale. Dall'apparecchio la voce di Matthew Shadows iniziò ad intonare una graffiante melodia sovrastata da un serrato riff di chitarra: 

Hey kid, do I have your attention?
I know the way you’ve been living
(Life’s so reckless, tragedy, endless)
Welcome to the family

Così gracchiava Shadows, e poi ancora:

Hey, theres something missing
Only time will alter your vision
Never in question, lethal injection
Welcome to the family

Poi un orgasmico assolo incendiò le chitarre di Synyster Gates e Zacky Vengeance.
Stiles pensò per un istante che gli Avenged Sevenfold fossero la migliore band esistente sulla faccia della terra.
Ma fu solo l'eccitazione del momento: poco dopo rammentò che l'ultimo disco in vinile degli Iron Maiden lo stava probabilmente aspettando a casa, poggiato sul comodino in camera sua.
Lo sceriffo Stilinski, che Stiles soleva anche chiamare padre, glielo aveva infatti promesso nel caso in cui fosse riuscito a prendere una A nell'ultimo compito in classe di inglese.
E che ci vuole? Lo aveva schernito Stiles la settimana prima. 
Ora non era più dello stesso avviso: ogni certezza era crollata. In sette giorni erano successe fin troppe cose, gran parte delle quali non potevano essere spiegate razionalmente. Cose di cui solo lui e Scott erano a conoscenza. Cose spaventose.
Le porte dell'autobus si aprirono con un cigolio sinistro. Stiles era piuttosto sicuro che le porte degli autobus non cigolassero, ma non diede troppo peso alla cosa.
Non si accorse nemmeno del gelo innaturale che si stava lentamente facendo strada dentro di lui, sinuoso e implacabile, come se quel maledettissimo autobus fosse posseduto dai Mangiamorte...
Poi lo vide: Derek. Il lupo mannaro. L'Alpha. Il bastardo che aveva morso il suo migliore amico e che lo visitava di notte, nei suoi sogni irrequieti.
Per un attimo il cuore di Stiles rallentò: il ragazzo chiuse gli occhi e gli sembrò che tutto il mondo intorno a lui si fosse fermato; sempre e solo per un secondo gli parve di sentire il licantropo avvicinarsi e fissarlo con il suo intenso sguardo di ghiaccio.
Quando li riaprì, Stiles non vide nessuno, solo una massa indisciplinata di scolaretti che sbattevano gli zaini da una parte all'altra dell'autobus e due ragazzette,due anni più piccole, che lo fissavano libidinose.
Le porte dell'autobus si spalancarono di nuovo e, nonostante non ci fosse più traccia di Derek, Stiles decise di scendere una fermata prima e farsi il resto della strada a piedi.
Così, per evitare brutte sorprese...
   
 
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