Percy non riusciva a dormire. Qualcosa lo turbava, qualcosa che aveva anche un nome: Nico di Angelo. Quei suoi occhi sempre pieni di sofferenza vissuta e la pelle candida lo tormentavano da giorni. Ora però era stanco e voleva dormire. Richiuse gli occhi e provò a svuotare la mente ma il nero che lo circondava lo riportava a lui. Alla fine rinunciò e decise di affrontare il problema. Guardò l'orologio che segnava le undici ormai passate. Non fece caso che era notte o che fosse in pigiama. Uscì dalla Cabina di Poseidone per andare da LUI. Non bussò, entrò silenzioso e dopo che i suoi occhi si furono abituati all'oscurità riusci a identificare gli oggetti. La scrivania, il letto e una figura minuta rannicchiata tra le coperte. Sorrise e gli si avvicinò. Era più difficile di quanto pensasse con tutto quel buio ma riuscì a sfiorare il materasso senza incidenti. Avvicinò il volto a quello di Nico per controllare se stesse dormendo (cosa difficile data l'oscurità). Lo sentì respirare come un bambino e a Percy sembrò il suono più bello del mondo. Gli sfiorò una spalla, cercando di svegliarlo a malincuore. Inutile, Nico dormiva della grossa. Allora Percy si sdraiò accanto a lui e lo strinse forte a sé, il suo petto contro la schiena di Nico. Stava per addormentarsi quando il più piccolo si girò dalla parte di Percy e lo abbracciò, sorridendo. "Sei un idiota, Jackson" sussurrò Nico con la voce assonnata. "Sta zitto e dormi Di Angelo" non finì la frase che sentì l'altro russare debolmente. "Ti amo" gli disse allora all'orecchio, approfittando del fatto che Nico non potesse sentirlo. Non si accorse quindi del sorriso di Nico, nascosto tra il petto di Percy, e nemmeno delle labbra che mimavano in risposta "Anche io". Il più grande si addormentò poco dopo, finalmente con la mente libera.