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Autore: Cest97    22/09/2014    1 recensioni
In molte storie i protagonisti se ne stanno zitti, di certo non parlano se non vengono interpellati. sfortunatamente, il mio protagonista non è d'accordo con me sulle mie scelte stilistiche; e non si astiene dal farmelo notare. Doveva essere una storia di avventura, mi chiedo dove andremo a finire
Genere: Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Antony si guardava attorno, da alcune ore non faceva che vagare nell’oscurità, senza capire dove si trovasse, nel buio erano appena visibili delle figure che si muovevano, ignorandolo, come si trattasse di ombre che poteva trapassare senza sforzo, nuvole di fumo che coi suoi movimenti si scostavano.
Il terrore, la follia, lo attanagliavano, ormai non capiva più nemmeno quale fosse l’alto e quale il basso.
D’un tratto, mentre il sudore gli imperlava la fronte, mentre si trascinava nel buio come una preda ferita con i cani alle calcagna, la gamba malandata, ricoperto di sangue…
“E che è, e insomma, e dai. Non ti pare di star esagerando?”
Si… no… scusa, qui qualcosa non funziona.
“E direi, ti pare di poter iniziare una storia così?”
Non saprei, forse sto sbagliando qualcosa…
“Gli inizi in medias res, le storie che partono da metà, sono una palla, tutte le storie iniziano così ormai. È un cliché. E poi non puoi partire così, dopo neanche dieci righe, ci vuole una preparazione, ci vuole qualche descrizione, qualche approfondimento su ciò che sto pensando in questo momento”
Si ma non sapevo come partire.
Senti, lascia fare a me, ho qualcosa in mente che risolleverà tutto. Che poi che cazzo ti metti a parlare in mezzo alla narrazione?
“Ehi, modera il linguaggio, stai parlando al tuo protagonista”
Questa è una storiella da niente, vali molto poco come protagonista.
“No, dai, non dire idiozie: sappiamo entrambi che sono il tuo unico protagonista. Mi usi in tutte le storie, per quanto tu mi possa cambiare il passato resto sempre io. Dovresti usare un po’ più di fantasia”
Si beh, intanto la storia sta andando avanti, quindi se non ti dispiace…
“Ah fa pure, sarà divertente vederti sbagliare”
Certo… comunque, in mezzo al buio, degli strani suoni si facevano…
“Scrivila al presente”
Perché?
“Trovo che sia più immersivo”
…degli strani suoni si fanno sempre più forti, come un serpente che striscia tra le foglie, un essere si fa strada diretto alle sue gambe. Arrancando, zoppicando, Antony prosegue come in cerca di qualcosa, non ricorda nemmeno perché fosse venuto fin qui, non ricorda cosa lo abbia spinto fin dentro questa palude, sa solo che non vede dove sta andando, che ciò che ha alle spalle è identico a ciò che gli sta davanti, che la destra e la sinistra non sono direzioni, che il colore delle piante e del fango qui sono lo stesso identico colore.
Un albero spunta dall’acqua e dalla melma, sembra essere morto.
“Perché è morto?”
Non lo so, lo trovi così e basta.
“Non vorrei essere in una palude velenosa. Che poi come sono fatto? Che vestiti indosso? In che epoca sono? Non ti andrebbe di descrivere qualcosa? Sai, significherebbe scrivere”
Anno 1350, in un universo parallelo al nostro, in cui non devo conoscere la storia o la geografia per azzeccare la posizione delle città o gli anni delle guerre perché me le posso inventare di sana pianta, un ragazzo coi capelli neri, statura media, occhi blu elettrico fuori dal comune, indossando…
“Un impermeabile stile poliziesco anni 80?”
…un impermeabile stile poliziesco anni ottanta che non centra assolutamente con il personaggio e con la data, e sotto di esso un paio di pantaloni di tessuto grezzo neri e una maglia di pelle che ormai del colore originale non hanno che un’ombra, completamente ricoperto di fango e sangue, arranca con le gambe immerse nella melma fino al ginocchio, al suo passaggio disegna sulla superficie della palude lunghe scie e linee, spostando le piante e la polvere che incontra.
“Ecco, ora va già meglio. Ok, dai, prosegui”
…l’albero morto…
“Che poi come fa quell’animale a strisciare verso di me se siamo in una palude?”
Nuota sul fondale e si avvicina senza essere visto, spostando appena l’acqua quando si muove.
“È un serpente?”
Lo scoprirai a tempo debito.
“Io dico che è un serpente”
Un gigantesco leone marino che si era perso mentre nuotava, facendosi gli affari suoi e senza dare fastidio a nessuno, sbuca dal nulla alzando una colonna di fango e ruggendo.
“Che fai sul serio? Non fai ridere nessuno”
Tanto vale che io provi a farti capire chi è lo scrittore e chi è il personaggio inventato.
Il leone marino, come già detto, ruggisce sprigionando un suono tanto forte da far fuggire tutti i piccoli animali che lo circondano, tranne Antony, un ragazzo troppo stupido per capire cosa fare in una situazione del genere.
“Grazie mille, chi diavolo saprebbe che fare? E da quando i leoni marini ruggiscono? È una specie di tricheco, ma è più brutto e non ha neanche le zanne”
E qui ti sbagli, perché in questo universo, parallelo al nostro, i leoni marini sono dei giganteschi leoni con delle pinne e con le branchie e delle zanne grandi quanto delle sciabole.
“Grandi quanto?”
Alti quanto un edificio di tre piani.
“Alla faccia dello strisciare sul fondale”
Spalancando la bocca, il gigantesco animale si scaglia sullo stupido ragazzo, i suoi denti lo circondano e se poteva dire di trovarsi immerso nell’oscurità prima, ora può affermare di trovarsi in un luogo totalmente buio, umido, e con un odore ancora peggiore di quello che lo circondava poco prima. Con un colpo secco, la mascella…
“Stop”
Che c’è?
“Ma che mi vuoi uccidere?”
No, perché dopo ti faccio uscire da dentro il bestione, gli squarci la pancia.
“Lasciando stare quanto sia ridicola una cosa del genere, con cosa dovrei farlo? Non ho una spada”
Il ragazzo ha una spada.
“Che genere di spada? Una spada laser?”
Una spada adatta all’epoca in cui si trova.
“Ne voglio una precisa”
Se cerco in internet sei più contento?
“Beh, si”
Allora aspetta qui
“Ma…”
 
Antony stringe nella mano destra una spada gotica ad una mano, con la guardia a croce e il pomello piatto, l’elsa è rossa e la lama dell’arma è formata da due materiali diversi, la differenza di colore dei due metalli è ben visibile anche in mancanza di luce (questo è un dettaglio che mi sono inventato io).
Sei contento adesso.
“Lo sarei stato di più se non ci avessi messo un quarto d’ora, che non capisco dove tu abbia passato per una stupidaggine come cercare una descrizione di una spada…”
Non usavo le parole corrette per la ricerca.
“Spada quattordicesimo secolo”
Ah ecco. Si forse avrei fatto più in fretta…
“In ogni caso, durante tutto questo tempo mi hai lasciato dentro la bocca di un leone marino di tre piani di altezza, un animale che per quanto poco tu abbia descritto…”
Blu scuro, manto monocolore formato da peli lucidi e unti di un olio che gli permette di nuotare più velocemente facendo meno attrito con l’acqua, con una criniera nera ricoperta da alghe, ed una lunga coda anch’essa nera; per il resto, un aspetto del tutto simile ad un comunissimo leone.
“Si, ma resta il fatto che hai dimenticato un fattore molto importante”
Cosa?
“Beh, oltre al fatto che avrà le branchie piene di fango, non essendo questo il suo habitat, dopo un quarto d’ora all’aria aperta…”
Non dirmi che…
“Non credo sia morto, ma da un po’ respira in modo molto tenue, quasi non si sente”
“anhanhannnnahnnnnahhann”
Che diavolo ha detto?
“Non saprei”
Il leone marino è libero di muoversi e di parlare con lo scrittore.
“aaaahanahanananhnanah” Ma che diavolo di verso sarebbe?
“Idiota, è un leone marino, non può parlare”
Il leone marino sa parlare italiano perché si tratta di una specie intelligentissima che comprende diverse lingue e sa utilizzarle senza difficoltà, questo leone in  particolare viveva con una famigliola che gli ha insegnato la lingua finché non si è mangiato i propri padroni, così, per fame.
Il leone marino spiega, semplicemente, all’autore, cosa lo turba.
“Non respiro”
TUFFATI.
“Non posso farlo da solo”
Il leone marino si getta in una zona della palude dall’acqua limpida e profonda, sparendo.
“Ehi, che ti stai innervosendo?”
Non ne posso più di te.
“Oh, andiamo, io mi sto divertendo così tanto, se escludiamo il quarto d’ora peggiore della mia vita, anche se per il momento non ho ancora una storia alle spalle, quindi non ho una vita”
Ci penserò.
Avrei voglia di staccare, magari faccio qualcosa di diverso oggi, lascio perdere te per un po’.
Ci vediamo domani.
“E mi lasci così”
Antony si ritrova appeso a testa all’ingiù, con le gambe legate ai rami dell’unico albero di tutta la palude, mentre sotto di lui una tartaruga coi denti affilati nuota circolarmente.
“Se resto così morirò entro poco più di un’ora per l’afflusso di sangue al cervello”
Antony non morirà, ma soffrirà parecchio. Ci vediamo domani.
“Spero per te che questa storia ridicola finisca per parare da qualche parte, altrimenti giuro su dio che non mi userai più come protagonista”
Sai che perdita.
   
 
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