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Autore: Palmipedon_92    25/09/2014    0 recensioni
Il lato oscuro della Luna, ma io non ho paura di camminare nel buio.
(ManabuxYuuto)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Come gli mancava uno sguardo così. Se non lo conosci vivacchi e non ti manca. Ma se una stronza ti ha posato quelle ali lì, ti ha fatto sentire l'eroe di una sceneggiatura temeraria, rimani tutta la vita un mendicante che va in giro a cercare quelle palpebre che si aprono solo per guardarti e si chiudono per imprigionarti”.
 
Lessi e rilessi, più e più volte, quella lunga frase, estratta dal libro che mi ero regalato quel giorno per festeggiare in modo semplice e solitario il mio compleanno. L'avevo scelto così, per gioco. L'avevo scelto per via del titolo, che conteneva tutto e niente, esattamente come quel lungo periodo che avevo appena letto.
Quelle parole mi avevano colpito immediatamente, come un pugno nello stomaco; come un ago rovente che scivola sulla tua pelle imprimendoti con inchiostro nero un marchio, messo lì a ricordarti che anche tu, in un passato non ancora svanito, avevi incontrato degli occhi del genere, che ti avrebbero tenuto schiavo per tutta la vita.
Quel marchio aveva un nome, un corpo, un'anima troppo consumata e sporca per non rimanerne affascinati. Brillava di una fredda luce opaca, così viva ed ipocritamente calma che non poteva non attirare la piccola falena curiosa e masochista, così folle che che sarebbe rimasta accanto a quella candela nonostante il crepitio e l'odore di bruciato che proveniva dalle sue fragili e deboli ali.
Lo incontrai così, in un giorno di pioggia, dopo una lunga corsa per non bagnarmi di quelle pesanti lacrime che provenivano dal Cielo nero e cupo. Era seduto in un angolo, da solo, con il suo strumento tra le braccia; sembrava una madre che coccolava il suo bambino al suono di una marce funebre. Ed io, io, non ero invitato a quel funerale privato ed intimo, tanto che mi puntò i suoi occhi scuri contro, pieni di rabbia e solitaria freddezza, che mi costrinsero ad abbassare lo sguardo dall'oggetto della mia curiosità. Ma quella luce era troppo intensa per essere ignorata, e la curiosità si trasformò in una sorta di malata venerazione, destinata a naufragare ed infrangersi contro scogli bianchi e sintetici; affogando in un mare freddo e profondo, nonostante la riva fosse così stramaledettamente vicina.
Si iniziò a camminare insieme su un sottile filo d'argento, fragile quanto le ali di quella falena sciocca, in un giorno dorato, avvolti in una coperta bianca come la nostra pelle, come quella purezza che mi apparteneva fino a poche ore prima, ma che mi era stata strappata da profonde spinte appartenenti ad un antico rituale che prometteva amore e felicità. Ma io ero vuoto, privato dell'anima che ti avevo donato proprio sotto quella bianca nuvola che ci proteggeva durante la notte, nella speranza di ricevere dalle tue mani quella promessa, suggellata da un sorriso e da un caldo abbraccio.
Non ricevetti nulla di tutto quello; dovevo aspettare un incubo per sentirti sussurrare quelle parole che volevo leggerti negli occhi nel momento in cui avevo deciso di bruciarmi e di morire tra le tue braccia fredde. Fredde come la neve, quella dolce sostanza candida che lasciava l'amaro in bocca e ti privava di un sorriso ogni istante che passavi con lei.
Quella Dama Bianca, crudele e spietata, che ti invitava a danzare in un ultimo tango sfrenato che ti avvicinava ogni volta di più in un baratro oscuro, spegnendo ed alimentando quella fiamma che si nutriva della sua stessa cera appiccicosa e stanca, come un cane che si morde la coda, affamato ed esausto di sentire quella fame di vita che lo tormentava.
Nessuno si salva da solo, per questo accettai di giocare con quella neve fredda ed amara, di iniziare quel frenetico girotondo con quella Dama conturbante, sensuale e diabolica, senza accorgermi che quello che stavamo facendo era scavare un solco che sarebbe diventata la nostra tomba.
Volevo essere la tua salvezza, ma ero il primo che doveva essere salvato da se stesso; che quell'Amore profondo ed intenso non bastava, non ti bastava per sfuggire dalle grinfie candide ed avvelenate di quella montagna innevata e maledetta.
Tutto il mio Amore, la mia devozione, la mia venerazione verso quella luce fredda ed opaca che viveva nei tuoi occhi, ti bastava. I tuoi incubi erano troppo oscuri e profondi da curare attraverso il mio sorriso, che tu stesso avevi definito puro, bellissimo e perfetto, ed una cosa così Celeste non poteva farsi contaminare dal fango. Eppure, era proprio nel fango in cui mi trovavo; avevo deciso di seguirti nel tuo inferno privato, fatto di deliranti allucinazioni e ricordi dolorosi che avevano segnato il trionfo di quella Dama, che aveva stretto e soffocato quel bocciolo di Loto che lottava con tutte le sue forze per nascere. Ma dal deserto della speranza, dove l'aria infuocata è priva di sogni, dove le stelle sono rare esplosioni utopiche ed illusorie, non c'era spazio per quel piccolo Crisantemo tatuato su una spalla, in un giorno di ordinaria follia.
“Ti amo, ed è per questo che ti devo lasciare andare”.
Mi liberasti in un giorno di tramontana, in mezzo a quel vento freddo che portava e spazzava via tutto, tranne quelle lacrime e quell'amore.
Il ritorno alla vita: quella è la parte più dolorosa, specialmente quando capisci che quella ti ha voltato le spalle e se n'è andata insieme a te, lasciandomi solo in quella scalata verso il Cielo pulito e limpido, che dall'Inferno non si riesce a vedere.
Nessuno si salava da solo, eppure lo eravamo entrambi, sbattuti qua e la da una violenta ruina che si accaniva su due anime sole, private di un sicuro rifugio distrutto da Orchi invisibili.
 
Un muffin arriva sul mio tavolo.
“Vedi, è lui che te l'ha mandato”.
Una luce improvvisa e sfuggente.
La seguo.
Quegli occhi.
 
Il lato oscuro della Luna.
Non ho paura di camminare nel buio.
La mia anima è imprigionata.
Di nuovo.
Per sempre. 




ATTENZIONE: L'inizio della storia, quello che trovate tra virgolette, non è mio! Ma è una citazione presa dal romanzo "Nessuno di salva da solo" di Margaret Mazzantini.
   
 
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