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Autore: Captain Willard    26/09/2014    8 recensioni
"Prende la sua decisione e si lascia andare, si abbandona a James perché è l'unica volta che faranno l'amore, e almeno in questa corsa - l'ultima che li vedrà insieme fino alla fine - non riesce a calcolare un bilancio dei pro e dei contro. E non gli interessa farlo, dopotutto. Non ora. James non è una statistica, James è carne e calore e dolcezza e ansimi contro la sua pelle.
Sono entrambi nudi ora, aggrappati l'uno all'altro come a cercare salvezza dal mondo fuori della stanza, come a cercare rifugio dalle aspettative e dalle scommesse degli spettatori.
Cercano e trovano conforto nel loro abbraccio perché sono perfettamente uguali; sono orgogliosi, persi e solitari allo stesso modo, dentro di sé."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Hunt, Niki Lauda
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Rush




The longest dawn










“Stay and help me to end the day
And if you don't mind
We'll break a bottle of wine
Stick around and maybe we'll put one down
Because I wanna find what lies behind those eyes
[…]
I rise, looking through my morning eyes
Surprised to find you by my side
Rack my brain to try to remember your name
To find the words to tell you goodbye”
(Pink Floyd – Stay)





Le gocce di pioggia scivolano lentamente sul vetro. Sono quasi le quattro del mattino, e Niki è sveglio. Sa che dovrebbe dormire finché può, dovrebbe riposarsi in vista della gara che lo impegnerà tra poche ore, ma la sagoma del monte Fuji, una massa nera contro il grigio-bluastro delle nubi appena illuminate dai primi raggi dell'alba, attira la sua attenzione in modo inquietante.
Sembra quasi un monito, ma l'austriaco sa, in cuor suo, che è stupido credere in certe cose e dare tanto valore a un semplice vulcano.
La paura è dentro di lui, e non è certo colpa del monte Fuji se le mani gli sudano per la sottile angoscia che lo pervade da giorni.


Ha paura.
Qui non è questione di venti o ventuno percento di rischio, qui è questione di vita o morte, senza mezzi termini statistici. Dopo l'incidente, Niki ha una paura tremenda di morire. Non vuole che accada di nuovo quanto è successo in Germania. Sfiorare l'inferno e tornare mezzo ustionato gli è bastato una volta, quindi no, grazie.

Mentre riflette, dei passi all'esterno della camera lo riportano alla realtà. Qualcuno bussa lievemente alla porta, come a controllare che l'occupante della stanza sia sveglio oppure no. Niki raggiunge in fretta la porta, un po' perplesso, ma cela bene il suo stupore quando si ritrova davanti James Hunt.


Niki si ritrova a pensare che è davvero bello, più bello del solito, ora che ha gli occhi cerchiati dalla mancanza di sonno e dalla preoccupazione; ora che sopra al semplice pigiama di cotone grigio indossa un maglione di lana turchese, troppo grande di almeno tre taglie. Lo infagotta in modo buffo, quasi tenero, e non sembra il solito James Hunt un po' sbruffone che stappa champagne davanti alle telecamere.


«Ehi. Sei sveglio anche tu.» Mormora il biondo, sorridendo leggermente.

«Già.»

«Nervoso?»


«Ci vuole la giusta dose di nervosismo in ogni competizione. Le statistiche dimostrano che i piloti che si dimostrano più sicuri di sé, quasi sempre sono quelli che muoiono in giovane età, per una distrazione durante la corsa.»


«Preciso come un computer, topolino.» Commenta James, senza scherno. «Ma ti prego, per una volta in vita tua lascia stare le statistiche. Vieni a fumare una sigaretta?»


«Dove?» Indaga Niki, tenendo la voce bassa per non svegliare Marlene.


«Di fuori, nel portico dell'hotel. Lì sotto non piove e c'è un bel panorama.»


L'austriaco si lascia sfuggire una risatina. «James Hunt che si interessa al panorama. Ora sono sicuro al cento percento che gli asini possano volare.»


«Dai, sai che intendo. Oggi è una di quelle notti in cui né amanti né mogli possono distrarti dalla gara. Sono... Sono angosciato, ok?» Sibila James, alzando le mani e distogliendo lo sguardo. «Mi conosci. Sai che–»


«Va bene. Taci, prima di svegliare mia moglie. Mi metto qualcosa di pesante e vengo.» Lo interrompe Niki, chiudendogli la porta in faccia. Stando attento a non fare rumore si infila una felpa sopra il pigiama, mette dei calzettoni ed esce dalla stanza.

James lo sta aspettando in fondo al corridoio. L'austriaco lo raggiunge e poi camminano di pari passo fino al portico.
Niki si affaccia alla balaustra di legno, lo sguardo di nuovo fisso al monte Fuji, mentre James si appoggia ad essa, dando le spalle al vulcano. Il biondo estrae dalla tasca del pigiama un pacchetto di sigarette e gliene passa una, poi se ne mette in bocca un'altra.
Trascorrono vari minuti in silenzio, fumando, pensando.

«Perché sei venuto a cercarmi?» Esordisce Niki con tono neutro.

James lo guarda, un lieve sorriso a increspargli le labbra, poi si gira dall'altra parte.

«Non lo so» risponde con scherzosa allegria, ma la sua espressione torna subito seria. «Non lo so... Credo sia perché tu sei l'unica persona per cui io abbia mai provato rispetto. E quindi penso che tu sia l'unico che conosco che possa capire come mi sento.»

«E com'è che ti senti? Io calcolo i rischi e ci manca solo che mi metta a misurare la quantità di pioggia sul circuito, ma tu? Ti senti eccitato in vista della gara e la tua angoscia deriva dal fatto che forse potresti diventare campione del mondo, scommetto.»

«Scommetti male» replica risentito l'altro, gettando il mozzicone della sigaretta oltre la balaustra. Incrocia le braccia e sbuffa l'ultima boccata di fumo. Niki lo guarda sorpreso.


«Spiegati.»


«Come ti stavo dicendo prima che mi chiudessi malamente la porta sul muso... Mi conosci. Sai che sono uno che ci mette tutto se stesso, nella corsa.»


«Perché vuoi vincere.»


«No, no, Niki! Vincere è solo una gratificazione, ma non è questo il punto. Insomma, tu guardi il circuito e lo vedi come un programma elettronico che bisogna analizzare in ogni parte per saperne poi trarre buon uso. Tu guardi la macchina, la soppesi, vedi difetti e pregi, cosa va e cosa non va. Io non vedo questo.»


L'austriaco lo squadra da capo a piedi, domandandosi se per caso qualcuno non abbia messo della droga pesante nel drink di James. «Cosa vedi tu, dunque?»


«Cristo, io vedo la corsa! La pura e semplice corsa, l'accelerazione, l'adrenalina! Vedo l'indicatore di velocità schizzare a livelli vertiginosi, vedo i lati della pista confusi come in un sogno, vedo... Vedo l'unico posto dove posso essere me stesso. Non il famoso pilota, né tantomeno il playboy o il pessimo marito. Vedo James, l'uomo che ama la Formula 1 più della sua stessa vita, semplicemente perché...»

Si interrompe e sospira, poi sorride, un sorriso reso stonato da una punta di amarezza.
«…Perché non mi chiede niente e mi chiede tutto, non mi guarda in faccia, non le importa della mia età o se sono infedele o no. Mi chiede di fidarmi di lei e di giocarmi la vita per essa, e non per la gloria, no, ma perché sa che non potrei vivere senza di essa.»

Guarda Niki e si infila le mani in tasca. «So cosa stai pensando.»


«E sarebbe?» Replica l'austriaco, riscuotendosi dallo sconvolgimento in cui l'hanno gettato le parole del collega.


«Che sono pazzo. E non hai torto, credo.»


«E invece tu ce l'hai. Penso... Penso che forse, e dico forse, mi sarebbe piaciuto essere come te. Ma non lo sono. Io non sono disposto a dare la mia vita per la Formula 1. Il prezzo di questa scommessa è troppo alto.»


James si accende un'altra sigaretta e offre il pacchetto a Niki, che però scuote la testa.


«Domani correrai, topolino?» Chiede il biondo. «Correrai con me?»


«Contro di te, semmai.»


«Che differenza fa? Siamo avversari per il compiacimento dei tabloid e del pubblico, e nel garage cosa siamo? Non siamo amici, ma allora cosa siamo?»


L'altro lo fissa intensamente.

«James, non riesco mai a capire quando sei serio e quando scherzi.»

L'inglese alza le spalle ed emette un cerchio di fumo. «In ogni caso non hai risposto alla mia prima domanda. Quest'altra invece, beh, lascia stare.»

Niki sospira, evitando il suo sguardo. «Non lo so. Va bene, correrò, sì... Ma ho paura. Sinceramente, non so quanto io sia disposto a rischiare, in questa corsa.»

«Capisco. Anche io ho maledettamente paura. Vomiterò miseramente tutta la colazione, stanne certo.»

«Che schifo. Basta che tu lo faccia lontano dalla mia auto.»


Ridacchiano sommessamente.


«È la prima volta che succede, sai.» Commenta James, dando una leggera pacca alla spalla destra di Niki, che si gira verso di lui.


«Che cosa?»


«Che ridiamo, io e te. Insieme. Finora ci siamo scambiati al massimo sorrisi sprezzanti e frecciatine gelide. E ora guarda come siamo ridotti: ridiamo e fumiamo insieme come amici. Quasi come amici.»


«Spero che questo contratto si possa annullare.»


«Temo che non ci siano clausole che permettano al tuo esercito di avvocati di farci tornare gli stupidi ragazzini di Formula 3, quelli che guidavano mediocremente e si latravano contro appena possibile.»


Ridono di nuovo, più forte, mentre il cielo inizia a schiarire.


«Beh, credo che tornerò a dormire, o quantomeno a tentare di farlo.» Dice Niki, passandosi una mano sulla bocca come a nascondere l'ombra di sorriso rimastagli sulle labbra.


«Sì, credo sia un'ottima idea. Meglio che faccia lo stesso anch'io.»


Si guardano leggermente imbarazzati, ognuno dei due senza sapere se andarsene per primo.


«È buffo. Abbiamo parlato di più in un'ora che in questi anni messi insieme.» Osserva James con voce quieta.


«Già. Ma è stato... Piacevole. No?»


«Sì, davvero. Buonanotte, Niki.»


«Sarebbe più appropriato buongiorno, ma per stavolta ti perdono.» Scherza l'austriaco. James si stacca dalla balaustra e si mette davanti a Niki, che gli porge la mano.


«Oh, ti prego, risparmiami le formalità da conferenza stampa. Vieni qui» sbuffa il biondo, afferrandolo per un braccio e attirandolo a sé. Niki è dapprima stupito dal trovarsi affondato nel maglione turchese di James, le sue braccia forti intorno alla schiena.

«Un po' siamo amici, e quindi un po' ci salutiamo con un abbraccio.» Sorride James, senza lasciarlo, battendogli piano una mano sulla nuca.


«E l'altro po'?» Indaga Niki, ritrovandosi suo malgrado a ridere.


«Beh, la prossima volta che ci incontreremo faremo a botte. Funziona così con gli 'un po' amici'.»


Superato lo shock iniziale, l'austriaco ricambia l'abbraccio con gesto goffo, ma poi restano fermi, smettono di ridere e l’unica cosa che sentono è il battito dei loro cuori, inframezzato dal lieve rumore della pioggia.


Si tengono stretti, senza parlare. La mano di James si sposta dalla nuca di Niki fino al suo viso deturpato. Si guardano negli occhi, il biondo chino sull'altro a tal punto che le loro fronti si sfiorano.

Le sue dita si muovono sullo zigomo sinistro dell'austriaco, andando su fino alla sua fronte ustionata

e trapiantata, ma il suo tocco non si fa più leggero e timoroso, e nel profondo dell'anima, Niki gliene è grato.
È grato a James perché ha sempre continuato a trattarlo come se non avesse mai avuto l'incidente, senza falsi riguardi, senza compassione.
È grato a James perché lo sta accarezzando e guardando con un misto di dolcezza e serietà, e sa che significa che gli vuole bene.
E Niki ne vuole a lui.

Il biondo lo bacia all'angolo della bocca, con una delicatezza che non è propria del James Hunt che l'austriaco ha conosciuto finora. E sotto sotto sa che questo è parte del vero James, sa che sotto le apparenze c'è molto più di quanto il biondo mostri; sa che James è solo un uomo, un uomo bello e capace di amare, ma che non ha mai trovato nulla che valesse la pena, eccetto per la macchina. Il vero James non è fatto di sorrisi da rivista e risate beffarde; il vero James è fatto di maglioni troppo grandi e ombre di malinconia negli occhi, ben nascoste a tutti tranne a chi ha imparato ad osservarlo davvero, e questa persona è Niki.

L'austriaco ha ancora più paura, adesso. Paura di cadere, perché il solo respiro caldo di James sulla sua pelle lo fa sentire sull'orlo di una vertigine, e istintivamente sposta una mano sulla spalla dell'altro, come a cercare appiglio. Dopo un istante di esitazione, il biondo lo bacia di nuovo, stavolta sulle labbra, soffermandosi su di esse come a chiedere il permesso. Niki apre la bocca, e mentre le loro lingue si toccano e si assaporano, la stretta di James si fa più forte, il suo abbraccio più caldo.
Le ragazze hanno sempre pensato che James fosse sesso puro, ma ora l'austriaco comprende quanto si sbaglino: James è passione pura.

James incarna ciò che Niki credeva esistesse solo nei film; è quel sentimento travolgente di desiderio fisico e mentale che non ha mai conosciuto ma ha sempre voluto conoscere, anche se non lo ha mai confessato a se stesso.

Passa le mani tra i capelli folti di James, tirandoglieli e gemendo quando il biondo gli inizia a mordere e succhiare il collo. James risale fino alla sua bocca, poi dopo un altro bacio gli sorride, e Niki nota che non è un sorriso malizioso, ma un sorriso... Forse felice è la definizione più adatta.

"Andiamo in camera mia." suggerisce il biondo. L'altro si limita ad annuire e a seguirlo, quando James lo prende per mano e lo guida verso la stanza. Le loro dita sono intrecciate saldamente, ora, e Niki non ha più paura.

Sa che è per questo che lo stanno facendo, pensa mentre si richiudono la porta alle spalle. Sa che si stanno spogliando solo per esorcizzare almeno per un'ora questa paura di morire, morire per la vittoria o vivere senza di essa, ed è una morte anche questa, uno stillicidio a suo modo. Non c'è nobiltà in nessuno dei due lati della medaglia, anche se James pensa sicuramente che ci sia, e Niki sa pure in quale dei due. Il prezzo della scommessa è troppo alto, troppo alto... E non è disposto a bruciare vivo un'altra volta, no.


Prende la sua decisione mentre James gli toglie la felpa e gli slaccia la giacca del pigiama, continuando a baciarlo con foga.

Prende la sua decisione e si lascia andare, si abbandona a James perché è l'unica volta che faranno l'amore, e almeno in questa corsa - l'ultima che li vedrà insieme fino alla fine - non riesce a calcolare un bilancio dei pro e dei contro. E non gli interessa farlo, dopotutto. Non ora. James non è una statistica, James è carne e calore e dolcezza e ansimi contro la sua pelle.
Sono entrambi nudi ora, aggrappati l'uno all'altro come a cercare salvezza dal mondo fuori della stanza, come a cercare rifugio dalle aspettative e dalle scommesse degli spettatori.
Cercano e trovano conforto nel loro abbraccio perché sono perfettamente uguali; sono orgogliosi, persi e solitari allo stesso modo, dentro di sé.

Niki viene attraversato da un brivido di piacere quando James entra in lui in un'unica, lenta spinta.
Fa anche male, maledettamente male, ma sa il cielo quanto questo dolore significhi per Niki.
Ne ha bisogno, ne ha bisogno perché quando il dolore scema e lascia spazio al piacere puro, intenso e vibrante, è l'ennesima prova di quanto sia amabile la vita, di quanto le lacrime siano necessarie per rendere autentico un sorriso, un ansito, una carezza.
Niki ha bisogno di questo dolore, perché gli ricorda che talvolta è meglio ritirarsi che giocarsi tutto, se significa poter almeno vivere col ricordo di questa notte, per tutte le notti a venire.

Sospira e accarezza i capelli di James, che lo guarda con aria interrogativa, in attesa. L'austriaco annuisce e si aggrappa alla sua schiena quando il biondo riprende a muoversi in lui, sussultando per l'ondata di piacere che lo attraversa da parte a parte, dandogli alla testa, ubriacandolo, inebriandolo.


James fa di nuovo incontrare le loro labbra in un bacio che sa di tristezza.
C'è una quieta disperazione nel modo in cui si accarezzano, ansimano, gemono, e si guardano negli occhi, e anche se non lo ammetteranno mai a voce alta, sanno benissimo perché.
Perché non sono più colleghi o amici, sono molto più di questo, qualcosa che non hanno il coraggio di definire, e vorrebbero durasse per sempre questo frammento delle loro vite, per non dover mai tornare alla realtà del circuito e della pioggia là fuori.

Sulla bocca di entrambi è sospesa una confessione, mentre raggiungono l'apice del piacere e si abbandonano l'uno tra le braccia dell'altro. Si baciano di nuovo, per l'ultima volta, per cancellare quelle due parole che premono per uscire, poi James esce da Niki e si stende al suo fianco. Non si guardano negli occhi mentre riprendono fiato, né mentre Niki si alza per andare a lavarsi. Quando riemerge dal bagno raccoglie i propri indumenti e si riveste in fretta, a testa bassa, seduto sul bordo del letto. James si infila i pantaloni del pigiama e gli si avvicina, abbracciandolo da dietro. Se ne stanno così per quella che a loro sembra un'infinità, le loro mani unite, i loro respiri sincronizzati.

È solo quando un tuono più forte degli altri squarcia il silenzio, che Niki si decide a sciogliere l'abbraccio, sebbene sia l'ultima cosa che vorrebbe fare.
James lo segue fino alla soglia della camera, ma non dice nulla. Si guardano negli occhi, in attesa di qualcosa, un gesto o una parola che entrambi sanno non servirebbe a nulla, infine Niki gli volge le spalle e se ne va.

James richiude la porta e va alla finestra. Osserva a lungo la sagoma innevata del vulcano in lontananza, poi chiude gli occhi e appoggia la fronte al vetro freddo della finestra, sospirando.



…..


E’ stata l’ultima volta che ci siamo parlati, prima che tu venissi a trovarmi all’hangar, tempo dopo il mio ritiro. Non ne avevamo più riparlato, fino a quel giorno. Una breve conversazione che sapeva quasi d’addio, poi eri salito sul jet insieme a quelle ragazze, diretto verso chissà quale città luminosa e piena di vita. Sinceramente non mi aspettavo una tua chiamata quella sera.


…..


«Pronto?»

–Ehi. Sono io.–


«…Dove sei?»


–Nella città degli angeli.–


«Los Angeles?! Hai idea di quanto ti costerà questa telefonata?»


–Non preoccuparti, topolino. Me lo posso permettere, ti ricordo che sono campione del mondo.–


Niki non può fare a meno di sorridere, e ha la strana sensazione che James sappia che lo sta facendo.

«Un campione del mondo che si brucerà tutto il guadagno in cocaina e regali per belle donne, di questo passo.»

–Non sono così irresponsabile, dai. Ogni tanto controllo il mio conto in banca, per vedere quanto manca al giorno in cui dovrò farmi una casa di cartone.–


«Che idiota» ride l’austriaco, seguito da James. Parlano ancora per qualche minuto del più e del meno, poi tacciono entrambi, senza sapere bene cosa dire. Ascoltano i respiri attraverso la gracchiante linea telefonica intercontinentale, e ognuno dei due sa che l’altro sta pensando a quella sera.


–Sai, Niki… l’avevo capito allora, che non avresti portato a termine la gara. Che ti saresti ritirato.– Mormora il biondo con un sospiro che tradisce la sua stanchezza, un indebolimento che va oltre il fisico.
Stanco di indossare ogni giorno la maschera che tutti vogliono, pensa l’altro senza rispondere.

–E per questo, lo ammetto, ti ho odiato quel giorno. Volevo fare quella corsa con te, accanto a te, fino alla fine. Solo con te, fregandomene del podio, pur di starti vicino. Invece hai mollato.–

«E’ stata la scelta giusta.»


–Giusta per te. È sempre stata questa la differenza tra noi: io sono disposto a giocarmi tutto, anche la vita. Tu no. Però non fraintendermi, non ti sto accusando di nulla. Sto solo esponendo i fatti.–


«È per questo che mi hai chiamato, James? Per esporre i fatti?» replica Niki, risentito.


–No. Ti ho chiamato perché mi manchi. Mi manca ascoltare i tuoi ansiti, percepire il tuo respiro. Come quella notte.–


Le lacrime minacciano improvvisamente di sgorgare dagli occhi dell’austriaco, che prende due o tre respiri profondi, senza tuttavia riuscire a ricacciarle indietro. Si asciuga rabbiosamente il viso con una mano, anche se altre lacrime continuano a rotolargli lungo le guance.

«Devo andare. Ci sentiamo, ok? Buona fortuna per tutto, James» taglia corto, la voce incrinata dal pianto.

–Buona fortuna, Niki. Sii felice.– mormora il biondo, chiudendo la chiamata.
Torna a sedersi sul davanzale della finestra, da cui ha guardato Los Angeles per un’ora prima di decidersi a chiamare.

Non se l'è presa per non aver ricevuto risposta a ciò che ha detto su quella notte, ma dopotutto Niki piangeva, e questo gli basta. Le lacrime dell'uomo che ama sono state una dimostrazione sufficiente del fatto che tutto ciò che James ha detto, Niki lo pensava altrettanto. Forse è stata una mossa avventata confessargli che sente la sua assenza, ma non ha potuto farne a meno. È la verità, dopotutto. E la verità brucia, e fa male, e fa piangere, e non servirà comunque a nulla in questo caso.


Non possono stravolgere le proprie vite e ammettere al mondo che si amano, e questo James lo capisce. Inoltre, Niki ha finalmente recuperato un equilibrio nella sua vita, dopo l'incidente, e già con la sua telefonata l'ha turbato più del dovuto, il che basta a far sentire il biondo in colpa. James sa che non si sentiranno più. Sa che Niki l'ha detto per mera formalità, e che le sue parole in realtà stanno a dire 'devo andare. Ti amo, ma non possiamo più sentirci, ok?’
Ma è giusto così, dopotutto.

È come nella corsa: sempre vicini, sempre a sfiorarsi, ma allo stesso tempo sempre separati da qualcosa: dalle relazioni nelle loro vite, dalle aspettative degli sponsor, dalle incitazioni del pubblico urlante. Stranamente, lo spirito di competizione è forse l'unica cosa che in un certo senso li abbia uniti davvero, prima di quella notte e prima del ritiro di Niki.

James si versa un bicchiere di whisky e lo tracanna di colpo, sperando di poter cancellare i pensieri e svuotare la mente. Se ne versa un altro, e poi un altro, e un altro ancora. Quando la bottiglia è vuota, è abbastanza ubriaco da poter piangere senza vergognarsi di se stesso.
Darebbe l'anima e tutto il whisky del mondo, per un'altra sola corsa con Niki.


…..


Spengo la televisione, desiderando poter spegnere i miei pensieri insieme ad essa, ma so che è inutile.
L'unica luce ora è quella dell'abat-jour, che illumina fiocamente la camera da letto. Sono solo stanotte, solo col mio dolore. Quando ho aperto il giornale del mattino non ci potevo credere, pensavo fosse uno scherzo.
Ho trascorso il resto della giornata guardando un telegiornale dopo l'altro, sperando in una smentita, ma ormai capisco che è stupido rifiutare la verità, per quanto essa possa fare male.
La verità è che sei morto, e sei morto troppo presto e troppo giovane.*

E’ ingiusta la tua morte. Uno stupido, banale infarto ti ha portato via da me, e pensare che erano quattro anni che non bevevi o ti facevi più.**
E’ ingiusta la tua morte, hai solo quarantacinque anni. Avevi.
Cristo santo.

Una parte di me – quel mio lato irrazionale che solo tu hai conosciuto – ancora spera che arrivi una telefonata provvidenziale a risollevarmi dall’abisso in cui sto scivolando, a comunicarmi che sei vivo e stai bene. Ancora spero di sentire la tua voce attraverso la cornetta prendermi in giro, darmi del credulone, dirmi ‘
ci vuole ben altro per mettere fuori gioco Hunt the Shunt, topolino
’.

Ma non tornerai mai più, e mai più mi porgerai la mano per farmi rialzare.
E mentre percepisco la tua assenza accanto a me, mi sembra che ogni ricordo di noi sia così bello, così lontano… Mi manchi, mi manchi così tanto che non riesco a respirare, che mi bruciano gli occhi e la gola per il dolore che preme per uscire.

Spengo la luce e mi raggomitolo sotto le coperte, piegato, accartocciato su me stesso come una foglia che brucia.
Smetto di resistere e lascio che il pianto mi sconvolga, che i singhiozzi mi scuotano le spalle, che le lacrime mi bagnino il viso.
Smetto di resistere e sussurro al vuoto accanto a me la mia confessione d’amore, quella che avrei dovuto farti allora, ma avevo troppa, troppa paura…





Certe corse, purtroppo, non si possono vincere.













Nota dell’Autore

Le frasi contrassegnate dagli asterischi sono citazioni di  Niki Lauda (tratte da quest’intervista http://www.panorama.it/sport/formula-1/niki-lauda-james-hunt-rush-intervista/).

Ecco, leggendo la penultima risposta che ha dato, se siete squinternati/e quanto me, emetterete un “d’aww” affranto e verserete una lacrima di sincera commozione.

Ho visto “Rush” cinque giorni fa per la prima volta, e questo è il risultato.

Ovviamente ogni volta che voglio scrivere qualcosa parto con l’intenzione di buttar giù una cosina tenera, dolce e fluffosa, e ovviamente fallisco miseramente e il mio cervellino masochista partorisce cose tristi ed eternamente tendenti all’angst.
Chiedo perdono nel caso la storia non fosse un granché, ma diciamo che l’ho scritta durante cinque notti e non proprio cinque giorni, rigorosamente dalle una alle tre del mattino perché “inspiration is a bitch”.

Ok, ora torno nel mio angolino di oscurità e idee tragiche e storie d’amore fallite *w*!
Grazie a voi che leggete, recensite, mettete nei preferiti o che non fate nessuna delle ultime due! Vi adoro in ogni caso, sappiatelo.

Baci e Shine On,
Captain Willard











  
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