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Autore: Little Redbird    29/09/2014    2 recensioni
Che cosa vuol dire essere l'unico al mondo ad avere una sorella?
Sono stato il primo a prenderla in braccio, l’ho tenuta occupata, le ho dato le mie razioni di cibo. Ed il giorno in cui me l’hanno portata via sono morto dentro.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Octavia Blake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Siblings

 



“Dimmi com’è, Bellamy. Com’è avere una sorella?”
La voce di Clarke era solo un sussurro, ma Octavia poté cogliere la meraviglia e la curiosità nel suo tono.
Non riusciva a dormire, e ascoltava lo sciabordio dell’acqua del fiumiciattolo che scorreva poco distante da loro e si infrangeva contro i sassi. Probabilmente suo fratello e Clarke non sapevano che li stava ascoltando e, quasi certamente, non volevano che li ascoltasse. Ma era troppo curiosa di conoscere la risposta di Bellamy. Per tutti gli altri, loro due dovevano essere una specie di teatrino da osservare quando non avevano nulla da fare, soprattutto quando suo fratello metteva in scena una delle sue ramanzine in stile “Sono tuo fratello maggiore e farai quel che dico”. Per loro doveva essere difficile comprendere la logica di quel ragionamento; e ancor più difficile capire perché lei gli desse retta – beh, le volte in cui lo faceva.
Bellamy sospirò. Un sospiro quasi spazzato dal vento, che persino Clarke, vicinissima a lui, aveva certamente faticato a sentire.
“Non te lo so spiegare.”
“Provaci” lo spronò Clarke.
Bellamy sbuffò di nuovo. Octavia non poteva vederlo, ma scommetteva che avesse alzato gli occhi al cielo e poi sorriso come faceva solo con lei. Aveva un sorriso che usava solo per Clarke, un sorriso che significava “mi sfianca starti dietro, ma è la fatica per cui mi alzo al mattino”.
All’inizio, Octavia era stata gelosa di quel sorriso, perché prima lei era l’unica ad avere un sorriso tutto per sé. Ma poi aveva realizzato che erano completamente diversi. Bellamy le sorrideva per dirle “tutto quel che vedi, tutto quel che faccio, è per te”. E allora aveva capito. Aveva capito che c’era abbastanza spazio nel suo cuore per ospitare sia lei che Clarke. E Clarke se l’era preso eccome quello spazio. Era entrata così prepotentemente da metterla da parte per un attimo. Ma Octavia non si era arrabbiata, aveva capito, e le aveva fatto ancor più spazio, fino a che si erano silenziosamente accordate di occupare equamente il cuore di quel ragazzo, pesante di tutti i fardelli che gli erano toccati.
“Non le voglio bene come a mia madre” rispose finalmente Bellamy. “Forse è più forte. Quando ti prendi cura di una persona per così tanto tempo… diventa necessaria” cercò di spiegare. “L’unico paragone che posso fare, per farti capire, è che Octavia per me è come una di questi stupidi cento ragazzini. E tu sei l’unica a poterlo capire.” Si interruppe per qualche attimo, per guardare in viso Clarke, immaginò Octavia. “Non li abbiamo messi al mondo noi, ma ce ne prendiamo cura perché sono importanti. Ogni stupido ragazzino è importante a modo suo. Octavia è importante perché è sangue del mio sangue. Sono stato il primo a prenderla in braccio, l’ho tenuta occupata, le ho dato le mie razioni di cibo. Ed il giorno in cui me l’hanno portata via sono morto dentro.”
Octavia si lasciò scappare un singhiozzo, mentre le lacrime le bagnavano la coperta. Ma né Bell né Clarke se ne accorsero, troppo assorbiti dal racconto, o dagli occhi dell’altro.
“Avere una sorella significa salire su di una navicella diretta all’inferno, solo per assicurarti che stia bene.”
Silenzio.
Clarke probabilmente stava piangendo.
Bellamy rise debolmente. “Non sono un bravo narratore” si schernì.
La voce di Clarke uscì spezzata e dolorante. “Credo che tu sia la cosa più simile ad un fratello che potrò mai avere.”
Octavia la immaginò stringere la mano di suo fratello. Si augurò che Bellamy ricambiasse la stretta.
Si concentrò di nuovo sul rumore dell’acqua, estraniandosi dalla conversazione sussurrata tra quei due.
Non avrebbe mai pensato di poter volere ancora più bene a suo fratello, ma Octavia sentì chiaramente il cuore che le si allargava nel petto. Forse, si disse, cominciava ad esserci posto per Clarke anche nel suo, di cuore. Non le sarebbe dispiaciuto avere un fratello ed una sorella.
 
 
 



 


Che ve devo di’? Proprio non ce la faccio a staccare le dita dalla tastiera.
Vi sto intasando la sezione, me ne rendo conto, ma capitemi.
Ci voleva qualcosa su Octavia, vero? È troppo dolce :3
   
 
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