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Autore: HikariMoon    30/09/2014    4 recensioni
(Post-Dan il Guerriero Rosso e Pre-Brave) Dan e Yuuki sono rimasti soli. Mai, Clarky, Kenzo e Hideto si sono arresi e hanno abbandonato la battaglia per la verità di Gran RoRo.
Il Guerriero Rosso e il Guerriero Bianco sono però decisi a portare avanti la loro battaglia. E per vincere sanno che dovranno fermare ciò che ha pilotato l’opinione pubblica contro di loro: il Governo Invisibile.
La loro determinazione si scontrerà contro le trame di quel potere nascosto… portandoli ad una dura sconfitta dal costo troppo elevato che segnerà Dan in modo indelebile.
Ma, mentre una battaglia sembra ormai persa, un’altra missione chiama i Maestri della Luce dando loro la possibilità di ritrovare sé stessi e quello che erano. L’inizio di una nuova avventura per Mai, Clarky, Hideto, Kenzo e soprattutto Dan.
Genere: Avventura, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dan Bashin, Un po' tutti, Yuuki Momose
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Battle Spirits Resurgence - I Guerrieri della Luce'
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Capitolo 4

Quando la porta si chiuse alle sue spalle, la ragazza fu finalmente circondata da un po’ di silenzio. In sottofondo si sentivano i rumori della palestra che in tutti quegli anni aveva imparato a conoscere e che, alla fine, erano entrati a far parte un po’ di lei. Le voci degli allenatori, i nomi delle mosse, i tonfi leggeri dei piedi sui tappeti e quelli più forti dei corpi che venivano mandati a terra. Un piccolo sorriso si fece largo sulle sue labbra.

Le arti marziali erano una delle poche cose che Mai Shinomiya aveva conservato di Mai Viole. Era l’unico modo con riusciva a sfogare la propria frustrazione, la propria impotenza… l’unico modo con qui riusciva a recuperare la tranquillità necessaria per affrontare un nuovo giorno, per affrontarlo senza che i ricordi la tormentassero. Un modo per sfogare anche la rabbia. Sì, la rabbia che sentiva montarle dentro ogni volta che ripensava ai due anni che aveva appena vissuto. Una rabbia enorme per le accuse, per tutto quello che avevano dovuto attraversare, per quello che era successo a Yuuki… e per quanto fosse stata stupida e debole.

Per settimane, dopo che se ne era andata, si era sforzata di non pensare a Gran RoRo, a Battle Spirits, a Dan… farlo le avrebbe fatto tornare il senso di colpa per essersene andata. Aveva convissuto a lungo con i rimorsi, prima di accettarli e così, finalmente, voltare pagina e ricominciare a vivere.

Si era illusa di esserci riuscita. Si era illusa che presto sarebbe potuta tornare da lui, da Dan e riprendere a combattere al suo fianco. Ma la vita le aveva mostrato una volta di più che la realtà non dava spazio alle illusioni. In quel freddo giorno di febbraio, il dolore, la paura, il senso di colpa l’avevano quasi soffocata. Il dolore di aver perso un amico, la paura che anche Dan fosse morto o ferito, l’irrazionale senso di colpa che continuava a ripeterle che, se lei non fosse andata via, tutto sarebbe stato diverso l’avevano fatta ripiombare nello stato di crisi e confusione che l’aveva accompagnata i primi giorni dopo il suo abbandono.

Anche in quell’occasione, era stata Kaoru a farle capire che non poteva farsi distruggere in quel modo. E, così, Mai aveva pian piano raccolto di nuovo i cocci della sua vita, si era rialzata dopo quell’ennesima caduta e aveva, giorno dopo giorno, ritrovato sé stessa in Mai Shinomiya.

Ma non aveva mai avuto il coraggio di chiamarlo. Si vergognava troppo. Per giorni era rimasta ore seduta davanti al telefono a fissarlo. Solo una volta aveva provato a chiamare, con il cuore in gola e il battito che aumentava ad ogni squillo, Mai aveva atteso fino a quando era caduta la linea. E aveva capito che Dan, in quel momento, non aveva bisogno di lei. Doveva ritrovare sé stesso e lei non poteva aiutarlo. Aveva rinunciato a quel diritto quando se ne era andata.

Da quel giorno erano passati quasi tre mesi. Mesi in cui i capricci, gli atteggiamenti di Mai Viole erano definitivamente andati nel dimenticatoio. Solo le arti marziali erano rimaste, le arti marziali e il suo mazzo di carte. Battle Spirits, nonostante tutto, era stata una cura per il suo animo provato e anche se non duellava con la stessa frequenza di prima, si sarebbe sentita vuota senza di esso. Era una parte di lei, come lo era diventato Dan. Quell’irruento, coraggioso e allegro ragazzo che aveva travolto non poche certezze della sua vita e di cui, alla fine lo aveva capito, si era irrimediabilmente… innamorata. Ma sarebbe mai riuscita a dirglielo?

Mai si diresse verso  il proprio armadietto, si cambiò veloce e si sciolse i lunghi capelli che aveva raccolto in una coda per l’allenamento. Un’occhiata rapida allo specchio e la ragazza si mise in spalla il borsone. Guardò l’orologio e uscì a passi veloci dalla palestra, sperando di non perdere l’autobus.

Raggiunta la fermata, Mai alzò lo sguardo verso il cielo che cominciava a tingersi dei colori del tramonto. Una profonda malinconia l’avvolse e si trovò a pensare che cosa stessero facendo in quel momento tutti i suoi amici, che cosa stesse facendo Dan.

Subito dopo, però, nei suoi occhi ametista brillò una scintilla di determinazione che le fecero scuotere la testa e tornare a sorridere. Perché, per quanto non lo facesse vedere, Mai Viole non era stata soltanto una maschera creata per difendersi dagli altri, ma una parte di lei che viveva ancora dentro il suo cuore. Il coraggio, la determinazione del Guerriero Viola erano solo nascoste dietro quel lato pacato, più dolce e meno irruento che Mai aveva imparato a mostrare, un lato che a sua volta anni prima era stato nascosto per dimostrarsi forte e indipendente.

Dopotutto, pensò Mai mentre saliva sull’autobus, Mai Viole e Mai Shinomiya erano i due volti del suo stesso essere. E ormai aveva imparato a capire i momenti in cui doveva essere l’una o l’altra. Per tornare a tirare fuori la grinta del Guerriero Viola, come faceva in palestra, serviva solo l’occasione giusta…

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Clarky rilassò il corpo contro lo schienale della poltrona da cui comandava la Magnifica Sophia. Erano passate già alcune lunghe e velocissime settimane da quando era arrivato nel futuro. Si era dovuto abituare in fretta a tutte le novità di quell’epoca e alla situazione che c’era tra Mazoku ed esseri umani. Alcune sere, nella cabina della Magnifica Sophia o nella sua stanza alla base, aveva appena la forza di trascinarsi nel letto prima di crollare addormentato.

Ma era felice. Certo aveva ancora paura che tutti i loro sforzi fossero inutili, che i continui disastri ambientali aumentassero sempre di più peggiorando la situazione. Anche se fuori si mostrava sicuro, dentro di sé aveva ancora tanti dubbi. Ma almeno adesso sentiva di star finalmente facendo qualcosa di concreto per gli altri. Aveva ripreso a combattere. Era riuscito finalmente a fare quello che, quanto successo dopo la loro vittoria, gli aveva impedito di fare.

Sorrise debolmente al pensiero che la sua epoca, ormai, gli sembrava quasi un passato così lontano… quasi non lo toccasse più. Le uniche persone che gli mancavano erano la sua famiglia. Ma lì era più utile di quanto mai sarebbe potuto essere rimanendo accanto a loro.

Fu a quel punto che Clarky sentì l’astronave smettere di vibrare e tutto tacque attorno a lui. il suo sguardo si posò su Yus che, alla posizione di pilota, stava ultimando gli ultimi controlli. Un altro atterraggio perfetto. Plym, accanto a lui, stava lavorando come una matta per controllare tutti i restanti parametri e completare un controllo totale della struttura in cerca di possibili danni o malfunzionamenti.

Il Guerriero Giallo sorrise. Quei due ragazzini si erano mostrarti più in gamba di quanto potesse mai aspettarsi e, alla fine, erano riusciti a creare un gruppo affiatato. Yus ormai si fidava completamente di lui e Plym riusciva sempre ad alleggerire la situazione… tranne quando iniziava a sproloquiare di possibili modifiche alla sua Sophia. Gli venivano i brividi al solo pensiero. Ma Plym era così, non riusciva a restare lontana da robot, motori e aggeggi meccanici per più di mezz’ora.

Lentamente si alzò e raggiunse i due ragazzi alle spalle, posando una mano sulla spalla di Yus.

“Ottimo lavoro a tutti e due, come sempre… ora ci meritiamo un bel riposo.”

Yus si voltò verso di lui sorridendo. “Grazie, Capitano.”

Clarky rispose al sorriso e si voltò verso Plym che continuava a battere i tasti del suo computer di bordo in modo frenetico. Il Guerriero Giallo faticò a non ridere.

“Plym, rilassati…”

La ragazzina sospirò e si lasciò andare contro il sedile.

“Scusi, Capitano. È che qui ci sono così tante cose da fare… controllare i parametri dei motori, delle difese, dei sistemi vitali, dei propulsori, delle armi, degli strumenti di comunicazione…”

Il ragazzo riuscì miracolosamente a frenare il fiume di parole della ragazzina.

“Ho capito il concetto, Plym. E questa è la conferma di quello che pensavo: hai troppo lavoro, abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi di tutti questi controlli così potrai dedicarti solo alla salute della mia Sophia.”

Plym non rispose subito e per un attimo quasi si sentì in colpa di non essere in grado di occuparsi di tutto da solo. Poi, realisticamente, si rese conto di poter portare avanti per molto una simile mole di lavoro… e se durante uno scontro avesse dovuto riparare un guasto? Come avrebbe potuto gestire anche tutto il resto?

“Avete ragione, Capitano.”

Clarky, che al sorriso di Plym si era rasserenato, sorrise a sua volta. Aveva veramente temuto di offendere l’amor propria della ragazzina.

“Ottimo, allora vado subito a parlarne con Kazan… voi cercate di riposare, chiaro?”

Il Guerriero Giallo lanciò uno sguardo ammonitore ai due ragazzi che, più o meno seriamente, si esibirono in un saluto militare. Scuotendo la testa rassegnato, Clarky uscì dalla sala di comando e pochi minuti dopo posò i piedi sulla passerella della base. Un’altra missione portata a buon fine.

Clarky sorrise orgoglioso e si diresse verso la sala comando dove, sapeva per certo, avrebbe trovato anche Kazan. Mentre vi si dirigeva, lasciò vagare la mente senza pensare a nulla. Ogni tanto ne aveva bisogno. Gli sembrava di aver vissuto una vita molto più lunga dei suoi miseri diciassette anni. Il destino gli aveva rifilato una responsabilità dietro l’altra, battaglie molto diverse e più importanti di quelle quotidiane dei ragazzi della sua età. Ma non avrebbe mai voluto una vita diverse: non si sarebbe riuscito a vedere diverso da quello che era diventato. Forse, avrebbe solo voluto poter cambiare qualcosa…

La porta della sala comando si aprì al suo passaggio e il Comandante Kazan si voltò subito verso di lui, congedando l’uomo con cui stava parlando e incrociando le mani dietro la schiena.

“Bentornato a Tokyo, Capitano Clarky.”

Il Guerriero Giallo sorrise, togliendosi il cappello.

“Ne sono felice anche io, Comandante.”

L’uomo annuì e tornò a dare una veloce occhiata ai monitor, continuando a prestare distrattamente attenzione a Clarky.

“La missione è andata bene, suppongo.”

Clarky lo affiancò, alzando la sguardo per contemplare con espressione indecifrabile l’immagine dei continenti, dove il rosso cercava di diffondersi ovunque. Vedeva una sadica ironia nel fatto che gli umani stessero subendo, in quel lontano futuro, la stessa sorte degli abitanti di Gran RoRo della loro epoca.

“Sì, meglio di quanto prevedessimo. Le farò avere il rapporto il prima possibile.”

Kazan annuì e Clarky, dopo un attimo di silenzio, riprese a parlare.

“A questo proposito, ci sarebbe una faccenda di cui vorrei discutere con lei.”

Il Comandante tornò a prestare la sua completa attenzione al Guerriero Giallo.

“Di cosa si tratta?”

Clarky si posò con le mani al tavolo dei computer.

“Plym ha bisogno di un aiuto. Fa il suo lavoro splendidamente ma è troppo per lei. Senza contare che in caso di necessità, durante uno scontro, non sarebbe umanamente in grado di gestire ogni cosa. La Sophia ha bisogno di qualcuno che si dedichi completamente ai sistemi di controllo e ai computer.”

Kazan sembrò soppesare le sue parole, mentre scrutava il suo volto. Alla fine, quando parlò, la sua era una constatazione.

“Hai già in mente qualcuno.”

Clarky sorprese se stesso quando si rese conto che, sì, lui aveva in mente qualcuno. Sorrise al pensiero che non ci sarebbe stato nessuno di più adatto a lei. Kazan sorrise a sua volta, completamente d’accordo con il Guerriero Giallo.

“Come immaginavo. Hai la mia autorizzazione. Vuoi essere tu…”

Il Guerriero Giallo annuì, dandosi una spinta per tornare verticale.

“Sì, se non è un problema.”

Kazan prese il rapporto sulla situazione nell’Africa meridionale che una ragazza gli stava porgendo e annuì.

“Darò subito comunicazione alla dottoressa Stella e a Kenzo di preparare tutto. Potete partire non appena tutto sarà pronto.”

Clarky sorrise, una volta di più da quando era venuto nel futuro. Non vedeva l’ora di rincontrare la sua amica.

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Mai teneva il borsone sulla spalla e passeggiava persa nei propri pensieri. La tiepida serata di maggio l’aveva spinta a scendere un paio di fermate prima rispetto al suo solito. Voleva godersi ancora un po’ le giornate che si allungavano e i raggi del tramonto che la coccolavano.

La ragazza chiuse gli occhi e inspirò l’aria profumata della primavera. Le strade erano così tranquille che riusciva a sentire il rumore del fiume che scorreva poco più avanti. Si sentiva così bene…

Improvvisamente, Mai sentì la fastidiosa sensazione di essere osservata. Aprì di scatto gli occhi e si guardò attorno, individuandolo subito. Quando capì chi era, si immobilizzò dalla sorpresa. Erano settimane che non si faceva sentire, da quando Andrew era partito. Vederlo sorridente davanti a lei, le fece aumentare il buon umore di quella serata. Sorrise felice. Se Dan era la persona più importante per lei, Clarky era il suo migliore amico.

“Clarky!”

Percorse i metri che la separavano da lui di corsa e si fiondò ad abbracciarlo, lasciando cadere la borsa sul marciapiede. Clarky le fece fare un giro mentre ridevano tutti e due come matti. Una volta con i piedi per terra, Mai lo guardò fingendosi offesa e colpendolo con un debole pugno sulla spalla.

“Questo è per essere sparito senza una parola!”

Clarky si finse dolorante, anche se faticava a trattenere un sorriso.

“Mai! Se fai così mi fai pentire di essere venuto qui! Ma invece delle arti marziali non potevi fare un’attività più femminile? Che ne so, danza classica o pittura…”

Mai rise e la sua risata cristallina riempì l’aria. Scuotendo la testa si posò al parapetto del ponte e si voltò verso l’amico.

“Nah, che divertimenti ci sarebbe stato poi?”

Clarky sospirò in modo melodrammatico appoggiandosi al parapetto accanto a lei.

“Allora ricordami di stare a debita distanza delle tue mani e dei tuoi piedi.”

Mai sorrise. Per lunghi istanti entrambi rimasero in silenzio, fino a quando Clarky riprese la parola.

“Come va? I due piccioncini si sono ricongiunti?”

La Guerriera Viola ghignò al pensiero di Kaoru e Andrew: era diventata una tradizione per lei e Clarky, quella di chiamare così i due fratelli maggiori.

“Pochi giorni fa. Kaoru era così felice che non stava più nella pelle. Il giorno della partenza si è svegliata tre ore prima del previsto… e pensando bene di obbligare anche me a scendere dal letto! Pensa che mi ha pure accusata di non volerle bene quando mi ero rifiutata di farlo!”

Clarky non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere. Chissà a che ora era invece andato Andy all’aeroporto per aspettarla. Conoscendolo almeno quattro ore prima per poi finire a farsi prendere dal panico per il “presunto” ritardo del volo… un velo di amarezza attraversò gli occhi di Clarky. Ma rapido quanto era venuto, Clarky lo scacciò: aveva preso la sua decisione.

“Però è stato bello passare quelle ore con lei… allora a cosa debbo questa tua gentile visita?”

Il Guerriero Giallo tornò a concentrarsi su Mai che, sorridente, era in attesa di una spiegazione. Prese un respiro e si fece forza. Conosceva bene l’altruismo e il coraggio di Mai, non aveva dubbi su questo, ma altrettanto bene sapeva quanta fatica aveva fatto la ragazza per ritrovare un equilibrio dopo tutto quello che era successo. Aveva il diritto di scombinarle la vita per l’ennesima volta? Di chiederle di ricominciare di nuovo da zero in un'altra epoca, in un futuro carico di scontri e contrasti? Non ne aveva idea, ma ormai era lì e non si poteva tirare indietro. Clarky si voltò verso di Mai, che si rese subito conto che c’era qualcosa d’importante che le doveva dire.

“Mai, devo chiederti una cosa. Ma sappi che potrai anche rifiutarti di farlo, senza timore.”

Clarky attese il cenno di assenso di Mai prima di continuare.

“Qualche settimana fa, ho smesso di tenermi in contatto con te perché sono stato costretto… dalle circostanze, diciamo.”

La ragazza inclinò la testa, perplessa. Clarky deglutì e continuò.

“Kenzo è venuto a cercarmi per propormi una nuova missione: ho accettato e sono andato con lui… nel futuro.”

Il Guerriero Giallo tacque, in attesa di una qualche reazione di Mai. La ragazza rimase in silenzio per lunghi istanti prima di inumidirsi le labbra e parlare.

“Nel futuro?”

Clarky annuì. “Sì. Nel 2650 la Terra è ormai quasi completamente in mano ai Mazoku. Kazan, a comando delle forze terrestri, aveva bisogno di qualcuno che li conoscesse bene e così a pensato a Kenzo. Ora collabora con la dottoressa a capo del dipartimento di scienze e ricerca della base di Tokyo. Poi hanno chiamato anche me.”

Mai annuì voltandosi a fissare la corrente sotto di loro. Il suo viso si rifletteva distorto sulla superficie mossa delle acque.

“Ora avete deciso di chiamare anche me.”

Non era una domanda, era una semplice constatazione. Clarky annuì, senza alcuna voglia di mettere fretta all’amica. Doveva avere il tempo di prendere una decisione.

“Chi altri?”

Clarky si riscosse. “Scusa?”

Mai sospirò. “Chi altri di noi Maestri della Luce?”

“Solo noi tre, che io sappia.”

La Guerriera Viola si limitò ad annuire. Aveva un sacco di domande in testa e non era sicura se essere rassicurata o triste del fatto che Dan non era stato chiamato. Poi un altro pensiero attraversò la sua mente.

“Kazan… lui sa che cosa è successo?”

Clarky capì subito a che cosa si riferisse Mai. Durante la loro avventura a Gran RoRo, Kazan era stato al servizio di Yuuki. Tra i due si erano creato un profondo legame di rispetto reciproco. Annuì lentamente.

“Sì. Glielo abbiamo raccontato io e Kenzo… abbiamo dovuto. Sarebbe stato un’ottima aggiunta per la squadra del futuro… dovevamo dirgli perché non potevamo chiamarlo. Credo che abbia sofferto, anche se non l’ha dato a vedere. Gli abbiamo raccontato anche tutto il resto. Era furioso e indignato di sapere come ci hanno trattato dopo la nostra vittoria.”

Mai deglutì. Gli eroi di Gran RoRo, i nemici della Terra. Spezzati… o uccisi. Faceva ancora male pensarci.

“Che cosa dovrei fare?”

Clarky abbozzò un triste sorriso. Era grato a Mai per avere cambiato il discorso. Soffriva ancora anche lui, nonostante i tanti mesi già passati. Ma, ne era convinto, non ne sarebbero mai passati a sufficienza.

“Sono diventato Capitano di un’astronave.”

Mai guardò verso di lui sorridendo dolcemente. “Davvero?”

Il ragazzo annuì, mentre un velo d’orgoglio si intravedeva sui lineamenti del suo volto.

“Sì. Per questo ho bisogno di un’esperta in computer… pensi di essere disponibile?”

Un’espressione indecifrabile apparve sul volto di Mai. Clarky se ne accorse e si affrettò a rassicurarla.

“Non devi per forza accettare. Te lo chiesto, solo perché sei stata la prima a venirmi in mente…”

Mai sorrise per tranquillizzarlo e tornò a fissare l’acqua. Così tanti dubbi stavano affiorando nella sua mente. Era pronta a gettarsi a capofitto in una nuova avventura? A lasciare indietro Dan? Da quando se ne era andata, il suo principale obbiettivo era stato quello di fare chiarezza in sé e nei propri sentimenti. Ma, se ne rendeva conto solo ora, lo aveva fatto solo in parte. I fantasmi del passato c’erano ancora. I sensi di colpa, soprattutto…

Forse quello era un segno del destino. I Maestri della Luce si stavano lentamente, e sorprendentemente, riunendo in un futuro lontano per affrontare una nuova missione. Era quasi ironico che fosse l’umanità del ventiseiesimo secolo a chiedere loro aiuto, quando quella del ventunesimo non si era fatta molti scrupoli a metterli alla gogna, ad additarli come pericolosi e crudeli criminali. Ma non aveva importanza, ora c’erano persone che avevano bisogno di loro. Poteva ignorali e tirarsi indietro? No. Non poteva voltare le spalle e andarsene di nuovo. Aveva provato fin troppo sulla sua pelle quali fossero le conseguenze.

Mai sorrise. Se avevano chiamato lei, forse un giorno avrebbero chiamato anche Dan. E, se non fosse successo, sarebbe tornata lei, rese più forte da quell’avventura e pronta per dirgli quello che provava per lui. La ragazza inspirò e si voltò verso Clarky. Era pronta. Nel borsone c’era già il suo computer e le sue carte (non si separava mai da quei due oggetti… tranne quando si faceva la doccia): non le serviva altro.

“Vengo. Ci sono persone che soffrono e questo non posso ignorarlo.”

Clarky sorrise nel vedere l’espressione determinata di Mai. Ci aveva sperato.

“Se sei convinta, allora andiamo. Il futuro ci aspetta.”

Mai annuì e, seguendo Clarky verso un luogo più isolato, guardò verso la città. Il volto di Dan gli apparve davanti agli occhi. Stiamo ricominciando a combattere Dan, quello che un anno fa ci chiedesti inascoltato di fare. I Maestri della Luce stanno tornando. Aspettiamo solo te. Aspettiamo solo che tu sia di nuovo pronto per guidarci, Dan. Sorrise.

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La stanza era scarsamente illuminata. L’unica luce che la illuminava era quella dello schermo di un computer. La luce artificiale si rifletteva sugli oggetti che riempivano lo spazio racchiuso in quelle quattro pareti. Un uomo sedeva immobile davanti allo schermo. Sarebbe sembrato addormentato se non fosse stato per il braccio che, ritmicamente, solleva e riabbassava un peso. Gli occhi fissi sullo schermo. Sulle labbra un sorriso soddisfatto.

Aveva fatto di nuovo quel sogno. Un’altra volta.

All’inizio, settimane prima, non aveva dato gran peso a quell’assurdo sogno che aveva fatto. Il duello era stato appassionante, doveva ammetterlo, ma lo aveva bollato fin da subito come una semplice creazione della sua mente.

Poi, aveva capito che non era così. Il sogno si era fatto più dettagliato, le sensazioni che provava più nitide, più chiare. Ed era stato allora che, qualcosa dentro di lui, gli aveva suggerito che quello non era un sogno ma ricordi.

Ok, per essere sinceri all’inizio aveva creduto di essere diventato pazzo. E con tutti i Mazoku fuori di testa che aveva affrontato nella vita ci poteva anche stare. Ma poi aveva deciso che, no, lui non ci stava a finire i suoi giorni con l’impressione di essere pazzo.

Aveva cominciato a fare delle ricerche. Aveva un sacco di tempo da quando era diventato Istruttore. Bastava dare ai suoi allievi qualche esercizio (poca roba, un paio di ore di corsa, qualche centinaio di flessioni… cose così, leggere) e aveva tutto il tempo che gli serviva.

Ed eccola lì, finalmente. La risposta alle sue domande, ai suoi dubbi… e alla necessità di trovare qualcuno di capace per duellare al suo posto. C’era da dire che la maggior parte dei duellanti da cui era circondato era un branco di smidollati… quasi quasi tifava per i Mazoku. Solo quasi. Che si mettesse a mangiare fiori, il giorno in cui i Mazoku gli sarebbero stati simpatici! Chissà questa come gli era venuta…

La conferma ai suoi sospetti, alle sue sensazioni era davanti ai suoi occhi. Non erano sogni, erano veramente ricordi. Ed era riuscito finalmente a dare un nome al volto del duellante che, non sapeva neanche lui quanto tempo prima (o vite prima), aveva affrontato. Lo ricordava, lo stava cominciando a ricordare. Dan Bashin, il Guerriero Rosso. Uno dei Guerrieri, come lo era stato lui…

Fu in quel momento che la porta della stanza si aprì e sulla luce del corridoio si stagliò la figura di Kazan. L’uomo fece appena pochi passi all’interno prima di parlare.

“Mi hanno detto che volevi parlarmi, Istruttore Zolder.”

Zolder sorrise soddisfatto e si voltò verso Kazan.

“Credo di aver finalmente ricordato la risposta a tutti i nostri problemi. La persona perfetta per prendere il mio posto in prima linea e per guidarci nello scontro con i Mazoku.”

Kazan alzò un sopracciglio, perplesso. “Ricordato?”

Zolder lasciò cadere il peso e strinse la mano attorno all’altra, stretta a pugno. La determinazione brillava nel suo sguardo.

“Già, ricordato. Dovresti ricordartene anche tu, Kazan.”

Il Comandante, a quelle parole, alzò lo sguardo sullo schermo e vi vide il volto di Dan. Lo stupore si dipinse sul suo volto, quando si voltò verso Zolder.

“Dan Bashin? Come…”

Zolder si alzò e sorrise. “Perché io c’ero… insieme a Woden.”

La consapevolezza apparve nello sguardo di Kazan. Zolder incrociò le braccia.

“Dobbiamo chiamarlo. È la risposta ai nostri problemi.”

Kazan non rispose subito, ma Zolder sapeva che aveva capito. Aveva capito ogni cosa, anche chi era stato lui. Non aveva importanza, tanto lui di quella vita aveva appena ricordato solo pochi avvenimenti. L’unica cosa che importava era che Dan si mostrasse un’altra volta all’altezza delle aspettative nei duelli di Battle Spirits. Un lampo di divertimento attraversò il suo sguardo: altrimenti ci avrebbe pensato lui a rimetterlo nei ranghi. Sarebbe stato proprio interessante fare un altro duello con lui…

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Erano passati un paio di mesi da quando era arrivata. Si era integrata velocemente nella quotidianità della base di Tokyo e aveva preso familiarità con la sua tecnologia e con quella della Magnifica Sophia.

Erano da poco tornati da una missione. Clarky erano andato a parlare con Kazan e lei aveva raggiunto Stella e Kenzo per dar loro una mano, per non sentirsi inutile. Il pensiero degli scontri e delle catastrofi naturali ci riuscivano già abbastanza a farla sentire tale. Essere venuta nel futuro, però, la stava aiutando. Nonostante tutto. Stava finalmente iniziando a percorrere la strada che l’avrebbe portata a superare e accettare definitivamente quello che era successo.  Anche se, ormai da giorni, aveva fin troppo chiaro nella mente che, lungo quel percorso, mancava un tassello fondamentale che doveva affrontare: Dan.

Mentre lavorava sul computer, la porta del laboratorio si aprì e apparvero Kazan e Clarky. Diede loro una distratta occhiata per poi tornare a concentrarsi sul lavoro che stava svolgendo.

I due iniziarono a parlare con Stella e Kenzo che aveva lasciato il loro lavoro e si erano alzati. C’era stato un altro attacco e un’altra vittoria dei Mazoku. Mai sospirò battendo i tasti del computer. Quello era un altro dei problemi che nel futuro faticavano a superare. I Mazoku erano forti, militarmente e nei duelli di Battle Spirits. Ma, per uno strano motivo, nessuno di loro Maestri della Luce era venuto nel futuro per combattere a carte.

Kenzo collaborava con Stella, Clarky comandava la Magnifica Sophia e lei lo aiutava.

Era come se qualcosa li bloccasse… come se non si sentissero più forti a sufficienza per duellare.

“Ho intenzione di chiamare Dan in quest’epoca.”

La voce profonda di Kazan e quelle parole fecero trasalire Mai. Non si voltò e continuò a lavorare sulla tastiera. In attesa che il suo cuore smettesse di battere. In attesa di calmare le emozioni contrastanti della sua mente. Da quanti mesi sognava e temeva di rivederlo?

“C’è bisogno di un duellante forte, se vogliamo avere una possibilità di salvare il mondo.”

Il silenzio accolse quelle parole. Ma fu solo un attimo. Clarky annuì deciso e Kenzo lo imitò subito dopo.

“Giusto.”

“Sono d’accordo, Comandante. Dan è la scelta più logica.”

Sì, era la scelta più logica. L’unica che potevano prendere. Avevano bisogno di Dan. Non solo il futuro, ma anche loro. Solo insieme potevano affrontare e superare il passato. Nella sua mente ormai tutto si era fatto chiaro. Era quello un segno del destino: era arrivato finalmente il momento di rivedere Dan.

Mai non attese altro e si alzò, senza incertezze, senza dubbi. Una luce determinata nello sguardo.

“Se vuole, Comandante. Posso andare a prenderlo io.”

Gli altri la guardarono quasi volessero accettarsi che lei fosse convinta della sua decisione. E lo era, se ne accorsero. Kazan annuì, non c’era nessun motivo per impedirglielo.

“Non appena la situazione si sistema, la dottoressa Stella e Kenzo ti manderanno nel passato, Shinomiya.”

Mai annuì a sua volta e sospirò, tornando a sedersi. Nello schermo ebbe l’impressione di vedere il volto di Dan. Fu solo allora che si ritrovò di nuovo preda dei dubbi. Dan avrebbe accettato? Sarebbe stato pronto ad intraprendere una nuova avventura dove avrebbe dovuto giocare un ruolo così importante?

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Erano passati solo pochi giorni da quando Kazan aveva comunicato la decisione che aveva preso dopo il suggerimento di Zolder. La situazione della Forza di Opposizione ai Mazoku era fragile, sempre appesa ad un filo di lana. C’erano veramente pochi territori che potevano considerarsi abbastanza sicuri. E Kazan lo sapeva, ne trovava le prove nei resoconti che la dottoressa Stella gli aveva consegnato. Dovevano reagire o il loro destino sarebbe stato quello di soccombere ai Mazoku o distrutti dalla furia della natura. Perché non bastavano i Mazoku… la dottoressa Stella e Kenzo avevano confermato le più nere prospettive per il futuro del pianeta.

“Signore! Shangai, settore D3. Conferma sconfitta subita.”

Un’altra. I Mazoku sembravano non volersi fermare mai. Kazan porse il resoconto alla dottoressa Stella e incrociò le mani dietro alla schiena.

“Chi è questa volta l’avversario Mazoku?”

“Il Terribile Comandante Duc.”

Le immagini registrate dalle telecamere e dal satellite vennero proiettate sullo schermo e il volto di uno dei più temibili Mazoku apparve davanti a loro. Kazan strinse i pugni e si voltò verso Stella.

“Non è possibile, ancora lui!”

La dottoressa Stella non ebbe il tempo di rispondere. Clarky, che aveva sentito tutto, si avvicinò a Kazan. Sapeva anche lui che la situazione avrebbe solo potuto peggiorare.

“Chiamiamolo, non c’è un attimo da perdere.”

Kazan inclinò appena la testa verso di lui. Lo sapeva benissimo anche lui. Non c’era più motivo di aspettare. E, quando Mai vide apparire sulla porta della sua stanza Clarky, capì che il tempo dei dubbi era definitivamente finito.

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Mai si guardò attorno curiosa. Tokyo le sembrava così diversa anche se era la stessa. Forse era dovuto ai mesi trascorsi nel futuro. Forse era lei ad essere cambiata…

Non appena il varco luminoso si era chiuso alle sue spalle e Mai aveva respirato l’aria della sua epoca, la ragazza si era messa alla ricerca di Dan. E, con sua enorme sorpresa, non ci era voluto molto per trovarlo. Anche Dan era cambiato e, forse, stava cercando di andare avanti.

Tramite internet e le riviste, scoprì che Dan, poche settimane dopo la sua partenza per il futuro, aveva iniziato a reagire. Iniziando a fare l’unica cosa che lo rendeva vivo, Battle Spirits. All’inizio era stato difficile. Non appena lui aveva cominciato ad iscriversi ai piccoli tornei cittadini, le malelingue si erano fatte risentire. Sui giornali erano di nuovo apparsi articoli contro i Maestri della Luce. Ma era stato qualcosa di breve e passeggero. Il fatto che Dan si limitasse solo a duellare, e a farlo estremamente bene, fece finire nel dimenticatoio quegli articoli. Erano notizie vecchie, che senso avevano senza l’opposizione dei Maestri della Luce?

E così, il successo di Dan nei duelli aveva trionfato. Il ragazzo vi aveva partecipato ad uno dopo l’altro. Era stata una vittoria seguita da un’altra vittoria. Gli appassionati di Battle Spirits tornarono ad essere suoi fan e ad aspettare impazienti il suo duello successivo. Dopotutto, si sa, l’opinione del pubblico è molto volubile. E, anche chi l’aveva guidata mesi prima, non aveva più alcun interesse in un duellante di Battle Spirits.

Furono quelle notizie a guidare Mai verso l’edificio dove tanti anni prima anche lei aveva duellato. Dove aveva visto Dan per la prima volta. Se ne era resa conto solo dopo essersene andata, dopo essersi arresa. In quei mesi si era aggrappata ad ogni ricordo di Gran RoRo, ad ogni ricordo di Dan. E nella sua mente era apparsa l’immagine di Dan che usciva di corsa, ad inseguire Kajitsu. L’inizio della loro avventura.

Mai sorrise, fermandosi davanti all’entrata. Era così strano che, proprio da lì, ne iniziasse un’altra. La ragazza fissò dolcemente i poster con il volto di Dan. Era cresciuto in quei mesi in cui non si erano visti.

La ragazza alzò lo sguardo verso il cielo. Era ormai pomeriggio inoltrato. Doveva sbrigarsi. Con decisione entrò nell’edificio, facendosi largo tra i ragazzini che si volevano iscrivere o che stavano lasciando delusi le sale, i genitori e i vari appassionati di Battle Spirits. Come avrebbe fatto a trovare Dan? E poi non poteva mica parlargli in quel caos!

La risposta alle sue domande si materializzò sotto forma di un inserviente che, in quel momento, stava finendo di dare delle informazioni ad un gruppo di ragazzi. Mai gli si avvicinò sorridente.

“Mi scusi.”

 L’uomo si voltò verso di lei. “Mi dica. Posso aiutarla, signorina?”

Mai annuì. “Sì. Avrei bisogno di parlare con Dan Bashin.”

L’uomo scrutò il programma che teneva tra le mani.

“Bashin sta duellando in questo momento. Se vuole gli posso mostrare dove.”

La ragazza scosse la testa, incrociando le mani dietro la schiena e dondolandosi sui piedi.

“Preferisco aspettare. Può dirgli, non appena ha finito, che lo sto aspettando?”

L’inserviente annuì e fece per entrare nelle sale dove si tenevano i duelli per verificare se Dan avesse già finito oppure no il duello. Mai, a quel punto, abbozzò un sorriso e iniziò ad allontanarsi. Sperava di non dover aspettare troppo. Prima aveva avuto un po’ di paura, ma ora l’attesa la stava logorando. Chissà che cosa avrebbe detto, quando l’avrebbe vista… L’uomo, accorgendosi con la coda dell’occhio che la ragazza si stava allontanando, tornò a voltarsi e la chiamò tentando di fermarla.

“Signorina, un momento… chi devo dire che lo cerca?”

Mai si fermò un attimo, ma senza voltarsi. Sembrava essere stata colta di sprovvista dalla domanda. Chi lo stava cercando? Solo Mai le sembrava un po’ troppo scontato. Dopotutto lei era la Guerriera Viola, usa le carte delle creature della notte. Sì, ci voleva un po’ più di mistero…

Mai ruotò sui piedi, tornado a guardare l’uomo. Inclinò la testa, sorridendo, i lunghi capelli che muovendosi le incorniciavano il viso.

“Shinomiya.”

Finalmente siamo alla fine, all’ultimo capitolo di questo lunghissimo Prequel che ci ha portato fino all’inizio inizio di Brave.
So di essere nuovamente in mostruoso ritardo, vi chiedo scusa, ma è stato un periodo un po’ così all’università e non avevo la serenità di scrivere.

Ma siamo alla fine è questo che conta ed è stato anche il pensiero di voi lettori e recensori a darmi la spinta per concludere anche questo quarto episodio della serie. Spero che anche stavolta le nostre scelte vi piacciano. Non so se le scene riprese da Brave fossero così in ordine cronologico (nella serie non è spiegato), ma io le vedevo in quest’ordine.

Spero che tutto questo Prequel vi sia sembrato realistico… abbiamo cercato il più possibile di rimanere legati a Dan il Guerriero Rosso e a Brave. A voi l’ultima parola.

Grazie a tutti quelli che hanno letto e soprattutto grazie a chi ci ha seguito più da vicino, appassionandosi questa nostra versione dei due anni tra le due serie:

Grazie Ale_loveBS, LacusClyne, Osaki Kitsune, Reb e Ju ,ShwanSpenstar e SoulxMaka (scusate se non ho risposto alle ultime recensioni)

E finalmente un’altra avventura avrà inizio, riportando noi e i Maestri della Luce a Gran RoRo. E, come episodio di una serie che vi rispetti, d’ora in poi non sarò più io a farvi le anticipazioni dei prossimi episodi… ma gli stessi protagonisti ^-^. E, oggi, a farlo sarà il nostro Guerriero Bianco…

Quattro anni dopo il ritorno dal futuro, noi Maestri della Luce decideremo di incontrarci. E sarà allora che una verde farfalla, così simile a quelle di Kajitsu, ci riporterà a Gran RoRo. Che cosa è successo finché noi eravamo sulla Terra? Chi minaccia la pace dei sei Regni? E chi è la misteriosa ragazza che ci accoglierà insieme ai nostri vecchi amici? Lo scopriremo nel prossimo episodio: LE FARFALLE DI GRAN RORO.

Ancora grazie a tutti, spero che vorrete continuare a seguirci con la stessa passione. Noi vi aspetteremo.

Varco Apriti, Energia!

Vi ringrazio ancora. Alla prossima, HikariMoon ;)

  
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