Capitolo 4
Quando la
porta
si chiuse alle sue spalle, la ragazza fu finalmente circondata da un
po’ di
silenzio. In sottofondo si sentivano i rumori della palestra che in
tutti
quegli anni aveva imparato a conoscere e che, alla fine, erano entrati
a far
parte un po’ di lei. Le voci degli allenatori, i nomi delle
mosse, i tonfi
leggeri dei piedi sui tappeti e quelli più forti dei corpi
che venivano mandati
a terra. Un piccolo sorriso si fece largo sulle sue labbra.
Le arti
marziali erano una delle poche cose che Mai Shinomiya aveva conservato
di Mai
Viole. Era l’unico modo con riusciva a sfogare la propria
frustrazione, la
propria impotenza… l’unico modo con qui riusciva a
recuperare la tranquillità
necessaria per affrontare un nuovo giorno, per affrontarlo senza che i
ricordi
la tormentassero. Un modo per sfogare anche la rabbia. Sì,
la rabbia che
sentiva montarle dentro ogni volta che ripensava ai due anni che aveva
appena
vissuto. Una rabbia enorme per le accuse, per tutto quello che avevano
dovuto
attraversare, per quello che era successo a Yuuki… e per
quanto fosse stata
stupida e debole.
Per settimane,
dopo che se ne era andata, si era sforzata di non pensare a Gran RoRo,
a Battle
Spirits, a Dan… farlo le avrebbe fatto tornare il senso di
colpa per essersene
andata. Aveva convissuto a lungo con i rimorsi, prima di accettarli e
così,
finalmente, voltare pagina e ricominciare a vivere.
Si era illusa
di esserci riuscita. Si era illusa che presto sarebbe potuta tornare da
lui, da
Dan e riprendere a combattere al suo fianco. Ma la vita le aveva
mostrato una
volta di più che la realtà non dava spazio alle
illusioni. In quel freddo
giorno di febbraio, il dolore, la paura, il senso di colpa
l’avevano quasi
soffocata. Il dolore di aver perso un amico, la paura che anche Dan
fosse morto
o ferito, l’irrazionale senso di colpa che continuava a
ripeterle che, se lei
non fosse andata via, tutto sarebbe stato diverso l’avevano
fatta ripiombare
nello stato di crisi e confusione che l’aveva accompagnata i
primi giorni dopo
il suo abbandono.
Anche in
quell’occasione, era stata Kaoru a farle capire che non
poteva farsi
distruggere in quel modo. E, così, Mai aveva pian piano
raccolto di nuovo i
cocci della sua vita, si era rialzata dopo quell’ennesima
caduta e aveva,
giorno dopo giorno, ritrovato sé stessa in Mai Shinomiya.
Ma non aveva
mai avuto il coraggio di chiamarlo. Si vergognava troppo. Per giorni
era
rimasta ore seduta davanti al telefono a fissarlo. Solo una volta aveva
provato
a chiamare, con il cuore in gola e il battito che aumentava ad ogni
squillo,
Mai aveva atteso fino a quando era caduta la linea. E aveva capito che
Dan, in
quel momento, non aveva bisogno di lei. Doveva ritrovare sé
stesso e lei non
poteva aiutarlo. Aveva rinunciato a quel diritto quando se ne era
andata.
Da quel giorno
erano passati quasi tre mesi. Mesi in cui i capricci, gli atteggiamenti
di Mai
Viole erano definitivamente andati nel dimenticatoio. Solo le arti
marziali
erano rimaste, le arti marziali e il suo mazzo di carte. Battle
Spirits,
nonostante tutto, era stata una cura per il suo animo provato e anche
se non
duellava con la stessa frequenza di prima, si sarebbe sentita vuota
senza di
esso. Era una parte di lei, come lo era diventato Dan.
Quell’irruento,
coraggioso e allegro ragazzo che aveva travolto non poche certezze
della sua
vita e di cui, alla fine lo aveva capito, si era
irrimediabilmente… innamorata.
Ma sarebbe mai riuscita a dirglielo?
Mai si diresse
verso il proprio
armadietto, si cambiò
veloce e si sciolse i lunghi capelli che aveva raccolto in una coda per
l’allenamento. Un’occhiata rapida allo specchio e
la ragazza si mise in spalla
il borsone. Guardò l’orologio e uscì a
passi veloci dalla palestra, sperando di
non perdere l’autobus.
Raggiunta la
fermata, Mai alzò lo sguardo verso il cielo che cominciava a
tingersi dei
colori del tramonto. Una profonda malinconia l’avvolse e si
trovò a pensare che
cosa stessero facendo in quel momento tutti i suoi amici, che cosa
stesse
facendo Dan.
Subito dopo,
però, nei suoi occhi ametista brillò una
scintilla di determinazione che le
fecero scuotere la testa e tornare a sorridere. Perché, per
quanto non lo
facesse vedere, Mai Viole non era stata soltanto una maschera creata
per
difendersi dagli altri, ma una parte di lei che viveva ancora dentro il
suo
cuore. Il coraggio, la determinazione del Guerriero Viola erano solo
nascoste
dietro quel lato pacato, più dolce e meno irruento che Mai
aveva imparato a
mostrare, un lato che a sua volta anni prima era stato nascosto per
dimostrarsi
forte e indipendente.
Dopotutto,
pensò Mai mentre saliva sull’autobus, Mai Viole e
Mai Shinomiya erano i due
volti del suo stesso essere. E ormai aveva imparato a capire i momenti
in cui doveva
essere l’una o l’altra. Per tornare a tirare fuori
la grinta del Guerriero
Viola, come faceva in palestra, serviva solo l’occasione
giusta…
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Clarky
rilassò
il corpo contro lo schienale della poltrona da cui comandava la
Magnifica
Sophia. Erano passate già alcune lunghe e velocissime
settimane da quando era
arrivato nel futuro. Si era dovuto abituare in fretta a tutte le
novità di
quell’epoca e alla situazione che c’era tra Mazoku
ed esseri umani. Alcune
sere, nella cabina della Magnifica Sophia o nella sua stanza alla base,
aveva
appena la forza di trascinarsi nel letto prima di crollare addormentato.
Ma era felice.
Certo aveva ancora paura che tutti i loro sforzi fossero inutili, che i
continui disastri ambientali aumentassero sempre di più
peggiorando la
situazione. Anche se fuori si mostrava sicuro, dentro di sé
aveva ancora tanti
dubbi. Ma almeno adesso sentiva di star finalmente facendo qualcosa di
concreto
per gli altri. Aveva ripreso a combattere. Era riuscito finalmente a
fare
quello che, quanto successo dopo la loro vittoria, gli aveva impedito
di fare.
Sorrise
debolmente al pensiero che la sua epoca, ormai, gli sembrava quasi un
passato
così lontano… quasi non lo toccasse
più. Le uniche persone che gli mancavano
erano la sua famiglia. Ma lì era più utile di
quanto mai sarebbe potuto essere
rimanendo accanto a loro.
Fu a quel
punto
che Clarky sentì l’astronave smettere di vibrare e
tutto tacque attorno a lui.
il suo sguardo si posò su Yus che, alla posizione di pilota,
stava ultimando
gli ultimi controlli. Un altro atterraggio perfetto. Plym, accanto a
lui, stava
lavorando come una matta per controllare tutti i restanti parametri e
completare un controllo totale della struttura in cerca di possibili
danni o
malfunzionamenti.
Il Guerriero
Giallo sorrise. Quei due ragazzini si erano mostrarti più in
gamba di quanto
potesse mai aspettarsi e, alla fine, erano riusciti a creare un gruppo
affiatato. Yus ormai si fidava completamente di lui e Plym riusciva
sempre ad
alleggerire la situazione… tranne quando iniziava a
sproloquiare di possibili
modifiche alla sua Sophia. Gli venivano i brividi al solo pensiero. Ma
Plym era
così, non riusciva a restare lontana da robot, motori e
aggeggi meccanici per più
di mezz’ora.
Lentamente si
alzò e raggiunse i due ragazzi alle spalle, posando una mano
sulla spalla di
Yus.
“Ottimo
lavoro
a tutti e due, come sempre… ora ci meritiamo un bel
riposo.”
Yus si
voltò
verso di lui sorridendo. “Grazie, Capitano.”
Clarky rispose
al sorriso e si voltò verso Plym che continuava a battere i
tasti del suo
computer di bordo in modo frenetico. Il Guerriero Giallo
faticò a non ridere.
“Plym,
rilassati…”
La ragazzina
sospirò e si lasciò andare contro il sedile.
“Scusi,
Capitano. È che qui ci sono così tante cose da
fare… controllare i parametri
dei motori, delle difese, dei sistemi vitali, dei propulsori, delle
armi, degli
strumenti di comunicazione…”
Il ragazzo
riuscì miracolosamente a frenare il fiume di parole della
ragazzina.
“Ho
capito il
concetto, Plym. E questa è la conferma di quello che
pensavo: hai troppo
lavoro, abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi di tutti questi
controlli
così potrai dedicarti solo alla salute della mia
Sophia.”
Plym non
rispose subito e per un attimo quasi si sentì in colpa di
non essere in grado
di occuparsi di tutto da solo. Poi, realisticamente, si rese conto di
poter
portare avanti per molto una simile mole di lavoro… e se
durante uno scontro
avesse dovuto riparare un guasto? Come avrebbe potuto gestire anche
tutto il
resto?
“Avete
ragione,
Capitano.”
Clarky, che al
sorriso di Plym si era rasserenato, sorrise a sua volta. Aveva
veramente temuto
di offendere l’amor propria della ragazzina.
“Ottimo,
allora
vado subito a parlarne con Kazan… voi cercate di riposare,
chiaro?”
Il Guerriero
Giallo lanciò uno sguardo ammonitore ai due ragazzi che,
più o meno seriamente,
si esibirono in un saluto militare. Scuotendo la testa rassegnato,
Clarky uscì
dalla sala di comando e pochi minuti dopo posò i piedi sulla
passerella della
base. Un’altra missione portata a buon fine.
Clarky sorrise
orgoglioso e si diresse verso la sala comando dove, sapeva per certo,
avrebbe
trovato anche Kazan. Mentre vi si dirigeva, lasciò vagare la
mente senza
pensare a nulla. Ogni tanto ne aveva bisogno. Gli sembrava di aver
vissuto una
vita molto più lunga dei suoi miseri diciassette anni. Il
destino gli aveva
rifilato una responsabilità dietro l’altra,
battaglie molto diverse e più
importanti di quelle quotidiane dei ragazzi della sua età.
Ma non avrebbe mai
voluto una vita diverse: non si sarebbe riuscito a vedere diverso da
quello che
era diventato. Forse, avrebbe solo voluto poter cambiare
qualcosa…
La porta della
sala comando si aprì al suo passaggio e il Comandante Kazan
si voltò subito
verso di lui, congedando l’uomo con cui stava parlando e
incrociando le mani
dietro la schiena.
“Bentornato
a
Tokyo, Capitano Clarky.”
Il Guerriero
Giallo sorrise, togliendosi il cappello.
“Ne
sono felice
anche io, Comandante.”
L’uomo
annuì e
tornò a dare una veloce occhiata ai monitor, continuando a
prestare
distrattamente attenzione a Clarky.
“La
missione è
andata bene, suppongo.”
Clarky lo
affiancò, alzando la sguardo per contemplare con espressione
indecifrabile
l’immagine dei continenti, dove il rosso cercava di
diffondersi ovunque. Vedeva
una sadica ironia nel fatto che gli umani stessero subendo, in quel
lontano
futuro, la stessa sorte degli abitanti di Gran RoRo della loro epoca.
“Sì,
meglio di
quanto prevedessimo. Le farò avere il rapporto il prima
possibile.”
Kazan
annuì e
Clarky, dopo un attimo di silenzio, riprese a parlare.
“A
questo
proposito, ci sarebbe una faccenda di cui vorrei discutere con
lei.”
Il Comandante
tornò a prestare la sua completa attenzione al Guerriero
Giallo.
“Di
cosa si
tratta?”
Clarky si
posò
con le mani al tavolo dei computer.
“Plym
ha
bisogno di un aiuto. Fa il suo lavoro splendidamente ma è
troppo per lei. Senza
contare che in caso di necessità, durante uno scontro, non
sarebbe umanamente
in grado di gestire ogni cosa. La Sophia ha bisogno di qualcuno che si
dedichi
completamente ai sistemi di controllo e ai computer.”
Kazan
sembrò
soppesare le sue parole, mentre scrutava il suo volto. Alla fine,
quando parlò,
la sua era una constatazione.
“Hai
già in
mente qualcuno.”
Clarky
sorprese
se stesso quando si rese conto che, sì, lui aveva in mente
qualcuno. Sorrise al
pensiero che non ci sarebbe stato nessuno di più adatto a
lei. Kazan sorrise a
sua volta, completamente d’accordo con il Guerriero Giallo.
“Come
immaginavo. Hai la mia autorizzazione. Vuoi essere
tu…”
Il Guerriero
Giallo annuì, dandosi una spinta per tornare verticale.
“Sì,
se non è
un problema.”
Kazan prese il
rapporto sulla situazione nell’Africa meridionale che una
ragazza gli stava
porgendo e annuì.
“Darò
subito
comunicazione alla dottoressa Stella e a Kenzo di preparare tutto.
Potete
partire non appena tutto sarà pronto.”
Clarky
sorrise,
una volta di più da quando era venuto nel futuro. Non vedeva
l’ora di
rincontrare la sua amica.
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Mai teneva il
borsone sulla spalla e passeggiava persa nei propri pensieri. La
tiepida serata
di maggio l’aveva spinta a scendere un paio di fermate prima
rispetto al suo
solito. Voleva godersi ancora un po’ le giornate che si
allungavano e i raggi
del tramonto che la coccolavano.
La ragazza
chiuse gli occhi e inspirò l’aria profumata della
primavera. Le strade erano
così tranquille che riusciva a sentire il rumore del fiume
che scorreva poco
più avanti. Si sentiva così bene…
Improvvisamente,
Mai sentì la fastidiosa sensazione di essere osservata.
Aprì di scatto gli
occhi e si guardò attorno, individuandolo subito. Quando
capì chi era, si immobilizzò
dalla sorpresa. Erano settimane che non si faceva sentire, da quando
Andrew era
partito. Vederlo sorridente davanti a lei, le fece aumentare il buon
umore di
quella serata. Sorrise felice. Se Dan era la persona più
importante per lei,
Clarky era il suo migliore amico.
“Clarky!”
Percorse i
metri che la separavano da lui di corsa e si fiondò ad
abbracciarlo, lasciando
cadere la borsa sul marciapiede. Clarky le fece fare un giro mentre
ridevano
tutti e due come matti. Una volta con i piedi per terra, Mai lo
guardò
fingendosi offesa e colpendolo con un debole pugno sulla spalla.
“Questo
è per
essere sparito senza una parola!”
Clarky si
finse
dolorante, anche se faticava a trattenere un sorriso.
“Mai!
Se fai
così mi fai pentire di essere venuto qui! Ma invece delle
arti marziali non
potevi fare un’attività più femminile?
Che ne so, danza classica o pittura…”
Mai rise e la
sua risata cristallina riempì l’aria. Scuotendo la
testa si posò al parapetto
del ponte e si voltò verso l’amico.
“Nah,
che
divertimenti ci sarebbe stato poi?”
Clarky
sospirò
in modo melodrammatico appoggiandosi al parapetto accanto a lei.
“Allora
ricordami di stare a debita distanza delle tue mani e dei tuoi
piedi.”
Mai sorrise.
Per lunghi istanti entrambi rimasero in silenzio, fino a quando Clarky
riprese
la parola.
“Come
va? I due
piccioncini si sono ricongiunti?”
La Guerriera
Viola ghignò al pensiero di Kaoru e Andrew: era diventata
una tradizione per
lei e Clarky, quella di chiamare così i due fratelli
maggiori.
“Pochi
giorni
fa. Kaoru era così felice che non stava più nella
pelle. Il giorno della
partenza si è svegliata tre ore prima del
previsto… e pensando bene di
obbligare anche me a scendere dal letto! Pensa che mi ha pure accusata
di non
volerle bene quando mi ero rifiutata di farlo!”
Clarky non
riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
Chissà a che ora era invece andato
Andy all’aeroporto per aspettarla. Conoscendolo almeno
quattro ore prima per
poi finire a farsi prendere dal panico per il
“presunto” ritardo del volo… un
velo di amarezza attraversò gli occhi di Clarky. Ma rapido
quanto era venuto,
Clarky lo scacciò: aveva preso la sua decisione.
“Però
è stato
bello passare quelle ore con lei… allora a cosa debbo questa
tua gentile
visita?”
Il Guerriero
Giallo tornò a concentrarsi su Mai che, sorridente, era in
attesa di una
spiegazione. Prese un respiro e si fece forza. Conosceva bene
l’altruismo e il
coraggio di Mai, non aveva dubbi su questo, ma altrettanto bene sapeva
quanta
fatica aveva fatto la ragazza per ritrovare un equilibrio dopo tutto
quello che
era successo. Aveva il diritto di scombinarle la vita per
l’ennesima volta? Di
chiederle di ricominciare di nuovo da zero in un'altra epoca, in un
futuro
carico di scontri e contrasti? Non ne aveva idea, ma ormai era
lì e non si
poteva tirare indietro. Clarky si voltò verso di Mai, che si
rese subito conto
che c’era qualcosa d’importante che le doveva dire.
“Mai,
devo
chiederti una cosa. Ma sappi che potrai anche rifiutarti di farlo,
senza
timore.”
Clarky attese
il cenno di assenso di Mai prima di continuare.
“Qualche
settimana fa, ho smesso di tenermi in contatto con te perché
sono stato
costretto… dalle circostanze, diciamo.”
La ragazza
inclinò la testa, perplessa. Clarky deglutì e
continuò.
“Kenzo
è venuto
a cercarmi per propormi una nuova missione: ho accettato e sono andato
con lui…
nel futuro.”
Il Guerriero
Giallo tacque, in attesa di una qualche reazione di Mai. La ragazza
rimase in
silenzio per lunghi istanti prima di inumidirsi le labbra e parlare.
“Nel
futuro?”
Clarky
annuì.
“Sì. Nel 2650 la Terra è ormai quasi
completamente in mano ai Mazoku. Kazan, a
comando delle forze terrestri, aveva bisogno di qualcuno che li
conoscesse bene
e così a pensato a Kenzo. Ora collabora con la dottoressa a
capo del
dipartimento di scienze e ricerca della base di Tokyo. Poi hanno
chiamato anche
me.”
Mai
annuì
voltandosi a fissare la corrente sotto di loro. Il suo viso si
rifletteva
distorto sulla superficie mossa delle acque.
“Ora
avete
deciso di chiamare anche me.”
Non era una
domanda, era una semplice constatazione. Clarky annuì, senza
alcuna voglia di
mettere fretta all’amica. Doveva avere il tempo di prendere
una decisione.
“Chi
altri?”
Clarky si
riscosse. “Scusa?”
Mai
sospirò.
“Chi altri di noi Maestri della Luce?”
“Solo
noi tre,
che io sappia.”
La Guerriera
Viola si limitò ad annuire. Aveva un sacco di domande in
testa e non era sicura
se essere rassicurata o triste del fatto che Dan non era stato
chiamato. Poi un
altro pensiero attraversò la sua mente.
“Kazan…
lui sa
che cosa è successo?”
Clarky
capì
subito a che cosa si riferisse Mai. Durante la loro avventura a Gran
RoRo,
Kazan era stato al servizio di Yuuki. Tra i due si erano creato un
profondo
legame di rispetto reciproco. Annuì lentamente.
“Sì.
Glielo
abbiamo raccontato io e Kenzo… abbiamo dovuto. Sarebbe stato
un’ottima aggiunta
per la squadra del futuro… dovevamo dirgli perché
non potevamo chiamarlo. Credo
che abbia sofferto, anche se non l’ha dato a vedere. Gli
abbiamo raccontato
anche tutto il resto. Era furioso e indignato di sapere come ci hanno
trattato
dopo la nostra vittoria.”
Mai
deglutì.
Gli eroi di Gran RoRo, i nemici della Terra. Spezzati… o
uccisi. Faceva ancora
male pensarci.
“Che
cosa
dovrei fare?”
Clarky
abbozzò
un triste sorriso. Era grato a Mai per avere cambiato il discorso.
Soffriva
ancora anche lui, nonostante i tanti mesi già passati. Ma,
ne era convinto, non
ne sarebbero mai passati a sufficienza.
“Sono
diventato
Capitano di un’astronave.”
Mai
guardò
verso di lui sorridendo dolcemente. “Davvero?”
Il ragazzo
annuì,
mentre un velo d’orgoglio si intravedeva sui lineamenti del
suo volto.
“Sì.
Per questo
ho bisogno di un’esperta in computer… pensi di
essere disponibile?”
Un’espressione
indecifrabile apparve sul volto di Mai. Clarky se ne accorse e si
affrettò a
rassicurarla.
“Non
devi per
forza accettare. Te lo chiesto, solo perché sei stata la
prima a venirmi in
mente…”
Mai sorrise
per
tranquillizzarlo e tornò a fissare l’acqua.
Così tanti dubbi stavano affiorando
nella sua mente. Era pronta a gettarsi a capofitto in una nuova
avventura? A
lasciare indietro Dan? Da quando se ne era andata, il suo principale
obbiettivo
era stato quello di fare chiarezza in sé e nei propri
sentimenti. Ma, se ne
rendeva conto solo ora, lo aveva fatto solo in parte. I fantasmi del
passato
c’erano ancora. I sensi di colpa, soprattutto…
Forse quello
era un segno del destino. I Maestri della Luce si stavano lentamente, e
sorprendentemente, riunendo in un futuro lontano per affrontare una
nuova
missione. Era quasi ironico che fosse l’umanità
del ventiseiesimo secolo a
chiedere loro aiuto, quando quella del ventunesimo non si era fatta
molti
scrupoli a metterli alla gogna, ad additarli come pericolosi e crudeli
criminali. Ma non aveva importanza, ora c’erano persone che
avevano bisogno di
loro. Poteva ignorali e tirarsi indietro? No. Non poteva voltare le
spalle e
andarsene di nuovo. Aveva provato fin troppo sulla sua pelle quali
fossero le
conseguenze.
Mai sorrise.
Se
avevano chiamato lei, forse un giorno avrebbero chiamato anche Dan. E,
se non fosse
successo, sarebbe tornata lei, rese più forte da
quell’avventura e pronta per
dirgli quello che provava per lui. La ragazza inspirò e si
voltò verso Clarky.
Era pronta. Nel borsone c’era già il suo computer
e le sue carte (non si
separava mai da quei due oggetti… tranne quando si faceva la
doccia): non le
serviva altro.
“Vengo.
Ci sono
persone che soffrono e questo non posso ignorarlo.”
Clarky sorrise
nel vedere l’espressione determinata di Mai. Ci aveva sperato.
“Se
sei
convinta, allora andiamo. Il futuro ci aspetta.”
Mai
annuì e,
seguendo Clarky verso un luogo più isolato,
guardò verso la città. Il volto di
Dan gli apparve davanti agli occhi. Stiamo
ricominciando a combattere Dan, quello che un anno fa ci chiedesti
inascoltato
di fare. I Maestri della Luce stanno tornando. Aspettiamo solo te.
Aspettiamo
solo che tu sia di nuovo pronto per guidarci, Dan. Sorrise.
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La stanza era
scarsamente illuminata. L’unica luce che la illuminava era
quella dello schermo
di un computer. La luce artificiale si rifletteva sugli oggetti che
riempivano
lo spazio racchiuso in quelle quattro pareti. Un uomo sedeva immobile
davanti allo
schermo. Sarebbe sembrato addormentato se non fosse stato per il
braccio che,
ritmicamente, solleva e riabbassava un peso. Gli occhi fissi sullo
schermo.
Sulle labbra un sorriso soddisfatto.
Aveva fatto di
nuovo quel sogno. Un’altra volta.
All’inizio,
settimane prima, non aveva dato gran peso a quell’assurdo
sogno che aveva
fatto. Il duello era stato appassionante, doveva ammetterlo, ma lo
aveva
bollato fin da subito come una semplice creazione della sua mente.
Poi, aveva
capito che non era così. Il sogno si era fatto
più dettagliato, le sensazioni
che provava più nitide, più chiare. Ed era stato
allora che, qualcosa dentro di
lui, gli aveva suggerito che quello non era un sogno ma ricordi.
Ok, per essere
sinceri all’inizio aveva creduto di essere diventato pazzo. E
con tutti i
Mazoku fuori di testa che aveva affrontato nella vita ci poteva anche
stare. Ma
poi aveva deciso che, no, lui non ci stava a finire i suoi giorni con
l’impressione di essere pazzo.
Aveva
cominciato a fare delle ricerche. Aveva un sacco di tempo da quando era
diventato Istruttore. Bastava dare ai suoi allievi qualche esercizio
(poca
roba, un paio di ore di corsa, qualche centinaio di
flessioni… cose così, leggere)
e aveva tutto il tempo che gli
serviva.
Ed eccola
lì,
finalmente. La risposta alle sue domande, ai suoi dubbi… e
alla necessità di
trovare qualcuno di capace per duellare al suo posto. C’era
da dire che la
maggior parte dei duellanti da cui era circondato era un branco di
smidollati…
quasi quasi tifava per i Mazoku. Solo quasi.
Che si mettesse a mangiare fiori, il giorno in cui i Mazoku gli
sarebbero stati
simpatici! Chissà questa come gli era venuta…
La conferma ai
suoi sospetti, alle sue sensazioni era davanti ai suoi occhi. Non erano
sogni,
erano veramente ricordi. Ed era riuscito finalmente a dare un nome al
volto del
duellante che, non sapeva neanche lui quanto tempo prima (o vite
prima), aveva
affrontato. Lo ricordava, lo stava cominciando a ricordare. Dan Bashin,
il
Guerriero Rosso. Uno dei Guerrieri, come lo era stato lui…
Fu in quel
momento che la porta della stanza si aprì e sulla luce del
corridoio si stagliò
la figura di Kazan. L’uomo fece appena pochi passi
all’interno prima di
parlare.
“Mi
hanno detto
che volevi parlarmi, Istruttore Zolder.”
Zolder sorrise
soddisfatto e si voltò verso Kazan.
“Credo
di aver
finalmente ricordato la risposta a
tutti i nostri problemi. La persona perfetta per prendere il mio posto
in prima
linea e per guidarci nello scontro con i Mazoku.”
Kazan
alzò un
sopracciglio, perplesso. “Ricordato?”
Zolder
lasciò
cadere il peso e strinse la mano attorno all’altra, stretta a
pugno. La
determinazione brillava nel suo sguardo.
“Già,
ricordato. Dovresti ricordartene anche tu, Kazan.”
Il Comandante,
a quelle parole, alzò lo sguardo sullo schermo e vi vide il
volto di Dan. Lo
stupore si dipinse sul suo volto, quando si voltò verso
Zolder.
“Dan
Bashin?
Come…”
Zolder si
alzò
e sorrise. “Perché io c’ero…
insieme a Woden.”
La
consapevolezza apparve nello sguardo di Kazan. Zolder
incrociò le braccia.
“Dobbiamo
chiamarlo. È la risposta ai nostri problemi.”
Kazan non
rispose subito, ma Zolder sapeva che aveva capito. Aveva capito ogni
cosa,
anche chi era stato lui. Non aveva
importanza, tanto lui di quella vita aveva appena ricordato solo pochi
avvenimenti. L’unica cosa che importava era che Dan si
mostrasse un’altra volta
all’altezza delle aspettative nei duelli di Battle Spirits.
Un lampo di
divertimento attraversò il suo sguardo: altrimenti ci
avrebbe pensato lui a
rimetterlo nei ranghi. Sarebbe stato proprio interessante fare un altro
duello
con lui…
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Erano passati
un paio di mesi da quando era arrivata. Si era integrata velocemente
nella
quotidianità della base di Tokyo e aveva preso
familiarità con la sua
tecnologia e con quella della Magnifica Sophia.
Erano da poco
tornati da una missione. Clarky erano andato a parlare con Kazan e lei
aveva
raggiunto Stella e Kenzo per dar loro una mano, per non sentirsi
inutile. Il
pensiero degli scontri e delle catastrofi naturali ci riuscivano
già abbastanza
a farla sentire tale. Essere venuta nel futuro, però, la
stava aiutando.
Nonostante tutto. Stava finalmente iniziando a percorrere la strada che
l’avrebbe portata a superare e accettare definitivamente
quello che era
successo. Anche se,
ormai da giorni,
aveva fin troppo chiaro nella mente che, lungo quel percorso, mancava
un
tassello fondamentale che doveva affrontare: Dan.
Mentre
lavorava
sul computer, la porta del laboratorio si aprì e apparvero
Kazan e Clarky.
Diede loro una distratta occhiata per poi tornare a concentrarsi sul
lavoro che
stava svolgendo.
I due
iniziarono a parlare con Stella e Kenzo che aveva lasciato il loro
lavoro e si
erano alzati. C’era stato un altro attacco e
un’altra vittoria dei Mazoku. Mai
sospirò battendo i tasti del computer. Quello era un altro
dei problemi che nel
futuro faticavano a superare. I Mazoku erano forti, militarmente e nei
duelli
di Battle Spirits. Ma, per uno strano motivo, nessuno di loro Maestri
della
Luce era venuto nel futuro per combattere a carte.
Kenzo
collaborava
con Stella, Clarky comandava la Magnifica Sophia e lei lo aiutava.
Era come se
qualcosa li bloccasse… come se non si sentissero
più forti a sufficienza per
duellare.
“Ho
intenzione
di chiamare Dan in quest’epoca.”
La voce
profonda di Kazan e quelle parole fecero trasalire Mai. Non si
voltò e continuò
a lavorare sulla tastiera. In attesa che il suo cuore smettesse di
battere. In
attesa di calmare le emozioni contrastanti della sua mente. Da quanti
mesi
sognava e temeva di rivederlo?
“C’è
bisogno di
un duellante forte, se vogliamo avere una possibilità di
salvare il mondo.”
Il silenzio
accolse quelle parole. Ma fu solo un attimo. Clarky annuì
deciso e Kenzo lo
imitò subito dopo.
“Giusto.”
“Sono
d’accordo, Comandante. Dan è la scelta
più logica.”
Sì,
era la
scelta più logica. L’unica che potevano prendere.
Avevano bisogno di Dan. Non
solo il futuro, ma anche loro. Solo insieme potevano affrontare e
superare il
passato. Nella sua mente ormai tutto si era fatto chiaro. Era quello un
segno
del destino: era arrivato finalmente il momento di rivedere Dan.
Mai non attese
altro e si alzò, senza incertezze, senza dubbi. Una luce
determinata nello
sguardo.
“Se
vuole,
Comandante. Posso andare a prenderlo io.”
Gli altri la
guardarono quasi volessero accettarsi che lei fosse convinta della sua
decisione. E lo era, se ne accorsero. Kazan annuì, non
c’era nessun motivo per
impedirglielo.
“Non
appena la
situazione si sistema, la dottoressa Stella e Kenzo ti manderanno nel
passato,
Shinomiya.”
Mai
annuì a sua
volta e sospirò, tornando a sedersi. Nello schermo ebbe
l’impressione di vedere
il volto di Dan. Fu solo allora che si ritrovò di nuovo
preda dei dubbi. Dan
avrebbe accettato? Sarebbe stato pronto ad intraprendere una nuova
avventura
dove avrebbe dovuto giocare un ruolo così importante?
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Erano passati
solo pochi giorni da quando Kazan aveva comunicato la decisione che
aveva preso
dopo il suggerimento di Zolder. La situazione della Forza di
Opposizione ai
Mazoku era fragile, sempre appesa ad un filo di lana. C’erano
veramente pochi
territori che potevano considerarsi abbastanza sicuri. E Kazan lo
sapeva, ne
trovava le prove nei resoconti che la dottoressa Stella gli aveva
consegnato.
Dovevano reagire o il loro destino sarebbe stato quello di soccombere
ai Mazoku
o distrutti dalla furia della natura. Perché non bastavano i
Mazoku… la
dottoressa Stella e Kenzo avevano confermato le più nere
prospettive per il
futuro del pianeta.
“Signore!
Shangai, settore D3. Conferma sconfitta subita.”
Un’altra.
I Mazoku
sembravano non volersi fermare mai. Kazan porse il resoconto alla
dottoressa
Stella e incrociò le mani dietro alla schiena.
“Chi
è questa
volta l’avversario Mazoku?”
“Il
Terribile
Comandante Duc.”
Le immagini
registrate dalle telecamere e dal satellite vennero proiettate sullo
schermo e
il volto di uno dei più temibili Mazoku apparve davanti a
loro. Kazan strinse i
pugni e si voltò verso Stella.
“Non
è
possibile, ancora lui!”
La dottoressa
Stella non ebbe il tempo di rispondere. Clarky, che aveva sentito
tutto, si
avvicinò a Kazan. Sapeva anche lui che la situazione avrebbe
solo potuto
peggiorare.
“Chiamiamolo,
non c’è un attimo da perdere.”
Kazan
inclinò
appena la testa verso di lui. Lo sapeva benissimo anche lui. Non
c’era più
motivo di aspettare. E, quando Mai vide apparire sulla porta della sua
stanza
Clarky, capì che il tempo dei dubbi era definitivamente
finito.
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Mai si
guardò
attorno curiosa. Tokyo le sembrava così diversa anche se era
la stessa. Forse
era dovuto ai mesi trascorsi nel futuro. Forse era lei ad essere
cambiata…
Non appena il
varco luminoso si era chiuso alle sue spalle e Mai aveva respirato
l’aria della
sua epoca, la ragazza si era messa alla ricerca di Dan. E, con sua
enorme
sorpresa, non ci era voluto molto per trovarlo. Anche Dan era cambiato
e,
forse, stava cercando di andare avanti.
Tramite
internet e le riviste, scoprì che Dan, poche settimane dopo
la sua partenza per
il futuro, aveva iniziato a reagire. Iniziando a fare l’unica
cosa che lo
rendeva vivo, Battle Spirits. All’inizio era stato difficile.
Non appena lui
aveva cominciato ad iscriversi ai piccoli tornei cittadini, le
malelingue si
erano fatte risentire. Sui giornali erano di nuovo apparsi articoli
contro i
Maestri della Luce. Ma era stato qualcosa di breve e passeggero. Il
fatto che
Dan si limitasse solo a duellare, e a farlo estremamente bene, fece
finire nel
dimenticatoio quegli articoli. Erano notizie vecchie, che senso avevano
senza
l’opposizione dei Maestri della Luce?
E
così, il
successo di Dan nei duelli aveva trionfato. Il ragazzo vi aveva
partecipato ad
uno dopo l’altro. Era stata una vittoria seguita da
un’altra vittoria. Gli
appassionati di Battle Spirits tornarono ad essere suoi fan e ad
aspettare
impazienti il suo duello successivo. Dopotutto, si sa,
l’opinione del pubblico
è molto volubile. E, anche chi l’aveva guidata
mesi prima, non aveva più alcun
interesse in un duellante di Battle Spirits.
Furono quelle
notizie a guidare Mai verso l’edificio dove tanti anni prima
anche lei aveva
duellato. Dove aveva visto Dan per la prima volta. Se ne era resa conto
solo
dopo essersene andata, dopo essersi arresa. In quei mesi si era
aggrappata ad
ogni ricordo di Gran RoRo, ad ogni ricordo di Dan. E nella sua mente
era
apparsa l’immagine di Dan che usciva di corsa, ad inseguire
Kajitsu. L’inizio
della loro avventura.
Mai sorrise,
fermandosi davanti all’entrata. Era così strano
che, proprio da lì, ne
iniziasse un’altra. La ragazza fissò dolcemente i
poster con il volto di Dan.
Era cresciuto in quei mesi in cui non si erano visti.
La ragazza
alzò
lo sguardo verso il cielo. Era ormai pomeriggio inoltrato. Doveva
sbrigarsi.
Con decisione entrò nell’edificio, facendosi largo
tra i ragazzini che si
volevano iscrivere o che stavano lasciando delusi le sale, i genitori e
i vari
appassionati di Battle Spirits. Come avrebbe fatto a trovare Dan? E poi
non
poteva mica parlargli in quel caos!
La risposta
alle sue domande si materializzò sotto forma di un
inserviente che, in quel
momento, stava finendo di dare delle informazioni ad un gruppo di
ragazzi. Mai
gli si avvicinò sorridente.
“Mi
scusi.”
L’uomo si
voltò verso di lei. “Mi dica. Posso
aiutarla, signorina?”
Mai
annuì. “Sì.
Avrei bisogno di parlare con Dan Bashin.”
L’uomo
scrutò
il programma che teneva tra le mani.
“Bashin
sta
duellando in questo momento. Se vuole gli posso mostrare
dove.”
La ragazza
scosse la testa, incrociando le mani dietro la schiena e dondolandosi
sui
piedi.
“Preferisco
aspettare. Può dirgli, non appena ha finito, che lo sto
aspettando?”
L’inserviente
annuì e fece per entrare nelle sale dove si tenevano i
duelli per verificare se
Dan avesse già finito oppure no il duello. Mai, a quel
punto, abbozzò un
sorriso e iniziò ad allontanarsi. Sperava di non dover
aspettare troppo. Prima
aveva avuto un po’ di paura, ma ora l’attesa la
stava logorando. Chissà che
cosa avrebbe detto, quando l’avrebbe vista…
L’uomo, accorgendosi con la coda
dell’occhio che la ragazza si stava allontanando,
tornò a voltarsi e la chiamò
tentando di fermarla.
“Signorina,
un
momento… chi devo dire che lo cerca?”
Mai si
fermò un
attimo, ma senza voltarsi. Sembrava essere stata colta di sprovvista
dalla domanda.
Chi lo stava cercando? Solo Mai le sembrava un po’ troppo
scontato. Dopotutto
lei era la Guerriera Viola, usa le carte delle creature della notte.
Sì, ci
voleva un po’ più di mistero…
Mai
ruotò sui
piedi, tornado a guardare l’uomo. Inclinò la
testa, sorridendo, i lunghi
capelli che muovendosi le incorniciavano il viso.
“Shinomiya.”
Finalmente
siamo alla fine, all’ultimo capitolo di questo lunghissimo
Prequel che ci ha portato
fino all’inizio inizio di Brave.
So di essere nuovamente in mostruoso ritardo, vi chiedo scusa, ma
è stato un
periodo un po’ così
all’università e non avevo la serenità
di scrivere.
Ma
siamo alla fine è questo che conta ed è stato
anche il pensiero di voi lettori
e recensori a darmi la spinta per concludere anche questo quarto
episodio della
serie. Spero che anche stavolta le nostre scelte vi piacciano. Non so
se le
scene riprese da Brave fossero così in ordine cronologico
(nella serie non è
spiegato), ma io le vedevo in quest’ordine.
Spero
che tutto questo Prequel vi sia sembrato realistico… abbiamo
cercato il più
possibile di rimanere legati a Dan il Guerriero Rosso e a Brave. A voi
l’ultima
parola.
Grazie
a tutti quelli che hanno letto e soprattutto grazie a chi ci ha seguito
più da
vicino, appassionandosi questa nostra versione dei due anni tra le due
serie:
Grazie
Ale_loveBS,
LacusClyne,
Osaki
Kitsune,
Reb
e Ju
,ShwanSpenstar
e
SoulxMaka (scusate
se non ho risposto alle ultime recensioni)
E
finalmente un’altra avventura avrà inizio,
riportando noi e i Maestri della
Luce a Gran RoRo. E, come episodio di una serie che vi rispetti,
d’ora in poi
non sarò più io a farvi le anticipazioni dei
prossimi episodi… ma gli stessi
protagonisti ^-^. E, oggi, a farlo sarà il nostro Guerriero
Bianco…
Quattro
anni dopo il ritorno dal futuro, noi Maestri della Luce decideremo di
incontrarci. E sarà allora che una verde farfalla,
così simile a quelle di
Kajitsu, ci riporterà a Gran RoRo. Che cosa è
successo finché noi eravamo sulla
Terra? Chi minaccia la pace dei sei Regni? E chi è la
misteriosa ragazza che ci
accoglierà insieme ai nostri vecchi amici? Lo scopriremo nel
prossimo episodio:
LE FARFALLE DI GRAN RORO.
Ancora
grazie a tutti, spero che vorrete continuare a seguirci con la stessa
passione.
Noi vi aspetteremo.
Varco
Apriti, Energia!
Vi
ringrazio ancora. Alla prossima, HikariMoon ;)