Silenzio
Una goccia. Due
gocce. Tre gocce.
Il contatto freddo
e improvviso con l'acqua gelida che arriva fino alle caviglie; il
rumore del vento impetuoso e insensibile.
Dolore. Ma che
importa oramai?
-
Buongiorno signorina, le dispiace se occupo questo posto?
-
No, si figuri.
Le gambe che si muovono in automatico, sprofondando sempre di piu' in quell'abisso senza fondo, senza speranza. Un vortice oscuro, terribile, impenetrabile; forse incredibilmente simile a occhi fin troppo conosciuti, agognati, cercati. Ma l'unica cosa che riesce a pensare è che sia una coincidenza anche se, forse, le coincidenze non esistono quando si tratta di quegli occhi.
-
Mi ami?
-
Certo.
-
Staremo insieme per sempre?
-
Per sempre.
Un sorriso.
Forse l'ultimo:
amaro,
anzi no, agrodolce; come tutto ciò che lo riguarda.
Ma il contrasto
tra l'acqua gelida, crudele, che le dilania le carni come tanti
piccoli coltelli affilati è troppo grande rispetto al calore
che,
nonostante tutto, anche solo un semplice paio di mani riusciva a
donarle; o forse ne ha semplicemente perso il ricordo, malgrado tutti
i suoi sforzi.
-
Dove stai andando?
-
Esco, torno tardi. Non mi aspettare.
-
Ti amo.
E il suono lontano
che accompagna quel ricordo è solo quello di una porta
sbattuta
frettolosamente in sottofondo e di un qualcosa mormorato
sommessamente, probabilmente un pensiero sfuggito alla mente e
prontamente ricacciato indietro, inteso per non essere udito.
Ma sono sempre
state orecchie particolari le sue, che ascoltano solo ciò
che
vogliono e non ciò che spesso sarebbe opportruno e che,
all'occorrenza, riescono anche ad ignorare il rumore di un cuore che
si sgretola lentamente.
-
L'ho visto con un'altra, ti dico. Sono più che certa che fosse lui.
-
Non è possibile, ti sarai sicuramente confusa: mi ha detto che mi ama. Me lo ha detto.
Un passo. E poi
un altro. E un altro ancora.
La pioggia
continua a scrosciare costantemente sulle sue guancie umide, calcando
impietosa gli infiniti solchi già asciutti ma mai riempiti
delle
lacrime versate aspettando, sperando, illudendosi. Porta le mani
raggrinzite al ventre freddo, sterile, inutile e stringe con forza le
pieghe dell'abito – bianco, troppo simile a quello che non ha
mai
avuto – quasi come un ultimo tentativo per fermare l'acqua
che,
gelida, le comprime già quasi i polmoni con il suo peso
schiacciante.
-
L'ho perso.
-
Che cosa?
-
Il bambino.
-
Ah.
E, allora, un
unico pensiero ad affollarle la mente.
Indifferenza.
Non gli importa, non gli importa, non gli importa nulla di te. E'
indifferente. Non è vero. Non ama ti
ama più, non ti
ama, non ti ama, non ti ha mai amata. Basta! Zitta, zitta,
zitta!
Ma sembra essere
passato così tanto tempo, e i suoi pensieri non riesce
più a
sentirli. Solo, in lontananza, una nenia che sa di nostalgia, di
famiglia, di sogni mai vissuti e desideri spezzati e che ha un
retrogusto di gioie mai assaporate e dolori a lungo celati.
-
Quando tornerai?
-
Non tornerò più.
-
Ma non è possibile. Io ti amo.
-
Io non più.
-
Posso amare per tutti e due; posso farlo, davvero.
-
Non basta. Non è sufficiente.
Il centro del lago
è vicino, l'acqua le sfiora il mento, l'abisso è
ad un passo.
E tutto ciò che
vede è ancora buio, sempre e solo buio. Lo stesso dei suoi
occhi, lo
stesso dei suoi capelli, lo stesso del suo cuore.
-
Ho sentito dire che ha messo su famiglia, sembra essere felice. E tu?
-
Io? Io non esisto più.
Non c'è paura nel
suo cuore, né angoscia, né rimpianto;
perchè quel cuore è
scomparso molto tempo fa: rapito, distrutto, bruciato. Lui era fuoco
e lei, lei non è neanche stata capace di diventare il suo
fumo.
Solo, di sfuggita, mentre nella bocca il sapore di acqua salmastra si
espande e diventa sempre più prepotente, si ritrova a
pensare
distratta se tutto questo sia davvero frutto di una coincidenza o se
sia piuttosto il semplice compimento del destino che a tutti, sin
dalla nascita, è toccato.
Ma, mentre chiude
gli occhi abbandonandosi completamente alla crudeltà dei
flutti, si
rende finalmente conto che tutto questo non ha senso. Non
più,
ormai.
Un passo. E poi un altro. E un altro ancora.
Un sorriso:
amaro, anzi no, agrodolce.
Una goccia. Due
gocce. Tre gocce.
Silenzio.