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Autore: Le notti con Salem    03/10/2014    0 recensioni
Un momento di solitudine di Dagran e una chiacchierata con Ariela e la mercante d'armi Jenna mentre tornano alla Taverna.
Perché non c'è bisogno di passare ogni singolo momento a lottare: qualche volta è necessario fermarsi e pensare ad altro. Magari farsi predire il futuro da un'indovina, anche se può essere molto pericoloso...
(Questo racconto e tutte le sue parti sono già stati pubblicati sul mio account su DeviantArt)
Genere: Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L'indovina

Mentre scendeva dal portico della Taverna, Dagran lanciò un occhiata alla piazza centrale davanti alla taverna.
Occupata quasi per intero da una grande fontana, la piazza univa le due metà della città facendo da enorme ponte sul fiume che le divideva. A causa dei suoi ornamenti, non c'era mai tanta gente da quelle parti, a parte le coppiette che avevano l'abitudine di appartarsi sulle sue balconate laterali, e quel giorno non faceva eccezione. Non vedendo i suoi compagni, decise di incamminarsi verso il Ponte Arganan alla sua sinistra e raggiungere l'Arena.
«Volete sapere cosa vi riserva il futuro, nobile cavaliere?»
Si guardò intorno. A parlare era stata l'indovina, seduta  proprio dove l'aveva vista pochi minuti prima e quella stessa mattina alle prime luci dell'alba, sotto la più vicina delle quattro colonne che delimitavano la piazza. Avvolta nella sua tunica viola, il viso mezzo nascosto dal cappuccio, la donna gli faceva cenno di sedersi sullo sgabello di fronte a lei.
«Vi hanno informata male» le disse «Non sono ancora cavaliere.» 
«Ma viste le recenti imprese del vostro gruppo lo sarete presto, no? Permettetemi di mostrarvi il vostro destino...»
«No, grazie: so già come sarà senza doverci perdere del denaro.»
«Non ho intenzione di chiedervi niente in cambio» insistette la donna «Aver visto il futuro di un eroe sarà una ricompensa più che sufficiente...»
Dagran sbuffò sarcastico.
«… d'altronde, con il vostro amico avevo visto giusto. Come sempre, del resto.»
«Il mio amico?» chiese perplesso.
«Il signor Zael. Ha chiesto il mio aiuto poco dopo il vostro arrivo sull'isola. E ne è rimasto molto soddisfatto; tanto che mi ha chiesto spesso dei consigli.»
Dagran sorrise a quella frase. Era tipico di Zael lasciarsi abbindolare da simili offerte. Se non ricordava male, durante il loro primo giorno in quella città era stato derubato da una banda di mocciosi. Ma in fondo anche loro due, circa quindici anni prima, avevano iniziato in maniera simile, prima di diventare dei mercenari veri e propri. Anche se in realtà all'epoca faceva lui la maggior parte del lavoro: Zael era troppo fragile all'inizio...
Il ricordo di quei giorni gli fece venire una fitta di malinconia.
Scosse la testa. «Grazie per l'offerta, ma non sono interessato.»
Decise di proseguire senza voltarsi. La donna però sembrava altrettanto decisa a non mollarlo.
«È risaputo che la conoscenza è potere, nobile “quasi” cavaliere, e ogni informazione può essere utile, se si sa come usarla. Anche un'umile indovina come me può conoscere alcuni segreti di Lazulis, segreti che nemmeno il Conte può immaginare.»
A quelle parole si fermò a riflettere. C'erano molti creduloni in giro per il mondo e sicuramente anche Lazulis ne era piena. Sapeva inoltre che quelli che si rivolgono agli indovini spesso si ritrovano a svelare parecchie informazioni senza rendersene conto: magari poteva trarne qualche vantaggio.
«Segreti, eh?» le disse «E senza dover dare qualche genere di compenso? È difficile da credere...»
«Se non sarete soddisfatto, non ci perderete niente.»
Dagran finse di esitare un po', poi si avvicinò al tavolino di fronte a lei e si sedette sullo sgabello. Tanto i suoi compagni sarebbero tornati a momenti: Mirania non avrebbe permesso a niente e nessuno di farle saltare il pranzo.
«In fondo posso darti qualche minuto.»
«Ne ero certa. Datemi la vostra mano.»
«E quella non la usiamo?» replicò lui accennando alla sfera sul tavolo. Gli occhi dorati del proprio riflesso nella pietra, lucida come uno specchio, ricambiarono il suo sguardo. L'indovina non badò all'oggetto e dedicò la sua attenzione alla mano che Dagran le porse.
«Quella serve solo per le domande precise e per impressionare gli allocchi... Comprendo il vostro scetticismo. Ci sono molti ciarlatani in giro per il mondo, tuttavia alcuni di noi sono davvero in grado di far ciò che dicono. Siamo maghi anche noi, dopotutto.»
«Certo, certo...»
Senza badare al commento, la donna continuò a osservare la sua mano. Il suo tocco era strano, come se fosse gelido e bollente allo stesso tempo.
«Tenete molto ai vostri amici» disse dopo un po' «ma vedo che tra loro c'è una persona a cui vorreste offrire molto più della vostra amicizia.»
Era vero, tuttavia quasi tutti quelli che si rivolgevano a una indovina lo facevano per questioni d'amore: non era granché come rivelazione. 
«Non è sempre così?»
La donne sorrise «È proprio vero. Vedo anche che nonostante la forza dei vostri sentimenti, non vi siete mai dichiarato. È forse colpa della vita che fate? È perché siete mercenari?»
Era evidente che quest'ultima informazione gliel'aveva fornita Zael in uno dei loro incontri, oppure aveva assistito al loro arrivo a Lazulis. Visto che era una domanda innocua, decise di rispondere sinceramente.
«Beh, anche se adesso ci tengono più in considerazione, siamo poco più che carne da macello venduta al miglior offerente: che razza di vita potrei offrire? Ho già perso così tanti compagni, senza contare che...»
Dagran si fermò prima di scendere nel personale. Quel ricordo che stava per rievocare lo faceva star male ancora adesso.
«Capisco... L'amore che provate per questa persona, per quanto sia forte, non è in grado di soffocare la rabbia e l'odio che vi portate dentro da lungo tempo.»
Questa volta il suo scetticismo cedette il posto allo stupore «Di che stai parlando?»
«Avverto un profondo rancore in voi» rispose la donna «Qualcuno in passato vi ha fatto un grave torto, qualcosa che ha lasciato un marchio indelebile sulla vostra vita.»
Scrollò le spalle «Come ho già detto, sono un mercenario e ho perso molti dei miei...»
L'indovina lo interruppe subito «Risale a molto prima di tutto questo. Quando eravate bambino...»
Il discorso stava iniziando a prendere una piega che non gli piaceva affatto. Batte forte la mano libera sul tavolo. «Preferisco non parlarne!» sbottò.
Fino a quel momento la donna aveva parlato continuando a far scorrere le dita sulla mano destra di Dagran con una concentrazione tale che la sua reazione improvvisa la fece sobbalzare e perse la presa. Lei sembrò quasi sollevata. Attese un paio di secondi prima di riprendere a parlare.
«Vi chiedo perdono. Non era mia intenzione rievocare brutti ricordi.»
Sembrava sincera, ma la cosa a Dagran non importava. Quel riferimento a quando era bambino invece...
Solo Zael sa cos'è successo, e non gli ho nemmeno raccontato tutto. Non può averglielo detto lui. Non avrebbe mai fatto una cosa del genere! Possibile che...?
…che fosse veramente in grado di predire il futuro? Che avesse visto davvero il suo passato?
Che sapesse cosa stava facendo?
Iniziava a temere che la donna avesse davvero i poteri che affermava di possedere e si sentì uno stupido ad aver accettato la sua offerta: c'era il rischio che potesse rivelare a qualcuno i suoi piani, se davvero fosse riuscita a vederli.
La sua faccia doveva rivelare piuttosto bene la sua agitazione, perché dandosi una rapida occhiata attorno notò che i pochi passanti che erano lungo la via e nella piazza gli lanciavano sguardi perplessi. Con sua sorpresa, la cosa lo aiutò a calmarsi.
La gente vedeva tante cose, anche se non se ne rendeva conto, e prendendo vari dettagli da più fonti si potevano ottenere informazioni di ogni genere. Anche a Jenna era bastato sentire pochi dettagli e unirli alla sua esperienza personale per capire che lui era rimasto orfano quando era ancora bambino.
Un pensiero lo folgorò. Lei era davanti al portone poco prima che lui uscisse: forse era stata lei stessa a riferire all'indovina quel dettaglio del suo passato.
E perché mai avrebbe dovuto farlo? No, era troppo ridicolo.
Sto diventando paranoico...
«Vi sentite bene?»
Dagran riportò la sua attenzione sull'indovina. Il suo lungo silenzio sembrava averla preoccupata.
«Ero solo sovrappensiero» le rispose massaggiandosi gli occhi.
«Se volete, possiamo lasciar perdere. Temo di avervi turbato più del dovuto.»
«No, no. Ho solo avuto una reazione un po' esagerata, tutto qui. Concludiamo» le porse di nuovo la mano «Solo... il mio passato già lo conosco: puoi limitarti a “osservare” solo il mio futuro?»
La donna sembrava esitante, come se avesse preferito che lui rinunciasse. Dopo qualche secondo, riprese la mano di Dagran tra le sue. L'espressione del suo viso era quasi rassegnata.
«Sì, si può fare, ma vi avverto che sarà piuttosto vago.»
«Dimmi quello che puoi» la rassicurò.
L'indovina chinò la testa e riprese a studiare la sua mano. Il suo tocco tornò presto a farlo rabbrividire. Fu lei questa volta a rimanere a lungo in silenzio. Dagran era curioso di scoprire come terminava la faccenda: era un'imbrogliona o una vera indovina?
«Stai progettando qualcosa che aiuterà tutti e ridarà a te la pace...»
Si fece attento. Quelli che lo stavano “aiutando” non potevano di certo aver parlato con quella donna, e se qualcun altro sapeva dei suoi piani, l'avrebbero già fatto fuori da tempo.
«Finora è andato tutto bene» continuò lei «Tuttavia... sì, qualcuno tradirà la tua fiducia. Qualcuno molto importante.»
Dagran inarcò un sopracciglio. Tradirlo? Quel pensiero lo lasciò perplesso mentre ascoltava il resto.
«Non riesco a vedere chi sarà o cosa farà per tradire la tua aspettativa, ma non devi preoccuparti: riuscirai comunque a raggiungere il tuo obbiettivo.»
Si sentì quasi deluso. Aveva cercato tutto il tempo di convincerlo dell'autenticità dei suoi poteri e poi concludeva il tutto in maniera così banale?
«Ah, bene. Cominciavo quasi a preoccuparmi!» commentò sarcastico.
Quel poco del viso della donna che riusciva a vedere sotto il cappuccio assunse un'espressione che lo fece pentire delle parole appena dette. Era sdegno o tristezza?
«C'è qualcos'altro?» chiese.
«Beh, ecco...» sembrava restia a parlare. Dopo qualche attimo scosse la testa e lasciò la sua mano. «No, non c'è altro.»
Dagran la fissò a lungo. Alla fine cedette e iniziò a ridacchiare.
«Complimenti. Per un po' mi avevi quasi convinto. E pensare che mi aspettavo chissà quali rivelazioni! Segreti che nemmeno il conte può immaginare! Dubito che gli possano interessare i progetti di un mercenario.»
Lei lo ascoltò in silenzio e la cosa gli sembrò strana.
«Questo non dovrebbe essere il momento in cui cerchi di convincermi che quel che hai detto finora è la verità?»
«Perché dovrei? Sembra che vi soddisfi di più credere che io sia un'impostora. E per certi versi è meglio per entrambi che continuate a crederlo.»
La voce della donna si era fatta triste. Forse stava cercando di impietosirlo.
«Per quel che vale» riprese «sappiate che le mie predizioni si avverano sempre.»
«Ma davvero?» replicò scettico.
«Purtroppo sì.»
Quell'uscita mesta lo sorprese.
«Supponiamo che io ti creda. Che male potrebbe fare il fatto che le tue predizioni si avverano sempre? Hai detto che raggiungerò il mio obbiettivo nonostante un tradimento e hai visto che porterà del bene a tutti: credi che sia un motivo per dispiacersi?»
«Il fatto è che...»
«Ehi, Dagran!»
La voce di Zael interruppe l'indovina. Era appena sbucato dalla strada del Ponte e li stava raggiungendo insieme agli altri. Gli abiti dei cinque erano tutti impolverati per gli scontri nell'Arena e a giudicare dalla faccia soddisfatta di Syrenne e dal sacchetto rigonfio che faceva saltare nella mano, il gioco era andato ancora una volta a loro favore.
«Ti fai predire il futuro anche tu? Credevo che interessasse solo a Zael. Dai, vieni che festeggiamo!» disse la guerriera dandogli una pacca sulla spalla.
«Ci scusi, mia cara» fece Lowell rivolgendo all'indovina uno dei suoi sorrisi da sciupafemmine «ma dobbiamo portar via il nostro amico. Sa, siamo così impegnati oggi...»
«Non c'è problema, avevamo appena finito.»
Dagran in realtà voleva continuare il loro discorso. Aveva il sospetto che l'indovina gli stesse nascondendo qualcosa, ma la presenza dei compagni lo frenava. Concluse che era meglio lasciar perdere la faccenda. Mentre seguiva gli amici che salivano sul portico della Taverna, l'indovina gli fece segno di avvicinarsi.
«Solo una cosa ancora» gli disse a bassa voce.
Lui si voltò e diede una rapida occhiata ai compagni per assicurarsi che non potessero sentire la conversazione. Syrenne canzonava Lowell e la sua abitudine di provarci con quasi ogni donna che vedeva, mentre Mirania stava spiegando a Yurick cosa avrebbero trovato in tavola.
«A volte mi sembra di avere accanto un cane da tartufi anziché una maga!» lo sentì commentare: il naso di Mirania non smetteva mai di stupirlo. Anche Zael era sul portico e seguiva la scena divertito.
A quel punto Dagran rivolse di nuovo la sua attenzione all'indovina.
«Di che si tratta?»
«Quando prima ho parlato dei segreti di Lazulis, dicevo sul serio: ci sono cose che nemmeno il Conte sa; cose che precedono la fondazione di Lazulis stessa. Visto che non ci incontreremo mai più, chiederò al vostro amico del negozio qui vicino di aiutarmi a trascrivere ciò che so e di consegnarvelo al più presto. So che non leggerete mai quei testi, ma in futuro per i vostri amici saranno fondamentali...»
«Aspetta un attimo! Cos'è questa storia? Che intendi dire con “non ci incontreremo...”» Dagran era ormai a pochi centimetri dal volto della donna e poteva scorgerla bene sotto il cappuccio. Doveva avere giusto una decina d'anni in più di lui e il suo viso era piuttosto comune, ma i suoi grandi occhi castani avevano qualcosa di inquietante. Lasciò la frase a metà quando capì cosa lo turbava nel suo sguardo: gli occhi della donna erano privi di pupille e leggermente opachi.
«Ma tu sei...?»
«Cieca? Sì, ma non voglio annoiarvi con la mia storia. Ricordate di lasciare le informazioni che vi farò avere in un punto in cui i vostri amici possano trovarle.»
La guardò confuso, chiedendosi il motivo di quel suggerimento.
«Ora è meglio se vi avviate: vi stanno aspettando.»
L'indovina si alzò e con gesti rapidi raccolse le sue cose e iniziò ad allontanarsi lungo la piazza centrale.
«Aspetta» la fermò Dagran «Io... beh, ti ringrazio, credo.»
«Di niente, Mastro Dagran.»
«A proposito... Visto che a quanto pare non ci incontreremo mai più, potresti dirmi il tuo nome? Giusto per sapere chi mi ha “rivelato” dei segreti.»
La donna lo fissò per un momento - i suoi occhi erano rivolti verso di lui, anche se non poteva vederlo - prima di rispondere.
«Mi chiamo Cassandra.»
Quel nome gli era familiare. Prima che potesse tornargli in mente dove l'avesse sentito, Zael lo raggiunse e gli chiese se andava tutto bene. Gli fece un cenno affermativo. Nel frattempo Cassandra era sparita.
A quel punto i due tornarono alla Taverna. Zael era curioso di sapere cosa gli avesse rivelato l'indovina, senza contare che aveva notato la maglia fuori misura che aveva addosso, così Dagran gli cinse le spalle con un braccio e mentre entravano e si accomodavano con gli altri al tavolo preparato da Kentis, raccontò di Ariela e del resto, omettendo alcuni particolari della conversazione con Cassandra.
«Quindi farci diventare Cavalieri porterà benefici alla popolazione? È una buona notizia, anche se non mi sorprende più di tanto» commentò Lowell prendendo il suo boccale di birra.
«Già...»
«Io comunque le credo» replicò Zael «Poteri del genere esistono sul serio. Yurick e Mirania in questi giorni hanno studiato un po' di volumi sulla magia nella biblioteca del Castello e hanno trovato numerosi riferimenti a formule per predire il futuro e veggenti famosi, giusto?»
Yurick scrollò le spalle. «Sì, anche se si tratta più che altro di “ipotizzare” il futuro: secondo quei libri, conoscere il futuro significa cambiarlo e ciò rende le predizioni poco affidabili, soprattutto se fatte per degli sciocchi.»
Yurick si interruppe quando vide Ariela che portava loro il pranzo. Quando la ragazza gli passò il suo piatto la ringraziò e riprese il discorso: «Comunque dubito che un'indovina di strada possa avere accesso a roba simile: cose del genere hanno sempre un prezzo» aggiunse battendosi l'indice sulla benda che gli copriva l'occhio destro.
Dagran rifletté su quel dettaglio. Per poter avere il pieno controllo dei suoi poteri, il ragazzo aveva dovuto sostituire il proprio occhio con una pietra incantata.
«Forse è per questo che Cassandra è cieca...» borbottò tra sé.
«È cieca? Accidenti, sono andato da lei tante volte e non l'ho mai...»
«Aspetta un secondo!» Syrenne interruppe Zael e si rivolse a Dagran «Quell'indovina si chiama Cassandra?»
Lui confermò e la donna chinò la testa dubbiosa. Sembrava che si stesse sforzando di ricordare qualcosa. Lowell non perse l'occasione per infastidirla e iniziò ad arruffarle i lunghi capelli rossi.
«Lascia perdere, altrimenti ti scoppia la testa.»
«Piantala!»
«Si chiama come la veggente maledetta di quella leggenda.»
A parlare era stata Mirania. Gli altri si voltarono verso di lei mentre, tra un boccone e l'altro, riassumeva la storia «Le sue predizioni erano sempre corrette, ma a causa di una maledizione non le credeva nessuno, neppure quando si realizzavano.»
 Syrenne schioccò le dita verso l'amica quando ricordò anche lei quella storia.
«Lo sapevo di averla già sentita!»
«Ora la ricordo anch'io. Mi ha sempre intristito. Ma lasciamo perdere questi discorsi e pensiamo a cose più importanti» tagliò corto Dagran «Zael, Kentis mi ha detto che un soldato ti aveva parlato di una grotta. Di preciso, di cosa si tratta?»
   
 
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