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Autore: Le notti con Salem    03/10/2014    0 recensioni
Un momento di solitudine di Dagran e una chiacchierata con Ariela e la mercante d'armi Jenna mentre tornano alla Taverna.
Perché non c'è bisogno di passare ogni singolo momento a lottare: qualche volta è necessario fermarsi e pensare ad altro. Magari farsi predire il futuro da un'indovina, anche se può essere molto pericoloso...
(Questo racconto e tutte le sue parti sono già stati pubblicati sul mio account su DeviantArt)
Genere: Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La visione

Mentre percorreva le strade di Lazulis, Cassandra tornò con la mente al momento in cui aveva rivelato a quel giovane uomo il suo nome. Aveva notato la sua incertezza. Era sicura che in poco tempo lui o uno dei suoi amici avrebbero colto il collegamento. Sì, il suo nome era Cassandra e come quella della leggenda aveva un dono... e una maledizione, anche se diversa. Molti anni prima era riuscita a  evocare uno spirito a cui aveva chiesto il potere di vedere il futuro.
Quel giorno i suoi occhi sul presente si chiusero per sempre, dandole però la possibilità di guardare oltre, sia avanti che indietro nel tempo. Diventata cieca, non poteva più “vedere”, tuttavia riusciva a percepire qualcosa, come una musica lontana, e riusciva a interpretarne il significato con una certa precisione. Quello che lo spirito non le aveva detto era che se avesse smesso di usarlo sarebbe morta nel giro di pochi giorni, e che nel momento stesso in cui lei avesse “sentito” il futuro di qualcuno, esso sarebbe diventato immutabile, senza alcuna possibilità di rimedio.
Certo, questo dipendeva da quanto in là si spingeva con la predizione: era per questo che si limitava alle faccende d'amore o d'affari. A volte però, il potere premeva così forte dentro di lei che era costretta a sentire tutto.
Proprio come era successo quel giorno.
Mentre proseguiva nel suo mondo di oscurità, Cassandra pensò con tristezza al  passato dell'uomo che aveva appena condannato. La sua famiglia sterminata. Il suo piano di vendetta. L'incontro con il bambino che sarebbe diventato molto più di un amico. Cassandra si sentì in colpa per avergli detto che avrebbe raggiunto il suo obbiettivo e che avrebbe portato felicità a tutti.
Già... peccato che per ottenere tutto ciò, prima si trasformerà un mostro e poi costringerà una delle persone più importanti per lui a ucciderlo.
E lei non poteva farci niente.
Rimpianse di esser riuscita a convincerlo ad ascoltarla. Se non avesse sentito il futuro del suo amico Zael, probabilmente non avrebbe mai attirato la sua attenzione, ma durante uno dei loro incontri aveva avvertito che negli anni seguenti quel giovane avrebbe sofferto immensamente per qualcosa che stava per accadere. Quella volta era riuscita a non sentire tutto, garantendo a Zael la possibilità di cambiare anche solo in minima parte il suo futuro, ma la sua curiosità e il suo stesso potere l'avevano spinta a cercare i dettagli mancanti e così, una volta riconosciuto Dagran come l'oggetto di quella predizione, aveva voluto saperne di più. Non era preparata per ciò che sentì del suo futuro.
Dovette fermarsi un attimo in un viottolo solitario a riposare. Quell'incontro era stato il più spossante e sinistro mai fatto. Nel corso degli anni aveva avvertito eventi funesti, ma il modo in cui si concludeva quella predizione...
Aveva sentito la lancia attraversare la carne di Dagran; le sue ultime parole uscirgli dalle labbra; la vita abbandonare il suo corpo.
E nonostante la morte, la predizione era continuata in un lungo e misterioso silenzio, come se qualcuno avesse cancellato ogni cosa. La spiegazione più logica era che fosse così perché Dagran era morto, eppure la cosa non la convinceva del tutto. Già, perché alla fine quel silenzio innaturale si era interrotto, e subito dopo aveva visto Lei.
Era stata un'immagine nitida e perfetta, come quando era ancora in grado di vedere. Una donna era china su Dagran. La luce che emanava impediva di vedere dove si trovavano. Aveva la pelle bianca come porcellana, e non aveva sopracciglia. Anche le sue labbra erano bianche, prive di emozioni. I suoi lineamenti facevano pensare ai popoli delle terre fredde del nord. Anziché da vestiti, il suo corpo formoso era coperto da viticci scheletrici simili a edera morta, che le avvolgevano in parte il petto lasciando scoperte le spalle e poi scendendo si infittivano a coprire le gambe e avvolgerle come una gonna. Le sue braccia erano protese verso di lui, la loro pelle bianca era squarciata e piegata all'indietro attorno agli avambracci come i petali di un fiore, mostrando mani contorte simili a radici. Al posto dei capelli, un groviglio di rovi pieni di spine di ferro si contorceva come un mucchio di serpenti verso l'alto occupando tutto lo spazio che trovava. Poco prima della fine della visione, la donna fu così vicina al volto di Dagran che Cassandra, attraverso lui, poteva distinguere solo i suoi occhi. Grandi occhi dalle iridi bianche racchiuse in un sottile anello nero. Avrebbe trovato quella creatura meravigliosa, anche se un poco inquietante, se non avesse saputo chi era.
Ma lo sapeva. E questo la rendeva terrificante.
Senza contare le grida. Per tutta quella visione, c'era stato un unico suono a riempirle le orecchie: le urla di Dagran. Era morto, eppure stava urlando di dolore.
In passato, Cassandra aveva viaggiato in lungo e in largo per il mondo e attraverso il suo studio, oltre a trovare la formula d'evocazione che l'avrebbe resa veggente, riscoprì antichi manoscritti che parlavano di Lei e del suo sonno eterno.
I più recenti, nonché gli ultimi a parlarne, affermavano che quando a Lazulis venne evocata dalle stelle la forza chiamata Ignoto, il suo sonno iniziò a diventare agitato. Cassandra sapeva che l'immenso potere dell'Ignoto richiamava a sé tutta l'energia che lo circondava e la incanalava nella creazione di qualcosa di nuovo e non le era sfuggito il legame tra di esso e Lei, come non le era sfuggita nemmeno la sua furia. Anche nella sua visione, nonostante la sua espressione quasi triste, quell'essere trasmetteva rabbia.
Presto si sveglierà. Io l'ho vista e perciò accadrà. Moriremo tutti e sarà solo colpa mia!
Forse però poteva ancora fare qualcosa. Il destino di Dagran era segnato ormai, ma tramite lui poteva passare tutto ciò che sapeva su di Lei ai suoi amici e avvisarli del pericolo. Quella tenue speranza era tutto quello che aveva.
Si accasciò a terra e presa la faccia fra le mani, iniziò a piangere disperata nella solitudine del viottolo.
Che cosa ho fatto?
   
 
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