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Autore: BabyLolita    03/10/2014    3 recensioni
Il primo amore non si scorda mai. Ti rimane dentro, impresso, indelebile. Il primo amore ti travolge e ti stravolge. Hilary è alle prese con il suo primo amore. Un amore che la cambia, che la turba. Un amore che la risucchia e l'annulla. Quando si scopre innamorata è troppo tardi, perché lui è ormai lontano. Si promette di aspettarlo, di dichiararsi non appena lui farà ritorno. Si promette di essere forte. Fa tante promesse a sé stessa. Così tante che è difficile mantenerle tutte quante. Quando un amore è lontano e tanta gente gira intorno a te è difficile essere fedeli a sé stessi, alle proprie promesse. È difficile non innamorarsi ancora. È difficile dimenticare chi si è amato tanto. È difficile quando, davanti a te, il passato ed il presente si scontrano per impossessarsi del tuo futuro.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Kentin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Non ricordo con precisione quale serie di eventi portò a tutto questo, ma ricordo perfettamente quale fu la causa scatenante che fece prendere a mio padre quella decisione.
 
Avevo cinque anni quando la conobbi per la prima volta. Facevo l'asilo e dei bulletti si stavano prendevano gioco di me per via dei miei occhiali dalla montatura ridicola e dalle lenti troppo spesse. Giacevo a terra raggomitolato su me stresso tenendo stretti al petto i biscotti al cioccolato che mi aveva preparato la mamma. Uno di loro mi stava prendendo a calci. Tutti lo facevano. Tutti si divertivano a farlo. Non ricordo i loro nomi, né i loro volti, ma ricordo che fu grazie alla loro violenza che la nostra amicizia ebbe inizio. Un calcio mi colpì in pieno stomaco facendomi iniziare a tossire. Cercavo di ripararmi il più possibile ma nessuno poteva salvarmi. Eravamo a ricreazione, nascosti dentro una delle casette giocattolo, dove le insegnanti non venivano mai a controllare. Sapevo che quella volta sarebbe finita male. Me lo sentivo. Le percosse erano diventate fin troppo violente.
   «Smettila! Gli lascerai i segni se continui così!» gridava uno di loro.
Ma l'altro non lo stava ad ascoltare. Era troppo divertente picchiarmi. Poi, qualcosa scattò. Una voce interruppe le percosse.
   «Maestra! Maestra! Erik e gli altri stanno di nuovo trattando male Kentin!»
I colpi si fermarono improvvisamente ed i ragazzi fuggirono all'esterno mentre ancora ero raggomitolato a terra dolorante. Vidi una figura avvicinarsi e nascosi la testa fra le ginocchia, temendo di venire colpito ancora. Mentre tremavo disperato una mano accarezzò gentilmente la mia testa.
   «Va tutto bene, se ne sono andati! Tranquillo li ho fatti scappare a gambe levate! In realtà le maestre sono lontane... ma loro questo non lo sanno!»
Quando alzai il viso vidi il suo sorriso risplendere in quella piccola e buia casetta. La sua mano si tese verso di me ed io timidamente l'afferrai. Non sapevo cosa aspettarmi, non sapevo chi fosse venuto a salvarmi. Quando uscimmo le mie idee si fecero più chiare. Per prima cosa vidi le sue iridi color nocciola, poi i suoi capelli castano scuro lisci e lunghi fino a metà schiena. Indossava un vestito azzurro e delle ballerine nere. Non la conoscevo, se non di vista. Non sapevo il suo nome ed ero troppo imbarazzato per parlarle. Mentre con le mani mi puliva dalla terra sui vestiti presi uno dei biscotti che reggevo in mano e glielo porsi. Lei lo guardò estasiata e poi tornò a fissarmi.
  «Posso???»
Che strana domanda.
Pensai.
Prima mi salva e poi mi chiede il permesso di mangiare il biscotto che le sto offrendo?
Feci cenno di si con la testa e lei mi sorrise prima di afferrarlo e divorarlo in un sol boccone.
   «Adoro i biscotti al cioccolato!» squittì gioiosamente prima di tornare a fissarmi. «Comunque il mio nome è Hilary. Ti va se, da oggi in poi, giochiamo assieme?»
Nessuno mi aveva mai chiesto di giocare assieme. Nessuno mi aveva mai dato attenzione visto quanto il mio fisico gracile faceva sembrare che fossi malaticcio. Ma a lei non importava quello che sembravo. A lei andava bene così. Non appena sussurrai un flebile si lei mi afferrò le mani, ancora strette sul mio petto, ed iniziò a saltare di gioia sorridendomi allegra. Fu in quel momento che il tempo si fermò.
 
La mia prima impressione su di lei fu che era davvero coraggiosa: nessuno si sarebbe mai messo contro quel bullo ma lei lo aveva fatto. La seconda fu che era una persona strana: nessuno chiede mai a qualcuno se può favorire di un qualcosa che gli viene offerto, e la terza, forse la più importante, fu che era dannatamente carina.
 
Da quel giorno sono passati parecchi anni e, in un modo o nell'altro, per chissà quale ragione, Hilary è sempre rimasta al mio fianco, difendendomi ogni qualvolta poteva. Fino alle superiori tutto questo era sempre andato bene e nessuno le aveva mai messo i piedi in testa. Ma quando iniziammo a cambiare fisicamente per via della pubertà, le cose si modificarono drasticamente. Lei, che era sempre stata un maschiaccio per via del suo carattere forte ed impetuoso e per la sua forza superiore a quella degli altri, piano piano divenne sempre più bella, sempre più femminile e gracile, sempre più donna e questo, mio malgrado, si trasformò nella mia rovina. Con il tempo lei non riuscì più a prendere le mie difese poiché non era più forte come un tempo. I ragazzi si burlavano di me, un bulletto di nome Castiel si divertiva più di altri a farmi scherzi umilianti, ma non fu per causa sua che il corso degli eventi cambiò. Qualcun altro fece in modo di farmi allontanare dalla mia città natale. E la cosa davvero triste fu che si trattò di una ragazza. Quest'ultima, di nome Ambra, amava prendersi gioco di me. Fino a quei tempi, ero riuscito a nascondere tutto ai miei genitori ma, purtroppo, la questione con Ambra saltò fuori e, quella mia debolezza, fece andare fuori di testa mio padre che decise di iscrivermi alla scuola militare per fortificare sia il mio corpo che il mio carattere. Il giorno della mia partenza fu uno dei più duri di tutta la mia vita. Hilary mi abbracciava forte mentre, insieme, piangevamo attendendo l’arrivo del treno. Non volevo andarmene, non volevo lasciarla. Fu in quel momento che il mio cuore reagì mostrandomi quei sentimenti che da troppo tempo teneva nascosti dentro di sé. Mi resi conto di amarla nell'istante esatto in cui dovetti lasciarla. Ma questo, in un certo senso, mi diede la spinta per andare avanti. Non ero in grado di proteggerla in quelle condizioni, ma la scuola militare mi avrebbe dato le capacità per farlo. Fui io a sciogliere l'abbraccio e a baciarla sulla fronte prima di andarmene. A quei tempi eravamo alti uguali.
   «Aspettami.» le dissi prima di salire sul treno.
Lei mi fece cenno di si e, travolta dalle lacrime, mi salutò.
 
Passarono anni, due per la precisione, ed io e Hilary ci scrivevamo tutti i giorni. Ogni mese lei mi mandava una sua foto. Non gliele chiedevo esplicitamente, ma ero davvero felice di riceverle. Anche lei mi chiedeva spesso di inviargli delle foto ma io non lo facevo mai, dicendo che avrei voluto sorprenderla una volta tornato. Con il tempo la vidi cambiare e, ogni volta che sul display compariva la sua immagine, mi chiedevo quanti momenti accanto a lei mi stavo perdendo ma, nonostante questa sofferenza, strinsi i denti ed andai avanti, per diventare l'uomo perfetto per lei. Alla fine del mio addestramento il mio corpo era notevolmente mutato. Avevo smesso di portare quei ridicoli occhiali sostituendoli con le lenti a contatto, avevo tagliato i capelli rendendoli decenti ed avevo iniziato ad indossare vestiti che valorizzavano il mio nuovo fisico scolpito. Era un sabato pomeriggio quando finalmente rimisi piede a casa mia. Gettai in fretta i bagagli e corsi a casa sua.
Voglio vederti.
Ripetevo nella mia mente mentre correvo da lei. Quando arrivai fu suo padre ad accogliermi. Il suo sguardo duro mi colpì come un pugno dritto in faccia.
   «Posso esserti d'aiuto?»
Il suo tono lasciava trapelare il suo senso protettivo nei confronti della figlia.
   «Sto cercando Hilary. È in casa?»
   «Certo che è qui. Ma di certo non te la farò incontrare. Chi sei? Da dove vieni? Non ti ho mai visto.» Sorrisi tra me e me mentre queste parole risuonavano nelle mie orecchie ma il mio gesto venne frainteso da suo padre. «Ti stai prendendo gioco di me?! Chi ti credi di essere ragazzo?»
   «No, chiedo scusa, non volevo mancarle di rispetto. Sono Kentin. L’amico di Hilary dai tempi dell’asilo. Ho fatto due anni di accademia militare e sono tornato oggi e volevo venirla a trovare visto che lei è sempre stata la mia unica amica.»
In quel momento il suo sguardo duro si sciolse in un attimo diventando docile e affettuoso. Le sue braccia mi tirarono a lui abbracciandomi.
   «Benedetto ragazzo! Mi chiedevo giusto quando saresti tornato! È un piacere riaverti tra noi!» Risposti all'abbraccio un po' imbarazzato e, quando chiesi nuovamente di Hilary, suo padre lasciò la presa. «Perdonami, in realtà non è in casa. È andata al centro commerciale a fare spese! Sono sicuro che se fai presto fai in tempo a raggiungerla!»
Sorrisi facendo cenno di si con la teste e ripresi a correre. Volevo andare da lei ad ogni costo. In poco raggiunsi in centro commerciale. Girai per una decina di minuti prima di scorgerla. Indossava dei jeans lilla ed una maglietta bianca con delle all star bianche. I lunghi capelli castani erano raccolti in una treccia che teneva di lato. Fui rapito dalla sua bellezza ma il mio stato di trans venne interrotto quasi subito. Alcuni ragazzi la stavano importunando. Uno di loro la teneva per un braccio incitandola a seguirlo. Lei tentava di ribellarsi ma purtroppo non ne aveva la forza. Con una falcata giunsi accanto a lei afferrando il braccio del ragazzo e facendolo allontanare con uno spintone. Mi misi davanti a Hilary, pronto a difenderla. I ragazzi mi guardavano con aria strafottente e uno di loro si scagliò contro di me ma, in un attimo, fui in grado di atterrarlo con un sol colpo. Gli altri ragazzi, terrorizzati dalla mia abilità, recuperarono l'amico da terra e se ne andarono a gambe levate. Quando furono sufficientemente lontani abbassai la guardia e mi girai verso Hilary. Immaginavo di trovarla spaesata e spaventata ma, quando fui di fronte a lei, l'unica cosa che sentii furono i tonfi dei sacchetti della spesa cadere. Hilary mi saltò in addosso stringendomi le braccia intorno al collo ed iniziando a piangere.
   «Avresti dovuto dirmelo!» Gridava. «Avresti dovuto dirmi che saresti tornato oggi, scemo!»
Non sapevo come. Non capivo. Si ero tornato ma... insomma, non ero più io. Non riuscivo a capire. Mi ponevo mille domande sul come avesse indovinato chi si era trovata di fronte ma poi ci rinunciai. Lei era lei, mi avrebbe riconosciuto in ogni caso. La strinsi forte fra le mie braccia. Ora avevo la forza per proteggerla, e non l'avrei fatta più avere paura di niente e di nessuno.
   «Perdonami, ma volevo farti una sorpresa.»
Mentre la stringevo mi accorsi di quanto piccola e minuta fosse e di quanto io fossi diventato alto rispetto a lei.
   «Sei la sorpresa più bella che potesse capitarmi.» squittì asciugandosi le lacrime.
   «Felice di sentirtelo dire.»
   «Felice di riaverti qui.»
Quando sciolsi l'abbraccio mi persi nei suoi occhi. Ci fissammo per alcuni minuti senza dire niente, ma in realtà ci stavamo dicendo molte cose. Quando ci allontanammo del tutto afferrai le borse della spesa e ci incamminammo verso casa sua. Ci tenevamo a braccetto e la cosa mi rendeva estremamente felice. Quando arrivammo a casa sua ci salutammo a fatica e, quando stava per chiudere la porta alle sue spalle, la sua voce mi raggiunse un’ultima volta:
   «Ti rivedrò domani?»
I suoi occhi speranzosi mi fissavano.
   «Si. Ci rivedremo a scuola.»
La vidi sorridere prima di farmi un cenno di saluto con la mano e sparire dentro casa sua. Mentre passeggiavo per tornare da me canticchiavo felice.
Se solo sapessi quanto mi sei mancata... ora posso dirtelo. Ora potrò dirti quello che due anni fa non ero pronto a confessarti.
 
Il giorno dopo mi alzai per fare la mia corsa mattutina. Quando rientrai, mi docciai e mi diressi a scuola. Raggiunsi Nathaniel che si sorprese nel vedere il mio estremo cambiamento, ma mi diede il benvenuto come era normale fare. Mi diressi nella mia aula e, non appena entrai, la vidi seduta nella penultima fila a destra. Lei scattò in piedi correndomi incontro. Io rimasi fermo e sorridente, vederla venire verso di me era una gioia infinita.
   «Buongiorno!» mi disse sorridendomi.
Dio se mi è mancato questo sorriso.
   «Buongiorno a te!»
   «Vieni.» disse prendendomi la mano. «Siediti accanto a me!»
Non potevo chiedere nulla di meglio. Mi sedetti vicino a lei e tutti ci fissavano straniti. Quando scoprirono chi ero in realtà ci furono diverse reazioni, ma tutti restarono basiti nel realizzare che quel ragazzo mingherlino di una volta aveva lasciato posto a qualcuno di totalmente diverso. La lezione iniziò ed ero felice. Davvero felice. Pensavo che niente avrebbe rovinato il mio rientro, che nulla fosse cambiato durante la mia assenza. Pensavo che sarebbe stato tutto perfetto, ma la realtà mi schiacciò come un masso. Mancavano un'ora all'intervallo e Hilary, in quanto rappresentante di classe, dovette assentarsi un attimo per consegnare dei moduli a Nathaniel. La osservai camminare attraverso la classe per poi sparire oltre la porta. I miei occhi si piantarono sull'orologio. Non volevo che stesse via troppo a lungo poiché già mi mancava. Dopo dieci minuti però, di lei non c'era ancora traccia. Non so per quale motivo, ma iniziai ad innervosirmi. Scattai in piedi chiedendo al professore di andare al bagno. Lui acconsentì e sgattaiolai rapido fuori dall'aula. Girai per un po' per i corridoi ma non la trovai. Qualcosa in me si agitava sempre più. Qualcosa come un brutto presentimento. Quando la situazione stava diventando per me insostenibile e l’ansia mi aveva ormai attanagliato, la vidi. E non era sola. Aveva la schiena appoggiata agli armadietti azzurri e, davanti a lei, Castiel le impediva la fuga tenendo un braccio sopra la sua testa. Le braccia di lei erano appoggiate al petto di lui ed i suoi occhi erano spaventati mentre lui le sorrideva. Rimasi impalato qualche secondo intento ad elaborare cosa stesse succedendo. Vidi la mano libera di Castiel accarezzarle il braccio mentre lei sussultava leggermente. La sua mano salì fino a raggiungerle in collo ed appoggiarsi sotto il suo mento, alzandole il viso nella sua direzione:
   «Su andiamo.» sibilò a voce bassa. «Non dovresti più agitarti in questo modo a questo punto, non credi?» disse prima di sigillare le sue labbra su quelle di Hilary facendo scattare la mia furia.
Con un balzo li raggiunsi e scaraventai Castiel il più lontano possibile mettendomi tra lui e Hilary. Entrambi restarono spaesati e, quando Castiel si riprese, si avvicinò a me con fare rabbioso.
   «Chi cazzo sei tu?!»
   «Kentin! Ma dubito che ti ricordi di me!»
   «Kentin?! Kentin il nano?!»
   «Già. Divertente vero come il tempo cambia le persone, eh? Che diavolo stavi facendo?!»
   «Non sono affari che ti riguardano!»
   «Oh si che mi riguardano! Mi riguardano eccome! Avanti! Vuoi fare a botte? Sappi che farò di tutto per difenderla! Non sono più il pappamolle di una volta!»
   «Kentin ora basta!» intervenne Hilary, mettendosi di lato a me e facendo scivolare la sua mano fino ad intrecciare le mie dita alle sue. «Andiamo via, per favore.»
Il mio sguardo si posò su di lei, ma lei non guardava me, guardava lui. Iniziai a trascinarla via prima che lo facesse lei. Camminammo per un po' fino a raggiungere il sottoscala. Lì mi fermai. Le nostre mani erano ancora intrecciate ed io le sciolsi immediatamente, non volevo che sentisse quanto ero agitato.
   «Kentin...io...»
   «Una spiegazione. Esigo una spiegazione, se non ti dispiace»
Mi voltai verso di lei che mi guardava spaventata.
   «Io... è.... è complicato.»
   «Complicato?! Come può essere complicato?! Hilary stiamo parlando di Castiel! Ti sta usando?!»
   «No...»
   «Ti ha fatto del male?!»
   «No...»
   «E allora cosa?! Cosa?!»
La domanda successiva era la più cruciale, ma più tentavo di dirla, più le parole mi morivano in gola.
   «Kentin io... ecco... sono passati due anni da quando te ne sei andato e le cose sono cambiate e... tu non hai mai... ecco... vedi...»
   «State insieme?»
Non volevo aspettare. Se doveva ferirmi, volevo che lo facesse adesso.
   «No.»
La risposta fu secca e decisa. Senza esitazione.
   «Sei sicura?»
   «Si. Non è il mio ragazzo.»
   «E allora perché...»
   «Kentin, ti prego. Non farmi domande. È complicato...»
   «Hilary guardami! Guardami e cerca di capire! Cerca di capire come mi sento! Sono stato via per due anni e quando torno bum! Mi ritrovo quest'assurda immagine di te che baci quel ragazzo che tanto entrambi odiavamo! Che è successo?! Cosa mi sono perso?! Spiegamelo! Non capisco! Non sto capendo! Guardami! Guardami e cerca di capire!»
Ero sconvolto, agitato, scombussolato. Mille idee mi affollavano la testa, idee contrastanti, timore che mi mentisse, ansia che fosse appena andato tutto a pezzi. Sudavo freddo mentre tentavo di ragionare in modo razionale. La sua mano mi raggiunse accarezzandomi la guancia.
   «Ti guardo Kentin. Non hai neppure idea di quanto tempo abbia passato a guardarti.»
Vidi i suoi occhi diventare lucidi per un istante prima di vederla correre via.
 
Come dovevo interpretare quella frase? Che senso avevano le sue parole? Era una specie di dichiarazione d'amore? Cosa sarebbe successo da ora in poi? Cos'altro dovevo aspettarmi? Che cos'era successo durante i miei due anni di assenza? In quell'istante mi sentivo trascinare all'interno di un abisso vuoto.




Commento dell'autrice: salve a tutti quanti xD Allora innanzitutto chiuedo scusa per gli eventuali errori di grammatica ma sono le quattro del mattino (si lo so ho dei problemi xD ho scritto questa storia quest'ora perchè, mentre cercavo di dormire, mi è balenata in testa questa idea e non riuscivo a dormire perchè continuavano a venirmi in mentre frasi del racconto allora mi sono detta ''si va beh ho capito mi alzo e la scrivo almeno poi è fatta e la mia testa la smette di sfornare idee''. Morale della favola ho passato quattro ore a scrivere e questa è una parte del risultato!) spero comunque che il racconto vi piaccia nonostante sia uno stile diverso rispetto a quello che uso di solito (o forse no? bah non ho la mente abbastanza lucida al momento xD) spero di leggere quello che ne pensate nelle recensioni! Grazie a tutti coloro che si sono soffermati a leggere il racconto e al prossimo capitolo (se questa storia continua come le mie idee al momento sfornano frasi...sarà moooooolto complicata xD non mi piacciono i triangolo nella vita reale e farli per iscritto invece è divertente xD anche se questa volta mi sa che sono dannatamente malefica eheheh xD ok basta) vi saluto alla prossima e grazia ancora =D

   
 
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