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Autore: Dzoro    06/10/2014    0 recensioni
In un mondo abitato da manichini meccanici, dominato dai Vampiri e con seri problemi di immigrazione aliena, succede un evento impensabile: Carmilla, una bambina vampiro, torna umana. Il compito di proteggerla viene affidato ad un improbabile eroe, il medico-manichino Verzetti. Riuscirà a salvarla dalle grinfie del perfido tenente Controcazzi e a conquistare il cuore di Samanta, la bella manichina dal morbido seno di Seitan, e a pagare l'affitto?
Storia in pausa natalizia, ci vediamo a gennaio!
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quindici

I proiettili delle mitragliatrici perforarono i corpi dei motociclisti, facendo esplodere sbuffi di sangue da pipistrello, nero e denso. Solo i giubbotti di pelle mostrarono i fori, la carne di rigenerò immediatamente. I pochi proiettili che raggiunsero la testa dei pipistrelli rimbalzarono contro le calotte metalliche sottocutanee, anche quelle augmentazioni Riprogen di vecchia generazione, ma ancora efficaci. Le manopole erano state girate, rilasciando mutageni rna-riprogrammatori nelle loro ipofisi: i vestiti dei motociclisti si squarciarono, mentre la loro massa muscolare si gonfiava come un palloncino, e la loro pelle lasciava uscire peli neri e spessi come gli aculei di un istrice. Sull’asfalto caddero e ticchettarono decine di denti, spinti fuori dalle gengive da zanne acuminate. La barba del motociclista con gli occhiali si allungò e si fuse con i peli del suo petto, la sua schiena si incurvò in avanti, l’addome si allungò.
“Passate alle granate incendiarie, idioti!” urlò Controcazzi. I soldati appoggiarono i cilindri e premettero alcuni bottoni sulla loro superficie, ma era già troppo tardi: i mannari gli saltarono addosso.
Il muso era l’incrocio tra un lupo, un orso e uno squalo, il modo in cui si muovevano era ormai più simile a quello di un quadrupede che di un umanoide. Si potevano ancora scorgere le manopole sulle loro teste. Il più grosso dei mannari aveva ancora i suoi occhialetti a specchio, incastrati sul muso.
Verzetti si ritrovò per terra, e gattonò tra gambe pelose e in armatura. La sua testa evitò per un soffio la suola di uno stivale corazzato.
“Carmilla! Sammy!” gridò.
“Signor robot!”
Carmilla si trovava insieme a Samanta, erano entrambe rannicchiate contro un muro, a pochi metri dalla mischia. Verzetti si alzò e corse verso di loro.
“Ragazze, state bene?”
Prima che avessero tempo di rispondere, le motoseghe iniziarono a rombare alle sue spalle. Un braccio di mannaro mozzato si spiaccicò contro il muro alle loro spalle.
“Cosa sta succedendo?” urlò Samanta.
“Dopo, dopo! Andiamocene!” Verzetti la prese per un polso. Correndo radenti al muro, si diressero verso i chopper parcheggiati. Dal cielo si sentì un urlo farsi sempre più vicino, prima che un soldato granchio si sfracellasse vicino a loro, con l’armatura che si infrangeva come il guscio di un uovo lasciato cadere dal decimo piano. Verzetti montò sul chopper più vicino, facendo sedere Carmilla sulla copertura di metallo sotto il manubrio, e mettendosi sul sellino. Samanta si sedette dietro di lui, premendo il petto contro la sua schiena. La battaglia alle loro spalle era diventata una cacofonia di catene di motosega imbizzarrite, urla, ringhi e ululati.
“Sei un tipo meno tranquillo de quello che sembri.” Gli urlò nell’orecchio Samanta, sedendosi.
“Me lo dicono spesso!” gridò Verzetti, girando la chiave di accensione. Verzetti sentì come se il sellino dovesse schizzargli via da sotto il sedere. La moto partì in impennata. Sfrecciò radente il muro staccando di netto uno specchietto retrovisore, lasciandosi alla spalle i mannari e i soldati, ancora impegnati a farsi a pezzi. Verzetti, con la coda dell’occhio, vide Controcazzi stringere le sue mech-chele intorno al collo i uno dei mannari. Capì che non si sarebbe liberato facilmente di lui.
Il chopper arrivò in strada, derapò lasciando una traccia nera, e partì a tutta velocità, avvolto dalla luce rosso scuro dell’alba.
“Dobbiamo andarcene il più lontano possibile!” disse Verzetti.
“Sempre dritto, la prossima vai a destra.” rispose Samanta.
“Non c’è il centro da quella parte?”
“Sì, annamo in un posticino che conosco io!”
“Okay!” Verzetti accelerò. Sentì le braccia di Samanta stringersi intorno al suo petto, e il petto di lei premere contro la sua schiena. Improvvisamente, mentre guidava il Chopper a tutta velocità, venne colto da un inaspettato attacco di autostima.
 
Controcazzi barcollò in avanti, appoggiandosi al muro per non cadere, ansimando.
“Bastardo.” Sibilò tra i denti. Lanciò un occhiata alle sue spalle: nessuno l’aveva seguito, ma sentiva ancora i rumori della battaglia. Probabilmente aveva perso tutti i suoi uomini.
“La prima volta che sono costretto a scappare dal nemico, ed è tutta colpa di quel maledetto manichino!” gridò, e colpì il muro con un colpo di chela, staccando una nuvola di calcinacci. Respirando affannosamente, tastò il suo avambraccio corazzato, finché con una leggera pressione non riuscì ad aprire uno sportello a scorrimento. Sotto di esso si trovava un pulsante, con sopra l’immagine di un piccolo uovo dorato, decorato con due alucce piumate. Lo premette.  
   
 
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