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Autore: Little_Lotte    08/10/2014    13 recensioni
.... E l'unica volta in cui si è sentito veramente un campione.
Prima Fanfiction su Captain Tzubasa e Mark Lenders, vi prego siate clementi.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kojiro Hyuga/Mark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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<< Mark? Vieni dentro, tesoro... La cena è pronta. Mark? Mark! >>

Mark ignorò tranquillamente i continui richiami di sua madre, così come aveva fatto per tutto il pomeriggio e per tutti i giorni precedenti da una settimana a quella parte. Era molto difficile, per un ragazzino di nove anni, obbedire in maniera incondizionata alla propria madre e per un piccolo ribelle come Mark Lenders l'impresa era ancora più ardua.

<< Mark! Adesso basta, non voglio più ripetertelo: vieni subito dentro, muoviti. >>

Mark continuò indisturbato a giocare con il suo pallone.

Adorava quel semplice oggetto di cuoio, da quando suo padre glielo aveva regalato non era stato in grado di separarsi da esso neanche per un istante, nemmeno per andare a dormire. Probabilmente lo avrebbe tenuto con sé anche a tavola, se sua madre non lo avesse minacciato di sequestrarglielo una volta per tutte.

<< Mark... Ehy, Mark. Figliolo, che cosa ci fai ancora qua fuori? >>

Mark si voltò di scatto e un ampio sorriso fece rapidamente strada lungo le sue labbra.

<< Papà, hai visto quanto sono diventato bravo?! >> esclamò fieramente, rivolgendo all'uomo di fronte a lui un'espressione di puro entusiasmo << Oggi sono riuscito a fare 70 palleggi di seguito, senza mai fermarmi. >>

John Lenders rise allegramente.

<< Sei stato davvero bravissimo, figliolo. >> replicò con voce piena di brio, scompigliando affettuosamente i capelli di Mark << Adesso, però, non credi che sia il caso di tornare dentro? La cena è in tavola da un pezzo e noi non vogliamo certo far arrabbiare la mamma, dico bene? >>

Mark mise su una specie di broncio.

<< Mi manca davvero poco per battere il mio record. >> protestò << Non posso rientrare proprio adesso, papà! >>

John Lenders scosse il capo con fare divertito e si mise a ridere, con fare ormai del tutto rassegnato. Non c'era niente da fare, ogni volta che Mark si metteva in testa qualcosa diventava del tutto impossibile fargli cambiare idea.

Del resto aveva preso da lui e non vi era niente che amasse tanto in suo figlio quando la sua tenacia e la sua ostinata caparbietà.

<< Accidenti, non ti stanchi mai! >> esclamò l'uomo, mentre il piccolo Mark ricominciava a palleggiare senza sosta << Non sei uno che si arrende facilmente, dico bene? >>

Mark scosse il capo con fare solenne ed imperterrito continuò a palleggiare. John Lenders lo guardò con orgoglio e sospirò nuovamente, con fare arrendevole.

<< Un'ultima volta, Mark. >> disse << E al primo errore rientriamo in casa, va bene? >>

Mark sbuffò ma acconsentì alle richieste del genitore e forse fu proprio quella concessione strappata che lo portò a distrarsi e a far cadere il pallone a terra dopo neanche dieci palleggi.

<< Oh, no! >> gemette << Maledizione! >>

John rise sotto i baffi.

<< Andiamo, figliolo... Ci riproverai domani. >> gli disse, chinandosi alla sua altezza e togliendogli gentilmente il pallone dalle mani << In fin dei conti, hai ancora un sacco di tempo. >>

Mark sbuffò una seconda volta, guardando suo padre con espressione intristita.

John Lenders sospirò profondamente.

<< Facciamo un patto, ti va? >> propose << Tu adesso metti da parte il pallone e vieni a mangiare e io domani pomeriggio ti aiuterò a battere il tuo record. >>

Lo sguardo di Mark s'illuminò di colpo.

<< Dici davvero? >> domandò incredulo << E come farai con il lavoro? >>

L'uomo scrollò le spalle: << Mi farò sostituire da qualcuno. Questo e altro per il mio Mark, soprattutto se può servire a farti rientrare in casa. >>

Mark rise e si gettò fra le braccia di suo padre, con una risata fragorosa.

<< Che bello, papà... Grazie! Va bene, allora, torniamo pure dentro. >>

John rise di nuovo: << Bravo il mio ragazzo, così mi piaci! Sei proprio come il tuo vecchio. >>

Mark sorrise fieramente e riprese in mano il proprio pallone, per poi farsi caricare agilmente sulle spalle di suo padre.

<< Diventerai un vero campione, lo sai? >> rilanciò fieramente John Lenders << Se continui ad allenarti in questo modo, da grande diventerai un giocatore imbattibile. >>

<< Dici davvero, papà? >> domandò Mark, con acceso entusiasmo << Credi che ci riuscirò? >>

<< Assolutamente sì. >> fu la risposta decisa di suo padre << Ci riuscirai, figlio mio: ho piena fiducia nelle tue capacità. >>

Mark sospirò beatamente e si strinse con forza al suo pallone, come si farebbe con un caro amico.

Sì, suo padre aveva ragione: se avesse continuato di questo passo, un giorno sarebbe diventato un vero campione, l'astro più luminoso di tutto il firmamento calcistico mondiale.

Aveva promesso a se stesso di diventare il migliore di tutti e ci sarebbe riuscito senz'altro.

Del reso, quando si metteva in testa qualcosa, diventava del tutto impossibile fargli cambiare idea.

*

<< Mark? Mark, tesoro... Dobbiamo tornare a casa. >>

Mark si voltò lentamente verso sua madre, appena giunta alle sue spalle; era stata talmente silenziosa da non avergli dato la benché minima avvisaglia del suo arrivo... O forse era tutto il dolore che stava provando ad anestetizzarlo da ogni cosa che lo circondava al momento?

<< Mark, dobbiamo tornare a casa. >> ripeté la donna, con voce ancor più flebile << I tuoi fratelli ci stanno aspettando. >>

<< Lasciami stare. >> rispose duramente Mark << Voglio restare qui.

La donna lo guardò con occhi colmi di lacrime e rimase in silenzio, inerte e impassibile.

Le sembrava impossibile dire qualcosa, perché del resto che che cosa si può dire ad un ragazzino di nove anni che ha appena perso il padre? Mark non parlava, non versava una sola lacrima e a malapena riusciva a muoversi, eppure sua madre sapeva quanto dolore stesse provando in quel momento.

La signora Lenders si allontanò in silenzio e raggiunse Ted, grande amico del suo defunto marito, che negli ultimi giorni di era rivelato di grande aiuto e conforto per tutta la famiglia.

<< Non vuole andarsene, non è vero? >> domandò l'uomo, osservando il piccolo Lenders in lontananza, in piedi e immobile di fronte alla lapide di suo padre << Lo immaginavo, in un certo senso mi sarei decisamente stupito del contrario. >>

<< Mark sta soffrendo molto, anche se fatica a darlo a vedere. >> rispose la signora Lenders, con un triste sospiro profondo << Era così legato a suo padre, non credo che riuscirà ad elaborare il lutto tanto facilmente. >>

<< Beh, nessuno di noi ci riuscirà. >> replicò Ted << John era un uomo eccezionale, non sarà facile andare avanti senza di lui. >>

<< Già, ma temo che per Mark sarà ancora più difficile. >> disse ancora la donna << Suo padre era tutto il suo mondo, tutto ciò che aveva e adesso... Beh, adesso temo che possa cacciarsi in qualche brutta situazione, ho paura che in qualche modo perda completamente la propria direzione. >>

Ted si voltò nuovamente in direzione di Mark, non potendo fare a meno di sorridere di fronte all'immagine di quel piccolo e fiero combattente.

<< Impossibile. >> disse poi << Mark non potrà mai perdersi lungo una strada sbagliata. Insomma, guardalo! >>

La signora Lenders si voltò a sua volta in direzione di Mark e il cuore sembrò quasi contrarsi dolorosamente dentro al suo petto.

<< Lo guardo. >> disse << E' così duro, in apparenza, ma io so quanto sia soffrendo in realtà. E' un ragazzo talmente emotivo... >>

<< Già, ma è anche forte come una tigre. >> la interruppe Ted << Non è certo il tipo che si fa mettere i piedi in testa, ha la stessa fierezza e determinazione di suo padre. >>

La donna si morse il labbro inferiore ed annuì, le lacrime che rapidamente incominciarono a scorrere lungo le sue guance.

<< Già... E' proprio come suo padre. >>

Ted tirò un lungo sospiro e rivolse alla donna un ampio sorriso incoraggiante.

<< Vado a parlarci io. >> disse << Aspettami qui, farò più in fretta che posso. >>

La signora Lenders annuì silenziosamente e Ted si avvicinò a Mark con passo lento e paziente, accostandosi al suo fianco senza dire niente e soffermandosi con lo sguardo sulla fredda lapide dell'amico da poco scomparso.

Per i primi istanti Mark si sforzò di ignorare la sua presenza, i pugni serrati e gli occhi completamente appannati dalla lacrime che il piccolo Lenders si sforzava duramente di trattenere, per non mostrarsi troppo debole agli occhi degli altri; poi, quando il silenziò iniziò ad essere troppo persino per lui, si voltò lentamente verso Ted e con voce flebile domandò lui: << Credi che la mamma starà bene? >>

Ted sospirò profondamente.

<< Le ci vorrà un po' di tempo, ma pian piano il dolore si attenuerà. >> rispose << Ha la fortuna di avere al suo fianco un ometto forte e tenace come te al suo fianco. >>

Mark si morse con forza il labbro inferiore, continuando a trattenere le lacrime.

<< Mi prenderò cura di lei. >> mormorò con voce fioca ma decisa << Lei e i miei fratelli hanno bisogno di me e io devo occuparmi di loro come ha fatto papà per tutti questi anni. Devo essere forte per tutti quanti. >>

Ted sorrise fieramente, rivolgendo al piccolo Lenders uno sguardo pieno d'orgoglio.

<< Lo sarai, Mark. >> gli rispose << Adesso sei tu l'uomo di casa, ricordi? E poi ci sarò anch'io a darti una mano, non dimenticare che la mia proposta di lavoro è sempre valida. >>

Mark restò in silenzio per qualche istante, con fare pensieroso.

<< Accetterò il lavoro, ma non voglio altri aiuti da parte tua. >> disse poi, guardando l'uomo con aria fiera e determinata << Voglio occuparmi da solo della mia famiglia, so di poterlo fare. >>

Ted ampliò il proprio sorriso, continuando a guardare Mark con occhi pieni di orgoglio.

<< D'accordo, Mark... Come vuoi tu. >> acconsentì << Del resto, è ciò che tuo padre avrebbe voluto. >>

Mark annuì in silenzio e tirò su col naso, voltandosi per l'ultima volta verso la lapide di suo padre.

<< Possiamo andare, adesso. >> disse infine << Non voglio più stare qui, torniamocene a casa. >>

Ted fece segno di sì col capo e si avvicinò lentamente a Mark, per scompigliargli affettuosamente i lunghi capelli ribelli.

<< Sei un vero campione, Mark. >> dichiarò fieramente << Un vero e proprio campione. >>

Mark annuì con fierezza e serrò i pugni.

<< Lo diventerò. >> promise << Diventerò il migliore di tutti... Nella vita e sul campo da gioco. >>

<< Soprattutto sul capo da gioco. >> puntualizzò Ted, sempre più compiaciuto << Diventerai il migliore, Mark... Ne sono sicuro. >>

Mark sospirò profondamente e chiuse gli occhi, beandosi della piacevole sensazione di quella leggera brezza autunnale che gli scompigliava i capelli.

Sì, sarebbe diventato il migliore di tutti.

Non avrebbe mai permesso a nessuno di superarlo, né di farlo sentire inferiore o di mettergli i piedi in testa. Persino adesso che non era più accanto a lui, avrebbe fatto tutto il possibile per rendere suo padre incondizionatamente fiero di lui.

*

<< Mark Lenders? Aspetta un attimo, ragazzo, voglio parlare con te. >>

Mark si voltò lentamente, sorpreso di ritrovarsi di fronte niente meno che Jeff Turner, l'allenatore della squadra di calcio della Muppett, per la quale aveva appena sostenuto un provino di ammissione. Erano trascorsi ormai due anni dalla morte di suo padre e da allora Mark aveva iniziato ad allenarsi tutti i giorni con il pallone, desideroso di diventare abbastanza bravo da poter entrare a far parte di una delle migliori della città.

Adesso quel momento era finalmente arrivato e Mark era certo di essersi fatto notare abbastanza, almeno a giudicare dal tono ansioso e dall'espressione vivace dell'uomo che si stava rivolgendo a lui così concitatamente.

<< Sì, che cosa c'è? >> domandò bruscamente Mark, col suo tipico modo di fare scorbutico e distaccato.

Chiunque altro avrebbe certamente rimproverato il giovane Lenders per essere così sfacciato e maleducato nei confronti di un suo superiore, ma non Jeff Turner; lui, al contrario, sembrò essere divertito e addirittura compiaciuto da quell'atteggiamento spaccone e a tratti persino aggressivo.

<< Gran bella audizione la tua, mio caro Mark Lenders. >> dichiarò fieramente << Sai, non vedevo da tempo un giocatore tanto bravo e determinato come te: hai del talento, ragazzo mio. >>

Mark scrollò distrattamente le spalle.

<< Grazie. >> rispose freddamente << Faccio del mio meglio. >>

<< Oh, lo vedo eccome. >> rilanciò immediatamente Jeff, squadrandolo con attenzione senza smetterla di sorridere << Sai decisamente come muoverti in campo e hai grinta e determinazione, non ti lasci mettere i piedi in testa da nessuno. Ho visto come hai atterrato due dei miei migliori giocatori, non hai avuto alcuno scrupolo. >>

Mark soffocò una risata.

<< Con tutto il rispetto, Mister, erano due femminucce. >> replicò in tono sprezzante << Non sono stati in grado di tenermi testa e in tutta onestà non mi sento affatto in colpa di esserci andato tanto pesante con loro: io gioco in questo modo, sono abituato a fare di testa mia da sempre, e mi dispiace se i suoi giocatori sono troppo deboli da starmi dietro. Chissà, probabilmente non sono adatto a questa squadra. >>

<< Oh, no... Al contrario. >> lo interruppe immediatamente Jeff, prima che potesse pensare di andarsene << A dire il vero, Mark, io ho un assoluto bisogno di giocatori come te. >>

Il volto di Mark s'illuminò di colpo: << Cosa... Dice davvero? >>

Jeff annuì.

<< Sì, era già da un po' di tempo che ci pensavo: i miei ragazzi sono forti e dotati di una buona tecnica di gioco, ma non sono sufficientemente grintosi e aggressivi, non abbastanza da rendere questa squadra tanto pericolosa come la vorrei io. >>

L'uomo si avvicinò ulteriormente a Mark, guardandolo negli occhi con decisione.

<< Tu potresti aiutarmi a cambiare le cose, Mark. >> proseguì << Con il tuo carattere così tenace e le tue abilità calcistiche, potresti aiutarmi a mettere su una squadra e dir poco imbattibile.

Mark non poté nascondere un'evidente emozione di fronte a quelle parole inaspettate.

Certo, sapeva di essere stato grandioso su quel campo da gioco, ma non si sarebbe mai immaginato un simile entusiasmo da parte di Jeff Turner.

<< Sul serio, Mister? >> domandò, quasi incredulo << Lei crede davvero che io sia all'altezza di questo compito? >>

<< Tu sei un vero campione, Mark. >> replicò immediatamente l'uomo << Sei nato per giocare a calcio e soltanto io potrò allenarti come si deve, solo io saprò tirare fuori il meglio di te e trasformarti in un vero fuoriclasse. Fidati di me, Mark, sono certo che non te ne pentirai. >>

Mark si morse con forza il labbro inferiore e iniziò a pensare.

Desiderava ardentemente entrare a far parte della Mappett ed era disposto a qualsiasi cosa pur di raggiungere il suo scopo, di certo non avrebbe guardato in faccia nessuno.

Desiderava essere un campione e se Jeff Turner era seriamente intenzionato ad aiutarlo, Mark non poteva certo pensare di rifiutare una proposta tanto generosa.

<< Allora, Mark... Che cosa mi dici? >>

Mark sollevò il capo e rivolse fieramente il proprio sguardo in direzione del Mister.

<< Accetto. >> rispose con decisione << Ma ad una condizione, Mister: non voglio che si faccia scrupoli con me, dovrà allenarmi ogni giorno e fino allo sfinimento, se necessario. >>

Jeff Turner rivolse lui un ampio sorriso sornione.

<< Puoi starne certo, Mark. >> assicurò << Ti trasformerò in un grande giocatore, vedrai. Devi solo fidarti di me. >>

Mark annuì fermamente e allungò una mano in direzione di Jeff, che la strinse saldamente e sorrise con aria compiaciuta.

<< Bravo ragazzo. >> gli disse << Non te ne pentirai. >>

Mark non rispose e si morse ancora una volta il labbro inferiore, per poi annuire.

Era pronto a tutto pur di farcela e sì, sapeva che ci sarebbe riuscito; sapeva di essere all'altezza delle aspettative e sapeva che prima o poi sarebbe diventato un vero campione,

Presto o tardi, sarebbe stato lui il migliore di tutti.

*

<< Passa quella palla, Danny... Avanti, passamela! >>

Mark avanzò rapidamente in centro campo, affiancato dal suo compagno di squadra Danny Mellow e guardandolo con aria di attesa, sospeso a mezz'aria.

<< Coraggio, Danny.. passala! >>

Danny, quasi paralizzato in uno stato di trance, si risvegliò tutto d'un colpo ed effettuò un velocissimo passaggio in direzione di Mark, che con un balzo atletico prese possesso del pallone e tirò in porta, sorprendendo con facilità il portiere ed effettuando uno splendido goal ad effetto.

<< Evvai! >> strillò orgogliosamente Mark, mentre il suo allenatore decretava la fine di quell'incontro << Anche oggi ho segnato una tripletta, formidabile! >>

Poi si voltò lentamente in direzione di Danny e con un leggero sorrisetto compiaciuto sulle labbra disse lui: << Bravissimo, Danny. E' esattamente così che devi giocare, non dimenticarlo mai. >>

Danny trasalì, sorpreso da quel complimento inaspettato da parte di Mark.

Il capitano non era solito perdersi in parole gentili nei confronti dei suoi compagni perciò - pensò Danny - se si era rivelato degno di un simile onore, allora doveva esserselo meritato sul serio.

<< G-grazie, capitano. >> farfugliò timidamente, facendosi leggermente rosso in volto.

Mark sorrise con maggior soddisfazione, mentre Jeff Turner irrompeva in mezzo al campo per dichiarare ufficialmente concluso l'incontro.

<< Bene così, ragazzi, per oggi può bastare: Su, andate a farvi la doccia. Mark, tu sei stato bravissimo... Un ottimo lavoro, come sempre. >>

Mark gonfiò il petto con orgoglio e poi si diresse fuori dal campo, camminando a passo svelto verso le docce; Danny Mellow lo seguì silenziosamente, tenendosi a debita distanza da lui e guardandolo di sottecchi come se si augurasse che da un momento all'altro Mark si accorgesse della sua presenza.

Cosa che, in effetti, accadde.

<< Hey, Danny... Che diavolo ti prende? >> domandò il capitano, con aria quasi infastidita << Perché mi guardi con quell'aria da pesce lesso, qual è il problema? >>

Danny ebbe un leggero sussulto.

<< Cosa... No, niente d'importante. >> farfugliò << Stavo solo.. Volevo solamente... >>

<< Danny. >> lo ammonì severamente Mark, sempre più spazientito << Danny, non mi piacciono le persone indecise: se hai qualcosa da dire, fallo subito e senza girarci troppo intorno. Non farmi perdere la pazienza. >>

Danny sospirò profondamente e si morse il labbro, chinando lievemente il capo come se si vergognasse di parlare apertamente.

<< Beh, io... Sono molto contento di non averti deluso, capitano. >> confessò << Da quando sono entrato in squadra ho sempre avuto paura di non essere alla tua altezza e così mi sono allenato fino allo sfinimento per migliorare la mia tecnica e le mie abilità. Volevo... Sì, insomma... Volevo essere all'altezza di un campione come te, Mark. >>

Mark restò in silenzio per qualche istante, pensieroso, e Danny non poté fare a meno di sentirsi terribilmente in soggezione. Forse non avrebbe dovuto essere così sfacciato e sincero, forse aveva parlato troppo.

Era quasi pronto a rimangiarsi ogni cosa quando, con sua enorme sorpresa, Mark gli si fece vicino e posò lentamente una mano sulla sua spalla, come in un gesto di amicizia.

<< Sei stato bravo. >> disse, con un ampio sorriso sulle labbra << Non credo di aver mai conosciuto nessuno in grado di starmi al passo, tu sei decisamente diverso da tutti gli altri calciatori che ho conosciuto. Sei in gamba, Danny. >>

Danny abbozzò un timido sorriso di gratitudine, senza dire altro.

Sapeva, forse più di chiunque altro al mondo, che cosa si nascondesse davvero dietro alla corazza di Mark Lenders.

<< Prometto di non deluderti, capitano. >> disse << Mai e poi mai. >>

Mark annuì e guardò Danny con aria di riconoscenza, sfoggiando – in maniera del tutto inaspettata – uno dei più bei sorrisi che avesse in repertorio.

<< Lo so, Danny. >> rispose << E credimi... Anch'io so essere riconoscente, a mio modo. >>

Danny sorrise e i due si scambiarono un rapido sguardo d'intesa, per poi dirigersi finalmente verso le docce. In quel momento, per la prima volta da quando era entrato a far parte della Muppet, Mark sapeva di non aver più nulla da temere: sapeva di essere il più forte, il più coraggioso e di essere talmente imbattibile da non conoscere rivali.

E sapeva anche, per la prima volta nella sua vita, di aver finalmente trovato un vero amico.

*

<< Sei stato davvero grandioso, Mark... Un vero e proprio campione. >>

Mark sollevò rapidamente il capo e rivolse a Oliver Hutton uno sguardo sorpreso, non potendo – tuttavia – impedirsi di sorridere felicemente.

<< Ti ringrazio, Oliver, ma non sono stato esattamente un grande campione. >> rispose gentilmente << Sei riuscito a battermi anche questa volta. >>

<< Oh, questo non è vero! >> esclamò Oliver, continuando a sorridere << Abbiamo vinto tutti e due, stavolta non ti ho affatto sconfitto. >>

<< Sì, ma è stato solo perché tu eri debole e infortunato. >> rilanciò Mark << Se fossi stato nel pieno delle tue forze, probabilmente saresti riuscito a battermi. >>

Oliver abbozzò un sorrisetto impacciato.

<< Non ne sono del tutto certo, in realtà. >> rispose << In ogni caso, non devi vedere le cose da questo punto di vista: quello che conta davvero è che abbiamo vinto e che siamo entrambi campioni. E' questa la cosa più importante, dico bene? >>

Mark annuì fermamente, ampliando il proprio sorriso.

<< Sì, hai ragione. >> concordò << Abbiamo vinto entrambi e da questo momento possiamo smetterla di farci la guerra: d'ora in avanti non siamo più rivali, Oliver. >>

Oliver annuì e allungò una mano in direzione di Mark affinché questi la stringesse, cosa che il ragazzo fece senza esitazione alcuna.

Per questa volta, del resto, poteva accettare di non essere arrivato sul gradino più alto di quell'ostica scalinata; in fin dei conti aveva pur sempre vinto il titolo di campione e – soprattutto – aveva imparato il rispetto non solo verso i suoi compagni, ma anche nei confronti dei suoi rivali, persino dei più acerrimi come Oliver Hutton.

E questo, per Mark, valeva più di qualunque altra vittoria.

*

<< Allora, ci siamo tutti? Coraggio, vogliamo sollevare questa coppa o no? Tom, muoviti... Aspettiamo solamente te. >>>

Tom Becker raggiunse velocemente i suoi compagni di squadra e si strinse a loro, pronto a sollevare la Coppa del Mondo prima che il fotografo designato immortalasse il momento. Mark si voltò in direzione di Danny, in piedi di fianco a lui, e sorrise ampiamente con fare gioioso.

<< Allora, Danny... Come ti senti? >> domandò allegramente, senza smetterla di sorridere.

Danny sospirò beatamente.

<< Alla grande, direi! >> esclamò << Queste non sono certo cose che capitano tutti i giorni, è un momento davvero unico! Non credo che potrò mai essere tanto felice come lo sono adesso. >>

Mark ampliò il proprio sorriso e gonfiò orgogliosamente il petto, con fare compiaciuto. Danny non poté fare a meno di rivolgere lui un lungo sguardo di sentita ammirazione.

<< E tu, Mark? Dimmi, come ci si sente a essere finalmente un campione del mondo? >>

Mark sorrise.

<< Meravigliosamente. >> rispose << Aspettavo questo momento da tutta una vita e adesso finalmente ce l'ho fatta: tutti questi anni di duro lavoro e sacrifici hanno dato i loro frutti. >>

<< Oh, lo puoi ben dire! >> fece eco Oliver Hutton, anch'egli al suo fianco << Finalmente ce l'abbiamo fatta, Mark, e questa volta lo abbiamo fatto insieme. Adesso non siamo più due rivali, dico bene? >>

Mark restò in silenzio per qualche istante e poi, finalmente, si abbandonò ad un ampio sorriso di complicità.

<< Sì, è vero. >> concordò << Questa volta abbiamo vinto insieme, come due compagni. Due veri e propri campioni, Oliver. >>

<< Allora, siete pronti? Adesso scattiamo la foto: Tre... Due... Uno... >>

<< CAMPIONI DEL MONDO! >>

Holly sollevo la coppa con entrambe le mani e tutti strillarono di gioia mentre il fotografo immortalava la scena; alcuni piangevano, altri ridevano a crepapelle, altri ancora facevano fatica a credere che fosse tutto vero.

E poi c'era Mark.

I suoi occhi scuri brillavano di gioia, il suo cuore batteva all'impazzata e le ginocchia tremavano a tal punto da riuscire a malapena a tenerlo in piedi. Era il ritratto della felicità e nessuno fra tutti quei calciatori entusiasti, neanche Oliver Hutton, poteva lontanamente immaginare come potesse sentirsi in quel momento.

Nessuno poteva capirlo.

Nessuno sapeva quanta passione, quanta fatica e dedizione Mark avesse messo in ogni suo singolo palleggio, in ogni dribbling o tiro in porta, in ogni piccolo passo che lentamente lo aveva condotto fino a lì, ai Mondiali di Calcio.

Tutte quelle ore di lavoro, tutti i sacrifici fatti e le continue esortazioni a non perdere mai la speranza e non arrendersi mai, finalmente lo avevano portato al traguardo, proprio lì dove aveva sempre sognato di arrivare.

Sul tetto del mondo.

E da lassù il paesaggio era molto più bello di quanto lo avesse mai immaginato.



N.d.A: Che dire... Si nota che sono innamorata persa di Mark Lenders? No? xD
Vorrei dire tante cose su questa one shot, ma penso che alla fine si commenti da sola: Quello che Mark prova da sempre, cosa significa davvero per lui giocare a calcio... Beh, ho provato a rendere tutte queste emozioni per iscritto, sperando di aver contribuito in piccola parte a dare maggiore voce alle parole e ai sentimenti di Mark.

Ai posteri l'ardua sentenza... :)
  
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