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Autore: little_triangles    09/10/2014    1 recensioni
!! DISCLAIMER !! Ho abbandonato questa storia 5 anni fa e non la continuerò.
Cominciò tutto con una "cattiva notizia"...
- Dopo aver percorso alcuni larghi corridoi prendemmo l'ascensore, entrando mi chiese con naturalezza continuando a fissarmi: “Come ti chiami?”
“Kathie Miles” non avevo voglia di fare conversazione, ma lui continuò a parlare.
“Quindi stai cercando i tuoi genitori?” chiese un po' timoroso.
“Sì” risposi freddamente abbassando lo sguardo. -
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dan Smith, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Words are words

Quando non riuscirono più a sgorgare lacrime dai miei occhi e smisi di singhiozzare mi venne in mente che Daniel doveva essere al lavoro in quel momento.
“Non dovevi lavorare?” dissi senza guardarlo
“Oggi è il mio giorno libero” tentennava. Passammo qualche minuto in silenzio.
“Tu non hai fame?”
“Un po'...” si alzò dal letto e mi tese la mano.
Beh, in effetti avevo fame, perché non accettare l'invito? Misi la mano nella sua, con l'altra cercai di togliere il mascara nero che era colato piangendo e mi alzai.

***

Uscendo dalla stanza guardai mia madre e le feci un cenno di saluto con la mano, come se avesse potuto vedermi.
Stringevo la sua mano, era calda, aveva le dita lunghe e affusolate come quelle di mio padre. Guardai le nostre mani, poi Dan, era sereno, ma i suoi occhi sembravano più felici del solito.
Mi sentivo osservata, infermiere e medici ci guardavano un po' straniti, o meglio guardavano le nostre mani. Daniel sembrava quasi non averci fatto caso.
Arrivammo alla macchinetta: merendine schifose, sandwich ammuffiti e sacchetti di patatine al formaggio. Feci una faccia schifata.
“Lo so, non è il massimo, ma se vuoi qualcosa di meglio devi uscire di qui”
Abbassai lo sguardo, non potevo abbandonare mio padre lì da solo, e nemmeno mia madre.
“Facciamo così: tu aspettami vicino alla scrivania, io torno fra cinque minuti, non ti pentirai sicuramente dell'attesa” mi fece l'occhiolino e uscì di corsa dalla porta automatica.

***

Rimasi un po' immobile a guardare la porta che si apriva e chiudeva con il frenetico via vai di persone, poi andai vicino alla scrivania, come aveva detto lui, ma intravidi Ellie. Feci improvvisamente dietrofront, non avevo voglia di sentire le sue prediche e non avrei resistito cinque minuti con lei nello stato in cui mi trovavo, ma il mio tentativo fallì miseramente. Mi aveva già intercettata. Si avvicinò tutta sorridente con il suo rossetto rosa shocking e i suoi denti bianchissimi e i capelli gialli, non biondi.
“Come stai Kitty?” odiavo quel soprannome, come le fosse venuto non lo so, nella sua mente ci sono solo riviste di gossip, vestiti dagli 800 euro in su, unghie finte lunghe cinque centimetri e... il resto penso sia tutto vuoto.
“Mah, come vuoi che stia?” avevo rinunciato a provare ad essere gentile con lei.
“Oh, povera la mia Kitty, fatti abbracciare” ora pretendeva che mi facessi pure abbracciare? Non feci in tempo a ribattere che le sue braccia mi stavano già stritolando. Quando finì di strizzarmi come se fossi un'arancia da spremere tornò a parlare con la sua vocina odiosa.
“Ho saputo di James e Sarah e sono volata subito qui” annuii ma intanto pensavo che se ne sarebbe potuta restare in America al posto di attraversare tutto l'Atlantico e piombare a Londra per rovinarmi la giornata, come se non fosse già schifosa. Pregavo che Dan arrivasse il prima possibile, non ne potevo già più.
“Come stanno i tuoi??” disse sbattendo due volte le doppie ciglia finte.
“La mamma è in terapia intensiva, hanno dichiarato la morte cerebrale” mi guardò con fare interrogativo, ma non avevo voglia di spiegarglielo “mentre papà si sta riprendendo anche se gli hanno dovuto fare un trapianto di cuore” fino al trapianto ci arrivava, per fortuna “e ora si spera che non rigetti il nuovo organo” sbattei più volte le palpebre, per ricacciare tutte le lacrime dentro.
“Che ne dici se andiamo a trovare James?” disse sfoderando un sorriso a trentadue denti sbiancati.
“Ma io...” non feci in tempo a dire un'altra parola che mi trascinò via verso la stanza di mio padre, doveva aver già chiesto dove si trovava.
L'unico barlume di speranza rimasto era che Daniel mi trovasse e mi portasse in qualche modo via da quell'arpia.
Quando entrammo nella stanza trovammo mio padre a leggere e quando alzò lo sguardo aveva un'espressione tra la sorpresa e la disperazione. Ellie era la sorellastra di mia madre e né io, né mio padre e nemmeno la sua stessa sorella la sopportavamo.
Iniziò a parlare del devon rex di razza purissima che aveva comprato l'estate precedente e del completo giacca-gonna di Prada che aveva appena acquistato online. Non stetti nemmeno ad ascoltare il resto del discorso, sentii le prime cose che aveva detto solo perché le aveva pronunciate nel mezzo minuto in cui siamo entrate nella stanza e ci eravamo sedute sulle sedie blu e plasticose che si trovavano vicino al letto.

***

Pensavo all'ultima volta in cui avevo sentito la sua voce, la voce di mia madre. Ieri mattina, un sabato ventoso e particolarmente grigio, dormivo quando fui svegliata dalla fastidiosa suoneria del cellulare. Cosa c'era di così importante da svegliarmi a quell'ora? Ma, in effetti si presuppone che una persona a mezzogiorno sia sveglia. “Pronto?” dissi assonnata.
“Oggi io e James andiamo a fare la spesa, hai bisogno di qualcosa?” ovviamente risposi di no, non volevo pesargli, era ormai passato un anno da quando vivevo nell'appartamento di Abbey Road.

***

Guardai l'orologio, era passato un quarto d'ora da quando Dan era uscito misteriosamente.
“Mi scusi, è lei la signorina Miles?” disse Daniel, di cui si vedeva solo la testa spuntare dalla porta.
“Ehm...Sì” subito non capì, ero troppo presa dai miei pensieri, ma quando velocemente mi ripresi stetti al gioco anche se non sapevo quanto fossi stata convincente, era l'unico modo per scappare di lì.
“Deve firmare dei moduli, può venire?” disse facendo un cenno con la testa facendo svolazzare i capelli.
“Se vuoi ti accompagno” disse maliziosa Ellie fissando il ragazzo.
“Non serve, dopotutto sono solo dei moduli, torno presto” mio padre mi guardò malissimo.

***

“Chi è quella?” disse Daniel un po' spaventato quando ci trovavamo a metà del corridoio.
“La mia insopportabile zia Ellie”
“Ah” teneva le mani dietro la schiena, nascondeva qualcosa...
“Dove stiamo andando?”
“Poi lo vedrai”
Cercai di sbirciare dietro la sua schiena, ma spostò subito quello che voleva nascondere.
“Uffi...”
“Eh, sennò non c'è la sorpresa”

***

Daniel era davanti a me e camminava velocemente, svoltò improvvisamente in un corridoi, poi un rumore, una porta probabilmente. Non feci in tempo a svoltare l'angolo quando sentii il suono si un pianoforte o una tastiera. Velocizzai il passo e oltrepassata la porta antincendio, come avevo previsto, mi bloccai. Era il retro dell'ospedale, separato da uno stretto corridoio da un altro edificio dal muro pieno di graffiti colorati che risaltavano sullo sfondo grigio. Davanti a me Daniel sorrideva guardandomi da oltre una tastiera con scritto sopra il suo nome: “Dan Smith”, quindi si chiamava Smith. Sulla destra c'era come un alto gradino e appoggiato lì sopra un sacchetto di plastica completamente bianco e, dall'odore speziato, dedussi che doveva venire dal messicano lì di fronte.

Rimasi pietrificata, stava iniziando a cantare.

“Some things in life are so serious” vero.
“All you can do is laugh about them” se se, prova tu a riderci sopra.
“Not sit and talk, debate about them” e su cosa avrei da discutere?
“Preach and rant, do nothing about them” e chi sbraita? Non posso dare la colpa a nessuno.
“All of your heavy discourse about cooperations into national relationships” e chi parla di rapporti internazionali??
“Getting of your high horse and laugh about something you like and you know
and you know, and you know,
and you know, cause you know,
youuu know, and you know, and you know
” sì sì facile parlare, però cantava proprio bene...

“Some things in life are so serious
All you can do is laugh about them
Don't obfuscate correct about them”
infatti, non è giusto.
“Fashionable talk and mourn about them” non ci penso nemmeno a parlare di moda o altre cose frivole come Ellie...
“Some people la-la-life's serious” ...
“But it turns out that if you make it so just
live like you're gonna die tomorrow

And love like you're going to live forever
forever, forever, forever,
'cause you know youuu know,
and you know, and you know 'cause”


“You were in that lecture, too
And you should remember that lecture, too

Some things in life are so serious
All you can do is laugh about them
'Cause words are words and don't affect them
just have a drink and laugh about them
Some people la-la-life's serious
But it turns out that if you make it so just
have a drink and laugh about it

and take up something you like and you know
and you know, and you know,
and you know, 'cause you know,
you, kno-o-ow, you know,
and you know, know, know 'cause

You were in that lecture, too
And you should remember that lecture, tooooo
And you were in that le-e-e-ecture, too
And you should remember that lecture, too

And you were, in that, lecture, you were

So, remember the words he said to youuuu
to you-u-uu”
per la verità mi aveva detto “se vuoi piangere, piangi”, ricordo perfettamente quel momento. Uffa! Non devo piangere di nuovo, ok Kathie? Ridi, ridi che è meglio.

“And you were in that lecture, too
And you should remember that lecture, too
And you were in that le-e-e-ecture, too
And you should remember that lecture, too

And you know and you know and you know and you know so so so
just take the piss and laugh and move on”
mi scappò un sorriso, sembrava fatta apposta per me.

***

Andai dietro alla tastiera e lo abbracciai appoggiando la guancia sulla felpa blu, potevo sentire il suo respiro caldo e il rumore del suo cuore.
“Grazie” dissi in un sussurro, poi percepii la sua mano tra i miei capelli mentre con l'altra mi cingeva i fianchi.
Sentii uno strano verso venire dalla mia pancia, avevo fame. Si staccò dall'abbraccio, lo feci anch'io di malavoglia, m piaceva stargli vicino, anche se non sapevo praticamente niente di lui oltre al nome, al fatto che suonasse e cantasse e che frequentava l'Università di Leeds come me.
“Hai fame, eh?” disse ridacchiando mentre riponeva la tastiera nella custodia.
“Un po'...”
“Potevi anche mangiare” non risposi.
“Guarda cosa c'è nel sacchetto” disse indicandomi quello che avevo intravisto prima.
Mi sedetti sul gradino con le gambe a penzoloni vicino al sacchetto, o misi sulle mie gambe, era caldo, sbirciai dentro.
“Pollo?”
“Quattro porzioni di pollo” disse orgoglioso avvicinandosi. Risi, come non ridevo da tanto tempo. Era buffo. Si sedette vicino a me, anche lui con le gambe a penzoloni. Mi guardava con la testa leggermente piegata. I suoi capelli sfidavano la forza di gravità.
“Che c'è, non ti piace il pollo?”
“No no, mi piace”
“Io adoro il pollo” disse appoggiando la schiena al muro con le mani che gli facevano da cuscino. Presi due scatolette rosse abbastanza grandi e pesanti e gliele porsi.
“Grazie”
Iniziai a mangiare, in effetti era proprio buono. Quel silenzio mi innervosiva.
“Come si chiama la canzone?” dissi appoggiandomi al muro, avevo finito la prima porzione ma avevo ancora fame.
“Words are words” era impressionante: aveva già finito entrambe le porzioni.
“L'hai scritta tu?”
“Sì” bene, ora sapevo come si chiamava, che frequentava l'università di Leeds, che sapeva cantare, suonare il pianoforte e che aveva scritto una canzone dal titolo “Words are words”.
“Ah” ma ora dovevo smetterla con le domande, sembrava un interrogatorio.
“Com'è il pollo?”
“Mmm... buono...” dissi mentre mi ingozzavo, mi era venuto in mente che mio padre e Ellie si sarebbero insospettiti se non fossi tornata presto, non ci vuole così tanto per firmare dei moduli.
“Calma, nessuno ti corre dietro!”
“Non posso lasciare mio padre tanto con Ellie! E' stato ingiusto appioppargliela per venire qui” dissi tra un boccone e l'altro mentre mi tornava alla mente la sua faccia sconsolata.
“Driiin! Driiin!” saltai velocemente giù dal gradino e mi avvicinai alla borsa, iniziava la caccia al tesoro.
“Hai bisogno di aiuto?” disse Daniel avvicinandosi a me.
“No no” l'avevo trovato finalmente. Tirai fuori il telefono, era Alex, che sulla mia rubrica era salvato con il nome “Alex <3”. MI ero dimenticata di cambiare il nome in rubrica. Esitai un attimo prima di cliccare il tasto rosso. Daniel era tornato a sedersi e stava scrivendo qualcosa sull'iPhone.
Tornai a sedermi anch'io vicino a lui.
I minuti passavano lentissimi e la mia porzione di pollo sembrava non finire più.
“Perché hai buttato giù?” disse senza distogliere lo sguardo dal cellulare.
“Non mi andava di parlargli”
“Perché?” cos'era? Un interrogatorio?
“Ci siamo lasciati ieri e non ho voglia di parlargli!” dissi decisa a mettere fine alla conversazione, in fondo era meglio il silenzio.
“Se vi siete lasciati perché ti chiama?” questa volta si girò verso di me, cosa gliene importava? Poteva anche continuare a messaggiare tranquillamente, non avevo voglia di rispondergli. Mi si stavano gonfiando gli occhi di lacrime ma non volevo darlo a vedere, così sbloccai il telefono e feci finta di avere qualcosa da fare. Continuava a fissarmi e io odio essere fissata, così risposi per farlo smettere.
“Non gliel'ho detto esplicitamente, ma la porta che gli ho sbattuto in faccia pensavo fosse un messaggio abbastanza chiaro”
“Quindi l'hai lasciato tu?”
“Avevo i miei buoni motivi, possiamo non parlarne?”
“Certo”

***

Eravamo tutti e due persi dai nostri pensieri, io mi stavo pulendo inutilmente le mani con un tovagliolo e il telefono si era perso di nuovo nella borsa.

Fui risvegliata dai miei pensieri da un rumore forte, che arrivava dalla fine del corridoio, ma da dove mi trovavo non potevo vedere niente. Il “gradino” terminava qualche metro più lontano da Dan facendo restringere il corridoio.
“Cos-” mi tappò la bocca con la mano. Non capivo. Si alzò lentamente senza produrre alcun rumore, e si sporse oltre il muro, era terrore quello che vedevo nei suoi occhi lucidi più blu del solito, poi si mise a correre.

 

 

SPAZIO PER L'AUTORE

Ciao ù.ù, scusate per il ritardo, ma ho avuto un po' da fare ultimamente. Sono curiosa di sapere cosa ne pensate ^.^. Vi prometto che mi impegnerò a scrivere il prossimo capitolo in modo da pubblicarlo la prossima settimana.

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