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Autore: Akiko Swift    10/10/2014    2 recensioni
Ciao, io sono Akiko Swift e questa è la mia prima one short. Spero tanto che vi piaccia e che non siate troppo severi con i giudizi
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia cade fredda e silenziosa, bagna il giardino mentre le sue gocce scendono,
giocano, si rincorrono sopra la superficie liscia e verticale della mia finestra.

Da essa rimango a guardare l'esterno, apparentemente tranquilla, ma
nella mia testa ritornano in mente tutti i momenti passati con te, mentre sul
mio volto si disegna un sorriso pieno di tristezza e amore.

Te ne sei andato, lasciandomi da sola in questo mondo pieno di odio e guerra, in
questo mondo triste e insensibile alle lacrime di chi sta soffrendo, lasciando solo il tuo
ricordo al mio fianco.

La mente viaggia indietro, ricordando tutti i giorni di sole e di pioggia passati con te, tutti
i giorno di felicità e di tristezza trascorsi insieme nei luoghi che amavamo, i giorno in cui
festeggiavamo i nostri compleanni con sorprese e allegria.

La mente mi riporta al giorno in cui mi portasti alla collina della quercia: ti ostinavi a
chiamarla così perchè lì si trovava un'antica quercia, durante il tramonto, facendomi vedere
il mare colorato di arancione e infine il momento in cui mi confessasti il tuo amore.

Poi, come un fulmine a ciel sereno, si fa strada il ricordo che mi ha separato da te per sempre.

Era un giorno come gli altri, con un bellissimo cielo azzurro e tu, come sempre, mi
aspettavi nel giardino di casa mia, con indosso la divisa scolastica.

Indossavi i pantaloni blu con sopra la solita camicia bianca, con i primi bottoni
slacciati.

Sopra di essa portavi la giacca blu completamente aperta.

La divisa maschile prevedeva anche la cravatta, ma sapevo benissimo che la odiavi
con tutto te stesso; mi dicevi sempre che ti sentivi "legato" quando ti costringevano
ad indossarla.

Io, invece, indossavo la gonna della divisa, che per le ragazze era più chiara rispetto a
quella maschile, con la camicia bianca, la giacca blu chiara e il fiocco, anch'esso blu chiaro;
in più avevo il ciondolo con il tuo nome.

Ti raggiunsi in giardino, salutammo i miei genitori e velocemente percorremmo la strada
per la scuola.

In quel momento ti ho visto felice e spensierato.

Ridesti per i miei capelli spettinati e io offesa misi il broncio, ma se solo in quel momento fossi
stata più attenta, forse saresti ancora al mio fianco.

Però, distratta come ero, non mi accorsi di una macchina totalmente fuori controllo che si
dirigeva verso di me a grande velocità.

Accadde tutto così velocemente, e l'unica cosa che vidi con chiarezza era il tuo corpo prendere
il posto del mio e la macchina colpirti in pieno, facendoti sbattere violentemente contro il muro
del palazzo alle nostre spalle.

Quando, finalmente, mi fu chiaro quello che ti era successo, le gambe non ressero più; così
mi ritrovai in ginocchio sul cemento freddo mentre ti chiamavo a gran voce, preda dei singhiozzi e
delle lacrime che spezzavano le mie parole.

I passanti cercavano di calmarmi, ma le loro voci arrivavano ovattate e lontane alle mie orecchie.

Le uniche cose che riuscivo a capire erano le voci di un uomo e di una donna: il primo stava
chiamando la polizia, mentre la seconda era la telefono con il pronto soccorso, ma sapevo che
ormai era troppo tardi.

Ormai ti avevano portato via da me per sempre.

Qualche giorno dopo fecero il tuo funerale, ma io non volli partecipare, in fondo non ero pronta a dirti addio.
Così rimasi nella mia camera, senza mangiare nè uscire, rimanendo seduta sul davanzale della finestra.

Ed ora ogni giorno guardo fuori dalla finestra sperando di vederti arrivare, ma quella speranza si trasforma
puntualmente in un pianto disperato ogni volta che riaffiora nella mente il ricordo di quel dannatissimo giorno.

In questo modo sono passati ben cinque anni, anni in cui lentamente ho ripreso a vivere e
a frequentare la scuola.

Un tuono più forte degli altri mi fa sobbalzare riportandomi alla realtà, facendomi vedere le
gocce sulla finestra e la pioggia che continuava a cadere.

Le lacrime riprendono a scorrere sul mio volto mentre lo sguardo vola al cielo, vola a te e nel
silenzio della mia camera ti rivolgo una piccola preghiera:

"Amore mio continua a vegliare su di me."

Mi allontano dalla finestra e, tenendo ben stretto il ciondolo col tuo nome, esco dalla stanza
richiudendo la porta alle mie spalle, mentre un raggio di sole supera le nuvole e illumina il
davanzale nel punto in cui ti sedevi sempre.
   
 
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