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Autore: Santanico_Pandemonium    13/10/2014    2 recensioni
L’ho conosciuto per caso.
Non avevo nessuna intenzione di farlo ne tanto meno di incontrare qualsiasi altra persona, ma è successo e ogni giorno dentro di me aumenta la convinzione che forse era destino che lo facessi. Forse era destino che incontrassi proprio lui.
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NEVER OPENED MYSELF THIS WAY
 
CAP.1
L’ho conosciuto per caso.
Non avevo nessuna intenzione di farlo ne tanto meno di incontrare qualsiasi altra persona, ma è successo e ogni giorno dentro di me aumenta la convinzione che forse era destino che lo facessi. Forse era destino che incontrassi proprio lui.
 
Era una notte abbastanza tiepida quel giorno e me ne stavo fuori dal locale, seduta sul marciapiede, con una sigaretta accesa in mano. Non c’era molta gente per strada, erano tutti in giro a divertirsi e a sbronzarsi festeggiando la loro giovane vita e brindando ad un futuro avvenente. Al solo pensiero di tutti quei miei coetanei, con il loro stupido sorriso stampato sul volto e i loro calici pieni stretti tra le mani, mi veniva il voltastomaco.
Io invece me ne stavo lì, immobile, fissando il nulla davanti a me e con quella cavolo di sigaretta che si consumava piano piano tra le dita, pensando a quello che ne avrei fatto della mia vita da quel momento in avanti. Gli altri festeggiavano la loro appena acquisita libertà, immaginando futuri rosei e soddisfacenti. Io facevo lo stesso, ma non riuscivo ad immaginare nient’altro che il vuoto. Zero.
Ora che avevo finito la scuola si sarebbero dovute aprire mille porte, mille opportunità ed esperienze da prendere al volo. Peccato che io non vedevo altro che un nero assoluto.
Feci un altro tiro di sigaretta e buttai giù il fumo mentre ancora tenevo gli occhi fissi sulla strada.
Perché avevo deciso di uscire quella sera? Forse perché le mura della mia camera stavano iniziando a diventare troppo strette.
Non sono mai stata un’amante delle feste. Anzi, diciamo che non sono mai stata un’amante della gente in generale. Del frastuono assordante delle centinaia di voci che ti circondano quando sei in un ristorante, o degli sguardi indiscreti che ti seguono quando cammini per strada. Cercavo di rapportarmi con le persone il meno possibile, o quantomeno lo facevo solo se obbligata. Non credo che sia timidezza, paura o insicurezza, è più tipo “Lasciami stare che sto bene così” o una cosa simile.
Sorrisi a quella strana descrizione di me stessa e portai la sigaretta tra le labbra di nuovo.
«No, vado solo a prendere una boccata d’aria. Siamo stati grandi comunque!»
Quasi non avevo sentito quella voce. Era parsa come un normale rumore di sottofondo, indistinto tra gli altri suoni della Los Angeles notturna.
«Vedi di rientrare in fretta però. Voglio sentire cosa dice la gente.» aveva detto qualcun altro.
«Si, lasciami solo un secondo per riprendermi cazzo!»
In realtà mi sentivo anche una stupida. Insomma dai, vent’anni e nessuna ambizione, nessun programma per la propria vita o nessuno stupido sogno nel cassetto. Niente di niente.
“E’ mai possibile che tu sia così insignificante?” mi disse la mia voce nella testa.
Scossi il capo per cercare di cancellare un po’ di quei pensieri che mi tormentavano e buttai giù il fumo.
«Ok, ma tu fai presto.» si chiuse la porta.
Fu quel tonfo sordo a farmi voltare.
Qualcuno aveva appena sbattuto la porta sul retro del locale provocando un rumore che mi aveva fatto sobbalzare e distolto dalla mia contorta mente.
Poi li vidi. Quegli occhi. Credo che non riuscirò mai a dimenticarli tanto erano belli. Di un blu intenso.
Rimasi a guardarli per un tempo che parve infinito e loro rimasero fissi sui miei fino alla fine, quando mi girai di scatto abbassando lo sguardo verso le mie scarpe. Il silenzio che fino a quel momento mi era sembrato così rassicurante ora era diventato un’imbarazzante situazione dalla quale sarei scappata a gambe levate.
Ma nonostante stessi fissando le mie Converse sgualcite, non vedevo altro che quegli occhi blu.
Così raccolsi il coraggio a due mani e mi voltai di nuovo verso la porta. Li incontrai ancora.
Questa volta però furono loro a staccarsi da me per primi, cambiando direzione.
Così, nascondendomi dietro ai capelli lunghi, osservai il proprietario di quegli occhi, che ora con la testa bassa si era appoggiato al muro dello stabile vicino al locale.
Era un ragazzo alto, della mia età o poco più grande. Lunghi capelli biondi che ricadevano scompigliati sulle spalle larghe. Aveva le gambe lunghe ed era pressoché magro ma le braccia e il torace sembravano incredibilmente forti nonostante non fosse eccessivamente  muscoloso. Indossava una maglia dei Misfits alla quale aveva tagliato le maniche, jeans strappati e scarpe da ginnastica bianche.
Se ne stava lì, immobile, puntato contro la parete con una gamba piegata e sollevata e le mani nelle tasche anteriori dei jeans. Testa bassa e sguardo fisso a terra.
All’improvviso alzò il viso in alto, sbuffando verso il cielo.
«Non è un po’ troppo solitario qui fuori?»
Subito non mi resi conto che quella domanda proveniva da lui.
«Come scusa?» dissi a mia volta voltandomi completamente verso quel ragazzo.
«No, dico, magari i tuoi amici si staranno preoccupando non vedendoti tornare.» continuò lui. Le mani sempre affondate nelle tasche. Parlava velocemente, sembrava imbarazzato.
Pensai a una risposta decente. Rimanevo lì fissa su di lui pensando a qualcosa di sensato da dire.
«No, ehm… Loro, loro sanno che sono qui, ehm… Tutto ok, non si preoccupano.» conclusi.
“Ma quali amici? Sei venuta qui da sola! Sei una gran cretina.” pensai.
«Beh, in tal caso…» tornò a fissare il pavimento.
“Ora vedi di non continuare a comportarti da deficiente e parlagli. E’ evidente che lui ti piace dato che non smetti di pensare ai suoi occhi.” continuava la mia voce.
Quella era una di quelle situazioni che cercavo di evitare da quando ero nata. Nella mia testa disegnai due possibili conclusioni a quell’imbarazzante momento. Nella prima c’ero io che mi alzavo di scatto e scappavo via correndo più in fretta possibile. Sarei tornata a casa e avrei rimuginato su quanto era appena accaduto convincendomi che uscire era stata un’idea pessima. Questa era la soluzione più allettante. Nella seconda, invece, infrangevo tutte le mie regole riguardanti “il primo approccio con gli estranei” e mi inventavo qualcosa per continuare la conversazione. Conclusione questa che avrei quasi sicuramente scartato.
“Avanti, non fare l’idiota. Quante occasioni vuoi ancora perdere nella vita?” la mia voce dentro di me mi spronava.
«I tuoi amici invece?» le parole mi uscirono quasi involontariamente.
«Come? No, ehm, sono stato io che mi sono allontanato per un momento. Abbiamo appena finito di suonare e avevo bisogno di un attimo di pausa prima di tornare in mezzo al casino.» rispose il biondo.
«Sei in uno dei gruppi che suonano? Fico.»
«Si. Eri venuta qui per il concerto?»
“Digli di si, digli di si!”
«No, a dire il vero ho visto il volantino poco prima di entrare. Avevo bisogno di uscire un po’ da casa e quindi...» alzai le spalle.
“Cretina.” mi ammonì la mia voce.
 «Già, capisco…» sorrise guardandomi.
Quegli occhi meravigliosi. Sarei rimasta a fissarli per ore.
«Beh, io sono James.» sfilò la mano destra dalla tasca e si avvicinò.
«Oh…» mi alzai velocemente dal marciapiede.
«Io sono Harleen, ma tutti mi conoscono semplicemente come Harley. Sai, come le moto.» afferrai la sua mano e la strinsi. Era calda e forte. Lui ricambiò appena la stretta e mentre i nostri sguardi si incrociavano per l’ennesima volta, i miei occhi si spostarono sulle sue labbra, impercettibilmente curvate in un sorriso.
“Si, abbiamo capito che lo baceresti volentieri. Ora però piantala di guardargli la bocca o sembrerai una stupida per davvero. Stai andando bene fin’ora.”
Sorrisi a mia volta e liberammo le mani dalla stretta.
«Non l’avrei dimenticato comunque.» disse. Non appena realizzò quello che aveva detto però, aggrottò le sopracciglia e, grattandosi la testa, sorrise imbarazzato.
“Ragazza, tu gli piaci. Si si.”
Sorrisi anche io e mi morsi il labbro inferiore altrettanto imbarazzata. Speravo solo di non arrossire e mi preparai ad un’eventuale fuga.
«Ehm, ora devo andare…» dissi d’un tratto. Il silenzio si stava prolungando troppo e io non sapevo che altro aggiungere per evitare tutto quell’imbarazzo.
«Si, certo. Buona notte.»
«Ciao.» guardai ancora quegli occhi per l’ultima volta prima di voltarmi incrociando le braccia e dirigermi verso la macchina che avevo parcheggiato poco lontano dal locale. Cercai di imprimerli nella mente il più possibile.
«Ehi aspetta!» mi ero già incamminata quando la sua voce mi fece girare un’altra volta.
«Noi suoniamo ancora qui tra due weekend. Ti vedrò di nuovo?» chiese. Il tono di voce leggermente più alto perché potessi sentirlo.
Involontariamente sorrisi per quella domanda.
«Si, mi rivedrai.» risposi.
Anche lui sorrise prima di richiudersi la porta alle spalle.


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Ok, dunque, questa è la mia prima storia sui Metallica. Comincio dicendo che mi sono avvicinata a questa band da poco e non li conosco ancora "come le mie tasche" ma mi sono davvero affezionata molto a loro e li sto amando sempre di più con tutto il mio essere. Detto ciò, spero vi piaccia.
Sono aperta ad ogni tipo di commento/suggerimento e spero non ci siano troppi errori di grammatica ma quando scrivo velocemente e con mille idee in testa alcuni errorini mi scappano oppure non li vedo quando rileggo il capitolo. Mi scuso in anticipo.
Grazie mille e buona lettura.
Ilaria
   
 
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