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Autore: samuele corsini    14/10/2014    0 recensioni
[Thriller]
[Thriller]Assassino gioca a poker con la polizia. Ad ogni partita in palio la vita di un "ospite". Se vince il Cartaio, all'ospite succederanno brutte cose.
Buon divertimento! E...
"Fate il vostro gioco!"
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Il Cartaio è forse il meno riuscito film di Dario Argento, il maestro dell'horror all'italiana. Quando lo vidi per la prima volta ne rimasi impressionato, ma ero anche un imberbe al suo primo film di Dario Argento e con pochissima cultura horror alle spalle. Oggi, 10 anni dopo, ne riconosco tutti i limiti, più che palesi. Tuttavia non posso non provare un certo affetto, in un certo senso. In fondo le premesse erano anche buone, ma erano state tutte sfruttate male.
Questa vuole essere una riscrittura romanzata di quel film. Magari non ne uscirà un capolavoro, ma non dubito che ci divertiremo parecchio, io, voi e il Cartaio. Vogliate darci un'occhiata.
Nessun pericolo di spoiler per chi non conoscesse il film. A parte dei punti in comune che ho voluto mantenere, la storia prende tutt'altra strada.
Buon divertimento
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Nell'ufficio la sentono arrivare da lontano. Il passo quasi marziale scandito imperiosamente dai tacchi a spillo sul marmo dei gradini preannuncia con qualche secondo d'anticipo l'entrata di Anna Mari nella centrale operativa della Questura. Appare spalancando la porta e rivolgendo ai presenti un generico “buongiorno”, senza curarsi di ricevere o meno risposta. Vive quel saluto come una formalità, come timbrare il cartellino a inizio giornata.

Anna Mari procede verso la sua postazione individuando il percorso più breve da seguire facendo uno slalom tra colleghi in movimento concitato da un terminale all'altro. Li evita con sorprendente anticipo, ora allungando il passo infilandosi tra Terenzi e Gionnaccaro – l'uno di spalle all'altro, uno al telefono e l'altro che attacca bottone con la nuova arrivata – ora rallenta evitando che Berilli tagliandole la strada possa calpestare le scarpe di vernice nera con la punta comprate due settimane fa. Sono la sua passione, le scarpe. Ne compra un paio nuovo ogni mese, come sorta di premio per essere sopravvissuta ad altri trenta giorni di vita. O di lavoro che dirsi voglia. Tanto l'uno o l'altra sono per l'ispettore Mari la stessa identica cosa.

Arrivata al terminale accende il monitor del suo computer e si aggiusta il tailleur Gucci prima di sedersi. Per il tailleur non vale la stessa cosa delle scarpe. Ha scarsi tre vestiti eleganti, indossati strategicamente nei giorni giusti. In effetti quel giorno dovrebbe venire per una ispezione il sottosegretario del Ministero dell'Interno. Visita di routine, certo. Tutti più sull'attenti e più solerti nel loro dovere, certo. Ma gli altri sono gli altri.

Foss'anche per un composto stacco di coscia o per un'innocente capolino di un suo seno, piccolo ma sodo, Anna Mari vuole che la si ricordi. Vuole risultare, risaltare...apparire! Non è solo superbia o arrivismo: la sua è una mania che rasenta il simpatico binomio di “ossessivo-compulsivo”.

“Dovresti andare da un analista, per questa tua mania.” le aveva detto una volta sua sorella, in tono semiserio.

“Gli analisti sono per gli sfigati.” era stata la sua risposta.

Mari raccoglie i capelli dietro la nuca, ne fa una crocchia che poi infilza con un lungo fermacapelli di legno scuro intagliato. Si guarda al volo nel riflesso del vetro della finestra, soddisfatta dell'aria pratica e severa che ha assunto. Nonostante il condizionatore giri su temperature quasi polari, l'ufficio è affollato e la tensione per l'imminente visita ufficiale scalda gli animi. Si toglie la giacca, e ne emerge una camicia bianca che la veste come una seconda pelle, sapientemente sbottonata sul decollettes, quanto basta per sembrare più donna ma non abbastanza da sembrare volgare. È in perfetta forma, nonostante abbia poco più di quarant'anni. È la gioia della sua istruttice, in palestra. In dieci anni di frequenza, oltre agli attrezzi, non si è persa un solo corso alla moda: spinning, pilates, yoga e ora quella disciplina dal nome ridicolo, la zumba. Ridicolo o no, lo fanno tutte, e se lo fanno tutte, Anna vuole esserne parte, ed esserne la migliore. Nome ridicolo o meno.

Finalmente si siede e comincia a controllare i dossier degli ultimi casi. La rapina/omicidio in cui è rimasta coinvolta la settantenne Marina Restucci: dubbi sul nipote, ancora irreperibile, anche se i genitori spergiurano che è ad Amsterdam per un viaggio culturale ( sì, come no! Culturale... ), anche se alla lista di sospetti si sono aggiunte altre due persone. La signora Restucci era una gentile usuraia di quartiere, e non si esclude che qualche cliente con l'acqua alla gola abbia potuto voler caritatevolmente porre fine alla sua insaziabile sete di denaro.

Poi ancora la sparizione di quella ragazza del quartiere bene della città. Ma a diciassette anni si può benissimo sospettare la cosiddetta fuitina con qualche fidanzato. Potrebbe tornare benissimo a casa entro poco, carica come una bomba a orologeria programmata a esplodere entro nove mesi. Anche se non si esclude il peggio. Il fidanzato continua a dire di non sapere nulla, ma se è coinvolto può averla nascosa, nel bene o nel male, solo nella sua casa di campagna. Nel pomeriggio manderà due suoi agenti a controllare.

C'è poi il caso di quella lite domestica. Donna picchiata e finita in ospedale che accusa il marito, arabo, geloso e possessivo. Ad una prima chiacchierata il marito era però sembrato molto più occidentalizzato dell'arabo stereotipato medio. Voci nel condominio hanno raccontato che la lite era in realtà avvenuta tra la signora Akhmahad ( il quale cognome da nubile era Cazzaniga.; ai posteri giudicare se nel cambio ci abbia guadagnato o meno ) e il suo amante, del quale si era invaghita come una scolaretta, pronta a subirne le percosse ed a negare l'evidenza davanti anche al Giudizio Universale, pur di non perderlo. Anna Mari pensa che, anche se inconsapevolmente, certe donne sanno essere più stronze di quanto non lo siano certi altri uomini. Chiude il dossier e lo impila sopra i precedenti due.

Sta per passare alla rapina a mano armata di tre giorni prima, quando sullo schermo appare una notifica di mail ricevuta. L'indirizzo è alquanto strano, per non dire bizzarro: vuoi_giocare@poker.com. Nessun antivirus che scatta, nessuno spam o pishing o quello che sia. È in effetti una mail seria, pulita, ma chi può avere un indirizzo del genere? E soprattutto, come hanno fatto ad avere il suo indirizzo di posta elettronica della polizia? Per quel contatto ci dovrebbe essere una riservatezza maniacale, sono i suoi superiori e pochissimi colleghi la possiedono, né lei si è mai sognata di girarla in giro. Se vuole fornire un contatto, usa un banale indirizzo gmail.

Anna decide che ha perso già troppo tempo a considerare alternative che non portano a nulla. Ci clicca sopra.

La prima cosa che appaiono sono due allegati. Due foto. Nella prima una ragazzina è ripresa in primo piano. L'ispettore ci mette una frazione di secondo per riconoscere Francesca Bernardini, la diciassettenne sparita da alcuni giorni, anche se indugia un momento per far coincidere la foto che aveva visto poco prima nel dossier, che ritraeva una teenager carina, sorridente e nel pieno sbocciare della sua adolescenza, con l'immagine del volto sconvolto che le è appena arrivata. Si drizza sullo schienale e incolla gli occhi allo schermo, divorando ogni dettaglio. La ragazzina ha qualcosa che le ottura la bocca, ma non si riesce a distinguere bene cosa sia perché del nastro adesivo le copre completamente la bocca; gli occhi sono sgranati di terrore e pieni di lacrime che le rigano gli zigoni e le strisciano in fuori. Evidentemente la foto è stata scattata mentre era sdraiata.

La seconda foto rende ragione alla Mari della deduzione di poco prima. Stavolta la ragazzina è ripresa di lungo e per intero. È sdraiata su una sorta di tavolo di metallo luccicante. Sembra, e forse lo è, un tavolo operatorio da veterinario. La ragazzina è stata immortalata in una posa che lascia trasparire la più folle disperazione. In Anna Mari comincia a montare la rabbia. Un tavolo del genere è relativamente poco lungo, e in ragione di ciò sul piano del tavolo la ragazza risulta stesa dalle spalle alle anche. Testa, braccia e gambe rimangono in fuori. Le braccia sono sollevate e i gomiti piegati all'indietro sono allacciati alle gambe del tavolo con delle cinghie. Stessa cosa per le le caviglie, allacciate alle gambe del tavolo con lo stesso genere di cinglie. A rendere più drammatica la cosa, oltre la evidente posizione crudelmente scomoda, si intuisce che la rapita si dimena nel tentativo di liberarsi, perché gomiti e ginocchia sono venuti mossi in foto. Come se non bastasse, la ragazza è in reggiseno e mutandine.

All'ispettore Mari ribolle il sangue nelle vene, forse per la prima volta nella sua vita ha un moto di solidarietà femminile. Quale pazzo pervertito figlio di puttana può aver conciato così quella ragazzina? E per quale assurdo motivo? E perché poi contattare proprio lei?

La mail non era terminata. Scorrendo verso il basso emerge dal foglio elettronico un testo di alcune righe.

L'ispettore Mari lo legge, lo legge ancora, lo rilegge una terza volta. Poi stampa tutto, foto e testo, e schizza via verso l'ufficio del Commissario Puglisi. Stavolta travolge almeno tre colleghi, ma il suo sensore per lo slalom d'ufficio, per quel giorno, sarà totalmente fuori uso.

   
 
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