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Autore: purplebowties    15/10/2014    5 recensioni
Una raccolta di one-shot sulla vita matrimoniale di Chuck e Blair.
[1] Purple Reign: Chuck avrebbe amato la sua sorpresa; Blair ne era assolutamente convinta.
[2] Entirely: Trattenne il fiato, ripensando al quando aveva visto quell’oggetto per la prima volta ed aveva riscoperto Blair nel suo fascino unico, in tutte le sue sfumature scure.
[3] Safety: Il senso di colpa che le pesava sul petto era molto più forte della sua solita inflessibile avversione ad ammettere di avere torto.
[4] All The Small Things: Le mancavano tutte quelle piccole cose che di solito faceva per dimostragli devozione.
[5] Triumph: Non voleva che qualcuno la guardasse come la stava guardando lui in quel momento, incapace di distogliere gli occhi dalla sua bellezza.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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In The Realm Of The Basses è una raccolta di one-shot incentrate sulla vita Chuck e Blair da sposati, dal rating variante. Le storie non seguono alcun ordine cronologico, solo la mia altalenante ispirazione. Buona lettura! 

 

 

Purple Reign [1]

 

La prima cosa che Blair percepì, arrendendosi riluttante al fatto che il suo corpo avesse deciso di svegliarsi, fu l’impossibilità di movimento.

Provò lentamente a cambiare la posizione delle gambe per riprendere il controllo di tutti i muscoli ancora addormentati  e, quando si rese conto che non poteva, divenne anche consapevole del fatto che c’era qualcosa di greve a pesarle addosso. Qualcosa che, realizzò mentre tutti i suoi sensi tornavano progressivamente alla coscienza, aveva il profumo di un misto tra costosa colonia maschile e scotch e che le lasciava sulla pelle la dolce sensazione di essere stata toccata dalla seta, morbida e liscia.

Blair trovò finalmente la forza di aprire gli occhi. Nonostante la stanza fosse buia e la vista ancora offuscata, girando la testa sul cuscino, i suoi occhi misero immediatamente a fuoco Chuck, addormentato al suo fianco. Sorrise leggermente all’immagine di suo marito.

In qualche modo, durante la note, lui si era ritrovato ad usarla come cuscino; l’aveva intrappolata con un braccio e con le gambe, assicurandosi inconsciamente che non ci fosse alcuna distanza tra di loro. Anche se Blair sapeva da anni che Chuck era solito dormire in quel modo, il fatto che riuscisse ad essere possessivo e un po’ insicuro anche quando non era consapevole delle sue azioni non mancava mai di divertirla. 

Dovette combattere contro l’improvviso desiderio di dargli un bacio sulle labbra, chiudendo gli occhi per resistere alla tentazione. Non voleva ancora svegliarlo. Addormentato, lui appariva più tranquillo e rilassato di quanto non lo vedesse da giorni. Era stato un mese difficile per Chuck.


Ritornare nel mondo reale dopo la luna di miele che avevano passato in Europa aveva significato per lui essere costretto ad affrontare tutto quello che si erano lasciati alle spalle, troppo coinvolti dalla loro bolla di euforia per potersi concentrare su qualcosa che esulasse da loro e dal loro amore. Erano riusciti a tenere lontano le preoccupazioni, le responsabilità e, soprattutto, i ricordi di quanto era successo prima del loro matrimonio per sei splendide settimane, passate in un inebriante connubio di sesso e conversazioni trasognate circa il futuro che si apprestavano a costruire insieme.

Chuck le era apparso così felice, così finalmente libero e completo, che Blair non aveva mai trovato il coraggio o la volontà di spezzare quel suo momento di temporanea estraneazione dalla verità di quello che aveva passato. Blair aveva sentito il bisogno di proteggerlo da quel dolore finché sarebbe stato nelle sue possibilità farlo.

Ma, una volta tornati a New York, il loro nido di felicità si era scontrato contro una realtà fatta di persone che sussurravano e facevano domande, di paparazzi appostati davanti all’Empire per ore, impazienti di trovare “L’erede miliardario Chuck Bass” per chiedergli come suo padre fosse morto, se lui avesse qualcosa a che fare con l’incidente, persino se ne fosse contento.

Nonostante Chuck avesse pubblicamente gestito la pressione in un modo estremamente dignitoso e distinto, Blair lo aveva visto lottare con l’essere costretto a ricordare quella notte, con il venire a patti con quello che aveva significato per lui. Era stata una guerra silenziosa che lei lo aveva visto combattere con se stesso, in conflitto, Blair ne era stata sicura, tra il sentire di avere bisogno di lei ed il non volerla trascinare in quella voragine di buio.
 
“Non escludermi dai tuoi pensieri," hli aveva chiesto Blair a cena, dopo un paio di giorni di quella muta sofferenza. “Pensi che non sappia che stai soffrendo?  Puoi dirmelo, Chuck. Voglio esserne partecipe.”

“Non ti sto escludendo, Blair,” aveva sussurrato lui dopo un lungo sospiro. “E’ solo che...” aveva posato la forchetta che teneva in mano sul piatto ed aveva chiuso gli occhi, inspirando profondamente,“non dovresti essere obbligata a fare i conti con tutto questo. Io non dovrei sentirmi debole. Dovrei essere più forte. Dovrei renderti felice, ma non faccio che fallire.”

“Io sono felice,” Blair gli aveva regalato un sorriso luminoso. “Sono tua moglie e voglio te.”

Ascoltando quelle parole Chuck aveva aperto gli occhi nuovamente e lei aveva ricordato lo stesso sguardo fissarla durante la loro luna di miele, così pieno di serenità. Blair aveva coperto la mano di Chuck con la sua, sentendosi nostalgica ma non scoraggiata; quell’uomo era ancora lì, questo era solo un altro lato del suo essere, un altro pezzo dell’enigma complicato che era suo marito. “Voglio tutto di te. Qualsiasi cosa tu stia provando in questo momento, io posso sostenerlo.”

Chuck era rimasto in silenzio per del tempo, tenendo gli occhi su di lei. Blair aveva visto le sue labbra tremare leggermente, come se fosse stato spaventato all’idea di tradurre i suoi pensieri in parole, quindi gli aveva stretto la mano con più forza, assicurandosi che lui non percepisse solo il contatto fisico, ma anche quello emotivo.

“Non dovrebbe importarmi," aveva iniziato a respirare affannosamente. “E non mi importa. Non mi importa di lui, Blair, non più.”

Era vero solo per metà, Blair lo sapeva, ma gli aveva concesso la possibilità di crederci. Costringerlo ad affrontare quanto profonde e quanto dolorosa fossero le ferrite che suo padre gli aveva lasciato sull’anima (arrivati a quel punto Chuck non riusciva più neanche a pronunciare il nome di Bart) era una tortura attraverso la quale lei non lo avrebbe fatto passare.

“Non puoi chiedere a te stesso di stare bene, Chuck. Ha cercato di ucciderti.” Blair aveva articolato quelle parole in un sussurro tremolante, senza riuscire a non mostrare la sua rabbia ed il suo disgusto. Non aveva mai odiato nessuno in vita sua quanto aveva odiato Bart Bass. 

Chuck aveva respirato profondamente, scuotendo la testa. Lei gli aveva accarezzato il dorso della mano con le dita, incoraggiandolo silenziosamente con gli occhi a spiegarsi.

“Non è solo questo. Non mi ha mai amato ed ora so che non è mai stata colpa mia. Ma ho passato la vita pensando che dirigere la Bass Industries fosse il mio sogno. Sono cresciuto sapendo che dovevo essere pronto per questo momento e volevo essere preparato. Ed ora che finalmente lo sono, quel sogno sembra…” si era fermato, cercando la parola giusta,“rovinato,” aveva detto infine, con amarezza.

Blair aveva sentito la necessità di abbracciarlo ma, sapendo che c’era di più, aveva semplicemente continuato a tenergli la mano.

“Lo ha avvelenato. Non solo ha cercato di uccidere me per mantenere il comando, ha anche provato a distruggere tutto quello che amo. Lily, Nate…te."

Si era fermato di nuovo, incapace di continuare. Il terrore che provava al pensiero era talmente evidente che Blair aveva dovuto chiudere brevemente gli occhi per impedirsi di piangere. Ogni parola che Chuck aveva pronunciato era stata come una lama conficcata nel suo cuore. Il modo in cui parlava, tutto il dolore e la rabbia che percepiva nel suo tono, le aveva fatto provare del male fisico.


“Chuck, siamo tutti al sicuro," aveva detto lei immediatamente, nel tentativo di calmarlo. "Sono qui.” 

Si era alzata e poi seduta sulle ginocchia di lui. Chuck l’aveva presa tra le braccia, appoggiandole le mani sulla schiena. Vedendo gli occhi di lui velati di lacrime trattenute e percependo le sue dita tremare per la paura che si stava finalmente concedendo di provare, Blair aveva realizzato con chiarezza che avrebbe fatto di tutto per lui. Sarebbe stata il suo riparo, la sua famiglia e la sua casa; sarebbe stata tutto quello che lui non aveva e tutto quello che non poteva essere. Chuck era suo marito, il suo re, e tutto quello che aveva sentito di volere era renderlo felice al massimo delle sue possibilità.

Chuck aveva rapidamente chiuso gli occhi di nuovo, per ricacciare indietro le lacrime. Poi, riaprendoli, aveva guardato in basso. “Tutto quello che ha fatto, lo ha fatto perché non riusciva a rinunciare alla sua compagnia; era l’unica cosa di cui gli importasse. Ed io voglio comandarla, Blair, lo voglio così tanto che mi fa sentire corrotto. L’ho lasciato cadere e non lo rimpiango. Non mi sento colpevole. Cosa dice questo di me?”

“Dice solo che non c’è più posto per lui nel tuo cuore,” aveva risposto Blair, facendo scorrere le dita tra i suoi capelli. Lui aveva alzato lo sguardo su di lei a quel tocco e lei aveva fatto scivolare giù le mani fino a toccargli le guance, così da potergli sostenere la testa e costringerlo a guardarla negli occhi. “To sei nato per essere a capo della
Bass Industries, Chuck, è quello che sei. Sei un uomo incredibilmente pieno di talento e di ambizione che si è impegnato ogni giorno della sua vita per raggiungere questo obbiettivo. Ti sei preso cura della tua eredità con più rispetto e con più passione di quanto Bart abbia mai fatto.” Blair aveva sentito l’orgoglio che provava per lui bagnarle gli occhi ed aveva portato le mani sul petto di Chuck, solo per sentire il suo cuore battere velocemente. “Lui non aveva un’anima. Tutto quello che sapeva fare era distruggere tutti quelli che gli stavano intorno ed ha finito per distruggere se stesso. Ma non più portati via più nulla. Non puoi cambiare il passato, ma il futuro è nelle tue mani e so che guiderai la tua compagnia con forza e con potere, lo farai splendidamente.” 

Chuck aveva lasciato cadere la testa sulla spalla di lei, riprendendo fiato. Le era apparso così vulnerabile che Blair si era sentita fiera di come lui avesse imparato a lasciar cadere tutte le barrire con lei, a permettere a se stesso di fidarsi di lei senza alcuna remore.

“Sarai al mio fianco?” Chuck le aveva chiesto dopo un minute di silenzio, in un sussurro.  Aveva sollevato la testa per poter incontrare nuovamente lo sguardo di Blair, che aveva sorriso, intrappolandogli il mento tra le dita.

“Non potrei e non vorrei essere da nessuna altra parte,” gli aveva detto, con il tono più rassicurante che era riuscita a dare alla sua voce, anche se il dolore con cui lo aveva visto lottare l’aveva resa debole.

Chuck, improvvisamente, l’aveva baciata, un bacio profondo e voglioso che le aveva fatto subito capire cosa lui desiderasse dai lei. I suoi pensieri avevano trovato conferma pochi secondi dopo, quando, separandosi dalle sue labbra, lui le aveva detto: “Ho bisogno di te, Blair. Ho bisogno di te ora.”

Blair aveva ricambiato il suo bacio con altrettanta passione, per essere sicura che lui sapesse che lei aveva capito. Chuck l’aveva presa in braccio e trasportata verso la camera da letto.

Qualche giorno dopo, mentre restava al suo fianco stringendogli la mano durante la conferenza stampa in con cui Chuck era stato ufficialmente annunciato CEO della Bass Industries, Blair aveva ripensato a quel fare l’amore come ad uno dei regali più belli che il matrimonio le aveva donato fino a quel momento: la consapevolezza di quanto profondamente Chuck le appartenesse e di quanto avesse ancora bisogno di lei.



Blair aveva ancora gli occhi chiusi quando Chuck si svegliò.

Mentre lasciava che il suo sguardo intorpidito abbracciasse l’intera figura di Blair, Chuck notò come, nel sonno, avesse avvolto il corpo di lei con un braccio e con le gambe. Non ricordava di averlo fatto, ma non ne era sorpreso. Quando erano insieme non riusciva mai a trattenersi dal toccarla, non poteva farci nulla. Aveva bisogno di sentire la sua vicinanza, sia che si trattasse semplicemente di accarezzarle la spalla con il pollice quando erano seduti vicini in un luogo pubblico, sia durante il sesso, quando non mancava mai di raggiungere con le mani ogni punto della pelle di Blair.

Ghignò debolmente quando capì che lei era sveglia da modo in cui il petto le si alzava ed abbassava; il respiro non aveva quel ritmo calmo e regolare che a lui piaceva ascoltare quando la guardava dormire.

Blair aveva un piccolo sorriso inconsapevole dipinto sulle labbra e Chuck si chiese a che cosa stesse pensando. Era chiaro che, qualsiasi cosa le stesse passando per la testa, stava donando al suo viso una luminosità piena di soddisfazione. Avvertì un’irrefrenabile curiosità uccidere ogni traccia di sonnolenza nel suo corpo. Era così contento e così fiero di conoscerla alla perfezione che l’idea che ci potesse essere un angolo della mente di Blair precluso alla sua capacità di comprenderla non gli piaceva.

Chuck cominciò a far strusciare le gambe su quelle di Blair, per farle capire che era sveglio. Poi, notando come lei proseguisse a tenere gli occhi chiusi per torturarlo un po’ (era qualcosa che si divertiva sempre a fare, visto che era solita svegliarsi prima di lui), le poggiò la mano libera sul collo, facendo tamburellare leggermente le dita sulla pelle. Non dovette proseguire a lungo, a quel tocco le palpebre di Blair si sollevarono di scatto.

Chuck sorrise sornione, compiaciuto di se stesso. “Buongiorno," sussurrò.

“Buongiorno a te, Bass,” disse lei. Il sorriso delicato che aveva tra le labbra si fece più largo.

Chuck mosse la gamba che era ancora avvinghiata al corpo di Blair, così che lei potesse girarsi su un fianco per guardarlo in faccia, ma lasciò comunque un braccio pigramente appoggiato sulla sua vita. Poi, lentamente, mosse la testa sul cuscino, per avvicinarsi alle sue labbra. La baciò, chiudendo gli occhi per poter godere pienamente del tocco della sua bocca.

“A che cosa stavi pensando?” le chiese dopo, incapace di nascondere il suo desiderio di sapere. “Eri radiosa,” aggiunse con falsa nonchalance, cercando di suonare meno interessato.

Era irrazionalmente smanioso di scoprire quale fosse la ragione dietro a quell’espressione beata comparsa prima sul viso di sua moglie e sapeva che, se lei avesse capito quanto intrigato lui si sentisse, lo avrebbe fatto faticare non poco per ottenere la sua risposta. 

Blair, che nel mentre aveva appoggiato la mano sul petto di Chuck ed ora stava giocherellando con i bottoni del suo pigiama di seta, lo guardò divertita. “Una donna ha i suoi segreti," gli rispose con il suo miglior tono innocente, anche se Chuck poteva leggere nei suoi occhi quanto piacere le desse l’idea di lasciarlo sulle spine.

Rendendosi conto che avrebbe dovuto utilizzare alcune delle sue armi per ottenere quello che voleva, Chuck ghignò maliziosamente e si mosse rapido sotto le lenzuola, senza darle il tempo di fermarlo. In un secondo era sopra di lei, appagato dal modo in cui le gote di Blair si erano imporporate immediatamente.

“Non se è sposata con Chuck Bass,” le disse. Consapevole di quanto Blair amasse come lui mancasse di modestia (anche se si divertiva a fare finta di essere infastidita dalla sua malcelata arroganza), Chuck pronunciò le parole con fierezza. Poi, constatando che lei aveva chiuso gli occhi e si era felicemente arresa alle sue intenzioni,  abbassò la testa per poterla baciare.

Le sue labbra erano ad un solo centimetro dalla bocca di lei, quando il fragore di qualcosa di pesante che era caduto, proveniente dall’altra stanza, ruppe il loro momento. Immediatamente seguì il rumore di qualcuno che era inciampato ed infine riconobbero la voce di Nate, che aveva pronunciato un forte e non molto elegante: “Merda!”. 

Chuck sospirò, infastidito. Dal momento che non avevano ancora trovato una casa da comprare che corrispondesse a tutte le aspettative di Blair (ogni proposta che lui le aveva fatto era stata rifiutata da sua moglie, che stava ancora cercando di trovare qualcosa che calzasse a pennello con l’idea che aveva in mente), si erano stabiliti all’Empire. Nate si era provvisoriamente trasferito in una suite al piano immediatamente inferiore. Essendo una sistemazione temporanea, Nate non si era affatto preoccupato di portare tutte le sue cose nella nuove stanza di hotel, quindi era solito presentarsi per recuperare alcuni vestiti lasciati nella sua camera (in realtà Chuck sospettava che il suo migliore amico usasse spesso quella scusa per passare del tempo con lui, probabilmente preoccupato che il suo matrimonio avrebbe cambiato qualcosa nel loro rapporto).

Con sorpresa di Chuck, l’idea di vivere lì era stata di Blair.

Qualche giorno prima della fine della loro luna di miele, mentre camminavano mano nella mano per Via Montenapoleone, a Milano, lui le aveva chiesto in quale dei suoi hotel avrebbe preferito stare finché non avessero scelto un posto soddisfacente per cominciare a costruire il loro futuro come una famiglia. 

Blair era rimasta profondamente pensierosa per un po’ e Chuck si era ritrovato a fissare la sua espressione, pieno di meraviglia. Lo scorrere delle idee la faceva sembrare una donna matura; c’era qualcosa di materno e di tenero nel modo in cui rifletteva. Lui si era sentito sicuro, protetto dalla forza che le leggeva negli occhi e dalla certezza che lei non lo avrebbe lasciato. Lei era le sue radici, una solida roccia al suo fianco; era la donna che gli stava dando la concreta possibilità di costruire una famiglia. Un giorno, Blair sarebbe stata la madre dei suoi figli.
"
“L’Empire andrà benissimo, Chuck, Gli aveva risposto, dopo qualche altro secondo.

Chuck aveva smesso di camminare, guardandola attonito. Si era sentito incredibilmente esposto, immediatamente posseduto da un moto di debolezza. Per quanto Chuck amasse quell’hotel, l’Empire era stato spettatore dei momenti più dolorosi della loro relazione; c’erano così tanti ricordi amari costuditi tra quelle mura, in ogni angolo di quell’edificio. 

Aveva inspirato nervosamente. “Sei sicura?” le aveva domandato a voce bassa.
 
“Certo che lo sono," aveva detto lei, annuendo. Aveva poggiato una mano sul viso di Chuck e gli aveva sorriso amorevolmente. A quel tocco lui aveva sentito qualcosa riscaldargli il petto, incapace di distogliere gli occhi dal viso di Blair, così sereno e completamente calmo.
 
“L’Empire non è solo quello che eravamo, Chuck, è anche quello che siamo diventati. Siamo noi che rinasciamo dalle nostre ceneri, più forti e finalmente pronti per il nostro destino.” Blair gli aveva accarezzato la guancia con delicatezza. “Insieme,” aveva concluso, il sorriso tra le sue labbra fattosi più largo.  

 

Ripensandoci adesso, quello era probabilmente il ricordo della luna di miele che lui conservava più gelosamente.  

“Perchè ti sei fermato?” gli chiese Blair immediatamente, riportandolo al presente.

Chuck ridacchiò alla vista del broncio contrariato che le era apparso  sul viso. “Nathaniel portrebbe sentirci," la provocò, assolutamente consapevole del fatto che a quel punto a Blair non sarebbe importato della presenza di nessuno all’interno dell’attico.

“Non mi interessa," disse lei infatti, come lui aveva predetto.

Chuck ghignò quando lei gli afferrò il colletto del pigiama e gli spinse giù la testa per poterlo finalmente baciare.

 



Mezz’ora dopo stavano mangiando. Il maggiordomo[2] di Chuck aveva portato la colazione a letto, insieme ai giornali.

Anche se Dorota non era stata contenta di condividere la gestione della casa con qualcuno, a Blair quell’uomo piaceva. Era incredibilmente ben educato e servizievole; si chiamava Ivan, era russo e sembrava che il suo lavoro consistesse nell’assicurarsi che Chuck non dovesse fare assolutamente nulla per sé, se non portare fuori il cane. Anche se Blair ne era già consapevole, vivere la vita di tutti i giorni con Chuck le aveva dato la definitiva conferma di quanto lui fosse la persona più viziata e vanitosa che avesse mai incontrato, inclusa se stessa.

Blair addentò il suo croissant dopo averlo immerso nella mistura di latte e caffè di cui la tazza che teneva per mano era piena, osservando suo marito: era seduto con la schiena appoggiata alla testata del letto, sorseggiando un espresso. Sorrise, notando quanto Chuck apparisse concentrato nel soddisfare la sua rutine mattutina di leggere le pagine finanziarie. 

Dopo un po’, probabilmente percependo il suo sguardo (lui sapeva sempre dire con certezza quando lei lo stesse guardando e Blair lo malediceva per questa sua particolare abilità, perchè, ogni volta, finiva per ghignare con quella sua espressione piena di vanità pretenziosa che lei non riusciva a non adorare), Chuck si voltò e riportò gli occhi e l’attenzione su di lei.
 
 “Allora, hai finalmente intenzione di dirmi a cosa stavi pensando?” le chiese, poggiando i giornali sul comodino di fianco al letto.

Blair, che nel mentre aveva dimenticato il pretesto che prima li aveva portati a quel meraviglioso sesso mattutino, gli lanciò uno sguardo interrogativo. Poi, rendendosi conto che l’espressione di Chuck era mutata in quella che era solito assumere quando non riusciva ad ottenere quello che voleva (una piccolo ruga gli compariva sulla fronte ogni volta che era contrariato), Blair dovette trattenersi dal ridere.
  
Chuck sapeva essere una persona talmente ostinata e testarda che Blair sapeva che avrebbe continuato ad insistere finché lei non si fosse arresa e non gliel’avesse detto. Pensò per un momento che avrebbe potuto continuare a torturarlo un altro po’, ma era consapevole del fatto che quel gioco avrebbe significato preliminari per entrambi e nessuno dei due poteva fare tardi al lavoro. Sospirò, scuotendo il capo.

“Sei così fastidioso, Bass," lo schernì, poggiando la sua tazza vuota sul vassoio. Poi, avvicinandosi a lui, non poté non sorridere con divertita rassegnazione di fronte alla luce vittoriosa apparsa negli occhi scuri di Chuck.

Lui le mise un braccio intorno alle spalle.  “Avresti dovuto pensarci prima di sposarmi.”

“E chi dice che non mi piaccia questo lato di te?” gli rispose giocosa, prima di appoggiare la testa sul suo petto. “Comunque, stavo semplicemente pensando allo scorso mese…” disse, con un tono trasognato. “Alla conferenza stampa. Non hai idea di quanto fiera di te mi sia sentita in quel momento.”

Per quanto amasse giocare con il suo bisogno di controllare e di sapere tutto, Blair realizzò nel momento esatto in cui pronunciò quelle parole, neanche quel loro personalissimo modo di flirtare poteva reggere il confronto con la gioia che provava nel fargli sapere quanto profondamente lo rispettasse. 

Chuck sorrise timidamente e abbassò lo sguardo. Era una delle tante contraddizioni che Blair amava di lui. Poteva essere la persona più arrogante e presuntuosa che conoscesse nove volte su dieci, ma c’era sempre quella particolare circostanza in cui diventava insicuro e fragile, come se fosse ancora il sedicenne che cercava di convincersi di non essere un fallimento ed una delusione. Anche se Blair sapeva quanto Chuck avesse lavorato per raggiungere finalmente un’autostima vera, concreta e consapevole, qualcosa di molto diverso da quella superbia ostentata che aveva sempre mostrato al mondo, a volte lui era ancora costretto a lottare per riuscire a vedersi come qualcuno di cui potesse essere realmente fiero. Era una delle cicatrici che lei non poteva cancellargli dall’anima ma che amava profondamente, come parti dell’uomo con cui aveva scelto di passare la vita.

“A volte quando vado al lavoro mi sento ancora come se quel posto non mi appartenesse,” le confessò parlando a voce bassa, con un’espressione pensosa in viso.
 
Blair incarnò le sopracciglia. “C’è qualcosa che non va?” gli chiese. 
 
Chuck era stato bene dopo quel momento di debolezza che aveva affrontato di ritorno dalla luna di miele. Ogni tanto lei lo vedeva impensierito e silenzioso, ma il più delle volte sentiva che lui era felice. In ogni caso, Blair aveva notato come lui non avesse ancora mostrato l’entusiasmo che lei si era aspettata che lui provasse una volta preso il completo controllo della Bass Industries. Non lo aveva interrogato sull’argomento comunque, aveva preferito aspettare che le cose seguissero il loro corso naturale, sapendo che Chuck avrebbe avuto bisogno di tempo per elaborare tutto e concedersi finalmente di sentirsi soddisfatto per quello che aveva raggiunto. Era qualcosa che doveva e, Blair lo sapeva, voleva fare da solo.

Chuck scosse la testa, alzando nuovamente lo sguardo. Le concesse un sorriso debole. “Non c’è nulla che non vada, Blair."

Delicatamente alzò il braccio dalle spalle di Blair, poi si alzò e prese la sua vestaglia che era piegata su di una sedia vicino al letto. Blair rimase ferma dov’era, senza perderlo di vista.

In silenzio si infilò la veste da camera, prima di avvicinarsi e piegarsi per dare a Blair un bacio sulla fronte. “Non devi preoccuparti di questo, sto bene,” le disse. “E’ solo una sensazione.”

Blair osservò Chuck camminare verso il bagno, chiedendosi cosa potesse fare per fare in modo che lui non si sentisse più così.

Pensò a lui nel suo ufficio, circondato dai mobile austeri con cui Bart aveva riempito quella stanza, rendendosi conto di quanto  soffocante ed minaccioso dovesse essere per Chuck.  Doveva sistemare quella situazione, non avrebbe permesso che qualcosa lo facesse sentire fuori posto.

Poi, all’improvviso, sorrise con soddisfazione, mentre l’energia di una grande idea si diffuse nella sua mente. Quando lui chiuse la porta, Blair prese il telefono dal comodino ed inviò un messaggio, sentendosi incredibilmente fiera di sé.

 



Lo stesso giorno, durante il pomeriggio, Blair se ne stava seduta dietro la scrivania nel suo ufficio, le labbra curvate in un sorriso soddisfatto, mentre guardava Jack Bass entrare.

La sua segretaria, che stava tenendo la porta aperta così che lui potesse passare, lanciò all’uomo  uno sguardo timido.

“Mr. Bass è qui per lei, Mrs. Waldorf. Le serve altro?” chiese.  

Jack si girò per guardare la ragazza, che ora era arrossita vistosamente. Blair roteò gli occhi, riuscendo ad immaginare che tipo di apprezzamenti lui avesse rivolto a Danielle prima di varcare la soglia. Scosse il capo. “No, Danielle. Puoi andare.”
 
Jack ghignò e si sedette su una delle sedie di fronte alla scrivania di Blair, mentre la segretaria usciva. “I miei complimenti sul tuo gusto in fatto di assistenti. Ha un bel culo,” osservò, girandosi verso la porta chiusa.

Blair ignorò il commento, accavallando le gambe. “Non sei curioso di sapere perché ti ho chiesto di venire qui?”

Jack, che aveva riportato gli occhi su di lei, si appoggiò allo schienale della sedia, mettendosi più comodo. “Presumo che tu abbia bisogno di qualcosa,” cominciò, il ghigno tra le labbra ancora vistoso. “Presumo anche che mio nipote non debba saperlo, o non mi avresti chiesto di incontrati senza di lui.” Allargò le mani in un gesto plateale, come per spiegare quanto tutto gli sembrasse ovvio.

Blair annuì. “Presumi correttamente.” 
 
Jack ridacchiò, chiaramente divertito da quella circostanza. “Se hai intenzione di tradire Chuck devo informarti che non sono disponibile," disse, prima di sospirare in modo teatrale. “Vorrei rimanere vivo.”

Blair sbuffò infastidita, riservandogli un’occhiata severa. “Non ho tempo per scherzare, Jack,” lo avvisò, chiarendo una volta per tutte che non era dell’umore giusto per il suo sarcasmo.
 
Jack si tirò in avanti sulla sedia, poggiando le mani sulla scrivania. Cominciò a far tamburellare le dita sul legno. “Sentiamo, per che cosa la regina di New York potrebbe mai avere bisogno dell’aiuto dello Zio Jack?” chiese divertito.
 
“Ho bisogno che Chuck stia fuori città per tre giorni. Sono sicura che puoi fare in modo che succeda," rispose Blair, intrecciando le dita delle mani. Sorrise di fronte alla sorpresa che vide comparire sul volto di Jack.

Lui si accigliò, confuso. “Non sono il suo capo, Blair; non posso fargli fare nulla," le ricordò, guardandola con occhi interrogativi. "In realtà funziona al contrario.” 

C’era stato un tempo – e neanche troppo lontano – in cui Jack non avrebbe mai accettato di lavorare sotto le direttive di Chuck, un tempo in cui avrebbe lottato per avere tutto quello che era di Chuck, con tutto il suo cinismo ed  i suoi modi manipolatori, ma ora le cose erano diverse. Blair sapeva che Chuck aveva capito come tutto quello che Jack aveva fatto in passato era stato fatto per gelosia. Era stato il frutto di una delle molte cose terribili che Bart Bass aveva fatto in vita sua: creare un ambiente dove le persone potevano diventare velenose e crudeli, dove era lecito per uno zio odiare il proprio nipote. Ma, in fine, Chuck e Jack erano riusciti a ricostruire un buon rapporto, basato su un tipo di rispetto particolare e non convenzionale che provavano l’uno per l’altro a quel punto, dopo aver realizzato di non essere nemici, ma di avere un nemico in comune.

Nonostante Blair non fosse la più accesa sostenitrice di Jack, era stata ugualmente molto fiera di Chuck quando lui aveva dato a suo zio una posizione importante nella Bass Industries e gli aveva concesso di tornare a New York. Per lui Jack era parte della famiglia, l’unica persona rimasta con cui condivideva un legame di sangue, e Blair non poteva e non voleva discutere la decisione di Chuck di averlo nella sua vita. 
 
“Ne sono consapevole. So anche che Chuck ha organizzato per te un viaggio a Londra la prossima settimana, ho ascoltato accidentalmente una delle sue telefonate giorni fa. Potresti chiedergli di accompagnarti. Sono certa che riuscirai a trovare un modo per farli pensare che la sua presenza sia indispensabile,” terminò di spiegare, soddisfatta di se stessa. Era un piano perfetto.

Jack apparve serio per la prima volta da quando avevano intrapreso quella conversazione. Incrociò le braccia con aria pensosa. “Chuck non è così facile da ingannare come era una volta, Blair.”

Blair rise, trovando l’ennesima conferma di come la relazione tra i due fosse drasticamente cambiata. Era chiaro come a Jack non piacesse l’idea di poter potenzialmente intaccare la fiducia di Chuck. “Non lo stai ingannando, stai solo aiutando sua moglie a fargli una sorpresa," dichiarò entusiasta.

Jack la fissò per qualche secondo, poi sospirò rassegnato. “Cosa hai in mente?” 

Blair, che non vedeva l’ora di rivelare a qualcuno la grande idea che aveva tenuto per sé fino a quel momento, gli passò una cartella piena di appunti.
“Diciamo che voglio fare qualcosa al suo ufficio," disse, trattenendo a mala pena l’eccitazione.  “Non voglio che sia circondato dai ricordi di Bart, voglio che si senta potente e in pieno controllo quando è lì,” proseguì, parlando più con se stessa che con Jack.

Aveva passato l’intera mattinata con i migliori architetti ed arredatori di interni che era riuscita a trovare, cercando di creare l’ambiente perfetto per Chuck. Le avevano promesso che avrebbero potuto terminare il tutto in tre giorni, nonostante ciò avrebbe significato dover continuare a lavorare anche di notte. Non era una cosa comune ma, Blair lo aveva capito, essere una Bass apriva molte più porte. Nessuno aveva il coraggio di dirle di no e lei non poteva fare altro che beneficiare di quel privilegio. 

“Ed io cosa ci guadagno?” chiese Jack.

Blair, che non aspettava altro che quella domanda, ghignò. “Meno spazio, in realtà,” disse, mostrandogli il progetto. Quando lui notò che il suo ufficio era stato rimpicciolito per rendere quello di Chuck più grande le lanciò uno sguardo irritato.

Jack era sul punto di dire qualcosa, ma Blair lo fermò alzando una mano. “Potrei sapere dove Georgina si sta nascondendo," affermò, godendosi ogni secondo dell’espressione attonita di Jack.

Dopo poco lui serrò le labbra in un ghigno infastidito “Sai di…?”

“Di come Georgie sia sparita dopo che avete fatto sesso e che la stai pedinando senza successo da quel momento?” lo anticipò, illuminandosi di divertimento ed autostima. “E, prima che tu me lo chieda, sì, Chuck me l’ha detto. Mi dice tutto,” concluse, provando il familiare piacere che sentiva ogni volta che usciva vittoriosa da un confronto. “Quindi provi qualcosa per la bambola assassina?” lo provocò. “Non riesco a pensare ad una coppia più azzeccata.”

Alla fine del suo discorso Jack grugnì infastidito. “Io non provo nulla," 
rispose orgogliosamente. "Voglio solo entrare nelle sue mutandine un’altra volta.

Blair sorrise, pensando a come quella frase le suonasse conosciuta. “Come dici tu, Jack. Quindi, abbiamo un accordo?” Lo fissò, consapevole di aver vinto. 

Jack annuì. “Vedo che sei ancora una maestra nel manipolare. Posso capire perchè mio nipote è così innamorato di te; voi due vi siete trovati," commentò, alzandosi in piedi per andarsene.


Il giorno dopo Blair finse di non sapere nulla quando Chuck le annunciò che sarebbe dovuto partire per lavoro, facendo del suo meglio per apparire inconsapevole e un po’ delusa all’idea di non vederlo per qualche giorno. Non le piaceva mentirgli, era conscia di quanto valore lui desse alla fiducia e quanto sensibile fosse circa quel punto, ma questa volta ne sarebbe valsa la pena.

Chuck avrebbe amato la sua sorpresa; Blair ne era assolutamente convinta.
 



Scendendo dal jet, tre giorni dopo, Chuck inspirò e sorrise, felice di essere nuovamente a New York..
 
Il viaggio era stato onestamente superfluo. Avevano chiuso l’accordo per l’acquisizione di un nuovo edificio ( Chuck aveva in programma di aprire cinque nuovi luxury hotel in Europa prima della fine dell’anno e Londra era stata la sua prima scelta), qualcosa che Jack avrebbe potuto fare tranquillamente da solo, dal momento che tutti i dettagli erano già stati messi a punto prima che il viaggio venisse organizzato. Per spiegarsi il motivo per cui suo zio avesse richiesto la sua presenza, Chuck era giunto alla conclusione che Jack aveva volute mostrargli concretamente che era degno di fiducia, in uno dei suoi modi sottointesi e poco chiari. Comunque, in fine, anche se avrebbe preferito evitare quei giorni fuori città, Chuck aveva finito per apprezzare quel tempo passato insieme. Avevano parlato di affari e bevuto scotch eccellente; Chuck aveva inoltre trovato incredibilmente divertente sentire Jack lamentarsi di Georgina. Per finire, aveva avuto il tempo per fare shopping di ascot[3] (Jack lo aveva seguito solo per prendersi gioco della sua vanità e della sua “Ossessione per il viola”). Tutti quei preziosi accessori erano stati piegati e sistemati in un’apposita valigia, che in quel momento stava venendo trasportata dagli assistenti di volo fino alla sua limousine, insieme ai suoi altri quatto bagagli.

Chuck attese che Jack scendesse le scale che collegavano l’entrata del jet con l’asfalto e, quando sentì suo zio toccargli una spalla, si girò per salutare. “Ci vediamo domani.”

Jack annuì, stringendogli la mano. “Passa una bella serata, nipote,” gli disse con un ghigno facendogli l’occhiolino, prima di dirigersi verso la sua town-car[4].   

Chuck fece lo stesso, raggiungendo Arthur che lo stava aspettando di fronte alla limousine.

“Buona sera, Mr. Bass," lo ricevette l’autista, togliendosi educatamente il cappello. Aprì la portiera e la mantenne aperta, così che Chuck potesse entrare dentro. 

Il profumo di Blair lo colpì ancor prima che i suoi occhi avessero avuto il tempo di posarsi su di lei. Lo stava aspettando, seduta a gambe incrociate sotto il tessuto del suo vestito da sera viola, con un sorriso largo dipinto sulle labbra.
 
“Bentornato a casa, Chuck,” lo accolse, mentre lui prendeva posto a fianco a lei sui sedili di pelle nera. 

Chuck la osservò con stupore. Non si era spettato di trovarla lì, lei avrebbe dovuto aspettarlo a casa, come avevano programmato quando l’aveva chiamata dall’aereo qualche ora prima.  

“Che piacevole ed inaspettato benvenuto,” Chuck scivolò sul sedile per avvicinarsi abbastanza da poterla baciare. Incontrando le sue labbra e la sua lingua,  realizzò quando gli fosse mancato il corpo di Blair durante quei tre giorni: nonostante avessero parlato al telefono tutte le sere, nulla era paragonabile alla possibilità di toccarla.

Stava cominciando ad insinuare lentamente le mani sotto il suo vestito quando lei lo fermò. 

“Rallenta, Bass,” gli disse, interrompendo il lungo bacio. “Non ti lascerò rovinare la mia sorpresa.”
 
Chuck, confuso, si accigliò, chiedendosi di che cosa lei stesse parlando. Tutto quello che voleva in quel momento era fare l’amore con sua moglie. “Credevo che fosse questa la sorpresa,” rispose, occhieggiando il vestito di Blair. “Sai che non dovresti indossare il viola se vuoi che riesca a tenere le mani a posto.” Poggiò le labbra sul collo di lei, lasciato nudo dalla scollatura, e cominciò a percorrerne la linea con baci fugaci. Quando ebbe raggiunto l’orecchio di Blair sussurrò: “Ti sei vestita per uccidere e mi manchi.”

Blair deglutì con fatica. Anche se sembrava davvero determinata, Chuck ghignò divertito quando la vide tentare di resistere alla tentazione. 
 
“Oh, ucciderti è sicuramente tra i miei piani, ma temo che dovrai aspettare,"  affermò decisa. Raggiunse il farfallino di Chuck con le dita e sciolse il nodo, prima di sfilarglielo. “Il tempo viene per chi sa aspettare, Chuck,” dichiarò Blair. Poi cominciò a far scorrere il tessuto setoso del papillon tra le mani, sorridendo leggermente.

“Che cosa hai in mente, Blair?” le chiese Chuck, curioso. Si sentiva equamente intrigato e frustrato dai modi misteriosi che Blair stava usando.
“Vedrai.”
 
Il sorriso malizioso di Blair fu l’ultima immagine che i suoi occhi furono in grado di catturare, prima che lei gli legasse il farfallino intorno alla testa, costringendolo alla cecità. 

 



Nonostante Chuck fosse sempre stato un sostenitore dei giochi erotici, essere costretto a camminare senza poter vedere dove stava andando non era esattamente il suo ideale di preliminari. Si lamentò, stringendo la mano di Blair più forte che poteva, comunque sicuro che lei non lo avrebbe lasciato cadere. “Dove stiamo andando, Blair?” le chiese per l’ennesima volta.

Avrebbe potuto semplicemente liberarsi della sua benda improvvisata, ma era sicuro che quella momentanea tortura lo avrebbe condotto a qualcosa di incredibilmente piacevole. Chuck pensò per un attimo a quanto sarebbe stato eccitante fare sesso con Blair privato della vista e l’idea lo convinse a muovere qualche altro passo.
 
“Siamo quasi arrivati," lo rassicurò lei, mentre si fermavano. Chuck sentì il suono delle porte di un ascensore che si aprivano e poì la spinta di Blair che lo trascinava dentro. La salita fu moderatamente lunga. Dovevano trovarsi in un edificio molto alto, forse un grattacielo, presunse Chuck. Non era l’Empire, ne era sicuro, ma il posto gli sembrava comunque familiare.

Quando l’ascensore suonò di nuovo e Blair lo guidò fuori dalle porte automatiche, Chuck percepì un odore di vernice fresca raggiungergli le narici.

Stava per alzare la mano libera e finalmente rimuovere il tessuto dagli occhi, ma Blair gli afferrò il polso con forza per fermarlo.

“Solo un secondo, Chuck,” gli promise.

La sentì trafficare con delle chiavi per aprire una porta. Quando la varcarono e si fermarono dopo un paio di passi, Chuck sentì l’odore farsi più robusto. Respirò profondamente, impaziente di sapere che cosa Blair avesse in mente.
 
Poi percepì le mani di lei tremare sul suo viso e seppe che era emozionata. Al pensiero del viso di Blair che si illuminava per la commozione  Chuck non poté fare altro che sorridere, mentre le dita di lei lavoravano per liberarlo dalla benda.

Dopo aver riconquistato la facoltà di vedere, Chuck dovette pensarci un attimo prima di capire dove fosse. Poi, mentre si girava su se stesso, gli occhi corsero tutt’intorno alla stanza e allora capì: era il suo ufficio, solo che non aveva lo stesso aspetto che aveva quando lo aveva lasciato, tre giorni prima.

Prima di tutto era considerevolmente più spazioso. Non era più solo un grande ufficio, ora c’era anche una zona salotto, un tavolo da biliardo e un bar sistemato in uno degli angoli. I pannelli di legno alle pareti erano stati sostituiti con un’elaborata carta da parati in tessuto viola e la stanza appariva ai suoi occhi meno soffocante ed imperiosa. Tutto, dalle poltrone di pelle nera ai tappetti sul parquet scuro, sembrava essere stato scelto da lui.
 
Notò, mentre lo sguardo si focalizzava sui dettagli, che poteva trovare le sue iniziali ovunque: erano sulle palline del biliardo, sui cuscini poggiati sul divano, persino incise sul marmo del camino; tutti i suoi dipinti preferiti erano stati portati lì dall’Empire, insieme ad alcune foto che erano state poggiate su un tavolino basso sistemato di fronte al sofà. C’erano immagini di lui e Blair dal matrimonio e dalla luna di miele, una con Nate in cui sembravano entrambi incredibilmente giovani ed una con Lily.
 
Poi i suoi occhi si posarono sulla scrivania, che era stata posizionata di fronte al muro dalla parte opposta della stanza, nel mezzo, tra le due grandi finestre. Era in legno scuro, ma il piano era di marmo nero. Chuck pensò che fosse il pezzo migliore dell’ambiente, ma dovette cambiare idea quando notò la sedia che vi stava dietro. Era a forma di trono: il legno era stato laccato con lucida vernice nera ed era stato intagliato con tanta precisione e cura che sembrava essere una scultura, mentre la seduta era rivestita di velluto viola [5]. Era magnifica.

Chuck riportò gli occhi su Blair, troppo meravigliato per parlare. Dopo qualche secondo aprì la bocca per dire qualcosa, ma lei lo anticipò. “Ti piace?” gli chiese, con un velo di insicurezza nella voce.

Capendo che era preoccupata che lui non avesse apprezzato la sua sorpresa, Chuck le prese le mani e le baciò. “Stai scherzando? E’ incantevole, Blair,” le rispose, sentendo la gioia e l’emozione inumidirgli gli occhi. “E’ perfetto. E’ grande, è lussuoso, regale; è viola, è…” articolò sconnesso, incapace di contenere l’entusiasmo ad ogni parola.

 “Sei tu,” Blair terminò la frase per lui. “E’ anche un po’ megalomane, non è vero?” aggiunse, ridendo leggermente mentre indicava le iniziali di Chuck sui cuscini.
 
“Come sapevi che ne avevo bisogno?” le domandò Chuck, ancora sbalordito e stordito dalla sorpresa e dalla soddisfazione che sentiva nel petto. “Nemmeno io sapevo quanto ne avessi.”

Blair lo guardò negli occhi e sollevò una mano per accarezzargli la guancia. “Mi hai detto che non sentivi a tuo agio qui e volevo che amassi questo posto. Volevo che potessi sentirti sicuro e forte e sapevo che non sarebbe stato possibile se eri circondato dai ricordi di lui," disse, senza aver bisogno di spiegare a chi si riferiva. “E’ il tuo regno ora.”

Chuck si guardò intorno nuovamente, un mezzo sorriso tra le labbra. “Lo avrebbe odiato, c’è troppo viola," mormorò, ridendo piano.[6]  Per un attimo l’immagine del volto di Bart gli fu davanti agli occhi, freddo e crudele come lo ricordava. Scosse il capo e sospirò. “Ho pensato di trasformare questo posto così tante volte,” aggiunse, abbassando lo sguardo.

“Ma non lo hai fatto.”

 “No, infatti. Avevo paura che avrebbe significato qualcosa se lo avessi fatto, che se dovevo liberarmi di tutto ciò che me lo ricordava, allora avrebbe voluto dire che mi importava ancora.” Chuck ammise finalmente, sia a se stesso che a Blair.
 
Lei gli gettò le braccia al collo e appoggiò la testa sulla spalla di lui, lasciando che lui le cingesse i fianchi con le mani. Lo abbracciò silenziosamente.
 
“Grazie,” sussurrò Chuck dopo un minuto di quella quiete, senza riuscire a trovare parole migliori per esprimere quando si sentisse grato. Anche se non poteva vederla, Chuck seppe che un sorriso era comparso tra le labbra di Blair.

“Dicevo davvero l’altro giorno, Chuck. Mi sento così fiera di te. Vorrei solo che tu potessi sempre sentirti fiero di te stesso.” 

All’improvviso Chuck sentì il bisogno di baciarla. Strinse la presa delle mani sui fianchi di lei e la spinse ancora più vicino. Lei alzò la testa per poterlo guardare nuovamente negli occhi. Le loro labbra si incontrarono per un lungo momento, pieno di passione. Chuck continuò a baciarla finché non furono entrambi senza fiato, con il cuore che batteva veloce per l’emozione ed il desiderio.
 
“Che ne dici di battezzare il tuo nuovo trono?” gli propose Blair, senza più riuscire contenere l’eccitazione.

Chuck, ancora scosso, le riservò uno sguardo adorante. “Ti amo," le sussurrò all’orecchio, prima di sollevarla, prendendola in braccio.

Mentre la teneva tra be braccia, Chuck si sentì potente. Non era solo l’ambiente che lei aveva creato per lui a farlo sentire così, era Blair stessa, con l’amore che provava per lui. Aveva un regno e, ancora meglio, aveva una regina. Non avrebbe potuto chiedere di più. 

 



Note:

[1]
Il titolo è ispirato alla canzone Purple Rain di Prince. La pronuncia in inglese di rain (pioggia) e reign (regno) è simile. 
[2] Ad un certo punto della serie, Chuck ha smesso di avere un maggiordomo. O almeno hanno smesso di mostrarlo. Sicccome trovo che sia inaccettabile, nella mia mente ne ha ancora uno. 
[3] L'ascot è un tipo di cravatta, di origine inglese. Chuck la indossa spesso. Ecco un esempio
[4]
La town-car è una vettura di lusso, una versione "corta" della limousine. 
[5] L'ispirazione per la sediatrono di Chuck viene da qui.
[6]
Bart odiava il viola. Nell'episodio 2X15 Chuck, parlando di cosa avrebbe detto di lui il padre "morto": "You're a disappointment of a son. I'd die of embarrassment if I wasn't already. Why do you wear so much purple?". Ancora, nell'episodio 3X15, parlando con Elizabeth di Bart: "I only wear purple because my father
loathed  it." ("Sei una delusione come figlio. Morirei di vergogna se non fossi già morto. Perchè ti vesti sempre di viola?" e "Indosso il viola solo perchè mio padre non lo sopportava.")
[7] La one-shot è stata scritta prima in inglese (da me). Questa è solo una traduzione. Mi scuso se l'italiano può risultare un pò macchinoso. Qui la versione originale. 

   
 
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