Premessa. La storia è ambientata circa undici anni dopo la rivolta.
Posy ha più o meno sedici anni, ed è fidanzata con un ragazzo di nome Dru, mentre Gale
vive nel Distretto 2 assieme al suo figlioletto di quattro
anni, Joel, e a Johanna Mason.
Lo strano
caso della ghiandaia Rory Hawthorne
Il tamburellare insistente dei
polpastrelli di Rory sul tavolo era l’unico rumore
che riempiva il soggiorno. Posy scoccò un’occhiata irritata al fratello
maggiore, infastidita da quel suo tic: lei e Dru avevano
già dovuto sopportare il picchiettio frenetico delle sue mani contro il
finestrino durante l’intero tragitto in treno.
Rory roteò gli
occhi, ma smise di agitare le dita e la ragazza lo ringraziò con un sorriso. Il
fratello tornò a fissare Dru, senza curarsi del fatto
che il giovane sembrasse già particolarmente nervoso; continuava ad agitarsi
sulla sedia e, inizialmente, Posy aveva ipotizzato che fosse così inquieto
perché si trovava in mezzo a persone che non conosceva bene. Erano arrivati al
Distretto 2 intorno all’ora di pranzo, per trascorrere il resto del fine
settimana a casa di Gale e Johanna. Posy sognava da tempo di far conoscere a Dru il fratello maggiore e il nipotino - il piccolo Joel -
ed era contenta che il fidanzato avesse finalmente acconsentito a venire con
lei. Tuttavia, le dispiaceva vederlo così in difficoltà. Le fu sufficiente notare
un altro paio di occhiate scoccate da Rory in
direzione di Dru per intuire a cosa fosse dovuto il
suo nervosismo. Non era la prima volta, ricordò, che il fidanzato si sentiva a disagio
in presenza del mezzano dei tre maschi Hawthorne.
“Tuo fratello mi odia” aveva mormorato,
in imbarazzo, dopo aver partecipato alla prima cena di famiglia a casa di Posy:
Rory, generalmente amichevole e scherzoso con tutti,
aveva continuato a rivolgersi a lui in tono insolitamente distaccato.
“Ma no che non ti odia…” aveva
replicato con convinzione la ragazza, arruffandogli i capelli. “…È solo un po’
geloso. Da quando Gale si è trasferito è diventato lui l’uomo di casa, ed è
molto protettivo con me e Vick. Tutto qui” aveva minimizzato, alzandosi sulle
punte dei piedi per posargli un bacio sulle labbra.
In quel momento, tuttavia, Posy
faticava a sentirsi così indulgente con il fratello maggiore: Rory aveva ripreso a tamburellare con le dita sul tavolo e le
sue occhiate indagatrici si erano fatte più insistenti.
Gale spezzò il momento di silenzio,
incominciando ad avanzare proposte per il pomeriggio.
“Volete fare una passeggiata?” chiese,
arruffando i capelli di Joel. Il bimbo sorrise, continuando a rimirare la
copertina del libro che teneva sulle ginocchia.
“Pensavo più che altro a un mini
giretto aereo” rispose il mezzano dei fratelli Hawthorne,
mettendosi a braccia conserte. “È fattibile?”
“Noi passiamo” annunciò in quel momento
Posy, indirizzando una rapida occhiata a Dru. “Sono
ancora stravolta per il viaggio.”
Sorrise candidamente a Rory che, al contrario, la squadrò accigliato. Il fidanzato
esitò per un istante, prima di annuire.
“Perché no?” commentò Gale,
stringendosi nelle spalle. “Ho noleggiato un hovercraft ed è da un po’ che non
porto Joey a fare un giro[1].”
Lo sguardo del figlioletto s’illuminò
all’istante.
“E loro li lasciamo a casa?” chiese il fratello
minore, indicando i due adolescenti con un cenno del capo.
“Se non vogliono venire non li possiamo
mica costringere” replicò Gale, sedendosi di fianco a Johanna.
Rory non
sembrava convinto.
“Da soli?” enfatizzò, scoccando una
seconda, rapida occhiata in direzione di Dru. Il
ragazzo arrossì e distolse subito lo sguardo.
“Dubito che abbiano bisogno di un baby-sitter”
ribatté Gale, abbozzando un sorrisetto.
“Potreste smetterla di parlare di noi
come se non ci fossimo?” li rimbeccò Posy.
Rory fece per
replicare, ma Johanna fu più veloce.
“Stai tranquillo, Hawthorne-scemo,
ti risolvo io il problema” esclamò, alzando gli occhi al cielo. “I preservativi
sono in camera nostra, nel secondo cassetto del comodino” aggiunse poi,
rivolgendosi ai due adolescenti. “Guai a voi se mi sporcate le lenzuola, però,
o potrei decidere di usarle per strozzarvi.”
Dru arrossì
violentemente, mentre la fidanzata si affrettava a coprire le orecchie di Joel.
Il bambino la guardò confuso, prima di rivolgere uno sguardo ansioso allo zio,
nel notare la sua espressione furibonda.
“Ma brava, incoraggiali!” sbottò Rory, passandosi una mano fra i capelli. “Adesso sì che starò tranquillo.”
Johanna gli rivolse un sorrisetto
beffardo, visibilmente soddisfatta dalla sua reazione. Lei e il mezzano dei
fratelli Hawthorne erano come cane e gatto e ben
poche cose la divertivano di più del vederlo in difficoltà.
Gale cercò di cambiare discorso,
incominciando a programmare la breve gita in hovercraft.
Mentre lui e Rory
ne parlavano, Posy incrociò lo sguardo di Dru e si
sorprese ad arrossire, nel ricambiare sbarazzina il suo sorriso; il pensiero di
un intero pomeriggio con la casa a loro disposizione e i parenti fuori tiro
agitava le farfalle nel suo stomaco. La settimana precedente aveva fatto l’amore
con lui per la prima volta e le emozioni provate in quell’occasione
riaffioravano ancora a ogni carezza o bacio di Dru, spingendola
a sorridere imbarazzata. Si sentiva in subbuglio, le volte in cui si soffermava
a sostenere il suo sguardo un istante di troppo. Nel corso dell’ultima
settimana non aveva fatto altro che desiderare di poterlo sentire ancora una
volta così vicino; il bisogno di un contatto più intimo fra i loro corpi la
sorprendeva di continuo, ma trovare un momento tutto per loro sembrava
impossibile. Rory era diventato ancora più circospetto
del solito, quasi avesse intuito la piega che aveva preso la relazione fra i
due adolescenti. Trovava sempre il modo di disturbarli, specialmente le volte
in cui riuscivano a ritagliarsi un momento per rimanere soli. Quel pomeriggio,
però, non ne avrebbe avuto modo.
Posy sorrise fra sé, beandosi del
disappunto ancora marcato sul volto del fratello maggiore. Pregustò a mente il
paio d’ore che lei e Dru avrebbero potuto trascorrere
per conto loro quel giorno e si sorprese ancora una volta ad arrossire.
Cercò di distrarsi da quel pensiero,
spostando l’attenzione verso il suo nipotino. Joel avrebbe presto compiuto
quattro anni e, ai suoi occhi di zia sedicenne, era il bambino più carino ed educato
di tutta Panem. In quel momento stava sfogliando le pagine di un manuale di
aeronautica per adulti e sembrava particolarmente concentrato. Soldier, la volpe di peluche che il bambino portava con sé
ovunque, era stata adagiata sul divano di fianco a lui.
“Guardi le figure?” chiese Posy, accarezzando
i capelli del nipotino. Joel esitò, prima di annuire.
“Sì.”
“Ci sei mai stato su un aeroplano,
ometto?”
Il bimbo, questa volta, scosse la
testa.
“No. Solo sugli hovercraft” spiegò, “Ma
un giorno papà mi ci porta.”
“E poi tu porti me, facciamo così?” gli
chiese la zia.
Joel annuì convinto, prima di voltare
pagina: osservò quelle nuove con attenzione, come le precedenti, nonostante - Posy
si sorprese nel realizzarlo - non ci fossero figure.
“Da grande imparerò a guidare gli
hovercraft, gli elicotteri e gli aerei” snocciolò poi il bambino, prima di
indirizzare una rapida occhiata al padre; anche Gale lo stava fissando, con un
mezzo sorriso ad arricciargli le labbra. La ragazza non riuscì a fare a meno di
notare che ci fosse una punta di apprensione nello sguardo del fratello. Guardava
spesso così suo figlio, con un misto di orgoglio e senso di colpa costantemente
ancorato negli occhi. Per cosa provasse rimorso, Posy non lo sapeva. Forse per
il fatto che Joel non avesse una madre o perché lo stava crescendo lontano dal
resto della sua famiglia.
“Vuoi diventare un pilota anche tu?”
chiese a quel punto la giovane, tornando a rivolgersi al ragazzino. Joel gonfiò
un po’ il petto e annuì energicamente.
“Sì, un pilota soldato come il mio
papà!” annunciò, sorridendo orgoglioso a Gale.
Posy gli rivolse un’occhiata
intenerita, prima di stringerlo a sé.
“Ma lo sai che sei il nipotino più
bello e dolce del mondo?” cinguettò, posandogli un bacio sui capelli. Il
bambino sorrise timidamente,
lasciandosi coccolare: il suo sguardo si era spostato dal padre a Johanna, che
aveva roteato gli occhi, infastidita da tutte quelle moine. Posy la sentì
borbottare qualcosa di terribilmente simile a “Non è un cacchio di bambolotto”,
ma a stento ci fece caso; Johanna vegliava sul figlioletto del suo fidanzato
nella stessa maniera rozza e possessiva con cui una mamma lupo badava ai propri
cuccioli. Poteva spesso sembrare indifferente e distaccata, con lui, ma s’infastidiva
quando le persone gli stavano troppo addosso. A modo suo gli era affezionata ed
era evidente che anche Joel tenesse molto alla donna.
Posy lasciò andare il nipotino con
un’ultima arruffata di capelli e si voltò verso il fidanzato; Dru li stava osservando con espressione divertita, ma nel
suo sguardo era anche presente una punta d’imbarazzo. La sua evidente
agitazione non era dovuta solo alla timidezza: Rory non
aveva ancora messo di scoccargli occhiate guardinghe.
La ragazza sbuffò; era sul punto di
dire al fratello di darci un taglio, quando una voce femminile parlò dalla
cucina, catturando l’attenzione dei presenti.
“Te lo dico io, il moccioso sa leggere”
esordì, in un tono che a Posy suonò incredibilmente familiare.
Gale e Johanna si scambiarono
un’occhiata perplessa.
“Hai lasciato il televisore acceso?” le
chiese lui, prima di sgranare gli occhi: una seconda voce si frappose alla
precedente e Posy la riconobbe all’istante come quella del fratello maggiore.
“Ha quattro anni” replicò dalla cucina,
riproducendo in tutto e per tutto il timbro di Gale. “Non va nemmeno ancora a
scuola”.
Joel sembrò sentirsi preso in causa,
perché rizzò la testa e scoccò un’occhiata confusa al padre.
“E allora? Hai visto come fissa quel
libro?” ribatté ancora la prima voce che, Posy ne era ormai certa, sembrava
essere quella di Johanna.
“Dio, non di nuovo…” bofonchiò la donna,
dirigendosi verso la cucina.
“Prendo qualcosa per scacciarla”
annunciò a quel punto Gale, sparendo in corridoio.
“Siete voi che parlate” osservò Rory, sbirciando oltre la porta aperta.
“Acuta osservazione, Hawthorne!” lo schernì Johanna, dalla stanza accanto. “La
tua intelligenza mi stupisce ogni giorno di più. Qualcuno può venire a darmi
una mano con questo dannato pennuto?”
Dru rivolse
un’occhiata esitante a Posy, ma poi si alzò, seguito a ruota dalla fidanzata.
Quando raggiunsero la cucina trovarono Rory intento a
sventolare una tovaglia blu, mentre Johanna spalancava la finestra. La voce di
Gale proveniva da un punto imprecisato sotto al tavolo, ma quando i due
adolescenti si chinarono per cercare di capire cosa stesse succedendo, spalancarono
gli occhi, sorpresi. Un frullio improvviso all’altezza delle gambe spinse Posy
a sobbalzare: un uccello nero stava zampettando poco distante dai suoi piedi,
sbattendo le ali di tanto in tanto.
“Te lo dico io, il moccioso sa leggere.”
La voce di Johanna riempì la cucina
ancora una volta e, con stupore, la ragazza si rese conto che il suono
proveniva proprio dal becco dell’animale.
“Ghiandaia chiacchierona” esclamò Gale
in quel momento, facendo ingresso in cucina. Aveva in mano una scopa, che
utilizzò per scacciare la creatura in direzione della finestra.
Joel si sistemò sulla porta e distese
le braccia, come a voler ostruire il passaggio per impedire che l’animale
s’infilasse in soggiorno.
“Pensavo si fossero estinte” osservò in
quel momento Dru, attivandosi a sua volta per cercare
di far uscire la ghiandaia.
Rory cercò di
catturarla con la tovaglia, ma mancò la mira e ottenne solo il risultato di
agitarla ulteriormente.
“Che diavolo fai?” gli gridò dietro
Johanna, alzando gli occhi al cielo. “È un uccello, non un toro!”
“Anni fa hanno trovato una cinquantina
di esemplari nei laboratori di Capitol City” spiegò
Gale, agitando la scopa sul pavimento: la ghiandaia esordì in un irritatissimo
“Che diavolo fai?” e svolazzò dall’altra parte della stanza.
“La mia voce è più sexy, carina” la
rimbeccò Johanna, rubando la tovaglia di mano a Rory,
per agitarla dietro l’animale. “Sciò!”
“Dopo la rivolta li hanno liberati nei
boschi dei vari distretti” proseguì con il discorso Gale, inseguendo la creatura
con lo sguardo. L’uccello volò fuori dalla finestra e Posy si affrettò a
chiuderla. “Sono animali cresciuti in cattività, quindi sono abituati a cercare
cibo tra gli esseri umani. E, a quanto pare, hanno un debole per le voci.
Quando sentono parlare si avvicinano e se fai l’errore di dar loro da mangiare,
ti seguiranno ovunque.”
“Questa è la terza che ci piomba in
casa nel giro di un mese” spiegò a quel punto Johanna. “Il bosco è proprio qua
dietro e Hawthorne Junior ha avuto la brillante idea
di distribuire pezzi di pane a metà dei pennuti che ci vivono” aggiunse,
guardando Joel.
Il bambino chinò la testa, tormentando
le zampe della sua volpe di peluche. Posy lo strinse a sé e gli fece una
carezza sui capelli.
“Quindi basta parlargli o dargli da
mangiare e loro ti seguono?” s’informò Rory, mentre
il gruppetto si spostava in soggiorno.
Gale annuì, sovrappensiero; la sua
espressione si era fatta tutto a un tratto distante, come se fosse impegnato a
vedersela con qualche riflessione scomoda. Posy gli scoccò un’occhiata
apprensiva: capitava spesso che lo sguardo di suo fratello si rabbuiasse
all’improvviso, e non sempre riusciva a capire cosa avesse innescato quella
reazione. Fortunatamente l’aria impensierita dell’uomo sfumò in fretta.
“Vado a preparare l’hovercraft per il
giretto turistico” annunciò, prima di rivolgere la sua attenzione al
figlioletto. Joel si era agganciato alla sua mano non appena aveva sentito pronunciare
la parola ‘hovercraft’.
“Vuoi provare a pilotare tu o lo
facciamo fare a Soldier?” gli chiese il padre,
prendendolo in braccio. Joel rise, cercando di sfuggire al suo attacco di
solletico.
“Io” rispose poi, abbandonando la testa
sul suo petto. Si accorse che la zia lo stava osservando e tornò a sorriderle
timidamente, aggrappandosi alla felpa dell’uomo. Posy non poté fare a meno di
sorridere a sua volta, allungando la mano per stringere quella di Dru: non aveva mai visto un bambino più innamorato del
proprio papà di suo nipote. Mentre Gale lo teneva in braccio, gli brillavano letteralmente
gli occhi.
E anche i suoi si fecero più vispi, nel
momento in cui la porta d’ingresso si chiuse dietro al resto della famiglia,
lasciando lei e il suo fidanzato soli in casa per il resto del pomeriggio.
Prima di andarsene, Rory aveva rifilato a Dru l’ennesima occhiata di ammonimento, ma a parte quel
dettaglio si era mostrato insolitamente amichevole con lui. Forse, si disse la
ragazza, vedere Gale e Johanna così tranquilli l’aveva convinto ad allentare la
guardia.
Meno di un’ora più tardi, fu costretta
a riconoscere di non essersi mai sbagliata così tanto.
*
“Sei sicura?”
Dru portò le
mani sui fianchi della fidanzata e allontanò leggermente il volto per poterla
guardare negli occhi. Lui e Posy si erano spostati sul letto in camera di Gale
e Johanna, ma il ragazzo aveva iniziato a tentennare sin da quando le loro
magliette erano finite sul pavimento.
“E se tuo fratello…”
“Mio fratello in questo momento sta svolazzando
per il Distretto a parecchi metri da terra” rispose Posy, interrompendosi per baciargli
il collo. “Fidati, non torneranno prima di stasera.”
Le sue parole sembrarono rassicurare Dru, che annuì. Si sistemò sopra di lei e scese a
percorrerle il corpo con le labbra, strappandole un sospiro. Posy chiuse gli
occhi, lasciando scivolare le mani lungo la schiena del ragazzo. Fare certe
cose sul letto di suo fratello non era il massimo, ma non voleva sprecare la
prima opportunità che aveva, da giorni, per restare sola con Dru.
Si sorprese a sorridere, quando lo vide
indugiare, prima di convincersi a trafficare con i laccetti del suo reggiseno.
Ripensò alla loro prima volta, a come lui l’aveva guardata ogni volta che le
sue mani avevano osato un po’ di più lungo la sua pelle, come se le stesse
chiedendo il permesso. Dru era più grande di lei,
eppure c’era qualcosa nella sua gentilezza, nella delicatezza con lui la
cercava e la toccava, che la inteneriva. Era il principe azzurro che tanto
aveva sognato da bambina, un principe timido e con la testa un po’ fra le
nuvole, le lentiggini e i capelli rossi.
Sorrise sbarazzina, quando il suo
reggiseno finì a terra, per fare compagnia alle loro magliette: non poté fare a
meno di pensare a Rory e all’espressione inorridita
che avrebbe fatto, se avesse saputo cosa stavano facendo.
Si strinse ulteriormente a Dru e affondò il volto nell’incavo del suo collo, mentre le
mani del ragazzo si stringevano attorno ai suoi seni. Alzò poi la testa per
baciarlo e scese a sfiorargli il petto con le labbra, rincorrendo le lentiggini
sulla sua pelle.
“Mi eri mancato…” ammise, quando il
fidanzato sollevò la testa per incrociare il suo sguardo. Le dita di Posy
risalirono ad accarezzargli la schiena, mentre quelle del giovane scendevano a
sbottonarle i jeans. “Mi era mancato questo.”
Non sapeva come spiegarlo, a parole. Le
era mancato non avere confini tracciati fra i loro corpi e la sensazione di
calore provocata dal tocco delle labbra di Dru sulla
sua pelle. Le era mancato sentirlo sospirare di piacere per lei e anche quel suo
sorriso un po’ meno timido del solito, o l’aria serena che accarezzava il suo
sguardo solo quando erano così vicini.
“Anche tu mi eri mancata” ammise il
ragazzo, sfilandole una ciocca di capelli dal volto. Si chinò in avanti per
baciarla, facendo scorrere le mani lungo le sue cosce.
In quel momento un’esclamazione
improvvisa s’intrufolò nella stanza, facendoli sobbalzare.
“Tieni quelle mani a posto!” stava
gridando una voce maschile che nessuno dei due ebbe problemi a riconoscere: era
quella di Rory.
Posy si strinse al fidanzato, cercando
di coprirsi, e cercò il fratello con lo sguardo; nella stanza, tuttavia, non
sembrava esserci nessuno oltre a loro.
“Troppo vicini… siete troppo vicini!”
li ammonì ancora il loro interlocutore invisibile, alimentando il rossore sulle
guance di Dru; le sue orecchie erano ormai dello
stesso colore dei suoi capelli.
“Non ci credo…” sbottò in quel momento
Posy, chinandosi per recuperare la maglietta; la voce di suo fratello proveniva
dall’armadio e l’adolescente non impiegò molto a capire cosa stesse succedendo.
Si sentì attraversare da un moto d’irritazione.
“Ci ha infilato in camera quello
stupido pennuto!” esplose, spalancando le ante del mobile.
L’ormai familiare frullio d’ali le
riempì le orecchie e la giovane si lasciò sfuggire un gridolino, quando la
ghiandaia chiacchierona svolazzò fuori, rimbeccandoli entrambi con un secondo:
“Tieni quelle mani a posto!”
“Io lo uccido!” diede in escandescenze
Posy, mentre il fidanzato spalancava la finestra.
L’animale volò in tondo un paio di
volte sopra il letto, per nulla intenzionato a lasciarli stare.
“E tu rimettiti quella maglietta!”
esclamò, con la voce che Rory gli aveva prestato.
Dru arrossì di
nuovo, sentendosi preso in causa. Cercò la sua T-shirt con lo sguardo e si
accorse che Posy la stava agitando per aria con fare furibondo, decisa a
scacciare la ghiandaia. Il ragazzo fece lo stesso con un cuscino e, finalmente,
riuscirono a spingere l’intrusa verso la finestra.
La giovane rivolse all’uccello
un’occhiata astiosa, mentre l’osservava zampettare per il vialetto: in
apparenza era una creatura graziosa e innocua, con quel piumaggio lucido e il
modo un po’ goffo con cui si spostava quando non volava. Eppure, in quel
momento, le avrebbe volentieri tirato dietro le sue ciabatte.
“Ti rendi conto fino a che punto siamo
arrivati?” esclamò la ragazza, quando la stanza fu nuovamente libera dal
fruscio d’ali dell’animale e dagli ammonimenti continui di Rory.
“La prossima volta cercherà di incollarci direttamente i vestiti addosso.
Perché deve sempre mettersi d’impegno per rovinarci i pomeriggi?”
Dru prese posto
sul letto e attirò a sé la fidanzata per la vita, facendola sedere sulle sue
ginocchia.
“È il fratello di mezzo” le ricordò
poi, prima di posarle un bacio sui capelli. “Fa il protettivo, come fanno i
maggiori, e rompe le scatole come quelli minori.”
“Anche tu sei il fratello di mezzo, ma
non ti comporti così” replicò la giovane, stringendosi a lui.
Dru sorrise.
“Mia sorella, probabilmente, non la
pensa allo stesso modo.”
Posy sospirò, prima di lasciarsi andare
a sua volta a un sorriso.
“Non ci pensare più, finché non tornano”
le suggerì l’adolescente, dandole un bacio a fior di labbra. L’espressione
della fidanzata tornò ad animarsi.
“Hai in mente qualcosa che potrebbe
distrarmi?” chiese, appoggiandogli una mano sul petto.
Il ragazzo giocherellò con un lembo
della sua maglietta.
“Potresti contarmi le lentiggini…”
rispose infine, sfilandogliela.
Posy si mise a ridere.
“D’accordo!” acconsentì, cingendogli il
collo con le braccia. “Ma non quelle sul naso…”
Lo spinse contro il letto e si sistemò
sopra di lui, percorrendo con le mani i puntini chiari che gli accarezzavano la
pelle.
“Uno…” mormorò, sfiorandogli una spalla
con le labbra. Scese ancora, baciandogli il torace.
“Due…”
*
“Secondo me sa leggere”.
Johanna si sdraiò sul letto e si girò
su un fianco, per voltarsi verso il fidanzato.
Gale sospirò e gettò la sua maglietta
sulla sedia. Non aveva voglia di riprendere quel discorso con lei, non quella
sera. Si sentiva particolarmente rilassato, per via della bella giornata appena
trascorsa in compagnia della sua famiglia. L’atmosfera in casa aveva continuato
a sembrargli allegra e distesa perfino a cena e ne era rimasto sorpreso: era
convinto che, prima di uscire, Rory avesse giocato
qualche tiro mancino ai due adolescenti, ma Posy e Dru
sembravano troppo sereni, perché potesse essere successo qualcosa di simile.
Si arrese comunque, perché sapeva che,
se Johanna voleva parlare, non sarebbe riuscito facilmente a farla desistere.
“E anche se fosse?” rispose infine, sedendosi
di fianco a lei. “È chiaro che per ora non ci voglia dire niente. Quindi, lascia
stare.”
“Non vuole parlarne, perché non è scemo
e ha capito che questa cosa a te non sta bene” replicò Johanna, intrecciando le
dita dietro la nuca. Gale le rivolse un’occhiata perplessa.
“Non ho mai detto che non mi stia bene”
ribatté, mettendosi a braccia conserte. “Io sono fiero di lui. So che è molto
intelligente, ma ha solo quattro anni. Non voglio rischiare di dimenticarmene:
non voglio che venga trattato come un adulto, solo perché è troppo sveglio per la
sua età…”
Johanna roteò gli occhi, ma non disse nulla. Sapeva come
mai Gale facesse quel genere di discorsi e, anche se non li condivideva del
tutto, non aveva voglia di approfondire.
“A proposito di bambini che fanno cose da adulti …”
incominciò con un ghigno, voltandosi dall’altra parte, per aprire il cassetto
del suo comodino. “…Credo proprio che la tua adorata sorellina sia diventata
grande. Sono piuttosto sicura che lei e il suo pel di carota abbiano usato uno
dei nostri preservativi, questo pomeriggio.”
“Non parliamone, per favore...” mormorò Gale, passandosi
una mano sugli occhi. “…Non voglio saperle, queste cose.”
Johanna lo squadrò con malizia.
“Va bene, non parliamo…” lo accontentò, mettendosi a
cavalcioni su di lui. “…Facciamo altro.”
Si sfilò la maglietta - l’unica cosa che aveva
addosso, oltre a un paio di boxer del fidanzato - e la accantonò sul letto.
Gale la attirò a sé per baciarla, facendo scorrere le dita contro la sua pelle.
Johanna aveva appena incominciato a sbottonargli
i pantaloni, quando la voce di Rory spezzò il
silenzio.
“Tieni le mani a posto!” esclamò dall’armadio, disegnando
un’espressione infastidita sul volto della donna. In risposta, Johanna si
avvinghiò ulteriormente a Gale. Si udì un fruscio d’ali, dopodiché le ante del mobile
vibrarono leggermente.
“È di nuovo una ghiandaia…” borbottò l’uomo, lasciandosi
ricadere sul materasso.
“Troppo vicini… siete troppo vicini!”
gli gridò contro la voce di Rory. L’espressione di
Johanna si fece ancora più furente.
“E chi ce l’ha messa lì dentro, secondo te?”
sbottò, infilandosi la maglietta e raggiungendo l’armadio, per dare una manata
al legno dell’anta. “Fai le condoglianze a tua madre, Hawthorne,
perché sto per uccidere brutalmente uno dei suoi due figli maschi!” proruppe
poi, scacciando la ghiandaia con le mani.
“Veramente ne ha tre di figli maschi…” le
ricordò il fidanzato.
“Fa lo stesso” ribatté la donna, prima di uscire
dalla stanza, sbattendo la porta. Gale sorrise e chiuse gli occhi, intrecciando
le dita dietro la nuca: non avrebbe mai voluto trovarsi al posto di suo
fratello.
*
“Hawthorne!”
Il grido di Johanna impregnò il silenzio del
soggiorno, facendo rabbrividire Dru. D’istinto, il
ragazzo ritirò il braccio che aveva sistemato attorno alle spalle della
fidanzata. Tornò a rilassarsi solo quando la donna si fiondò in corridoio,
senza degnarli di uno sguardo.
Posy ridacchiò fra sé, prima di chinarsi su di
Joel, per controllare che la sfuriata di Johanna non l’avesse svegliato: si era
addormentato sul divano mentre stavano guardando un film tutti e tre assieme. Continuò
a dormire anche quando le esclamazioni di un confuso Rory
- quello vero, questa volta - riempirono il corridoio, alternate alle minacce
di Johanna e a dei tonfi preoccupanti.
“Non credi di essere stata un po’ troppo
cattivella, con lui?” sussurrò Dru all’orecchio di
Posy, senza riuscire a trattenere un sorrisetto. La ragazza scosse la testa.
“Se lo meritava” rispose, appoggiando la testa
contro la spalla del fidanzato. “E poi, se lui è il figlio di mezzo, io sono la
più piccola. E il compito dei fratelli minori è quello di rompere le scatole,
no?”
Sorrise sbarazzina e Dru
scosse il capo con espressione rassegnata, prima di darle un bacio sulla
fronte.
Posy tornò a seguire il film, senza riuscire a
concentrarsi del tutto. Il pensiero dell’imminente ritorno a casa le sembrò
tutto a un tratto meno triste: non vedeva l’ora di raccontare al resto della
famiglia la strana storia della ghiandaia Rory Hawthorne.
Note conclusive.
Questa
storia, tanto per cambiare, è un po’ stramba (nonché incredibilmente lunga L ) , ma questo turno mi ha messa particolarmente in
crisi! Dovevamo descrivere l’incontro del nostro personaggio con un ibrido ed
essendo il mio personaggio una bimba di quattro anni, non sapevo più che pesci
pigliare xD Non amo molto le what-if?
e mi dispiaceva scrivere di una Posy piccola che vede in tv - o magari in un incubo - qualche ibrido e si
prende paura, perciò ho cercato di interpretare la traccia in maniera
diversa. So che le ghiandaie chiacchierone
sono tecnicamente estinte (o, meglio, essendo esemplari solo maschi si sono
accoppiate con gli uccelli mimo e alla fine sono rimaste solo più le ghiandaie
imitatrici), per questo Gale accenna agli esemplari tenuti nei laboratori di Capitol City. Le ghiandaie non sono esattamente l’emblema
dell’originalità, lo so, ma ci tenevo a
scrivere di qualche ibrido in una chiave più positiva e un po’ meno paurosa xD
E
poi… Lo ammetto, avevo la nostalgia della Principessa Rory
dai lunghi capelli rosa u_u E dei suoi battibecchi
con Johanna. E di Joellino. E di… tutti.
Rory l’ho
sempre immaginato un po’ un gelosone con la sorellina,
forse perché da quando Gale si è trasferito nel Distretto 12 è diventato un po’
l’uomo di casa e quindi si sente responsabile di Hazelle
e dei fratellini.
Joel
è molto piccolo in questa storia, ma è un bambino particolarmente dotato, e lo
si noterà poi soprattutto quando è un po’ più grandicello. E in questo periodo
sta effettivamente cercando di imparare a leggere. Gale è un po’ in apprensione
per via dell’inconsueta maturità del figlioletto, perché ci tiene a fargli
vivere a pieno la sua infanzia, visto che lui e i suoi fratelli, avendo vissuto
in un contesto completamente diverso, sono stati costretti a crescere troppo in
fretta.
Ok, ho detto tutto,
credo. Non mi sento particolarmente
ottimista nei confronti di questa storia, perché so che è troppo lunga e
chiunque si fermerà a praticamente subito, ma se siete fra quei pochi
coraggiosi che sono arrivati fino a qui vi ringrazio infinitamente, significa
davvero tanto per me <3
Un abbraccio e a presto!
Laura
[1] Gale nel
mio head-canon personale è diventato pilota. Ha prima
frequentato un’accademia di aeronautica per diventare pilota militare e poi,
dopo gli anni obbligatori di servizio, è passato a essere pilota di linea.