Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
Ho scritto
lettere piene d'amore.
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
G. Ungaretti
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
Ho scritto
lettere piene d'amore.
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
G. Ungaretti
La notte era appena scesa languida e dolce sul campo.
La terra brulla e devastata risplendeva alla luce della luna oscurata di tanto in tanto da qualche nuvola capricciosa e ravvivata dal luccichio del filo spinato
Le trincee si susseguivano simili a graffi sul terreno.
Solo una piccola luce gialla si alzava da quei buchi insieme al sentore di morte.
L’uomo, che poco prima era un ragazzo, stava addossato alle pareti di quella fossa comune, le mani congestionate dal freddo si muovevano frenetiche intorno alla lampada alla ricerca di un po’ di calore.
La luce gli invadeva il viso, gli occhi una volta vispi e allegri, erano spenti vitrei, consumati dalle lacrime che scendevano fredde e dolorose sugli zigomi alti e le guance scavate. La fronte corrugata dalla stanchezza, la bocca contratta secca e sottile ormai pallida, quasi violacea.
Le dita lunghe e nodose percorrevano il volto tirando la pelle, comprimendo le orecchie e chiudendo gli occhi quasi a volerli estirpare.
Tutto per distogliere lo sguardo dalla figura buttata al suo fianco. Un compagno, ormai cadavere, percorso da ferite, il sangue raggrumato si mescolava al fango e al sudore andando a imbrattare la divisa, una volta bella e regale, ora sgualcita e dilaniata. Il volto irrigidito incolore e immobile in una fotografia d’orrore e dolore. Gli occhi sbarrati fissi, la pelle pallida tirata e la bocca digrignata in una risata malsana e macabra.
Tutto per distogliere la vista da quella figura, che, anche se trapassata, rilasciava angoscia e timore intorno a sé.
Percorso dai fremiti si girò di scatto ed estrasse dalla tasca un pezzo di carta logoro e sporco percorso dalla graffite; c’erano segni dolci, affettivi, pieni d’amore e tristezza.
Una lacrima nuova scende dall’occhio a irrigargli il volto fino al mento.
La paura lo attanagliò nell’ora più buia e la tristezza salì.
Vide il mondo scorrere via, lontano ed intoccabile.
Non è mai stato tanto attaccato alla vita come ora che la vede sul punto di scappare da un momento all’altro.
Il buio si ruppe, il filo d’oro irruppe all’orizzonte.
La veglia è finita.