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Autore: fusion    15/10/2008    4 recensioni
A Vegeta viene affidato un compito apparentemente molto semplice. Peccato che gli imprevisti capitano e non sempre le cose vanno nel verso giusto.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bra, Bulma, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL BELLO DELLA DIRETTA

IL BELLO DELLA DIRETTA

 

Scena tre: “Per finire in bellezza”. Motore… Azione!

 

I festeggiamenti erano proseguiti fino a tardi, ovviamente senza il Principe dei Saiyan, tempestivamente dileguatosi prima di porre fine non solo alla festa, ma all’intera razza umana. Con tutta probabilità il pensiero l’aveva a dir poco sfiorato, a giudicare dall’occhiata minacciosa che aveva riservato alla sua famiglia, uscendo dal salotto un paio d’ore prima; tuttavia, considerata la situazione, tutto lasciava credere che avesse al contrario reagito fin troppo bene.

Il sorrisetto divertito sul volto di Bulma, che camminava per i corridoi della Capsule a tarda sera, visibilmente assorta in qualche riflessione, pareva rivelare proprio un pensiero del genere. La donna appariva piuttosto provata dalla lunga giornata appena trascorsa; ciò nonostante, la sua espressione era invece distesa e assolutamente serena. Quell’abbozzo di sorriso, poi, che non accennava a scomparire, aveva assunto pian piano una sfumatura sempre meno beffarda, fino a trasformarsi in un sorriso felice, semplicemente; allo stesso modo in cui le “notizie del giorno”, esaurito l’effetto comico che avevano suscitato in un primo momento, avevano finito per assumere un significato ben più importante.

Bulma si era ritrovata ad ammettere di avere un po’ esagerato con Vegeta, quel pomeriggio, quando gli aveva rivolto quelle accuse così categoriche. La sua sola presenza alla festa aveva avuto già di per sé il potere di risollevarle del tutto il morale, ma le notizie del telegiornale le avevano dato la conferma incondizionata che, in fondo, lui ci aveva seriamente provato; e probabilmente non si era presentato alla festa spinto soltanto da qualche specie di senso di colpa. Ora era lei a sentirsi vagamente in colpa per quello che gli aveva urlato contro. Conoscendolo, doveva essergli costata un’enorme fatica tutta quella storia; e in quel momento, visto il particolare epilogo di quella strampalata avventura, il suo umore doveva essere decisamente pessimo.

Senza troppa fretta, Bulma si era infine decisa a cercarlo, dopo aver considerato che probabilmente sarebbe stato meglio andare a vedere dove si fosse cacciato e, soprattutto, in che stato versasse davvero il suo umore, prima che peggiorasse irrimediabilmente.

Sovrappensiero, fu solo in quel momento che si accorse che la piccola Bra stava piangendo, quando svoltò istintivamente verso la zona in cui si trovavano le camere da letto. Si riscosse all’improvviso e si diresse a passo spedito verso la stanza della piccola, ipotizzando che avesse avuto qualche incubo e convinta di risolvere la questione in pochi minuti. La mano sospesa a mezz’aria, nell’atto di afferrare la maniglia della porta e spalancarla, si bloccò però in un istante, non appena sentì la voce di Vegeta. Trasalì lievemente per la sorpresa, prima di ritrarre istintivamente la mano e fermarsi accanto alla porta socchiusa. La sua espressione, in un primo momento assolutamente sbalordita, assunse in meno di un secondo una sfumatura evidentemente incuriosita. Non riuscì a fare a meno di restarsene in disparte e di mettersi a sbirciare, decisamente interessata a quello che stava succedendo in quella stanza.

“Insomma! La vuoi smettere di piangere?! Dannata mocciosa! Ho detto di piantarla!” sbraitò Vegeta, in piedi accanto alla culla della bambina. Il suo stato emotivo era evidentemente ancora pessimo; in aggiunta a ciò, l’agitazione e l’imbarazzo dovuti al panico, visto che non aveva idea di come tappare la bocca della piccola peste, erano chiaramente leggibili sul suo volto.

Bra pareva proprio non volerne sapere di smettere di piangere. Gli occhioni tristi e colmi di lacrime fissarono il padre letteralmente in preda alla disperazione. Tuttavia non sembrava affatto il tono di lui la causa di tanta infelicità; era piuttosto evidente che la bambina si trovasse alle prese con ben altri, gravosi problemi. Appoggiata in equilibrio precario alle sbarre della culla, a cui si reggeva a malapena sussultando tra un singhiozzo e l’altro, tornò a fissare insistentemente un oggetto sul comodino, troppo distante. Pareva intenta nel disperato quanto inutile sforzo di allungare le braccine attraverso le sbarre. Con i lineamenti del visetto paffuto concentrati e tesi, seguitava a piangere inconsolabile e a stendere le braccia, per poi tornare a disperarsi ancora più intensamente, farfugliando qualche parola con la voce rotta dal pianto. Tra queste, un orecchio allenato avrebbe potuto distinguere un suono simile a unksss.

“Che accidenti…” parlottò tra i denti il padre, nettamente in difficoltà. Dove sono i nemici come Majin-Bu quando servono?!? Sostenere un combattimento all’ultimo sangue era sicuramente meno problematico che dover affrontare una mocciosa isterica.

Ringhiò frustrato, colto quasi dalla disperazione, non sapendo più come risolvere la situazione. Infine, dopo diversi istanti, si accorse che l’attenzione della figlia era rivolta al comodino. Scostò lentamente lo sguardo, scoprendosi ad osservare un pacchetto. Lo riconobbe subito, ma nonostante la famigliarità di quel particolare involucro non riuscì immediatamente a comprenderne la provenienza. Fu solo dopo qualche secondo che si ricordò quale fosse l’origine del misterioso pacchetto. Il regalo di Trunks. “Dacci un taglio, mi hai sentito?” sbottò all’indirizzo della bimba, afferrandolo.

Quel semplice gesto sembrò avere l’efficacia di un Final Flash. Il pianto disperato della piccola scemò di colpo e la sua espressione mutò improvvisa e in un istante, ritrovando un’intensa concentrazione. Cominciò ad agitarsi notevolmente, seguitando a protendersi verso l’oggetto con più foga di prima. Lo sguardo che rivolse a suo padre, umido di pianto, si illuminò speranzoso.

“Pà?”. Sembrava gli stesse chiedendo insistentemente, ancora tra i singhiozzi, proprio ciò che il Saiyan reggeva tra le mani.

Vegeta si ritrovò ad osservare la figlia per alcuni secondi, studiandone la reazione improvvisa; rivolse poi la sua attenzione al pacchetto che teneva fra le mani, per tornare di nuovo a scrutare la bambina un attimo dopo. Nel momento in cui abbassò nuovamente lo sguardo sul pacchetto la sua espressione si rabbuiò leggermente.

Il regalo. Ecco la fonte di tutti i suoi guai, proprio lì nelle sue mani.

La confezione pareva essere stata già aperta e richiusa con cura, probabilmente da Bulma, e Vegeta sembrò associare definitivamente quel ridicolo involucro a suo figlio maggiore. La voce di Trunks prese improvvisamente a risuonargli nella testa e tutti gli elogi su quell’insignificante oggetto in cui si era profuso suo figlio gli tornarono alla mente in una sola volta. Sollevò per un momento lo sguardo per guardarsi intorno, con un’espressione tutt’altro che determinata; sembrava vagamente preoccupato di essere visto da qualcuno, quasi fosse un ladro. Solo dopo alcuni istanti, ancora titubante e con un’aria decisamente sospettosa, si decise ad aprire il pacchetto e ad osservarne il contenuto. Ciò che a detta del figlio avrebbe dovuto essere il “regalo perfetto”, si rivelò infine essere un banale elastico per capelli, abbellito da due piccole, semplicissime palline rosse.

“Hn, e questo sarebbe lo stupido regalo del moccioso?!?” bofonchiò tra sé senza più prestare attenzione alla figlia.

La piccola Bra cessò definitivamente di singhiozzare, focalizzando il meraviglioso manufatto colorato fra le mani di suo padre. Non aveva smesso però di agitarsi e tendere le manine verso l’oggetto dei suoi desideri, ormai evidentemente ansiosa di ricevere finalmente attenzione. Se l’espressione della bambina appariva ormai sorridente e felice, dopo qualche secondo cominciò a manifestare una certa impazienza, accorgendosi che il padre non si decideva a porgerle il regalo. L’ennesima sequela di parole sconnesse della piccola assunse a quel punto un tono allegro ma ansioso, che pareva sottolineare una certa sorpresa riguardo agli indugi del Saiyan, considerato come fosse ormai evidente che l’uomo avesse capito ciò che voleva. La parola papà, che riuscì a pronunciare con estrema chiarezza, aveva assunto un’inflessione quasi indispettita.

“Che vuoi?” brontolò quasi si fosse appena ricordato della sua presenza. Nell’osservarla, però, si accorse di una ciocca di capelli che le ricadeva sul viso. Dimenticandosi di tutto il resto rimase a fissarla per un po’, per poi  rivolgere di nuovo la sua attenzione sull’oggetto così desiderato, ancora nelle sue mani. Ora tutto aveva un senso. Decisamente riluttante e impacciato, consegnò l’elastico alla figlia; e quando la piccola Bra afferrò l’oggetto, non poté fare a meno di ritirare velocemente la mano, come se rischiasse di bruciarsi.

Non appena Vegeta aveva allungato la mano verso di lei, in realtà, la piccola Bra si era fatta raggiante di gioia. Con non poche difficoltà per mantenere l’equilibrio e un’aria estremamente concentrata e decisa, aveva afferrato goffamente l’agognato elastico, non mancando di rivolgere un intenso sorriso a suo padre. L’espressione radiosa della piccola era di certo uno dei migliori “grazie” che il Principe dei Saiyan avrebbe mai sperato di ottenere, se soltanto mai in vita sua avesse pensato di ottenerne uno anche solo per sbaglio. Tuttavia, Vegeta si trovò involontariamente a notare come quel sorriso somigliasse piuttosto ad una manifestazione di orgoglio; pareva voler semplicemente significare “Non trovi anche tu che sia bellissimo? Ed è mio!”. Quella vaga sensazione lo costrinse a fermarsi per un momento ad osservare la piccola, incuriosito da ciò che avrebbe fatto con quello che a lui pareva un oggetto fondamentalmente inutile, nonostante tutto.

Che cosa la bambina volesse farne di quell’elastico, in realtà, appariva un mistero anche per lei, visto che la sua espressione si fece estremamente concentrata e lo sguardo si corrucciò assorto, mentre studiava l’oggetto nei dettagli. Dopo qualche momento di attenta riflessione, la piccola tornò a sollevare gli occhi azzurri su suo padre, sorridendo con un’inflessione lievemente interrogativa. Nel contempo, si appoggiò l’elastico sulla testolina con fare deciso, cercando intanto di scorgere l’effetto che aveva ottenuto; sollevò infatti ulteriormente lo sguardo, assieme al mento, in un goffo tentativo di guardarsi la sommità del capo. Ovviamente, con sua somma meraviglia e disappunto, l’elastico cadde dopo appena un istante sul lettino.

Bra non sembrò però scomporsi troppo né darsi per vinta per un così banale inconveniente, in un primo momento. Con una certa fatica riuscì a raccoglierlo senza cadere e ripeté l’operazione con la stessa cura e attenzione; ma la sua espressione perplessa di fronte a quell’identico fallimento, si fece a quel punto decisamente più marcata. Per un momento si voltò nuovamente verso suo padre, con uno sguardo che era sulla buona strada per inumidirsi e rattristarsi in modo irreversibile. Gli occhi della piccola parvero rivolgergli una domanda implicita la cui risposta appariva tristemente al di là della sua portata. “Ma perché quando l’ha messo la mamma non cadeva?” Potendo articolare una frase di senso compiuto, la piccola avrebbe certamente rivolto questo interrogativo a suo padre, o meglio, all’intero universo. Agli occhi di Vegeta però, quello sguardo poteva apparire soltanto come una specie di richiesta incomprensibile.

Il Principe restò in silenzio a fissare l’intera scena con la netta, pessima sensazione che la cosa sarebbe presto degenerata. Al solo pensiero, dopo aver incrociato gli occhi della figlia, la sua espressione si tramutò in una smorfia dal dubbio significato. Che fosse schifato o semplicemente a disagio non era facilmente comprensibile. “Beh’? Che accidenti vuoi ancora?” brontolò.

La piccola afferrò l’elastico per l’ennesima volta e lo fissò per un momento sconsolata. Sentendo le parole di Vegeta glielo porse con un’espressione interrogativa e turbata. Le piccole labbra della bambina s’incresparono, tremando sull’orlo del pianto, e i suoi occhi cominciarono ad inumidirsi di goccioloni salati. Quella domanda cominciò a trasformarsi in una sorta di disperata speranza. “Forse tu sei bravo come la mamma, anche se non si direbbe”. Probabilmente, il fatto che la piccola non riuscisse a riferire esattamente quella riflessione al Principe dei Saiyan, sarebbe stato da considerarsi un fatto positivo, visto che esisteva gente nell’universo che aveva passato un brutto quarto d’ora per molto meno. Di fatto, ancora una volta, quegli occhioni, sul punto di versare copiosamente calde lacrime di delusione, comunicarono al suo interlocutore soltanto un’estrema supplica.

Sì, decisamente l’espressione di Vegeta era a quel punto dettata dal disagio o, più verosimilmente, dal panico. Istintivamente allungò la mano verso la piccola, ma un attimo prima di raggiungere l’oggetto che gli veniva offerto, la ritirò e si pietrificò fissando sua figlia, immobile. Ripeté l’operazione pochi secondi dopo, ma solo al terzo tentativo riuscì ad afferrare il fermaglio. Lo osservò per un momento, palesemente disgustato e perplesso.

Come diavolo funzionava quel coso?!

All’atto pratico, le competenze del Principe dei Saiyan sull’argomento “fermagli per capelli” erano se possibile pari a quelle della piccola Bra; più verosimilmente piuttosto, la bambina ne sapeva di gran lunga più di lui sull’utilizzo di quell’affare. Questa era la drammatica verità.

Nonostante tutto però, un sorriso carico di aspettativa si stampò all’istante sul volto della piccola, ignara delle perplessità del Principe, nel momento in cui Vegeta afferrò l’elastico. La bambina farfugliò nuovamente qualche parola confusa, chiaramente all’indirizzo di suo padre, tra cui la parola “papà”, questa volta sussurrata appena, aveva un tono estremamente dolce. L’espressione con cui lo fissò, in evidente attesa, pareva la celebrazione stessa dell’amore incondizionato e della fiducia.

Vegeta si rese conto troppo tardi che guardare sua figlia negli occhi sarebbe stato un grave, gravissimo errore. Se ne accorse quando ormai quegli occhioni colmi di affetto l’avevano totalmente catturato, mentre i suoi tradivano ormai il panico più totale.

Insomma, quel coso era un dannato problema! L’unica cosa che il Principe dei Saiyan era riuscito ad afferrare con certezza era solamente il fatto che servisse per i capelli. Ma, ok… Ok. Ragionare con calma poteva essere una soluzione. Accidenti! Non doveva poi essere così difficile se anche Trunks sapeva a che diavolo serviva! Con calma, giusto… Capelli, ciocche… Forse…

Il volto del Saiyan tradì per un attimo un guizzo impercettibile nei lineamenti. Vegeta sembrò riflettere per un paio di secondi ancora, prima di ripiombare in uno stato di notevole disagio. La sua espressione lasciava intendere che, probabilmente, l’aver intuito il corretto utilizzo di quell’elastico per capelli non l’avesse messo in una posizione migliore rispetto a qualche istante prima. Osservò la piccola Bra deglutendo sonoramente e fece un passo nella sua direzione, manifestando peraltro in modo evidente l’intenzione esattamente contraria di trovarsi altrove, possibilmente molto lontano da quella stanza. Afferrò una ciocca di capelli della bambina con notevole imbarazzo, con due dita soltanto, e la fece passare attraverso l’elastico, reggendolo come se la sua temperatura avesse superato i mille gradi. Fortunatamente tuttavia, quel modo goffo e stravagante di procedere riuscì ad essere comunque efficace e a rimuovere, definitivamente, i capelli che ricadevano sul volto della bambina.

Nemmeno fosse stata in gioco la sua vita, non appena terminò la delicata operazione, il Principe dei Saiyan si allontanò di scatto con un passo indietro. La sua espressione ancora turbata rivelava senza ombra di dubbio che avere a che fare con Freezer, o chi per lui, sarebbe stato decisamente qualcosa di meno problematico e, soprattutto, qualcosa da affrontare con molto più coraggio.

La reazione di Bra, per tutta risposta, fu invece a dir poco entusiasta. La piccola, lasciando la presa sulle sbarre della culla per rivolgere un caloroso applauso al suo eroe personale, finì per cadere goffamente seduta sul lettino. Con il suo meraviglioso elastico fra i capelli, mentre era intenta a ritrovare una posizione relativamente stabile, riuscì a rivolgere a suo padre un sorriso talmente raggiante e colmo di gioia che non aveva bisogno di essere interpretato ulteriormente. L’espressione che comparve sul suo volto un secondo dopo pareva l’immagine della soddisfazione. “Papà” fu ancora una volta la parola più comprensibile fra quelle che fu capace di pronunciare, ma il tono del suo discorso era inequivocabilmente permeato di gratitudine e di affetto, ed aveva chiaramente l’inflessione di chi era in attesa di una risposta.

La smorfia che le rivolse Vegeta appariva però tutt’altro che l’emblema della felicità. Con un gesto nervoso incrociò le braccia, tornando ad assumere un atteggiamento fiero e composto, tipico del Principe dei Saiyan, quantomeno per nascondere il totale disagio. “Che vuoi ancora?” domandò con distacco.

Per nulla turbata dall’espressione burbera del padre, la piccola si limitò a sorridere ancora più intensamente. Se non fosse stata una bambina di appena un anno, la sua espressione soddisfatta si sarebbe potuta quasi scambiare per una manifestazione di amor proprio. “Sono bella con questa cosa meravigliosa sulla testa!” Parevano comunicare quegli occhi azzurri, letteralmente raggianti, fissi in quelli di suo padre.

Vegeta scrutò la bambina per alcuni secondi. Ok, quel coso le stava bene, per quanto relativamente potesse saperne lui. “Tsk, a che ti serve essere così vanitosa?” mormorò in una tonalità asettica.

Bulma non aveva perso nemmeno una sillaba, un gesto, di ciò che era appena avvenuto in quella stanza. Era rimasta ad osservare la scena dal sottile spiraglio della porta socchiusa, in silenzio, come ipnotizzata. Per tutto il tempo, un sorriso intenerito e a tratti divertito aveva accompagnato il dialogo fra Vegeta e la loro figlia in ogni parola, sguardo, movimento; senza osare quasi respirare per non turbare quel momento, Bulma se ne stava immobile, completamente rapita da ciò a cui aveva appena assistito.

Fu quell’ultima frase che la riscosse improvvisamente e in modo inaspettato. La riconobbe, identica quella che era stata rivolta a lei non troppo tempo prima, dallo stesso uomo. La ricordò con un tuffo al cuore, mentre i suoi ricordi si tuffavano a loro volta in quel passato recente. No, non l’aveva dimenticata.

 

“…stavo pensando che potevamo rifare la camera qui accanto. Tu cosa ne pensi? In fondo non la usiamo mai, sarebbe perfetto, non trovi?” propose, concentrata in un discorso apparentemente insignificante e privo di ogni logica. I suoi occhi si posarono sullo specchio e sulla sua immagine riflessa. Una mano scostò una piccola ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre, con l’altra, reggeva saldamente un oggetto, che aveva continuato ad agitare insensatamente durante l’intero discorso. Le sue parole denotavano un certo entusiasmo; confermato, peraltro, da un intenso sorriso che le illuminava il volto. “Mi stai ascoltando?” chiese poi, a prima vista rivolgendosi al vento. “Sarà sufficiente ridipingere le pareti, non credo ci vorrà molto, non sei d’accordo?” continuò imperterrita nel suo discorso, “Tesoro?”.  Si affacciò infine dalla porta del bagno, osservando la camera adiacente e passando in rassegna tutta la stanza con lo sguardo. I suoi occhi si fissarono poi in un punto con un’espressione interrogativa, chiedendo conferma, lì dove una figura se ne stava seduta, immobile. “Cosa ne pensi, Vegeta?” domandò al diretto interessato.

Lui era comodamente seduto sul bordo del letto, con le braccia incrociate sul petto, in apparenza disinteressato. La sua espressione sembrava lievemente annoiata, ma a un attento osservatore avrebbe comunicato più che altro un’assoluta tranquillità. “Fa quello che ti pare” rispose, sollevando lo sguardo solo leggermente, quel tanto che bastava a soffermarsi sulla figura di lei. Il tono con cui pronunciò quella frase, piatto e atono, sembrò voler liquidare la faccenda il più in fretta possibile.

Lo osservò ancora per un momento, interpretando il suo sguardo. Sorrise raggiante, per poi tornare automaticamente a rivolgersi all’oggetto che reggeva ancora tra le dita sottili; con delicatezza, quasi con la paura di romperlo. Il test di gravidanza, inequivocabilmente positivo, rifletté ancora una volta un sorriso sereno e felice sul suo volto. Sparì un attimo dopo dietro la porta del bagno e ne uscì definitivamente dopo appena un altro istante, giusto il tempo di separarsi da quell’oggetto, con l’intento di continuare il discorso a tu per tu col suo interlocutore.

“Non sarà un problema comprare dei mobili nuovi…” riprese a parlare, assolutamente certa di avere l’attenzione di lui. Entrò definitivamente nella camera da letto, soffermandosi a osservare lo specchio accanto alla porta del bagno. I suoi occhi scrutarono nuovamente la sua immagine, questa volta riprodotta per intero,  e si trovò a smettere di parlare, senza un apparente motivo. Una mano si posò, con un gesto automatico, sul grembo.

Lui si era alzato, intanto, intenzionato piuttosto a tornare alle sue occupazioni. Visibilmente poco interessato a mobili, colori delle pareti e simili argomenti di conversazione, pareva sul punto di andarsene, manifestando implicitamente che, da parte sua, il discorso non aveva alcun motivo di proseguire. Aveva esitato solo un momento tuttavia, indugiando anch’egli sulla figura di lei nello specchio; pareva non avesse potuto farne a meno. La sua espressione, come sempre imperscrutabile, aveva tradito nonostante tutto un susseguirsi impercettibile di emozioni diverse. Il suo sguardo si era posato sulle gambe nude di lei, percorrendole con una lentezza e con un’espressione inequivocabile fino all’orlo della minigonna, ma aveva esitato su quella mano, assorto per un attimo in qualche riflessione di tutt’altra natura.

“Vegeta…” il suo tono di voce, che fino a pochi istanti prima rappresentava l’emblema della felicità, cambiò decisamente tonalità. Una leggera inclinazione malinconica tradì una punta di tristezza. Non aveva distolto lo sguardo dalla sua immagine riflessa, nemmeno per un istante; continuava a scrutarla con attenzione. L’età non era più quella di una ragazzina, lo si leggeva chiaramente nei lineamenti del suo viso; di certo non era più nel fiore degli anni. Lentamente il suo sguardo si posò sulla mano, ancora stretta sul grembo, indugiando per diversi secondi. Infine la sua attenzione fu catturata dalla figura del compagno rispecchiata alle sue spalle. “E se… non ci riuscissi?” ebbe il coraggio di dire, dopo qualche momento.

Il volto di lui aveva tradito immediatamente una reale sorpresa. Il lieve inarcarsi di un sopracciglio denotò infatti, sul volto del Saiyan, una certa perplessità. Nonostante ciò, lui, si limitò a fissarla tramite lo specchio, senza manifestare alcuna emozione evidente. “Che ti prende adesso?” chiese leggermente seccato.

Lei rispose abbassando malinconicamente lo sguardo per un momento, “E se non riuscissi a tornare più come sono adesso? Non sono più una ragazzina, Vegeta” mormorò solo qualche istante dopo, voltandosi a guardarlo. Era sul punto di piangere. “Se andasse tutto storto? Io… non voglio diventare grassa e brutta”.

Quelle ultime parole sembrarono conferire all’espressione di lui un maggiore fastidio e una palese irritazione. Di nuovo, un occhio più attento avrebbe notato invece un lieve moto di preoccupazione in quello sguardo seccato, che non era riuscito a nascondere del tutto.

Una piccola lacrima solcò il suo candido visto, “E… e tu cosa ne sai?” piagnucolò tra i singhiozzi, interpretando quello sguardo “N… non sono un Saiyan come voialtri… io…” continuò. Intanto, quella che doveva essere solo una lacrima solitaria, si tramutò ben presto in un pianto isterico e incontrollato. Svelta, si passò una mano sugli occhi, nel vano tentativo di controllarsi ed eliminare almeno i segni delle lacrime. “Potrei non avere più questa forma fisica… ingrasserò, diventerò una palla, e tu… tu non mi capisci… andrà tutto storto, già lo so…” si lagnò tra i singhiozzi, sempre più convulsi. Una ciocca di capelli le cadde sul viso, e lei la scostò con un gesto nervoso. “Insomma, guardami Vegeta… sta già cominciando ad andare tutto male… guarda… lo vedi?!” insistette, portandosi anche l’altra mano nella folta chioma celeste. “Questi maledetti capelli! Non li ho mai avuti così brutti!” piagnucolò ancora.

Lui aveva ascoltato quello sfogo in silenzio, fissandola corrucciato e con le braccia incrociate sul petto, senza distogliere lo sguardo. Dopo quella che poteva sembrare la conclusione del discorso, aveva continuato a fissarla per qualche istante ancora, impassibile, come volesse tacitamente accertarsi che avesse finito davvero. La squadrò poi da capo a piedi; sembrava quasi cercasse di imprimere la sua immagine nella memoria, senza fretta. Solo dopo, fece un passo verso di lei. Le afferrò i polsi con un gesto brusco e improvviso, che la fece trasalire, e le abbassò deciso le mani lungo i fianchi, senza allontanarsi né allentare la presa. I suoi occhi, fissi in quelli di lei, la sfidarono letteralmente a ribattere a ciò che stava per dire.

“Sei una stupida!” affermò deciso, senza distogliere lo sguardo. Lei smise di singhiozzare senza volerlo.

“Tsk” sbuffò, lasciandole le mani e facendo un passo indietro, “A cosa ti serve essere così vanitosa?” quella domanda suonò come un’affermazione; aveva un tono quasi di rimprovero e di sdegno, ma il suo sguardo, che aveva percorso lentamente la sua figura per poi tornare sui suoi occhi, esprimeva eloquentemente tutt’altro che disprezzo. Infine, come se nulla fosse, uscì dalla stanza.

Lo osservò scomparire oltre la porta e tornò lentamente alla calma. Ripensò al comportamento dell’uomo e un piccolo sorriso si fece largo sul suo viso, “Grazie” mormorò dolcemente.

 

Un rumore improvviso all’interno della cameretta cancellò in un istante il riflesso di quel sorriso sul volto di Bulma, ridestandola dai suoi ricordi. Intuendo che Vegeta era sul punto di uscire dalla stanza di Bra, fu presa vagamente dal panico e si guardò intorno nervosa, passando in rassegna un milione di possibili scuse per giustificare la sua presenza nel corridoio. Lo scatto repentino con cui si allontanò istintivamente dalla porta tuttavia, non fu abbastanza fulmineo per evitare di essere beccata a spiare impunemente, da un Saiyan che faceva dell’essere costantemente diffidente e all’erta il suo stile di vita. Al Saiyan in questione peraltro, che finì inevitabilmente per notare la donna e la sua strana espressione, non era servito che un semplice due più due per intuire la situazione, conoscendo fin troppo bene le abitudini della sua compagna.

Bulma si era sentita rivolgere una sorta di ringhio sommesso, ma nulla di più. Vegeta infatti, che si era limitato ad augurarsi mentalmente di non essersi reso troppo protagonista dei divertimenti della donna, si fermò solo per un secondo a fissarla con la coda dell’occhio, incamminandosi lungo il corridoio e ignorandola come se nulla fosse.

“Ah Vegeta, eri qui?” domandò Bulma, fingendo di essere sorpresa ed ostentando naturalezza. Ignorò a sua volta, tra le altre cose, la terribile espressione del Saiyan e il fatto che non si fosse fermato; ma, soprattutto, si sforzò di rivolgersi a lui come se la presenza di Vegeta nella camera della figlia fosse del tutto normale. “Pensavo dormissi già” insistette, parlando ormai al vento, dato che il compagno si era già allontano. Conscia di non essere più ascoltata, decise infine di entrare nella camera di Bra.

Il Saiyan proseguì deciso verso la sua stanza, continuando a non prestarle la minima attenzione, fermamente intenzionato a tornare a fare ciò che stava facendo prima di essere disturbato, cioè dormire; non senza aver rivolto mentalmente qualche maledizione a Bulma e alla sua brillante idea di piazzare la camera della mocciosa a pochi passi dalla loro. A fare le spese dell’evidente nervosismo dell’uomo, furono ben presto sia la porta della sua camera da letto, spalancata con un gesto brusco e richiusa altrettanto delicatamente in meno di un secondo, sia le coperte, che furono scostate dal letto con un certo, malcelato disprezzo. Da ultimo toccò al cuscino, che venne sprimacciato in modo fin troppo energico e dovette cedere ben presto, sotto i colpi di un guerriero Saiyan risolutamente deciso a riprendere sonno al più presto. L’espressione irritata di Vegeta, nel momento in cui aveva chiuso gli occhi, appoggiando finalmente il capo sul povero guanciale, esprimeva chiaramente la sua ferrea intenzione di porre fine immediatamente a quella maledetta giornata.

Non passò che qualche istante, prima che Bulma entrasse a sua volta nella stanza. Gettò un’occhiata all’uomo, in apparenza addormentato, col chiaro intento di saggiarne l’umore. “Bra dorme” annunciò in tono tranquillo, lasciandosi andare ad un vistoso sbadiglio, per poi stiracchiarsi. “Sono stanca, è stata una lunga giornata” continuò parlando in modo naturale. Senza attendere alcuna reazione dal Saiyan, cominciò lentamente a svestirsi, tenendo sempre sotto costante osservazione il compagno, seppur solo con la coda dell’occhio.

Vegeta non si degnò peraltro di dare il minimo segno di vita; che stesse già dormendo o semplicemente avesse deciso di ignorare la donna fingendo di farlo, impossibile intuirlo a un’occhiata distratta. Tuttavia, Bulma non era certo il tipo da lasciarsi distrarre o ingannare, né tantomeno intimidire dall’indifferenza mostratale da Vegeta. Entrò tranquillamente in bagno e, pochi secondi più tardi, si udì chiaramente il rumore dell’acqua scorrere. “Bra era molto felice oggi. È stata una bella festa!” disse a voce alta, affinché anche il suo presunto interlocutore potesse sentirla. L’acqua smise di scorrere poco dopo. “Anch’io mi sono divertita molto” continuò a parlare a distanza. Il tono della voce risultò lievemente allusivo, ma questa volta appariva benevolo; non vi era alcuna traccia di malizia, né di cattiveria. Un istante dopo, uscì dal bagno indossando una sottoveste piuttosto succinta.

Con un gesto tanto istintivo quanto impercettibile, il Saiyan si limitò a partecipare a quella supposta conversazione sollevando appena una palpebra, quel tanto che bastava per osservare, o meglio sbirciare la compagna, mentre si muoveva per la stanza. Nel tentativo di seguitare ad ignorarla tuttavia, tornò quasi subito a chiudere gli occhi.

A Bulma, quella piccola reazione non era di certo sfuggita; ma, nonostante ciò, continuò a parlare con Vegeta come se nulla fosse, afferrando un indumento dal suo cassetto. “Le sono piaciuti tanto i regali! Quello di Trunks soprattutto!” affermò soddisfatta. Nel frattempo, con una serie di movenze studiatamente sexy, la sottoveste lasciò il posto a una camicia da notte ancora più succinta e provocante. Il tono della sua voce contrastava vivamente con i suoi gesti, naturalmente seducenti, che la donna fingeva di compiere con una spontaneità che aveva l’effetto di renderla ancora più attraente. “Pensa, l’aveva ancora in testa quell’elastico! Credo che non riusciremo più a toglierglielo!” affermò ridendo.

Vegeta, ormai avvinto da quelle movenze, si era ritrovato a schiudere gli occhi senza accorgersene, dimenticando completamente la fermezza dei suoi fieri propositi di ignorare la donna. A quelle ultime parole e alla risata di lei, tuttavia, la reazione del Saiyan ripiombò inevitabilmente e altrettanto involontariamente nell’irritazione. Quel dannato elastico non la smetteva di perseguitarlo! E quella maledetta storia non pareva avere fine! Con un immane sforzo rimase in silenzio; serrò la mascella in uno scatto nervoso, corrucciando le sopracciglia in un ennesimo, esasperato tentativo di mantenere la calma.

Bulma si fermò per un momento, quando i suoi occhi si posarono sullo specchio che rifletteva la sua immagine a figura intera, ed esitò un istante. “Sai?” continuò con un tono più pacato, “Era bello il vestito che hai scelto… Credo che domani andrò al negozio e lo comprerò. Sarebbe proprio carina con quel vestito”. Pronunciò quelle parole ancora una volta priva di ogni malizia, senza prenderlo in giro. “In fondo noi donne siamo vanitose!”. Questa volta la sua tonalità risultò divertita; osservò nuovamente Vegeta, un secondo dopo, con la coda dell’occhio.

La calma, a quel punto, era ormai un concetto lontano anni luce dal Principe dei Saiyan. L’impercettibile occhiata che aveva seguito le curve della compagna riflesse in quello specchio aveva acceso d’eccitazione lo sguardo dell’uomo solo per una frazione di secondo; con la stessa rapidità con cui un desiderio inequivocabile si era manifestato sul suo volto tuttavia, quello stesso accenno di turbamento aveva lasciato repentinamente il passo ad un cipiglio corrucciato che l’aveva spazzato via in un istante. A prima vista, lo si sarebbe creduto quasi volontario, tale era stato l’istantaneo cambio d’espressione. In una reazione improvvisa ed estremamente rapida, scattò mettendosi seduto. “Smettila di blaterare a vanvera! Mi hai stufato!” sbottò, visibilmente nervoso e un po’ imbarazzato, a causa dell’ultima frase di lei.

Bulma ignorò completamente la reazione brusca del compagno. Si voltò a guardarlo solo per un momento, con un’espressione perplessa. Infine si rivolse a lui come se gli stesse spiegando una cosa ovvia. “Non si può privare una bella ragazza di un bel vestitino, no, no!” affermò con rimprovero, “E poi, magari, se dico loro che sono la moglie dell’eroe che ha sventato così coraggiosamente la rapina, mi fanno anche lo sconto!”. Quell’ultima frase, infine, non poté evitare l’inevitabile. Le fu impossibile pronunciarla in modo serio e scoppiò in una fragorosa risata, non riuscendo più a trattenersi. Nonostante ciò, facendo appello a tutto il suo autocontrollo, Bulma si avvicinò e si infilò sotto le coperte subito dopo, sforzandosi di non incrociare lo sguardo di Vegeta e, soprattutto, di smettere di ridere.

Il Saiyan, in realtà, decisamente poco divertito e con un’espressione imbronciata, altrettanto impegnato a controllare tutt’altro istinto, si limitò ad emettere una sorta di ringhio sommesso, voltando di scatto il capo nella direzione opposta e incrociando le braccia al petto nervoso, ormai, in apparenza, irrimediabilmente irritato.

Pian piano la risata di Bulma si tramutò lentamente in un sorriso. Si soffermò ad osservarlo con un’espressione divertita, ma ogni traccia di malizia era di nuovo scomparsa dal suo volto. Dopo qualche istante però, il suo sguardo si accigliò lievemente in un moto di rimprovero esasperato. “Oh avanti tesoro! Sto cercando di chiederti scusa!” sbottò con un tono teneramente scocciato.

Per alcuni istanti, Vegeta sembrò accogliere con la più totale indifferenza quell’affermazione; lo sguardo rivolto di fronte a sé, evitò accuratamente di incrociare quello della compagna, che continuava a scrutarlo in attesa di una qualche reazione. All’attento esame della donna, non sfuggì tuttavia il lieve corrugarsi delle sopracciglia di lui, segno che quelle parole avevano sortito un certo effetto e che il Saiyan stesse riflettendo sul loro reale significato. Lo sguardo dell’uomo si distese impercettibilmente e si fece lentamente meno imbronciato e severo. Apparentemente assorto in qualche pensiero, la sua espressione concentrata finì per tramutarsi infine in una decisamente maliziosa, nel momento in cui si decise a voltarsi verso di lei. “Tsk, c’è modo e modo per chiedere scusa” affermò squadrandola con lentezza, decisamente allusivo e ormai chiaramente concentrato sulla sua camicia da notte.

Anche lo sguardo di lei si tinse per un momento di assoluta malizia; ricambiò l’occhiata carica di desiderio che le aveva rivolto Vegeta con un’espressione tra le più seducenti del suo repertorio. Ciò nonostante sembrò passargli per la testa qualche pensiero diverso, che le restituì quasi all’istante un’aria naturale e distratta. Parve riflettere su qualche cosa velocemente e ricominciò a parlare, come se nulla fosse; intenta nel frattempo ad aggiustare il cuscino, come seguendo meccanicamente con quel gesto le sue riflessioni. “Mica ti ricordi quanto costava quel vestito? Cioè, poi non m’importa quanto costa…” cominciò a farneticare tra sé e sé, immersa ormai nuovamente nelle sue elucubrazioni. Che il suo scopo fosse di fargliela pagare almeno un po’ anche lei o che lo facesse solo per di divertirsi, non sembrava avere poi molta importanza. Il risultato fu in ogni caso il leggero inarcamento di un sopracciglio da parte dell’ormai alquanto impaziente Principe, che la osservò per un momento assolutamente incredulo e quasi del tutto spiazzato. “Chissà se c’era anche in rosso? Bra sta così bene in rosso…” continuò lei, senza sosta, con il chiaro intento di non smettere tanto presto.

Vegeta tornò, inevitabilmente, a corrucciarsi irrequieto per un momento. Quella donna aveva un modo di fare decisamente esasperante! Oltrepassata ormai una molteplicità di stadi di irritazione, nervosismo ed eccitazione e già ben oltre ogni limite umano ed alieno di sopportazione, sul volto del Saiyan aveva finito per palesarsi, al colmo di tutte quelle emozioni, l’unica espressione che riuscisse a contenerne la somma; un’imperturbabilità assoluta. Stufo del modo di fare di lei e ancora fermamente deciso a porre fine a quella giornata, parve convincersi, alla fine, che l’unico modo per uscirne vincitore sarebbe stato l’uso della forza. Le afferrò una spalla non troppo delicatamente, costringendola a girarsi e a guardarlo negli occhi. “Ti ho detto di piantarla!” ripeté minaccioso, accostandosi lentamente a lei.  Il tono di quelle parole suonò lapidario; non ammetteva repliche, così come il suo sguardo severo e inflessibile. Bulma replicò di fatto in silenzio, incatenata a quegli occhi, che incombevano su di lei più prepotenti della sua stretta. Sussultò appena quando lui la baciò, ancora sorpresa nel confondersi di fronte a quel suo modo irresistibile di vincere ogni scontro. Si fermò un secondo a guardarlo… No, lui non avrebbe vinto tanto facilmente… Sorrise.

“Accidenti Vegeta, ce ne hai messo di tempo!” sussurrò dolcemente, con una punta di ironia. “Stai zitta!” rispose lui, prima di metterla a tacere una volta per tutte, cercando nuovamente le sue labbra.

 

FINE…

 

Qualche ora prima…

 

... la rapina poteva trasformarsi in una tragedia, se non fosse tempestivamente intervenuto un eroico cittadino a fermare i malviventi... Non ci ha voluto rilasciare un’intervista, purtroppo, né conosciamo il nome di questo generoso...

Goten osservò lo schermo televisivo con un’espressione sgomenta. Deglutì sonoramente, mandando giù il boccone che stava masticando. “Ehi! Ma quello è Vegeta!” esclamò sbalordito, additando l’elettrodomestico e suscitando lo stupore dei presenti.

Goku si ritrovò involontariamente ad alzare gli occhi dal piatto in un’espressione incuriosita. Senza accorgersene era rimasto immobile, completamente rapito dalla voce dello speaker e dalle immagini che si susseguivano, inequivocabili, sullo schermo; con la mano che reggeva il cucchiaio ferma a mezz’aria, pareva essersi dimenticato perfino di masticare.

è raro trovare un tale esempio di abnegazione, eroismo e… modestia...

Masticare fu l’ultimo dei suoi problemi quando, sgranando gli occhi per la sorpresa e l’incredulità, si ritrovò a sputare in modo inconsulto quello che stava mangiando, nel tentativo di evitare di strozzarsi.

Travolto in pieno dall’inondazione, Gohan si limitò a ripulirsi la faccia col tovagliolo in un gesto meccanico e in preda ad uno stato di trance. Lo sguardo fisso sulla televisione, si accorse a malapena di suo padre.

“Goku! Ti sembra il modo di comportarti a tavola?!” lo rimproverò Chichi, come se nulla fosse. “Mamma?” domandò invece la piccola Pan, strattonando un lembo della gonna della madre, incuriosita e confusa dallo strano comportamento generale.

… un signore così per bene, era qui a comprare un regalo per la sua bambina... La signora ingioiellata,  che riempiva lo schermo col suo sguardo rapito e sognante, raggelò per un momento nel silenzio la quasi totalità dei commensali.

“C… come?” rispose distratta Videl, che a malapena aveva sentito la figlia.

Chichi volse finalmente la sua attenzione alla tv, ascoltando infine le parole del cronista. “Ah, quasi dimenticavo, oggi è il compleanno di Bra” esclamò sorridente, colta dall’improvvisa illuminazione.

 

FINE!

vivvina: Non siamo sicure che a Vegeta piacerebbe essere definito un paladino della giustizia XD. Grazie mille per i complimenti, speriamo che ti sia piaciuto anche il finale di questa storia.

Angelo Azzurro: Grazie per i complimenti e per aver messo la storia tra i preferiti. Riguardo a Vegeta, ha davvero rischiato di esplodere, ma è stato bravo dai. ^_*

lilly81: Lo scopo era quello di divertirci e se così ti è sembrato allora possiamo considerarci più che soddisfatte ^^. Grazie per i tuoi complimenti, da parte nostra cercheremo di crescere ancora.

  
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