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Autore: suni    15/10/2008    9 recensioni
“Cosa…ci fai qui, Sas’ke?” balbetta, incredulo.
L’altro si imbroncia lievemente, bizzoso.
“Sono tornato da Iwa. Non era previsto che ci restassi per sempre, sai, anche se sospetto che quando mi hanno proposto per l’incarico i consiglieri di Tsunade hime lo sperassero,” commenta ironico.
Naruto scrolla ancora la testa, senza riuscire a mettere insieme pensieri logici. Spalanca le braccia e inspira a vuoto.
“Sì, beh…cosa ci fai qui, davanti a casa mia?” riesce a chiedere, con un certo sforzo.

Raccolta di momenti della vita di Naruto e Sasuke in un ipotetico futuro post-Shippuuden. Tra dipendenze reciproche, problemi di vista e improbabili ANBU.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Konoha, mattina' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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“Mi scrivi per piacere una cosetta melensissima su quanto Naruto venera Sasuke?”

“Mah, perché no, in fondo lo fa sempre anche Kishimoto. Dammi uno spunto.”

“Non so, solo…che lo guarda.”

Da queste tre frasi nasce la one-shot che vado a sottoporvi. È una scemenza romanticosa e inutile e ciononostante già li adoro, ufficialmente. Sono il mio potenziale nuovo otp.

A TE, CIA’, insieme a tutto il bene che ti voglio. Ci sono andata molto piano, considerando la tua scarsa dimestichezza con la tematica.

 

(FRA’, NON LEGGERE).

A presto, gente.

suni

 

 

Konoha, mattina

 

 

Si sveglia già sbadigliando, già stanco in partenza. È normale, la mattina del suo giorno di riposo: perché quella particolare mattina della settimana, qualunque essa sia, è sempre la mattina dopo una notte trascorsa restando sveglio fino all’alba. Niente, nemmeno una guerra mondiale, gli potrebbe mai impedire di rimanere tutta la notte avvinghiato a Sasuke finché non restano entrambi senza forze, stremati, e si addormentano senza neanche rendersene conto, uno addosso all’altro, dove capita. Non sempre nel letto.

Quella mattina, però, la morbidezza del materasso e la freschezza del lenzuolo sulle gambe gli fanno intuire che hanno dormito nel posto canonico, il che gli risparmierà almeno il mal di schiena. Strofina la faccia nel cuscino e nel farlo si gira sul fianco, rimanendo però bloccato a metà del movimento. Il braccio di Sasuke gli è intorno, ma non appoggiato: è stretto sul suo torace come se dovesse trattenerlo.

Naruto sorride tra sé, sfregandosi il viso con la mano.

Come se fossi mai stato io, ad avere la bella idea di svignarmela.

Solleva leggermente la testa ed apre gli occhi, convinto di incontrare le iridi nere dell’altro a mezza strada, imperiose e possessive, ma contrariamente a quanto pensava Sasuke non lo sta stringendo così perché l’ha sentito svegliarsi: il genio sta ancora placidamente dormendo, la testa rivolta dall’altro lato, la schiena scoperta dal lenzuolo.

E il suo sorriso si allarga, mentre torna a poggiare il mento sul cuscino senza spostare gli occhi dalla linea dei suoi fianchi.

“Hai paura che scappi dal tuo pessimo carattere?” mormora divertito.

Sasuke emette un sottile mugugno, sospirando poi tra sé. Non ha mai avuto un sonno tranquillo, anzi, è sempre piuttosto agitato. Una volta, anche se non gliel’ha mai raccontato per non metterlo in imbarazzo, lui si è svegliato in piena notte perché l’altro, dormendo, piangeva. E Naruto ha un’idea più che precisa di quali ricordi tormentino i sogni di Sasuke, ma non ne parla mai. Non fa domande, perché sa che l’argomento è semplicemente troppo doloroso da affrontare.

Sta di fatto che Sasuke quando dorme si agita. E’ quasi seccante, perché spesso scalcia, rotola ad occupare i tre quarti del letto e fa l’arrogante come suo solito anche se non è cosciente. Dormire con lui all’inizio era un tormento, da questo punto di vista, ma poi Naruto ci si è abituato: quando non ha più spazio nel letto gli tira un bel cazzotto e poi fa finta di essere profondamente addormentato nel suo angolino. Sasuke si sveglia, intontito, si rende conto che lui non ha più posto e, borbottando un “idiota”, si fa in là e riprende a dormire. Per poi ricominciare ad agitarsi dopo un quarto d’ora.

Quasi a confermare il suo pensiero in quel momento Sasuke sbuffa, voltandosi lentamente appallottolato nel lenzuolo, senza svegliarsi. Abbandona la presa sul suo fianco e rotola per rannicchiarsi di lato, rivolto a lui. Naruto sporge la testa e soffia silenziosamente contro il suo viso, che si contrae in una smorfia infantile e infastidita, mentre il naso invece gli si arriccia in una specie di silenzioso starnuto che strappa al jinchuuriki una risata in sordina.

Poi il viso di Sasuke si ricompone nella naturale armonia che lo distingue. Non sta sognando – non dorme abbastanza profondamente, forse – perché la sua espressione è rilassata, serena. A Naruto piace quando è così, perché quello è il genere di espressione che Sasuke non sfoggia quasi mai da sveglio. L’abitudine all’essere cupo e vagamente incarognito non gli e è passata nemmeno con la conclusione della sua tragica epopea familiare e con la chiusura dei conti con tutti i suoi fantasmi: Sasuke era ed è rimasto ombroso, taciturno, con l’aria di essere perennemente sul punto di stare per dare un calcio al primo che capita e contemporaneamente di strafregarsene di tutto quel che lo circonda. Soltanto qualche volta, senza che se ne accorga, qualche incontrollato sorriso gli sfugge, disegnando ai lati della bocca due sottili rughe d’espressione che rendono ancor maggiore onore al suo bell’aspetto. È strepitoso, quando sorride, anche perché, Naruto lo sa, ognuno di quei sorrisi è causato da lui e tutti, indistintamente, appartengono a lui e lui solo.

Ma ora, mentre dorme, l’ultimo Uchiha è disteso e il suo volto ha il morbido abbandono del sonno. Quel bello spettacolo, riservato a Naruto unicamente, è quel che lui definisce la ricompensa per la mia sopportazione. Lui tollera le stravaganze, le paturnie e gli sbalzi d’umore del capriccioso genio, e Sasuke in cambio esiste. Anche se a molti potrebbe non sembrare conveniente, Naruto è più che certo del vantaggio insito in quel baratto.

Gli lancia un’altra occhiata pigra, trovando nei suoi lineamenti la conferma di quella linea di pensiero. Tutto il volto di Sasuke, per lui, è un tesoro inestimabile. In quella fisionomia c’è scritta tutta la sua vita.

Sul suo naso, piccolo e all’aria, c’è la smorfia di contrarietà che riserva alle sue scemenze, c’è lo sbuffo della sua condiscendenza e la morbidezza dello strofinio contro le sue guance, quando capita – raramente – che Sasuke sia in vena di coccole e allora gli sfrega il viso contro come una bestiolina.

Sulla sua fronte, ampia e chiara, coronata dal delicato ricadere delle ciocche corvine di capelli, c’è la piega profonda della sua preoccupazione, il giorno in cui lui, Naruto, si è quasi ammazzato per mettere a punto l’ultimo perfezionamento del rasengan e al suo risveglio Sasuke è arrivato con quella ruga d'inquietudine, quasi impaurito. C’è la cupezza della sua rabbia quando la aggrotta, nei combattimenti e nei focosi litigi che li vedono coinvolti a cadenza più che giornaliera, per concludersi sempre nella stessa, strepitosa maniera.

Sui suoi occhi c’è il ricordo delle infinite notti, dei ricoveri, dei mancamenti dovuti alle ferite. Chiusi, gli occhi di Sasuke gli ricordano spesso momenti di panico, che però sono stati ugualmente parte di loro due, perché non hanno avuto una storia facile. Aperti, quegli stessi occhi neri e profondi, dal taglio elegante, gli parlano di tutti i sentimenti inconfessati, di tutte le cose che l’orgoglio fa tacere, di ogni prezioso slancio emotivo del suo gelido compagno. Sono occhi che ha imparato a leggere come libri stampati, che sa interpretare meglio anche delle parole e che, per lui, sono espressivi più di qualunque altra cosa. Sono gli occhi in cui ritrova la sfida silenziosa intrapresa nell’infanzia,  la curiosità di quel pomeriggio, sulla riva dell’acqua, quando bambini si sono guardati senza osare parlarsi, senza ancora saper superare il muro che li divideva. O in cui legge l’astio tributatogli ingiustamente durante il loro fatidico scontro alla cascata, la notte della fuga, e l’indifferenza crudele degli anni a seguire. Sono gli occhi dello sharingan, gli occhi che controllano Kyuubi, gli occhi che anticipano i colpi diretti non solo a Sasuke stesso, ma anche a lui. Gli occhi che si sono quasi spenti per sempre, per salvarlo da Haku.

Le sue labbra sottili e ben disegnate parlano in silenzio, banalmente forse, di tutti i baci dati e ricevuti, di quella passione che è entrata nelle loro vite e le controlla, da anni. Portano ancora su di sé l’eco delle parole, dei sussurri affannosi, delle confessioni, degli incalcolabili insulti e delle frasi sprezzanti, della cattiveria sottile e aggressiva che Sasuke sa avere verso di lui, delle espressioni di scherno quando si stirano gelide, della risata rara che lasciano scappare fuori qualche volta, illuminandosi del brillio dei suoi denti. Sono le labbra che ancora, in ogni istante, sembrano ripetergli quell’unico “ti amo” che il compagno si è lasciato sfuggire una sola volta, nell’impeto della passione, per poi tacere con imbarazzo per le successive tre ore, scatenando la sua segreta ilarità.

Le labbra che, d’improvviso e senza nessun segno che potesse indicarlo, si muovono.

“Che hai da guardare, idiota?”

Naruto sussulta, sorpreso, mentre gli occhi di Sasuke si aprono, puntandosi sul suo viso con ironia. Perché lo sa, lo stronzo, che lui non può fare a meno di rimirarlo come un bel dipinto.

“Hai una pustola sulla fronte,” risponde Naruto, riuscendo a rimanere serio grazie all’esperienza negli scherzi accumulata durante l’infanzia. “Enorme,” precisa con un filo di ribrezzo.

Sasuke aggrotta le sopracciglia, sollevando leggermente la guancia dal cuscino.

“Dove?” chiede, portando una mano sulla fronte.

“Proprio lì in bella vista,” risponde Naruto con un cenno del capo, mentre lui comincia a far scorrere le dita sulla pelle per rintracciare l’orribile deturpamento della sua perfezione. “Ah no, aspetta,” aggiunge il jinchuuriki di soprassalto, socchiudendo gli occhi con attenzione e avvicinandoli al suo viso. “Non è una pustola, c’è…scritto qualcosa. Uh… Testa quadra.” Sogghigna, prima di mettersi a ridere di gusto, sobbalzando. Un braccio scatta verso l’alto, incastrando il suo collo nell’incavo del gomito e bloccandogli il fiato.

“Sas…” esala, dibattendosi senza convinzione.

“Sei veramente un idiota, dobe,” osserva calmo il genio, con uno sguardo truce. “Adesso ti uccido, mi sono stufato delle tue stronzate,” annuncia, lasciando però la presa e permettendo a Naruto di ricadere sul materasso con un risata.

“Sono dieci anni che lo ripeti,” lo rimbecca il jinchuuriki, baldanzoso. “Ma poi non mi ammazzi mai,” aggiunge sornione, mentre le braccia di Sasuke gli si serrano intorno.

“Ora invece ti sistemo una volta per tutte,” fa questi, con tono assorto e contemplativo, prima di iniziare a far scorrere le labbra contro il suo collo, facendolo rabbrividire.

“Ah sì?” mormora Naruto socchiudendo gli occhi.

“Certo,” sussurra Sasuke, raddrizzandosi per sovrastarlo, carponi. “Adesso vedi…che ti faccio.”

Naruto ridacchia per appena un secondo o due, prima che le labbra dell’altro lo zittiscano definitivamente e le sue mani lo invadano.

Potesse, “morirebbe” così tutte le mattine.

 

 

   
 
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