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Autore: nekoruya    19/10/2014    6 recensioni
"[...] Ad ogni modo, per quanto assurda fosse la sua vita con quel metro e ottanta di uomo che si era scelto, mai Yuu avrebbe pensato di trovarsi in una situazione del genere. Per l’appunto nudo, ammanettato al suo letto e praticamente costretto a non fare il benché minimo rumore. Da due ore. E, sebbene gli bruciasse tantissimo ammetterlo, se l’era decisamente cercata."
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aoi, Uruha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un uggiolio mesto, a metà fra un singhiozzo e un vero e proprio sospiro disperato, che avrebbe spezzato il cuore anche ad una pietra se solo si fosse trovata in quella stanza al momento del fatto, lasciò le labbra rosse e piene di Yuu, intento a strattonare probabilmente per la decima volta in pochi minuti le pesanti manette che lo tenevano saldamente legato alla testiera del suo letto matrimoniale.
I polsi cominciavano a fargli parecchio male, così come le braccia e la parte superiore del busto, costretti in una posizione diciamo inusuale da parecchie ore, trascorse così lentamente da sembrare al povero chitarrista in nero giorni, per non dire addirittura settimane. Mesi.
 “
Stupida, maledetta papera...” aveva ringhiato fra i denti, inarcando la schiena in un ennesimo e disperato tentativo di mettersi comodo almeno quel tanto che bastava per sopportare chissà quanto altro tempo in quella situazione assurda. Non sapeva nemmeno come distrarsi, diviso fra la voglia di scoppiare a ridere e quella ben più forte di mettersi a piangere lì sul posto, lamentandosi col mondo, il karma, gli Dei, il destino o chissà quale altra stronzata per aver messo sulla sua strada un perfetto idiota come il suo ragazzo.
Ragazzo che, in quel preciso istante, stava girellando indisturbato al piano di sotto, sordo ai piagnucolii del compagno, di fatto prigioniero nella sua stessa stanza.

Il poveretto, contando i secondi che lo separavano dalla libertà, aveva seriamente preso in considerazione l’idea di mettersi a urlare, valutandola con attenzione per parecchi minuti prima di scartarla con un moto di stizza quando gli era tornato in mente che i vicini non avrebbero gradito… non era la prima volta che l’insospettabile coppietta si beccava una qualsivoglia sorta di richiamo, lamentela o come altro la volete chiamare per rumori molesti. E il ricordo dell’ultima sfuriata ad opera della fantomatica vecchina del piano di sopra (della cui esistenza tutti sospettavano ma che nessuno aveva mai visto prima di quel giorno) era bastato come monito per ricordare all’uomo di tenere la bocca ben chiusa.
Kouyou era caduto dalle nuvole anche quella volta, e aveva ascoltato la ramanzina della donna con un’espressione sinceramente confusa e stupita, come se quell’esserino grassoccio e baffuto gli stesse rivelando il segreto della felicità più che facendo un’autentica e imbarazzantissima partaccia, mentre a Yuu era toccato il compito di profilarsi in mille scuse e ripetere che no, non sarebbe successo mai più. Una volta rientrati in casa il più piccolo aveva guardato il compagno con un sorrisetto timido, degno di un bambino di cinque anni più che di un uomo di trenta.
“Eppure non mi sembrava che tu urlassi tanto.” Aveva mormorato, scrollando le spalle, prima di andare a svolgere qualcuna delle sue inutili attività come sedersi a gambe incrociate di fronte al suo bonsai e controllare che le foglie fossero ancora tutte al loro posto.
Incredibile.

Ad ogni modo, per quanto assurda fosse la sua vita con quel metro e ottanta di uomo che si era scelto, mai Yuu avrebbe pensato di trovarsi in una situazione del genere. Per l’appunto nudo, ammanettato al suo letto e praticamente costretto a non fare il benché minimo rumore. Da due ore. E, sebbene gli bruciasse tantissimo ammetterlo, se l’era decisamente cercata.

Era cominciato tutto più o meno una settimana prima quando, di ritorno da una giornata di pausa, Akira e Takanori erano entrati in studio con due sorrisi enormi e identici che avevano fatto corrugare la fronte al resto del gruppo. O meglio, ai due dotati di quel livello di attenzione minima necessaria a carpire dettagli del genere… quindi decisamente non a Kouyou, troppo preso dalla sua chitarra e dal plettro che davvero non riusciva a trovare benché fosse in bella vista sul tavolino basso di fronte a lui.
I due piccioncini si erano presi tutto il tempo necessario a preparare apparecchiature e roba varia, senza mai smettere di scambiarsi sorrisetti che spesso sfociavano in risatine imbarazzate che non facevano altro che accrescere la curiosità un po’ perversa e deviata degli altri.
Quindi, per queste ragioni e per molte altre che non è il caso di ricordare, le prove che avrebbero dovuto preparare la band a un Tour mondiale si erano svolte nel seguente modo: la prima chitarra, completamente cieca a tutto ciò che stava accadendo a un palmo dal suo naso, aveva semplicemente continuato a suonare in modo impeccabile, inarcando talvolta un sopracciglio quando il suo piccolo vocalist, esasperato dai continui pizzicotti che Yuu gli mollava sui fianchi per cercare di carpirgli qualche informazione riguardo alla sua vita sessuale, non decideva di usare il microfono che aveva in mano come arma, calandolo senza troppi perché sulla testa del molestatore che batteva in ritirata con la coda fra le gambe solamente per tornare all’attacco nel tempo record di dieci minuti. Dalla parte opposta della piccola stanza insonorizzata e dotata di tutte le comodità si svolgeva allo stesso tempo una battaglia simile, in cui bassista e batterista si fronteggiavano in modo pressoché identico... con l’unica differenza che Yutaka teneva saggiamente d’occhio lo strumento del compagno, spaventato all’idea che questo decidesse di farne lo stesso uso che Takanori faceva del suo prezioso microfono. Pensava che avrebbe fatto giusto un po’ più male, e lui alla pelle ci teneva.
Comunque, nonostante gli sforzi congiunti, non c’era stato verso di cavare una parola di bocca ai due, che erano andati avanti con occhiatine maliziose e carezze fino all’ora di pranzo… e a quel punto c’era stata la svolta tanto attesa.
Infatti non appena il leader aveva pronunciato la parola “pausa” Akira, probabilmente a digiuno da parecchie ore vista la situazione pessima in cui verteva già intorno a mezzogiorno, aveva abbandonato baracca e burattini per fiondarsi al primo bar-ristorante della zona, lasciando il piccolo vocalist improvvisamente solo e in balia dei due buzzurri che non si erano certo lasciati sfuggire l’occasione. Takanori Matsumoto non era propriamente un tipo espansivo e facile da convincere o far parlare, ma dodici anni di convivenza praticamente forzata avevano dotato i suoi compagni di una marcia in più, che aveva facilitato parecchio il processo di persuasione.
Con le spalle al muro, in senso sia figurato che letterale, visto che Yutaka e Yuu avevano preso molto seriamente la faccenda, e senza l’appoggio del suo compagno, il povero Taka aveva sputato il rospo nel tempo record di due minuti e quaranta secondi, prima di diventare viola dall’imbarazzo e correre a rifugiarsi fra le braccia di Kouyou, che aveva seguito la scena in silenzio dal suo angolino.

E, ascoltando quella confessione, una malsana idea aveva cominciato a farsi strada nella mente del secondo chitarrista dei the GazettE.

Da quel pomeriggio era quindi ufficialmente iniziata la settimana di total attack, come Yuu l’aveva soprannominata pur non essendo del tutto sicuro del vero significato di quelle parole. Fondamentalmente consisteva nel portare all’esasperazione quell’anima pia del suo ragazzo, continuando a ripetergli ad ogni ora del giorno e della notte, con tono di voce variabile e alternando miagolii disperati a preghiere zuccherose, quello che era il suo intento per il loro prossimo day-off.
Lo stuzzicava parecchio l’idea di aggiungere un po’ di pepe alla loro vita sessuale, del tutto soddisfacente ma non particolarmente piena di variazioni vista l’immane pigrizia di Kouyou, che preferiva un round di sesso semplice alternato ad un riposino all’utilizzo di chissà quali assurdi giochetti. Yuu aveva provato più di una volta a trascinarlo nel sexy shop vicino casa, ma quando il più piccolo si era ritrovato di fronte uno scaffale pieno zeppo di oggetti di forme dubbie aveva storto il naso, affermando di non essere il tipo adatto per quel genere di cose. La verità, e lo sapevano entrambi, era che semplicemente non aveva voglia di perdere troppo tempo dietro a quella roba.
Tuttavia la martellante insistenza di Yuu aveva avuto, dopo una settimana esatta, i risultati sperati. In un sonnacchioso pomeriggio, in casa Takashima, la persona più tranquilla del mondo era arrivata a sfiorare un’autentica crisi di nervi, lasciando esasperato carta bianca al suo compagno che, gongolando, era andato a procurarsi tutto il necessario per divertirsi un po’.

Era rincasato un paio di ore dopo con un gran sacchetto e un sorriso piuttosto ebete stampato sul viso, e si era lasciato cadere sul divano accanto al suo ragazzo, che ormai sembrava aver dimenticato ogni cosa, prima di cominciare a tirare fuori manette, qualche vibratore e un paio di altri oggetti sui quali non mi pare il caso di indagare troppo.
Con un sospiro rassegnato Kouyou si era avviato verso la camera da letto, domandandosi cosa ne avrebbe fatto di tutta quella roba.

Tempo dopo, Yuu Shiroyama scontava la sua pena.
Contrariamente ad ogni previsione era filato tutto liscio come l’olio e, inutile cercare di dire il contrario, entrambi si erano divertiti. Parecchio. Incluso il primo chitarrista, scettico e vagamente imbarazzato, che aveva impiegato pochi minuti a rendersi conto che con ciò che aveva fra le mani poteva davvero appagare praticamente qualsiasi desiderio gli passasse per la mente… il tutto costringendo il compagno a rimanere relativamente in silenzio, che era stata la parte più divertente.
Purtroppo i problemi per quest’ultimo erano cominciati quando Kouyou si era alzato e, stiracchiandosi in tutta la sua nudità e bellezza, aveva annunciato che si sarebbe fatto una doccia, prima di chiudersi la porta di camera alle spalle e lasciarlo lì, con un’espressione confusa e un terribile presentimento. Che poi si era rivelato ben più che fondato, visto che poi aveva pensato bene di non rimettere piede in quella stanza in un immediato futuro.
Per spezzare una lancia in favore del più giovane potremmo dire che le sue reali intenzioni erano quelle di andare a slegare Yuu non appena finito di crogiolarsi sotto l’acqua calda ma, a causa di una concomitanza di eventi, questo piccolo particolare gli era sfuggito di mente.
Dopo una buona mezz’ora passata in bagno, situato tatticamente al piano di sotto, il morettino si era rivestito e aveva cominciato ad occuparsi di ben altro. Pakira-chan, il suo bonsai, Hellion, la chitarra, e un sacco di altre cose avevano contribuito a far maturare nella sua mente l’idea che Yuu, stanco per l’età e lo sforzo fisico, si fosse addormentato. E lui, da buon fidanzato quale era, non aveva intenzione di disturbarlo più di tanto.

Aveva addirittura pensato di preparare la cena, lasciandolo riposare ancora un po’ mentre lui combatteva con i fornelli, gettando la spugna dopo un buon quarto d’ora e ripiegando sul provvidenziale ramen istantaneo trovato da qualche parte nella credenza. Se l’era presa comoda e quando, dopo un bel po’, aveva aperto la porta di camera con il pasto ben disposto su un vassoio, era rimasto impalato per qualche secondo a fissare la scena che gli si era presentata davanti, che penso non abbia bisogno di essere descritta ulteriormente.
Gli occhi di Yuu mandavano saette, aveva una fame da lupi, dolori ovunque e brividi di freddo causati dall’aver passato un intero pomeriggio nudo come un verme e ammanettato al letto.
“Takashima, slegami.” Aveva sibilato, cercando di incenerire con lo sguardo un Kouyou che aveva accolto le sue parole con un leggero sussulto.
“Certo, Yuuchan… hai tu la… chiave?”
Questa era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso e uscire completamente di testa il povero Yuu che, con un urlaccio degno per l’appunto della vecchietta del piano di sopra, aveva spedito il più piccolo alla ricerca di quella fottutissima chiavetta, come lui stesso l’aveva definita.
Ma dopo un’altra ora di esplorazione concitata e sofferenze atroci, Kou era stato costretto a pronunciare le ultime parole che entrambi avrebbero voluto sentire, con tono grave e solenne.
Non la trovo.”
La stanza era caduta in un perfetto silenzio, interrotto soltanto dal cigolio delle molle del letto quando Kouyou vi si era seduto sopra, e dal quasi immediato ‘ahi!’ che aveva seguito una specie di calcio che il suo ragazzo aveva pensato bene di assestargli all’altezza del fianco.
Mortificato, massaggiandosi il punto dolorante, il poveretto aveva cominciato a girare per la stanza aggrottando la fronte, concentrato. Per poi illuminarsi dopo appena una manciata di secondi.
Aveva avuto l’idea.
“Ma chiamiamo Aki e Taka, no? Loro avranno di sicuro una chiave che apre questa roba… insomma, l’abbiamo comprata nello stesso posto!”
Francamente parlando non è che a Yuu l’idea piacesse troppo, ma Kou aveva già composto il numero del piccolo cantante prima che lui riuscisse a dare un senso a quella frase. Quindi, nonostante i numerosi no, le preghiere e le minacce di ogni specie, era stato deciso che Akira e Takanori avrebbero fatto una deviazione e allungato la loro passeggiatina serale con Koron per andare a salvare lo sventurato chitarrista, che già si immaginava l’espressione ghignante di quella scimmia infascettata e il modo in cui sarebbe andato a raccontare tutto in giro, condendo la narrazione con particolari inutili, scabrosi e soprattutto inventati di sana pianta.

I due non si erano fatti attendere troppo, e avevano effettivamente portato con loro una chiave identica a quella data in dotazione con le manette e svanita nel nulla, quindi tutto faceva presagire che quella strana avventura si sarebbe conclusa nel migliore dei modi… se non fosse stato per il fatto che Kouyou, al suono del campanello e all’abbaiare concitato di Koron per cui nutriva un amore che definirei quasi viscerale, era corso ad aprire la porta senza prima pensare di coprire le bionde vergogne del suo ragazzo, che erano diventate oggetto di commenti, foto e chissà che altro da parte del bassista che aveva pensato bene di fiondarsi immediatamente al piano di sopra per poter sfottere un po’ uno dei suoi migliori amici. Non che normalmente non ce ne fosse occasione, visto e considerato che il soggetto era pur sempre Aoi, ma insomma…
Fatto sta che alla fine, dopo parecchi minuti e quando ormai Yuu stava cominciando ad implorare che gli Dei andassero a portarlo via per fare di lui ciò che volevano, Kouyou e Takanori si erano finalmente decisi a sospendere per un momento il loro appassionante discorso sulla salute del cagnolino di casa Suzuki per andare a svolgere un compito ben più importante.
Come tutti pensavano la chiave si era rivelata essere quella giusta, e al prigioniero era stato consentito di lasciare la stanza, ancora nudo e con il morale decisamente sotto i tacchi.

Non si era fatto vedere fino a che i due ospiti, con annesso animaletto, non avevano lasciato la casa.
A quel punto era salito al piano di sopra seguito  dagli occhi attoniti del suo ragazzo, ed era tornato giù con un cuscino e una coperta.
“Tu stanotte dormi qui.” Aveva detto semplicemente, prima di andare a chiudersi in camera a doppia mandata, lasciando Kouyou fuori.
A nulla era servito bussare, implorare e addirittura improvvisare uno stonatissimo karaoke per cercare di convincerlo ad aprire, tanto che a chissà che ora il ragazzo aveva rinunciato, accoccolandosi sul divano e addormentandosi quasi all’istante. Alla fine non è che a lui facesse tutta questa differenza, se aveva sonno dormiva e basta.
O almeno, non sarebbe stato un problema se nel bel mezzo del suo meritatissimo riposo non fosse stato svegliato da un tuono che aveva fatto letteralmente tremare i vetri… e Uruha, il grande Uruha perso nel suo mondo fatto di chitarre e unicorni rosa per il novanta per cento del tempo, che stesse apparecchiando o partecipando ad un’intervista anche piuttosto importante, era tornato ad attaccarsi alla maniglia della porta che lo separava da un lettone morbido e dall’abbraccio caldo e rassicurante di Yuu, il quale si era semplicemente girato dall’altra parte, disturbato da tutto quel fracasso improvviso, e aveva ricominciato a ronfare beato.

Ragion per cui, il mattino dopo, questo aveva trovato il poveretto accoccolato sul divano, stretto stretto al cuscino e completamente coperto dalla trapuntina che lui stesso gli aveva gentilmente concesso, giusto per non farlo morire di freddo. In fondo, nonostante tutto, ci teneva parecchio. E quando Kouyou aveva aperto gli occhi e sbadigliato, stiracchiandosi come un gatto insonnolito e vagamente spaventato, Yuu aveva provato un tale moto di affetto nei suoi confronti che aveva allungato le braccia per stringerlo a se… salvo poi notare con orrore che i suoi polsi, normalmente chiari e immacolati, erano ornati da due lividi scuri dovuti al combattimento portato avanti per tutta la giornata con quegli aggeggi diabolici che lo avevano tenuto legato al letto. Era bastato questo a far svanire ogni cosa, e far ripiombare il chitarrista in uno stato di rabbia tale che il più piccolo si era solo azzardato a dargli il buongiorno a parecchi metri di distanza, mantenendo un religioso silenzio durante la colazione ed evitando saggiamente di fare commenti quando lo aveva visto indossare un numero tale di braccialetti da fare invidia a un gioielliere.

Erano arrivati in studio stranamente in ritardo, e lo avevano trovato già occupato da Takanori, sdraiato sul divano poco meno che in coma, e gli altri due, intenti a guardare qualcosa. Un brivido di terrore li aveva attraversati entrambi, e si erano lanciati quasi contemporaneamente in avanti per bloccare il bassista intento a ridacchiare. Addirittura Kouyou, che non era certo noto per la sua verve mattutina, aveva fatto uno scatto non indifferente, ma ormai era troppo tardi.
Tutti avevano osservato in silenzio le reazioni di Yutaka, che non appena messi gli occhi sulla foto di un povero Yuu nudo e ammanettato per chissà quale ragione era arrossito per poi fare sfoggio di almeno una quindicina di espressioni diverse, che spaziavano dal divertimento, alla sorpresa, alla vaga irritazione.
“Dobbiamo provare!”
Aveva sbottato semplicemente dopo qualche secondo che era sembrato eterno, lanciando il povero Android di Akira in una parte indefinita della stanza. Lo avevano sentito tutti cadere e fare un suono non proprio promettente, e questo aveva strappato un minuscolo sorriso a Yuu.
Con un sospiro di sollievo a quel gesto inatteso, mentre il legittimo proprietario del telefono ridotto ormai a un piccolo cumulo di macerie colorate sbraitava contro il mondo intero, Kouyou aveva preso la sua chitarra e si era sistemato in un angolino, pronto a staccare la spina per il resto della giornata e isolarsi completamente da quel branco di matti.

Nel sedersi aveva visto con la coda dell’occhio qualcosa di luccicante scivolare giù dalla sua tasca, per poi incontrare il pavimento lucido con un allegro e simpatico tintinnio, che era riecheggiato elegante per tutta la stanza. Senza una motivazione particolare, o forse per il gridolino sorpreso che aveva lasciato le belle labbra di Kou, quattro paia di occhi si erano fissati su quel piccolo e all’apparenza insignificante oggetto.
Poi Akira era scoppiato a ridere e, con lui, anche Takanori.
“Non dirmi che è la chiave!” aveva boccheggiato fra le lacrime, tenendosi la pancia.

Yuu e il suo compagno si erano scambiati uno sguardo attonito, che aveva trovato il suo completamento in un secco “non pensare di rimettere piede in quella stanza prima della prossima settimana”.
Con un sospiro rassegnato degno di un povero orfanello abbandonato, Uruha aveva indossato le cuffie, pronto a registrare quelle che erano le sue parti per quel giorno.

E non si era nemmeno sognato, come nessun altro d’altronde, di raccattare la chiavetta.
Lui aveva chiuso, con quella roba… e a quanto pare avrebbe fatto bene ad abituarsi al divano.
 
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YO! Ciao a tutti sono -per vostra sfortuna- tornata. Mmh.. non ho molto da dire, in realtà, oltre al fatto che questa fic è frutto di un sano e genuino delirio con quella che ormai è di fatto la mente della maggior parte delle storie che scrivo o cerco di scrivere, ovvero Yocc.
È fondamentalmente la degenerazione di un vecchio e lungo discorso su quale possa essere il vero carattere di questa adorabile coppietta fuori dal palco.. ecco. Non penso ci sia quindi bisogno di dire che sono convinta che una cosa del genere possa effettivamente accadere in un'eventuale casa condivisa Takashima-Shiroyama *fischietta*
È una cosa leggera, e non intendo offendere nessuno. Sottolineo che Uruha è qualcuno che stimo molto sia musicalmente sia dal punto di vista umano (nei limiti del possibile, chiaramente) quindi non la mia intenzione non è certo quella di farlo passare per imbecille o chissà cosa.. semplicemente è così che lo vedo: ingenuo, un po' tonto e sempre con la testa fra le nuvole. Quindi prendete queste paginette per quello che sono, ovvero uno scherzo e niente di più :"
Se siete arrivati fino a qui vi faccio i soliti complimenti e vi ringrazio-
Salut!

R.

  
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