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Autore: Gnana    19/10/2014    0 recensioni
Vivo milioni di vite da spettatore e la cosa fa male. E’ una droga che ti prosciuga, ti fa ammalare, ti danna l’anima, ma è la cosa più bella del mondo. E’ maledettamente divino. E leggo all’infinito.
All’infinito…

Clara é una ragazza intelligente e capace, ma molto triste e sola. I suoi genitori sono morti quando lei era molto piccola, nel Grande Incendio, l'evento che ha distrutto l'umanità intera. L'unico che ha potuto salvarla e insegnarle a vivere é stato suo fratello, morto anch'egli pochi anni dopo la scomparsa dei suoi. E' stato lui a farla innamorare dei libri e proprio i libri la salvano dall'inevitabile pazzia. Ma non per molto perché la sua vita, fatta di solitudine e desolazione, sta per cambiare.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parole al vento



Ogni scrittore può essere un poeta e ogni poeta può essere scrittore.
Si gioca con le parole e con i significati, si usa una penna e si descrivono piccoli pezzi di tempo, piccoli pezzi di emozione che rispecchiano l’anima. Lasciano senza fiato, ti riempiono.
I poeti e gli scrittori prendono parola e la passano e senza rendersi conto sono messaggeri. Come piccioni che volano e portano verità a destinatari indefiniti.
Quando scrivo, immagino sempre che quel foglio andrà a un destinatario, non importa quale, basta che ce ne sia uno, non importa se a questo mondo ci sono solo io, ce ne sarà qualcuno su un altro pianeta, perfino in un altro universo, ma c’è sempre. E se proprio non riesci a immaginartene uno, il destinatario dovrà essere te stesso. Le parole non vanno al vento, visto che è dal vento che arrivano, quindi devono essere trasmesse.
Io ho tanta immaginazione e ho sempre saputo scrivere, perché ho avuto un grande insegnante, che é mio fratello. Tuttavia non riesco a capire se sono una brava scrittrice o meno. Mi aiuto paragonando i miei scritti con i libri che compongono la mia casa, ma non mi basta, ho bisogno di altri occhi.
Penso che un giorno insegnerò a leggere al mio Darling – così ho chiamato il cucciolo di Stupak – almeno mi farà da critico.
Tengo presente, però, che non ho una dote naturale. La mia immaginazione é fervida perché é stata nutrita.
Io la vedo come un bambino: nasce, si nutre e cresce. Poi arrivano le regole grammaticali che incupiscono e lo fanno diventare adulto, ma se le saprà domare, acquisirà armonia e diventerà l’uomo perfetto.
Stamattina mi sono svegliata presto e ho fatto i miei soliti esercizi mnemonici e come al solito mi sono dovuta aggrappare a un tavolo per non cadere per terra, talmente lo shock del flashback. Li odio.
Ho dato da mangiare a Darling, fortunatamente non si è fatta vedere durante la mia amnesia, altrimenti avrei urlato come una pazza e probabilmente sarei svenuta.
Poi sono salita su in soffitta a rispolverare le mie vecchie storie, per vedere se c’era qualcosa che potevo cambiare. Visto che devono essere viste da altri occhi per essere criticate a pieno, io aspetto che la mia anima cambi e i miei occhi con essa, così ogni volta che le leggo dopo tanto tempo, so sempre cosa è giusto e cosa è sbagliato e mentre lo faccio ascolto il consiglio del vento.
Mentre sposto una pila di fogli, cade a terra della carta appallottolata. La guardo accigliata per qualche secondo, ha qualcosa di familiare, poi la prendo e la faccio ruotare nelle mani.
“Non può essere…”
Un gran sorriso si apre sul mio volto quando aprendo la carta, mi accorgo che sono le mie prime parole.
E’ incredibile come siano potute durare per tutto questo tempo.
E’ un fogliettino abbastanza piccolo, ma su di esso ci sono delle lettere grandi e scomposte, colorate di blu.
C’é scritto Armando, mio fratello.
Il blu é il mio colore, ma non è il mio colore preferito.
La frase stona ma il concetto è quello: c’è differenza tra le due cose. Un colore può essere il tuo, quando rispecchia il tuo carattere, ma puoi anche non sapere quale sia. Io so che è il mio perché è il simbolo della calma, della tranquillità e dell’equilibrio. Coloro che prediligono il colore blu sono persone caratterizzate da sentimenti profondi e intensi e fanno dei propri ideali la loro arma vincente.
Decido di salire sulla cima per fare una passeggiata.
La mia testa fa capolino dalla botola. Non piove e non c’è nessuno Stupak, quindi esco allo scoperto e mi metto a sedere sul bordo con le gambe che penzolano nel vuoto.
Ammiro il tramonto con gli occhi socchiusi, le nuvole sono rade e lontane, tutte ammassate all’orizzonte. Il colore giallo assieme all’arancione arrivano fin sopra la mia testa, mentre se mi giro posso scorgere un po’ di blu scuro all’orizzonte opposto.
Il giallo e l’arancione sono i miei colori preferiti. Indicano vitalità, felicità e calore. Incarnano tutto quello a cui aspiro, ma che non posso ottenere. E mi piace così tanto il tramonto perché si mischiano col blu.
Sto cantando una canzoncina quando all’improvviso il vento mi butta in faccia un foglio.
Lo prendo, irritata, ma poi mi accorgo che è una cosa straordinaria. Un foglio che non viene dalla biblioteca!
E’ scritto da entrambi i lati con una penna blu.

“Chiunque sia la persona o la cosa che sta leggendo queste righe, ti prego, vienimi a prendere. Sono sola, non ricordo chi sono e dove sono. C’è un albero grandissimo e da lontano vedo delle case deserte, c’é anche una montagna molto grande con la cima sempre innevata e credo che a metà ci sia una specie di castello. Non so neanche in che tempo mi trovo e non so neanche quanto tempo passerà prima che tu legga. Forse sono morta, forse no. Ti prego, cercami. Ho fame. Ho fame di amore. E quando arrivi, portami un libro! Mi chiamo L...”

Non faccio in tempo a leggere il nome che il vento me lo porta via dalle dita e resto lì a guardarlo con la bocca semichiusa e con le mani ancora nella stessa posizione. Poi mi rimetto a posto e non posso fare a meno di sorridere pensando al fatto che il vento, ancora una volta, mi ha affidato delle parole.
Una strana sensazione mi attanaglia i polmoni e sono costretta a fare respiri corti. Non so da dove provenga, non ho mai provato niente del genere. Un sorriso vuole spuntare dalle mie labbra, ma lo reprimo: devo rimanere concentrata. Sto fremendo, stranamente ho voglia di cantare a squarciagola oppure ballare. Da quanto tempo non lo faccio? Il mio corpo reagisce in modo talmente diverso da quello che vuole la mia mente e questo mi confonde.
Oh, al diavolo. C’é un’altra persona su questo pianeta! Sono stanca di cercare di ripararmi, di sentirmi al sicuro, ora voglio sentire un po’ di brio, di eccitazione, voglio rischiare. E’ fantastica questa sensazione ed é fantastico il fatto che da qui posso vedere la montagna con il picco innevato e a metà c’é un castello, proprio come l’ha descritto la persona che mi ha chiesto aiuto. Posso farcela, posso trovarla!
Mi precipito a cercare il borsone, quello che porto con me quando faccio esplorazione, ma questa volta ho intenzione di stare fuori più a lungo di una semplice giornata. Devo rimboccarmi le maniche e scegliere i libri che forse gli piacciono di più, quelli che una persona sola e persa può amare. Devo preparare anche i vestiti, la tenuta da caccia, la balestra e tanti legnetti di scorta da usare come frecce. Non devo dimenticarmi assolutamente la carne che ho lasciato appesa nell’atrio. Improvvisamente avverto un languorino e stacco un pezzo di carne affumicato e lo sgranocchio mentre sistemo nella borsa le ultime bottiglie d’acqua. Ora mi manca solo di salutare Darling.
Mi avvicino a lei con cautela, ho paura che se la prenda, anche se non capisce tanto bene il linguaggio umano. Lei, invece, si avvicina velocemente e mi fa le feste. Mi piange il cuore, cacchio.
“Senti, Darling… ci conosciamo da molto poco, addirittura da ore. Mi sono divertita e ti voglio un mondo di bene, ma ora devo andare via.”
Darling si arrampica sulla mia schiena, poi salta sbattendo le ali. Quando cade a terra facendo una capriola, diventa triste e fa un verso che non gli avevo mai sentito fare. Mi accorgo che ha voglia di volare.
Buffo. Stiamo comunicando la stessa cosa, vogliamo entrambe andare via. La prendo in braccio e le do una mano a prendere il volo. Prima la lancio da una sedia, poi da uno scaffale alto, poi dalle scale. Dopo un bel po’ di tentativi riesce a fare il giro dell’intero padiglione.
“Si, vai così, brava! Ora sei pronta.”
La prendo e la porto sul tetto e mentre sto sul cornicione, mi accorgo che la tristezza é scomparsa. Ormai é cresciuta abbastanza da volare via e prendersi la sua vita da uccello assetato di sangue, ma per me sarà sempre la mia Darling. E chissà se ci rivedremo e se quando succederà, mi riconoscerà oppure mi sbranerà senza pietà. Ma non posso stare dietro ai pensieri di un rapace, così dopo averle dato un lungo bacio sul becco, la lascio andare. Sta volando via verso la foresta dagli alberi bruciati, dove di solito gli Stupak non vanno, perché non c’é niente da mangiare, così lo prendo come un segno. Darling ha capito chi sto cercando e sa dove devo cercare.
Prendo il borsone e una volta uscita dalla biblioteca, corro verso gli alberi.

   
 
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