Hem...boh...
*guarda per aria in cerca di ispirazione*
*guarda il gatto in cerca di ispirazione*
*il gatto miagola e prova ad acchiappare il mouse*
no, è che per coerenza volevo mettere la nota di inizio a tutti i capitoli ma non so bene cosa dire.
Si continua ad andare a ritroso. Prima o poi si ritornerà al presente in quel benedetto bar dell'inizio. Siamo fiduciosi.
PB
CAPITOLO III
BIRTHDAY MAN
BIRTHDAY MAN
One last thing before I shuffle off the planet
And I will be the one to make you crawl
So I came down to wish you an unhappy birthday
Someone call the ambulance, theres gonna be an accident.
Placebo, Infra Red
And I will be the one to make you crawl
So I came down to wish you an unhappy birthday
Someone call the ambulance, theres gonna be an accident.
Placebo, Infra Red
6 MESI PRIMA
Brian apre la porta del suo appartamento e viene investito da una musica che gli ricorderebbe qualcosa se non fosse così alta da stordirlo.
Chiude la porta e segue il frastuono fino alla camera di Cody, dove suo figlio è alle prese con una chitarra elettrica - fortunatamente scollegata da qualsiasi amplificatore - sulla quale cerca di riprodurre le note della canzone che sta andando a tutto volume nello stereo e che Brian finalmente riconosce come Plug In Baby dei Muse.
Ad incoraggiare Cody, e a supportarlo con l'esibizione di dubbie doti canore, Audrey, una ragazza di circa diciassette anni, babysitter improvvisata a causa di un imprevisto, nipote di Helena e proprietaria del cd.
Quando Cody si accorge del padre, molla la chitarra e si precipita saltellante verso di lui che cerca di non soffermarsi sul fatto che la soddisfazione di vedere suo figlio con in mano una chitarra è decisamente offuscata dal fatto che stesse cercando di suonare una roba di quella specie di sorcio con manie di grandezza.
Audrey nel frattempo scatta in piedi e si precipita a spegnere lo stereo, salutando Brian con aria vagamente imbarazzata.
- Dai, Brian, è un'idea carina.
- No Helena, è un'idea di merda.
La voce di Brian si sta alzando di tono.
- Ma perché? - Helena sta cominciando ad essere esasperata. Di sicuro tra Brian e Cody non è il più piccolo ad essere il più difficile da gestire.
- Perché non ho nessuna intenzione di assistere alle prove dei Muse e tanto meno di farle sentire a Cody. Piuttosto gli compro un cd dei Tokyo Hotel.
- Non sono così male i Tokyo...- tenta Helena per sdrammatizzare, ma si blocca subito allo sguardo feroce di Brian.
Decisamente non è una buona giornata.
Helena sospira e si dirige verso il frigo per prendersi qualcosa di fresco da bere.
- Ma si può sapere che cazzo ti è venuto in mente di dire a tua nipote che li conosco?
Helena si volta e lo guarda con una bottiglietta d'acqua sospesa a metà strada tra il frigo e le sue labbra.
- Sai Bri, me lo sto chiedendo anch'io. Avrei dovuto immaginarmelo che ovviamente ti saresti incazzato.
- Cosa vorrebbe dire quell'ovviamente?
- Che sei il solito rompicoglioni.
Porta del frigo che sbatte. La schiena di lei che esce in terrazza con un moto di stizza.
Helena è l'unica che riesca a farlo sentire davvero un rompicoglioni. Probabilmente perché quando lo fa ha sempre ragione.
Si lascia cadere sul divano e si passa una mano sul viso cercando di farsi venire in mente un modo per recuperare il numero privato di Matthew Bellamy senza sputtanarsi con tutti i manager di Londra.
Se proprio deve fare questa cosa – e sa perfettamente che dovrà farla perché difficilmente riesce a spuntarla con Helena quando lei si intestardisce su qualcosa – vorrebbe trovare la soluzione più discreta e indolore possibile.
Se poi riuscisse anche a trovare il modo di fare questo dannato favore a Helena riducendo al minimo i contatti con il frontman dei Muse sarebbe ancora meglio.
E se magari riuscisse a teletrasportare magicamente Audrey e Helena agli studi durante le maledette prove rendendosi al contempo invisibile, ecco quello sarebbe perfetto.
No. Perfetto sarebbe che Helena si dimenticasse di avergli fatto quella richiesta e Audrey si dimenticasse per sempre che l’ex compagno di sua zia ha avuto la malaugurata opportunità nella sua vita di imbattersi in quel pallone gonfiato di Bellamy. Quello sarebbe perfetto.
- Bri, ti sei addormentato o stai ricorrendo alla meditazione per trovare qualche scusa?
Helena è rientrata e si siede di fianco a lui sul divano ignorando la sua occhiataccia.
- Brian…
- Mmh…
- Lo so che non ti è particolarmente simpatico…
- Non è che non è simpatico a me. E’ un coglione di suo…
- Sì, certo. Dicevo. Lo so che magari non è simpaticissimo, ma è solo una telefonata. Per un volta. Voglio fare un regalo speciale a Audrey per i suoi 18 anni…
- Se vuoi le autografo tutti i cd dei Placebo…
- Sai che roba. Non vi ascolta neanche.
- ----?
- E non fare quella faccia. Brian, prima o poi dovrai venire a patti col fatto che, al mondo, può esistere qualcuno che non ascolta i Placebo. E ti dirò di più – aggiunge poi con tono basso e cospiratorio – esiste anche gente a cui i Placebo…fanno proprio cagare.
Brian cerca di rimanere serio e di mantenere sul volto un espressione imbronciata ma quando Helena gli si avvicina all’orecchio per sussurrargli l’ultima parte non riesce a trattenersi e scoppia a ridere.
- Ma vaffanculo, Hel, – bofonchia, sempre ridendo – guarda che prendendomi per il culo non migliori la mia disposizione per questa storia.
- Se non altro non hai più quel brutto muso incazzato. Poi per forza che ti riempi di rughe – continua a sfotterlo lei alzandosi e dirigendosi verso l’entrata per prendere la sua giacca.
- Io non sono pieno di rughe – protesta Brian piccato, alzandosi a sua volta e sbirciando al tempo stesso il suo riflesso nel grosso vaso cromato sul mobile dell’entrata.
- Hel, davvero…
- Oddio, Brian, stavo scherzando!
- Ma…
- La tua pelle è bella come quella di un ragazzino, tranquillo.
Gli stampa un veloce bacio sulla guancia ed esce sul pianerottolo.
- Fammi poi sapere, ok?
- Cosa?
- Brian!
- Non ti ho ancora detto che lo farò!
- Bé, allora fammi poi sapere cosa decidi… se ti va di aiutarmi a fare un regalo speciale a mia nipote o se ritieni sia meglio comportarti da stronzo insensibile di fronte alla fragile emotività di…
- Ooooh, smettila, smettila, va bene. Quando sento Alex le chiedo di recuperarmi i contatti – sbotta con tono esasperato.
- Grazie Bri! Vedrai, Audrey ti sarà grata per sempre. Potrebbe persino ascoltare un tuo cd – replica Helena con una strizzata d’occhio mentre comincia a scendere le scale.
- Non ti assicuro niente però! – aggiunge lui mentre lei, già a metà della seconda rampa, si limita a sorridergli e a sparire dal suo campo visivo.
Brian apre la porta del suo appartamento e viene investito da una musica che gli ricorderebbe qualcosa se non fosse così alta da stordirlo.
Chiude la porta e segue il frastuono fino alla camera di Cody, dove suo figlio è alle prese con una chitarra elettrica - fortunatamente scollegata da qualsiasi amplificatore - sulla quale cerca di riprodurre le note della canzone che sta andando a tutto volume nello stereo e che Brian finalmente riconosce come Plug In Baby dei Muse.
Ad incoraggiare Cody, e a supportarlo con l'esibizione di dubbie doti canore, Audrey, una ragazza di circa diciassette anni, babysitter improvvisata a causa di un imprevisto, nipote di Helena e proprietaria del cd.
Quando Cody si accorge del padre, molla la chitarra e si precipita saltellante verso di lui che cerca di non soffermarsi sul fatto che la soddisfazione di vedere suo figlio con in mano una chitarra è decisamente offuscata dal fatto che stesse cercando di suonare una roba di quella specie di sorcio con manie di grandezza.
Audrey nel frattempo scatta in piedi e si precipita a spegnere lo stereo, salutando Brian con aria vagamente imbarazzata.
- Dai, Brian, è un'idea carina.
- No Helena, è un'idea di merda.
La voce di Brian si sta alzando di tono.
- Ma perché? - Helena sta cominciando ad essere esasperata. Di sicuro tra Brian e Cody non è il più piccolo ad essere il più difficile da gestire.
- Perché non ho nessuna intenzione di assistere alle prove dei Muse e tanto meno di farle sentire a Cody. Piuttosto gli compro un cd dei Tokyo Hotel.
- Non sono così male i Tokyo...- tenta Helena per sdrammatizzare, ma si blocca subito allo sguardo feroce di Brian.
Decisamente non è una buona giornata.
Helena sospira e si dirige verso il frigo per prendersi qualcosa di fresco da bere.
- Ma si può sapere che cazzo ti è venuto in mente di dire a tua nipote che li conosco?
Helena si volta e lo guarda con una bottiglietta d'acqua sospesa a metà strada tra il frigo e le sue labbra.
- Sai Bri, me lo sto chiedendo anch'io. Avrei dovuto immaginarmelo che ovviamente ti saresti incazzato.
- Cosa vorrebbe dire quell'ovviamente?
- Che sei il solito rompicoglioni.
Porta del frigo che sbatte. La schiena di lei che esce in terrazza con un moto di stizza.
Helena è l'unica che riesca a farlo sentire davvero un rompicoglioni. Probabilmente perché quando lo fa ha sempre ragione.
Si lascia cadere sul divano e si passa una mano sul viso cercando di farsi venire in mente un modo per recuperare il numero privato di Matthew Bellamy senza sputtanarsi con tutti i manager di Londra.
Se proprio deve fare questa cosa – e sa perfettamente che dovrà farla perché difficilmente riesce a spuntarla con Helena quando lei si intestardisce su qualcosa – vorrebbe trovare la soluzione più discreta e indolore possibile.
Se poi riuscisse anche a trovare il modo di fare questo dannato favore a Helena riducendo al minimo i contatti con il frontman dei Muse sarebbe ancora meglio.
E se magari riuscisse a teletrasportare magicamente Audrey e Helena agli studi durante le maledette prove rendendosi al contempo invisibile, ecco quello sarebbe perfetto.
No. Perfetto sarebbe che Helena si dimenticasse di avergli fatto quella richiesta e Audrey si dimenticasse per sempre che l’ex compagno di sua zia ha avuto la malaugurata opportunità nella sua vita di imbattersi in quel pallone gonfiato di Bellamy. Quello sarebbe perfetto.
- Bri, ti sei addormentato o stai ricorrendo alla meditazione per trovare qualche scusa?
Helena è rientrata e si siede di fianco a lui sul divano ignorando la sua occhiataccia.
- Brian…
- Mmh…
- Lo so che non ti è particolarmente simpatico…
- Non è che non è simpatico a me. E’ un coglione di suo…
- Sì, certo. Dicevo. Lo so che magari non è simpaticissimo, ma è solo una telefonata. Per un volta. Voglio fare un regalo speciale a Audrey per i suoi 18 anni…
- Se vuoi le autografo tutti i cd dei Placebo…
- Sai che roba. Non vi ascolta neanche.
- ----?
- E non fare quella faccia. Brian, prima o poi dovrai venire a patti col fatto che, al mondo, può esistere qualcuno che non ascolta i Placebo. E ti dirò di più – aggiunge poi con tono basso e cospiratorio – esiste anche gente a cui i Placebo…fanno proprio cagare.
Brian cerca di rimanere serio e di mantenere sul volto un espressione imbronciata ma quando Helena gli si avvicina all’orecchio per sussurrargli l’ultima parte non riesce a trattenersi e scoppia a ridere.
- Ma vaffanculo, Hel, – bofonchia, sempre ridendo – guarda che prendendomi per il culo non migliori la mia disposizione per questa storia.
- Se non altro non hai più quel brutto muso incazzato. Poi per forza che ti riempi di rughe – continua a sfotterlo lei alzandosi e dirigendosi verso l’entrata per prendere la sua giacca.
- Io non sono pieno di rughe – protesta Brian piccato, alzandosi a sua volta e sbirciando al tempo stesso il suo riflesso nel grosso vaso cromato sul mobile dell’entrata.
- Hel, davvero…
- Oddio, Brian, stavo scherzando!
- Ma…
- La tua pelle è bella come quella di un ragazzino, tranquillo.
Gli stampa un veloce bacio sulla guancia ed esce sul pianerottolo.
- Fammi poi sapere, ok?
- Cosa?
- Brian!
- Non ti ho ancora detto che lo farò!
- Bé, allora fammi poi sapere cosa decidi… se ti va di aiutarmi a fare un regalo speciale a mia nipote o se ritieni sia meglio comportarti da stronzo insensibile di fronte alla fragile emotività di…
- Ooooh, smettila, smettila, va bene. Quando sento Alex le chiedo di recuperarmi i contatti – sbotta con tono esasperato.
- Grazie Bri! Vedrai, Audrey ti sarà grata per sempre. Potrebbe persino ascoltare un tuo cd – replica Helena con una strizzata d’occhio mentre comincia a scendere le scale.
- Non ti assicuro niente però! – aggiunge lui mentre lei, già a metà della seconda rampa, si limita a sorridergli e a sparire dal suo campo visivo.