The Three Wizards
Capitolo zero.
Introduzione
Il batacchio era giallo ocra; i ripiegamenti al suo interno, che agevolavano l’adesione di una mano all’oggetto, fra il marrone e il nero –segno che veniva usato molto e molto volte al giorno; sopra di questo, la scritta 221 B si stagliava contro la porta nera di quercia.
Il terzetto salì i pochi scalini davanti all’uscio; a destra di quell’anonima porta vi era un normalissimo negozio Babbano di quelli che sembravano sandwich e pizza.
Il ragazzo più alto prese il batacchio in mano e guardò gli altri due.
«Insomma, lo facciamo?» chiese solamente.
La donna aveva un’espressione particolarmente angustiata – espressione che, in effetti, era da un bel po’ di tempo che non compariva sul suo viso: quella era la sua tipica reazione dei-vecchi-tempi.
«Be’… oramai siamo qui, Hermione.» mormorò il ragazzo moro, piano, guardandola.
Lei annuì vagamente.
Il primo non attese altro: bussò. Un’anziana signora – dall’aria perfettamente inglese – si presentò davanti a loro: aveva capelli biondicci e corti, un sorriso gentile e una comoda gonna lunga a fantasia scozzese.
«Ehm…» disse velocemente Hermione, mettendosi apposto un ciuffo ribelle. «Siamo qui per…»
Ma l’altra parve capire istintivamente il motivo della loro visita; allargò il sorriso e rispose:
«Oh, è tornato proprio ieri! Primo piano. Bussate forte, oggi è giorno di violino.»
I tre maghi si guardarono, ancora. La ragazza aveva ora la tipica faccia da “Ecco, abbiamo fatto malissimo” (…anche questa, una sua vecchia espressione).
Salirono le strette scale, accostate vicino a un muro grigiastro, che conducevano al primo piano.
No, oggi non era giorno di violino; anzi, oggi sembrava proprio un giorno di visite. La porta era infatti aperta e l’ambiente silenzioso; i tre varcarono la soglia.
Un uomo alto, piuttosto muscoloso, dalla carnagione bianca e capelli corvini era placidamente seduto su una poltroncina dai braccioli alti; davanti a lui c’era un basso tavolino con una teiera e altre tre tazzine. Era così intento a girare il cucchiaino nel suo tè che neanche guardò chi era appena entrato.
«Mr. Holmes…?» iniziò la donna.
Lui si girò molto lentamente, guardandoli con aria di ostentata sufficienza.
«Sì, direi. Ma le presentazioni a dopo: il tè è appena uscito. Vi stavo aspettando.»
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Olè! Dopo eoni ce l’ho fatta <3
Dunque,
che dire? E’ la mia crossover e l’idea l’ho avuta parecchio
tempo fa, circa sei mesi; in realtà mi è balenato nella mente
solo questa introduzione iniziale, e il mio intento allora era fermarmi qui e
fare solo una drabble. Poi però ci ho
ragionato un po’ su, ho sfogliato il mio amato libro chiamato Sherlock Holmes – Tutti i Racconti di un certo Sir Doyle
e mi è venuta una certa idea…
Quindi! Di cosa tratterà questa fanfic?
-
È una long ed è la mia prima da molto tempo: saranno al massimo 6
capitoli, non lunghissimi ma neanche troppo brevi!
-
È una vera e propria PotterLock. Quindi ci
saranno elementi sia di HP che di Sherlock. E conciliare i due, con la mia
precisione dei dettagli, non è affatto semplice: è per questo che
pubblico dopo così tanto tempo.
- E
sì, ci sarà un vero e proprio caso
da risolvere, altrimenti perché il nostro amato trio dovrebbe recarsi da
Sherlock Holmes?
- Non
posso e non voglio dire nulla per ora; diciamo solo che mi sono attenuta per
quanto più possibile al modus operandi di Moffat
e Gatiss. Con
tanto di libri di Sherlock Holmes accanto al computer, mentre scrivo. (Tanto
per cominciare, il titolo della fanfic stesso
è tratto dal titoli di uno dei racconti di Sherlock Holmes: chi mi sa dire quale?)
Spero
veramente vi piaccia come idea! Mi sta costando davvero tanta fatica…
Commentino?!
Sarei curiosissima di sapere cosa ne pensate!
Al
prossimo capitolo, a presto (è di quelli già scritti, per fortuna
X°D)
Clahp