Altra ff riesumata dal pc, scritta sempre per
un contest nel periodo delle feste e dopo essere tornata dalla mia amata
Austria. Dedicata in particolare al "capo" perchè senza le sue pressioni non mi sarei decisa a postarla (e alla compagnia della panchina perchè ormai è diventato un rito xD)
I fiocchi di neve stavano cadendo
lentamente.
Maria guardò dietro di sé, sconsolata, le
impronte che stava lasciando sulla neve. Orme solitarie.
Rabbrividì e si strinse di più nella giacca.
Faceva freddo, davvero tanto freddo e lei si stava domandando, per la millesima
volta, com’era finita in questa situazione.
Come sempre era colpa di
Michael.
Fece una smorfia ricordando cos’era
successo.
La settimana prima era stato il loro
anniversario e lei aveva organizzato una cena al ristorante per festeggiare.
Adorava le tradizioni e le era sembrata una cosa molto carina uscire ogni anno.
Purtroppo lui, al contrario, non era un amante di tutto ciò e gli anni scorsi vi aveva partecipato
un po’ controvoglia. Questa volta aveva superato ogni limite. Lei era già
arrivata al ristorante quando lui aveva chiamato avvisando che era stato
trattenuto al lavoro.
“Non puoi liberarti
prima?”
“Maria sto lavorando, non sono qui a
giocare”
“Ma
io sono qui già seduta…”
“Per favore. Se tu non avessi prenotato
quella stupida cena…”
“Adesso è colpa mia
vero?”
“Mi
chiamano, devo andare. Ne parliamo stasera a casa”
Lei
non aveva neanche fatto in tempo a salutarlo.
Alla sera la discussione si era aggravata
ancora di più. Michael le aveva spiegato di non poter andare via quel week end,
nonostante avessero già prenotato di andare qualche giorno in
Spagna.
“Non puoi dirmi così
Michael”
“Non è colpa mia”
“Io
dico di sì. Lo sai quanto ci tenevo sia alla cena che al nostro viaggio. E’
tanto che non andiamo via insieme. Il tuo lavoro viene sempre prima di
tutto”
“Non è vero”
“Non lo so più”
Così era andata in agenzia da Isabel, loro
amica, per cercare di annullare la loro prenotazione. Invece si era ritrovata a
raccontarle quello che era successo e poi, su suo suggerimento, aveva prenotato
un tour per visitare i più caratteristici mercatini di Natale. Isabel l’aveva
convinta che se avesse semplicemente rinunciato a tutto voleva dire lasciargli
partita vinta. Le aveva assicurato che in questo modo poteva vendicarsi di lui
andando a divertirsi lo stesso.
E ora, senza aver capito in che modo, lei si
trovava a Innsbruck, sotto Natale, completamente sola e infreddolita. Maledisse
più volte Michael dandogli la colpa di tutto, anche della neve e del
freddo.
Rientrò in albergo e si rifugiò nel caldo
tepore della sua camera. Notò subito una macchia scura al centro del letto e si
avvicinò. Riconobbe un peluche, una splendida pantera nera, che teneva una busta
tra le zampe. Maria si sedette sul materasso e si tolse la sciarpa. Dopo aver
accarezzato la pantera aprì la busta.
-Ti ricordi?-
Erano i primi di dicembre e lei stava girando
per i negozi cercando un regalo di compleanno per la sua migliore amica Liz. Ad
un tratto aveva notato un negozio che vendeva esclusivamente peluche ed era
entrata. La sua amica aveva una passione per questi animali e forse poteva
trovare qualcosa per la sua collezione.
La
pantera nera spiccava, nel grande cesto, insieme ai leoncini e alle tigri dal
pelo chiaro. La colpì subito e allungò il braccio per prenderla.
Contemporaneamente qualcuno, dal lato opposto, allungò la mano per prendere lo
stesso peluche.
“Mi
scusi ma l’ho visto prima io” precisò Maria.
“Non credo proprio signorina” ribattè lo
sconosciuto.
“Ho
allungato la mano prima di lei e quindi è mio”
“Spero si renda conto dell’assurdità di
quello che sta dicendo”
“Ma
come si permette? La pantera è mia, mi serve per un regalo di
compleanno”
“Anche a me serve per lo stesso
motivo”
Maria sbuffò e si tolse il berretto rosso di
lana che indossava scuotendo i capelli e sistemandoli dietro le orecchie.
Si
accorse che lo sconosciuto la stava fissando.
“Cosa c’è? Vuole rubarmi anche il
cappello?”
Lui
rise nel sentire le sue domande e Maria ne rimase
affascinata.
“Io
non sto rubando niente, tanto per cominciare. Stavo pensando che potrei anche
lasciarle la pantera…”
“Davvero?”
“Sì, ma ad una
condizione”
“Quale?”
Michael prese la pantera e la mosse come se
fosse il peluche a parlare.
“Solo se accetta di uscire con me a bere
qualcosa”
Maria pensò, per un momento, di aver capito
male, ma guardandolo si rese conto che lui l’aveva realmente invitata
fuori.
“Io…. accetto”
Lui
le porse la pantera.
“Affare fatto”
Così era cominciata la loro storia. Prese
quel peluche e lo strinse forte. La presenza della pantera non poteva che
indicare che anche Michael era lì.
Ma quand’era arrivato?
E perché non l’aveva
chiamata?
Le sembrava tutto misterioso ma decise di
soffocare la tentazione di chiamarlo.
Era lui ad aver rovinato il loro rapporto,
quindi toccava sempre a lui cercare di rimediare. Quella sera dormì nel letto
con la pantera, stringendola forte.
La mattina dopo si svegliò con il sorriso
sulle labbra, immaginando di trovare Michael ad aspettarla. Aveva già deciso
come comportarsi. Avrebbe fatto un po’ la preziosa, salutandolo freddamente e
poi, dopo avergli fatto pesare ancora un po’ quello che era successo, avrebbero
trascorso finalmente un week end, proprio come previsto. Con questi pensieri in
testa si era vestita e truccata con cura.
Ma finita la colazione Michael non si vedeva
ancora.
Quando, alla fine, era risalita sul pullmann
si era dovuta arrendere all’evidenza: lui non c’era.
Forse aveva semplicemente inviato la pantera
sperando che bastasse a sistemare tutto. Forse Isabel l’aveva informato del suo
cambio sul viaggio e lui, rubando minuti preziosi al suo lavoro, aveva spedito
quel peluche.
Maria strinse i pugni stropicciando la
rivista di gossip che aveva tra le mani. In questo modo lui aveva solo
peggiorato le cose e lei era decisa più che mai a non
perdonarlo.
Arrivarono a Salisburgo per l’ora di pranzo e
Maria assaggiò appena quello che aveva nel piatto. Quando vide avvicinarsi il
cameriere posò la forchetta nel piatto e fece per alzarsi.
“Aspetti. Ho un messaggio per
lei”
“Per me?”
“Lei è la signorina De
Luca?”
“Sì”
“E quello è il suo
cappello?”
“Sì, ma…”
“Allora è proprio per
lei”
Le porse la busta sorridendo e si mise a
sparecchiare. Maria si allontanò e l’aprì, tirando fuori il
biglietto.
-C’è un puntino in libreria che ti sta
aspettando-
Aggrottò la fronte non capendo il significato
del messaggio.
Un puntino.
Cosa mai voleva dire?
Poi capì.
Dot. Puntino.
Lui stava parlando del libro di Dickens, Il
Grillo del Focolare. La sua mente si tuffò, ancora una volta, nei
ricordi.
Avevano appena fatto l’amore, una delle
prime volte, quando lui aveva estratto, da sotto il cuscino, un pacchetto
avvolto nella carta regalo. Lei lo aveva scartato e ne era uscito quel libro. Le
piacevano molto tutti i libri di Dickens e si era lamentata una volta
raccontandogli di non essere mai riuscita a trovare l’edizione di lusso
pubblicata l’anno prima. Lui se n’era ricordato e l’aveva cercata e comprata
solo per regalargliela. In quel momento aveva capito quanto fosse profondo il
loro rapporto, quanto lui, nonostante l’apparenza, ci tenesse veramente. Si
erano detti ti amo per la prima volta. Un ti amo sincero, detto con gli occhi,
con le parole, ma soprattutto con il cuore.
Si strinse la lettera al petto.
Non si era sbagliata, Michael era davvero lì,
nascosto da qualche parte ed era opera sua questa strana caccia al tesoro. Si
era sentita così delusa non vedendolo quando era scesa a far colazione che ora
non le importava più del loro litigio, desiderava solo farsi stringere tra le
sue braccia.
Rilesse attentamente il messaggio e in basso
le indicazioni per arrivarci.
Entrò e riuscì, a fatica, a spiegare cosa
voleva.
Il commesso la guardò e poi fissò,
stranamente, il suo cappello rosso. Lei sapeva che era abbastanza singolare, per
via del pon pon bianco, ma non capiva perché lui lo guardasse il quel modo.
Prese da sotto il bancone il libro, quasi come se sapesse già che sarebbe venuta
a prenderlo. Lo pagò e uscì.
Una volta uscita lo sfogliò e trovò un altro
biglietto. Questa volta rise ancora prima di leggerlo. Cominciava ad essere
molto divertente questo gioco.
Camminò in mezzo ai mercatini di
Natale.
Il sole era tramontato presto e nel buio
tutte le luci delle bancarelle risplendevano come tante candele nella notte. Si respirava aria
di Natale e di festa.
Maria si fece strada tra i turisti ricordando
le parole appena lette.
-Vorrei vederti volteggiare sul
ghiaccio-
Noleggiò un paio di pattini e cominciò a
muoversi sulla pista. Guardava intorno a sé sperando di vederlo. Le persone
scorreva veloci accanto a lei, facce anonime che le bloccavano la visuale.
E poi lo vide.
Era in fondo alla pista, appoggiate alla
barriera di legno, con un assurdo cappello rosso simile al
suo.
Si diresse verso di lui e si buttò tra le sue
braccia, sentendo che Michael la stringeva forte a sé. Poi lui le rialzò il viso
per baciarla. Labbra fredde contro labbra fredde ma riuscì a trasmetterle tanto
amore e tanto calore.
“Ma come…”
“Shh. A dopo le
spiegazioni”
La trascinò in mezzo alle persone che
pattinavano. Si divertirono a volteggiare, ridendo e scherzando, compreso quando
Maria aveva perso l’equilibrio, finendo per terra, e trascinando anche Michael
nella caduta.
Avevano girato per le bancarelle illuminate e
poi lui l’aveva condotta nella piazza principale. Con grande sorpresa di Maria
si erano avvicinati alle carrozze scoperte, trainate da due
cavalli.
“Sali” la invitò lui.
Si sedettero e lui coprì entrambi con il
plaid che era appoggiato sui sedili.
Fecero il giro della città nel buio della
notte. Maria si guardò intorno ammirando le luci natalizie, le decorazioni
appese alle case e appoggiò la testa contro la spalla di Michael e per un attimo
chiuse gli occhi assaporando quella sensazione di benessere e di sicurezza che
provava stando vicino a lui.
Una volta scesi Michael l’aveva abbracciata e
baciata teneramente sentendola rabbrividire.
“Hai freddo?”
“Un pochino”
Lui le aveva sistemato il cappello coprendole
bene le orecchie e si era allontanato.
“Aspettami qui”
Era tornato poco dopo con 2 tazze rosse e
fumanti.
“Cos’è?”
“Succo di mela caldo”
Avvolsero entrambi le mani intorno alla
tazza.
“Andiamo a sederci”
Trovarono una panchina libera e rimasero in
silenzio mentre bevevano. Fu Maria a rompere il ghiaccio.
“Mi spieghi come hai fatto a trovarmi? E la
tua riunione?”
Lo vide bere ancora un sorso e poi sorridere
furbescamente.
“Non c’è mai stata nessuna
riunione”
“Cosa…”
“E’ proprio quello che ho detto. La sera in
cui dovevamo uscire a festeggiare ho avuto davvero un problema di lavoro.
Ammetto di non amare quella tradizione di andare a cena ma non avrei mai voluto
rovinartela. E’ stato dopo che abbiamo discusso che mi è venuta
l’idea”
Si fermò, osservando Maria che lo fissava
stupefatta.
“E’ proprio così. Ti ho mentito dicendo che
dovevamo annullare il nostro viaggio”
“E se io fossi rimasta a
casa?”
“Impossibile, tu dovevi cambiare prenotazione
e venire qui”
“Ma tu non potevi essere sicuro che io…
Isabel!”
“Già”
“Voi eravate d’accordo”
“E’ così, lei doveva convincerti a partire lo
stesso, magari per ripicca, e farti arrivare qui”
“Quello che non capisco è il
perché”
“Volevo farti una sorpresa e trascorrere
insieme una giornata unica e speciale per festeggiare il nostro
anniversario”
Maria si alzò in piedi buttandogli le braccia
al collo.
“Allora ci tieni anche
tu”
“Certo. Solo che non mi piaceva quell’uscita
a cena… Era diventata quasi un obbligo e non la sentivo
mia”
“Oh Michael”
“Che ne dici se….”
“Sì?”
“Diventasse questa la nostra tradizione per
festeggiare? Venire qui fuori dal mondo, dove non ci conosce
nessuno?”
“Dico che è un’idea
fantastica”
Unirono le loro labbra scambiandosi un
profondo bacio. Maria infilò le mani sotto al suo giaccone e gli accarezzò la
schiena sopra il maglione. Lui la strinse forte e le bisbigliò
nell’orecchio.
“Non è mica finita qui la nostra
giornata”
“Mmh sono molto
curiosa”
“C’è una piccola baita, in legno, con il
camino acceso che ci sta aspettando”
“Interessante”
“Davanti al fuoco c’è un grande tappeto
morbido ed io ho intenzione di spogliarti, farti stendere lì e fare l’amore con
te per tutta la notte”
“Questo è ancora più interessante. Quando ci
andiamo?”
“Anche subito, se vuoi”
“Non vedo l’ora. Però…”
“Dimmi”
“Mi spieghi perché tutti guardavano in modo
strano il mio cappello prima di darmi le buste?”
Michael scoppiò a ridere nel sentire la sua
domanda.
“E’ così divertente?”
“Scusa, ma aspettavo che mi facessi questa
domanda”
“E la risposta?”
“La prima volta che ci siamo incontrati sono
rimasto colpito da questo buffo cappello – le scompiglio il pon pon – e sapevo
che lo avresti indossato per tutto il viaggio. Non ho potuto fare a meno di
descriverti così a tutti per essere sicuri di aver trovato la persona
giusta”
“E questo?”
Maria gli sfiorò il suo di
cappello.
“Era un modo per farmi notare da te in mezzo
a tutta quella gente”
Lei gli carezzò una
guancia.
“Ti noterei anche in mezzo ad un milione di
persone perché nessuno è come te. Però devo ammettere che ti
dona”
“Io, in verità, mi sento un po’
ridicolo”
“Sei adorabile”
Presero le loro tazze e Michael le passò un
braccio intorno alle spalle mentre camminavano sulla neve
candida.
“Michael guarda,
nevica!”
“Buon anniversario amore
mio”
“Buon anniversario”
Maria guardò dietro di sé. Questa volta non
c’erano orme solitarie ma le loro impronte vicine e questo la fece sorridere.
Lui si accorse che guardava qualcosa.
“Cosa c’è?”
Lei gli sorrise
caldamente.
“Niente”
E si strinse più forte a
lui.