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Autore: Raya_Cap_Fee    22/10/2014    11 recensioni
Mi chiamo Sarah Jane Donough e nell’Agosto del 1980 sono morta in un incidente a soli vent’anni. Trovate che sia triste? Non datevene pena. Non sono andata verso la luce, sono stata trattenuta qui sulla terra nelle vesti invisibili della Morte. Beh, una delle tante Morti in realtà. Ho il compito di prelevare le anime da questo mondo e guidarle verso la luce. Ora è giunto il momento di passare la falce, simbolicamente parlando, al mio successore. Daniel Duroy. Finalmente potrò essere libera.
Mi chiamo Sarah Jane e sono la Morte.
Genere: Comico, Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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COME FOSSI NIENTE, COME FOSSI ACQUA DENTRO ACQUA




EPILOGO

 
Sorrisi mestamente di fronte al nuovo giorno che si profilava oltre i grattacieli di San Diego. Ormai avevo perso il conto dei giorni trascorsi da quella mattina a San Francisco e andava benissimo così. Inspirai profondamente l’aria inquinata e mi voltai appena, sentendolo arrivare.

“E’ proprio un lavoro di merda” esordì Johnse sedendosi al mio fianco, sul muretto che costeggiava un campetto da basket abbandonato.

“Andiamo, Johnse. Niente potrà mai battere certi lavori che esistono nella vita vera” ribattei con un mezzo sorriso. Johnson Fields era stato ufficialmente la mia salvezza nella dannazione e, senza dubbio o modestia, io ero stata la sua.
Fece per aggiungere qualcos’altro ma lo anticipai alzando una mano “Shh” lo zittii.

“Shh un corno, Sarah Jane”

 Ridemmo entrambi e mi appoggiai alla sua spalla. Il tessuto ruvido della tunica nera mi graffiava appena la guancia ma non dissi nulla “Grazie, Johnse”. Lo dicevo sempre e lui aveva anche smesso di chiedermi il perché ormai.

“Cosa  hai intenzione di fare oggi?” disse Johnse e sentii il suo respiro sulla fronte “Quello che faccio tutti i miei oggi. Cerco di guadagnarmi la pagnotta, razza di farabutto che non sei altro” scimmiottai “Visto che ti piace tanto startene sul divano a guardare la tv”.

Lui rise di nuovo “E allora va, donna. E cerca di guadagnare abbastanza o te le darò di santa ragione” replicò lui. Eravamo due buffoni. Lo eravamo sempre stati e lo saremmo stati ancora per molto.

 
Mi staccai dai lui e presi il foglio dalla tasca con espressione truce tuttavia, quando lo aprii, lo trovai vuoto. Ebbi un terribile flashback.
Erano cinquant’anni che non accadeva, per la precisione diciottomilatrecentosei giorni (sì, in realtà avevo tenuto il conto dei giorni).

“Che succede?” domandò Johnse sporgendosi verso di me per guardare il foglio.

“Che vuol dire?” chiesi in un soffio. Johnse si irrigidii al mio fianco e mi lanciò un’occhiata. Incrociai i suoi occhi scuri, turbati. Sapeva bene quanto me che non c’erano difetti di funzionamento in quei fogli.

“Dovremmo chiedere a Gabriele”

Lui prese il suo foglio e quando lo aprii vidi una lista di nomi.

“Non avranno intenzione di mandarmi altrove, vero? Vero?” domandai improvvisamente in ansia. Non volevo andarmene da un’altra parte. Assolutamente. A meno che Johnse non fosse venuto con me.
 
Johnse aggrottò appena la fronte “Chiama Gabriele, Sarah Jane”.

 
Non ce ne fu bisogno. Entrambi cogliemmo il bagliore bianco alla nostra destra e guardammo la figura di Gabriele stagliarsi contro l’ambiente scialbo. Ci sorrise e riuscii un po’ a rilassarmi.
“Sarah Jane. Johnse” salutò pacato. Allungai una mano e agganciai le mie dita al polso di Johnse “Che significa?” agitai appena il foglio.
Un altro flashback.

“Oggi hai un altro impegno” rispose e, cogliendo il mio turbamento, “Solo per oggi. Poi tornerai qui con Johnse. Te lo assicuro”
 
“Che compito può mai esserci per una Morte, Gabriele? Sappi che non ho intenzione di…”

“E’ un premio”

Sbattei le palpebre, confusa. “Un premio?” fece Johnse “Ehy, Sarah Jane, forse ti toccherà proprio una giornata a Disneyland”

In un’altra occasione avrei senz’altro riso ma quella volta non ci riuscii. Gabriele era tranquillo e sorrise alle parole di Johnse senza distogliere gli occhi azzurri dai miei.

“Perché dovrei essere l’unica a meritarsi un premio? Anche Johnse…”

Mi interruppe di nuovo “Si tratta di te e di una persona che forse vorresti rivedere”.

 
Strinsi la presa sul polso di Johnse. Ero sicura di fargli male ma lui non disse niente. C’erano alcune persone che avrei voluto rivedere ma ero più che certa a chi si riferisse Gabriele. Perché voleva farmi questo?
“Devo prenderlo?” chiesi soltanto. Gabriele annuii silenzioso e mi guardò per un attimo. Sul suo viso passò un’espressione dubbiosa, come se all’improvviso non la trovasse affatto una buona idea.

E aveva ragione.
Forse.

Volevo rivederlo eccome Daniel Duroy.

Alzai lo sguardo verso Johnse e lui ricambiò la mia occhiata. Senz’altro vi lesse molto più di quanto io stessa potessi capire. Si chinò appena verso il mio orecchio “Va’. Ti prometto che il farabutto ti aspetterà qui” mormorò allentando la presa sul suo polso con la mano libera.

Annuii e, quasi senza rendermene conto mi ritrovai al fianco di Gabriele. Esitai un attimo poi, guardai Gabriele “Sbaglio, Sarah Jane? Se non vuoi…”
Era già successo una volta. Avevo lasciato vivere Daniel Duroy. Afferrai la mano di Gabriele.

“Cosa ti assicura che non commetterò un altro errore, Gabriele?” domandai

“Nulla. Mi fido di te”


 
La fiducia di Gabriele era immensa, senz’altro.

Quando riaprii gli occhi i raggi di una mattinata ormai inoltrata mi colpirono da sotto le fronde di un grande albero. Gabriele al mio fianco mi lasciò la mano e mi lanciò un’occhiata perplessa “Lo farò. Non temere” mormorai, accennando un sorriso. Ed era vero. Daniel aveva vissuto la sua vita e speravo al meglio.

“E’ quella casa. Prenditi tutto il tempo che vuoi per parlargli. Sempre che tu voglia” disse l’Angelo a voce bassa e rassicurante. Annuii silenziosa e mi avviai verso la casa modesta, dall’altro lato del bosco dove eravamo apparsi. C’era una lunga fila di case tutte uguali, di modeste dimensioni e ben curate. Era senz’altro un buon segno.

Quando attraversai la strada a passi lenti mi resi conto di non indossare più la tunica nera ma un paio di jeans chiari e una maglietta celeste.
Avevo flashback dappertutto.

Socchiusi gli occhi e strinsi le mani. Mi sembrava talmente incredibile quello che stava per succedere che non realizzai nemmeno di aver bussato alla porta di Daniel Duroy.
Mi avrebbe riconosciuto? Certo che l’avrebbe fatto.

I palmi delle mani iniziarono a sudare e sembrava che qualcuno mi stesse soffocando.

Daniel Duroy. Daniel Duroy. Daniel Duroy. Daniel.
 

Quando la porta si aprì di scatto feci un balzo indietro e per poco non caddi dal gradino che separava il portico dal giardino.

“Sarah Jane!”

Sollevai lo sguardo dalla pavimentazione e puntai la voce di quella voce matura e un po’ gracchiante. L’intensità di quegli occhi blu fu come un pugno nello stomaco. “Ciao, Daniel” riuscii a mormorare dopo un lungo momento di silenzio. Di certo non erano le parole che si aspettava. Era cambiato molto in quegli anni ma d’altronde tutti cambiano in cinquant’anni (a parte lei e quelli come lei). La pelle era più scura e attraversata da due profonde rughe sulla fronte, le guancie un po’ cadenti. Era lui però.

Ci guardammo in silenzio per quelli che parvero infiniti secondi. Nei suoi occhi scorsi lampi di un vecchio rancore “Sarah Jane…” ripetè in tono più debole appoggiandosi alla porta di legno bianca. Senza attendere oltre oltrepassai la soglia di casa sua e mi guardai intorno mentre lui chiudeva la porta.

Lo sapeva perché ero lì. Era triste? Avrei trovato la forza stavolta? A che cavolo pensava Gabriele?

Inspirai profondamente e Daniel si posizionò davanti a me nel salotto perfettamente in ordine e moderno.

“Perché sei qui? Non sei nei guai vero?” chiese lui. Era più basso di quanto ricordassi e i capelli pettinati all’indietro erano grigi. Ed era bello lo stesso, appurai.

Sorrisi e scossi la testa “Nessun guaio stavolta. Non ne combino più ormai. Sono qui per ordine di Gabriele”.

Lui si irrigidii appena nel momento in cui comprese il significato di quelle parole. Sperava forse che non lo facessi? Di nuovo? E se me lo avesse chiesto l’avrei salvato di nuovo?

“Va bene” disse invece, gelandomi “In realtà non va bene ma cosa posso farci? Ho fatto tutto quello che dovevo fare e sono stato felice. Grazie a te” aggiunse lui fissandomi. Un groppo mi si formò in gola e distolsi lo sguardo dall’uomo di fronte a me per guardarmi intorno. Era una bella casa e sulla mensola del camino c’erano parecchie foto. Mi avvicinai a le guardai una a una.

C’era Daniel, di qualche anno più vecchio di come l’avevo lasciato, abbracciato ad una ragazza bionda e dagli occhi scuri. Di fianco a loro c’era Henry Duroy.

Avvertii la presenza di Daniel dietro di me, poi la sua voce “Lei è Abigail. L’ho conosciuta al terzo anno di college” mormorò. Mi voltai appena e notai l’anello al suo anulare sinistro.

Mi sentii strana.

In un’altra foto c’erano Daniel e Abigail seduti su un dondolo mano nella mano. In un’altra ancora oltre loro due c’era un bambino biondo piccolissimo tra le braccia di Daniel.

“Lui è Cole. E gli altri due sono Trevor e Madison” vidi il suo dito indicare altri due bambini nella foto successiva “Mentre lui è James, il figlio di Cole. E’ nato pochi mesi fa”.

Rimasi in silenzio a fissare quei volti poi tornai a guardare Daniel “Sei stato felice, davvero?” chiesi mordendomi appena un labbro. Gli avevo chiesto io di vivere. Lui annuì “Non è stato facile, Sarah Jane. Tu…” si interruppe per osservarmi “…te ne sei andata così all’improvviso. Ed è stato come se ti fossi portata dietro un altro po’ del mio cuore sofferente. Avevo perso anche te” fece una pausa. Io trattenni al respiro.

“Avevo perso la ragazza che mi ero accorto di amare solo dopo che lei se ne era andata via per sempre” disse Daniel con voce rotta. Una lacrima sfuggì dai miei occhi prima che potessi fermarla. Non aveva mai detto di amarmi.

Daniel si avvicinò di un passo e mi prese la mano destra “Avevo paura che una volta che te ne fossi andata sarei ritornato il vecchio Daniel ma non è successo. Mi sono impegnato affinchè non succedesse e ho vissuto la mia vita. Ho incontrato Abigail ed è stato tutto più facile”

Le mie dita si contrasssero intorno alle sue e sospirai appena asciugandomi l’unica lacrima che avevo lasciato sfuggire “Era quello che volevo, Daniel. Ho sempre voluto che tu fossi felice”

“Non credere che non ti abbia mai pensato, Sarah Jane. Ti ho pensata tutti i giorni della mia vita perché sapevo che, senza di te, tutto quello che è successo non sarebbe mai accaduto. Eri tu ad avermi regalato ogni singolo giorno”

Lo disse in un tono talmente appassionato che mi ritrovai a volerlo abbracciare e baciare di nuovo.

“Tu come stai?” mi chiese poi di fronte al mio silenzio. Mi strinsi appena nelle spalle “Sto bene”.

Non era proprio una bugia.

“Johnse è con me” aggiunsi e lui annuì.

“Mi dispiace doverlo fare ora. Quel bambino ha tutta l’aria di tenere a suo nonno” indicai il neonato tra le braccia del ragazzo biondo. Daniel guardò le foto e sospirò appena “Già”.

“Dov’è Abigail?” domandai. Avrei voluto chiedergli di lei. Che tipo di persona era? Ma non ero certa di volerlo sapere.

“E’ fuori con Claire. Dovrebbe ritornare per l’ora di pranzo” e guardò l’orologio che segnava le undici “Suppongo che oggi non pranzerò, eh?” si sforzò di sorridere ma tutto ciò che ne uscì fu una smorfia.

“No, non credo” risposi quasi sottovoce “Stavolta devo farlo, Daniel”

“Non ti chiederei mai di non farlo, Sarah Jane”

Lo fissai e lui parlò di nuovo “Non mi aspettavo di rivederti” allungò una mano e prese tra le dita ruvide una ciocca dei miei capelli arancioni “Non sei cambiata affatto”

“Succede quando sei morta, sai?”

Lui sorrise e sembrò sereno “Mi è sempre piaciuto fartelo notare”

Sorrisi in risposta e trovai infine il coraggio di accarezzargli una guancia. Non mi importava granché di Abigail “Mi dispiace del modo in cui me ne sono andata ma non ce l’avrei fatta a dirti addio”

Lui mi fissò un attimo e poi annuì “E questo è un arrivederci, non è così?”

“Un arrivederci molto lungo ma…sì” stirai le labbra in un sorriso forzato.

“Voglio che anche tu sia felice” mormorò lui “Potresti essere felice con Johnse se glielo permettessi”.

Il ex-pseudoragazzo che mi incitava a stare con un altro. Gli accarezzai il mento “Io e Johnse siamo oltre il legame amoroso. Almeno credo” risposi quasi divertita.

Lui sorrise “Perciò…è ora?”

“Sei ansioso di morire, Duroy?”

Lui mi fissò e poi socchiuse gli occhi “Credo di essere più che altro…pronto”. Avrei voluto prolungare quei momenti per l’eternità ma annuii.

Daniel si sedette sul divano e si guardò intorno attentamente, come a imprimersi nella mente tutto ciò che quella stanza aveva vissuto. Mi inginocchiai di fronte a lui e incrociai i suoi occhi “Non devo farlo per forza ora, Daniel. Posso farlo più tardi. Posso darti la possibilità di salutare Abigail o…” la voce di morì in gola.

Lui scosse la testa “Fallo, Sarah Jane. E’ meglio così”

Esitai ancora nel guardami la mano.

“Sarah Jane..” sussurrò piegandosi verso di me. Le labbra secche si posarono in un breve bacio sulla tempia e poi sui capelli “Vorrei essere stato come ora quando ti ho conosciuta sul bordo di quel campo da football. Non avrei perso tutto quel tempo a fare lo stronzo”

Sorrisi mestamente “Rimedieremo. Prima o poi” risposi e incrociai i suoi occhi. C’erano ancora tante cose che avrei voluto dirgli ma non ci riuscii “Sei stato il primo che abbia amato”

“E tu la prima che mi abbia insegnato ad amare”

Bastò quello.

 “Sii felice, Folletto”

Annuii e lui si sdraiò sul divano poggiando la testa su uno dei cuscini beije “Lo farò, begli occhioni. Lo farò” mormorai in risposta. Ci guardammo un’ultima volta negli occhi e poi lui, con le palpebre a celarmi quel meraviglioso sguardo, mi porse la mano sinistra.

“L’eternità sarà un battito di ciglia. Ci rivedremo presto” sussurrò lui. Non ero tanto sicura che per me sarebbe stato esattamente così.

“Ci rivedremo presto, Daniel Duroy” sussurrai a mia volta. Esitai ancora un momento, osservando come il suo torace si alzava e si abbassava al ritmo del respiro e poi allungai la mano sinistra e presi la sua. Immediatamente Daniel Duroy smise di vivere. Tenni la mano alla sua anima per un momento brevissimo, giusto il tempo di uno sguardo, e poi la lasciai andare.
 
 
Rimasi lì al suo fianco per molti minuti. Osservando come il viso perdeva il suo colorito e la sua pelle diventava più fredda. Squillò il telefono un paio di volte. Forse era Abigail che voleva avvertirlo del suo ritardo, visto che ormai l’ora di pranzo era passata da parecchio.

Quando fui abbastanza provata da tutto quello trovai la forza di alzarmi di nuovo in piedi. Alla fine avevo preso l’anima di Daniel Duroy. Il ragazzo che mi aveva reso la Morte più viva di tutti i tempi.


 
Fine.
 
 
Angolo Autrice

Non so da dove cominciare. O meglio, potrei cominciare da moltissime cose ma sarebbe superfluo. Daniel e Sarah Jane sono stati pubblicati esattamente un anno fa su questo sito e, beh, mai avrei immaginato che mi sarei affezionata così tanto a loro. E non avrei nemmeno immaginato che tutti voi mi avreste seguito in questo “viaggio”. Voglio annunciarvi che non finirà qui. Sì, perché ho intenzione di rivedere a fondo questa storia e tentare di pubblicarla altrove o di sottoporla a qualcuno. Molte cose all’inizio non erano previste (praticamente erano previste solo la fine e la morte di Maddie) perciò tutto il resto è stato scritto di getto.

Voglio ringraziarvi uno a uno per ogni opinione, ogni minuto che avete speso a leggere questi capitoli e a vivere con Sarah Jane, Daniel, Johnse, Gabriele, Ross, Henry, Madison, Tommy, Jack, Chelsea, Uriele, Ezechiele e tutti gli altri.

Ragazze/i questo era “Come fossi niente, come fossi acqua dentro acqua” prossimamente in fase di revisione.

Per ogni curiosità e/o domande scrivetemi pure qui su efp (che tanto ho altre storie da pubblicare xD).

Vostra,
Raya_Cap_Fee

 

 
 
   
 
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