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Autore: Gobbigliaverde    22/10/2014    0 recensioni
Jeffersonian, sempre pieno di confusione e di cervelli, ma il lato completamente irrazionale può risolvere tutti i casi. Come mi diceva sempre Angela, l'arte non serve solo a creare misteri.
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA NUOVA STAGISTA

 

    Il mio futuro era li, me lo sentivo. Ero immobile subito dentro l’ingresso del Jeffersonian, e osservavo il viavai di persone indaffarate che inseguivano il ritmo dell’affannosa vita da lavoratori. Mi scappò un sorriso a pensare che nessuno di loro avrebbe notato la mia presenza a causa dell’enormità di quel posto, che era così grande da non poterne immaginare la fine. Strinsi forte la mia cartellina verde spento sotto il braccio, svampita come sono, sarei dovuta stare molto attenta a non perdere il mio curriculum e i documenti. Mi incamminai osservando il soffitto altissimo e luminoso. Dopo pochi passi però urtai qualcuno facendo cadere le sue cose e la mia cartellina da cui volarono tutti i fogli.
    «Mi scusi, sono troppo distratta, non ero mai stata qui prima d’ora, e non sapevo dove andare, io…» Ero davvero dispiaciuta, e senza nemmeno guardare in faccia la persona mi ero già gettata a terra a raccogliere tutte le provette e le cose che erano cadute a terra.
    «Non è successo nulla, stia tranquilla, io ero più distratto di lei, avrei dovuto guardare dove andavo!» Esclamò chinandosi sulle mie carte. «Sarah, giusto? Piacere di conoscerla!» Disse leggendo il nome sul curriculum.
    Era un ragazzo non molto alto, capelli biondi e con un sorriso di scuse stampato sulle labbra. Non fece in tempo a dirmi il suo nome, perché mi accorsi dell’ora che si era fatta guardando il suo orologio da polso e schizzai in piedi.
    «Mi scuso ancora, ma ora si è fatto davvero tardi, devo proprio scappare! Arrivederci!» Raccolsi quei fogli che rimanevano e scappai via cercando l’ufficio in cui mi avevano indirizzata.
    Arrivai in ritardo, il primo giorno. Bussai timorosa alla porta che portava la targhetta “Dott.sa C. Saroyan”. Una donna alta con i capelli corti e un sorriso caloroso mi accolse e mi invitò ad entrare.
    «Buongiorno, Lei deve essere Sarah Moore, la nuova stagista.» Mi osservava e sorrideva, anche se non ce ne era motivo.
    «Esatto, la nuova stagista.» Allungai la mano per stringerla, ma la donna mi mise in braccio il camice bianco da indossare, e uscì dalla porta facendomi cenno di seguirla.
    Camminava a passo svelto, quando un’altra donna ci corse in contro costringendoci a fermarci.
    «Dottoressa Saroyan, ho nuove notizie sul caso che le potrebbero interessare…» La dottoressa Brennan si era piazzata davanti a noi, e mi scrutava come se fossi stata uno dei suoi cadaveri da esaminare. «E lei? È la nuova stagista? Non mi sembra molto sveglia…»
    Iniziamo bene… Pensai. Era il mio primo giorno e la donna più geniale dell’istituto mi aveva già classificata come ‘poco sveglia’.
    «Temperance, per favore, non è un tuo problema, pensa al caso. Arrivo subito.» Sorrise la dottoressa Saroyan con un’espressione imbarazzata, cercando di salvarmi da qualche altro commento.
    Mi indicò una porta e mi disse di entrare, e che lei sarebbe arrivata entro pochi minuti. Bussai e aspettai una risposta. Nulla. Spinsi la maniglia, e mi accorsi che avevano lasciato la stanza aperta, così entrai e mi sedetti su una poltrona, aspettando il mio futuro capo. Mi trovavo nell’unica metà della stanza illuminata da un raggio di luce solitario che filtrava da una finestra. Come aveva detto, passarono solo pochi minuti prima che la dottoressa Saroyan ricomparve sulla soglia, accompagnata da uno dei geni più conosciuti nel mio campo.
    «Signorina Moore, le presento Angela Montenegro. Sono sicura che avrà molto da imparare da lei.» Con queste poche parole sparì dietro la porta lasciandomi con una completa sconosciuta.
    «Dottoressa Montenegro, io sono Sarah Moore, studentessa di arte forense e…» Allungai la mano, ma anche questa volta venni ignorata.
    «Tesoro, io non sono una dottoressa, chiamami pure Angela. Sono davvero molto, molto contenta di poter condividere il “mondo dei morti” con un’altra artista che starà qui a rovinarsi.» Sbottò tristemente. Poi, come riscossa da uno strano torpore, continuò sorridendo. «Comunque, vieni a sederti pure qui vicino alla mia scrivania, vorrei vedere il tuo curriculum e qualche tuo lavoro.»
    Io mi avvicinai timorosa e appoggiai sul tavolo in legno la cartellina verde, tirando fuori i fogli con schizzi e bozzetti. Angela non smetteva di osservarmi, e in più pareva essersi resa conto del mio imbarazzo. Non sono mai stata brava con le persone…
    «Puoi togliere quel camice quando siamo in questa stanza. Blocca le capacità artistiche!» Ridacchiò tra se, e afferrò i disegni, iniziando a sfogliarli. «Tesoro, sono una bomba! Sei pazzesca, perché vuoi venire a lavorare qui!»
    Stavo per aggiungere qualcosa, quando la porta si spalancò di colpo. Io mi girai di scatto, e vidi sulla soglia lo stesso ragazzo che avevo travolto in pieno a causa della mia distrazione, che mi salutò con un sorriso e un cenno della mano. A differenza mia, Angela non si scompose minimamente.
    «Wendell, esci, chiudi la porta e bussa.» Sentenziò con un tono piatto e vagamente disinteressato.
    «Ma…»
    «Ho detto che devi bussare, su, fuori.»
    Lei mi sorrise furbamente e sussurrò qualcosa del tipo “gli uomini hanno bisogno di essere tenuti a bada”. Il ragazzo rientrò bussando e, lanciando un’occhiata infastidita ad Angela, mi si avvicinò e mi consegnò un plico di fogli sorridendo.
    «Mi aveva lasciato questo, penso che le potrebbe essere utile. Comunque, piacere di averla conosciuta, io sono Wendell Bray.» Disse stringendomi la mano.
    Finalmente qualcuno che aveva questa strana usanza. Da queste parti probabilmente non era considerato normale. Guardai i fogli che mi stava porgendo. Il mio curriculum. Come avevo fatto a dimenticarlo? Era più importante dei disegni!
    «Grazie mille, ora le devo due favori!» Esclamai sorridendo imbarazzata per i miei disastri di quella mattina.
    «Ehm… Wendell, immagino che la Brennan stia aspettando te, cosa fai ancora qui? Corri!» Angela osservava il giovane di sottecchi mentre si fondava fuori della porta. «Torniamo a noi… Ecco, si, il curriculum vitae?»
    Lo appoggiai in cima alla pila di scarabocchi, e lei gli diede una scorsa veloce. Quando voltò l’ultima pagina, mi squadrò con un sorriso furbo.
    «È meglio che lo tieni tu, serve molto più a te che a me.» Uscendo dalla stanza mi strizzò un occhio. «Benvenuta al Jeffersonian!»
    Mi domandavo che cosa avesse voluto dire. Il mio curriculum serviva a me e non a lei? Non mi sembrava molto logica la questione. Conoscevo già il mio passato, a cosa mi poteva servire? Sfogliai le pagine velocemente, alla ricerca di qualche stupido errore di ortografia che avrebbe potuto scatenare reazioni simili, ma quando arrivai in fondo, scorsi in un angolo del foglio bianco una scritta in blu, che non era stata stampata dal computer:
    Scusa per gli inconvenienti, Wendell Bray. 345 2876490

  
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